Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    02/06/2018    3 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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22. Erwin Smith

-Sono nato e cresciuto in un piccolo villaggio del Wall Rose di nome Ragako, da una famiglia piuttosto benestante. Devo dire che, a distanza di anni, provo ancora piacere nel ricordare la mia infanzia trascorsa in un paesino semplice e modesto. Mio padre era un insegnante delle scuole elementari, aveva intrapreso un piccolo progetto, aprendo una scuola per far sì che i bambini più umili dei dintorni, non soltanto del nostro villaggio, avessero modo di studiare qualcosa prima di intraprendere una professione. Si faceva pagare pochissimo, purché i ragazzi venissero a scuola vestiti sempre in un certo modo. Teneva molto alla formalità, forse è una caratteristica che ho ereditato anche io.
Il capitano di divisione mi sorrise, io ricambiai, non sapendo come collegare quella storia con quanto aveva detto prima.
-Ero un bambino molto curioso che amava imparare. Leggevo tantissimo, lo faccio tuttora, perciò insistetti affinché potessi accedere anche io alle lezioni. Fu allora che iniziai a reputare la conoscenza di mio padre smisurata – continuò lui. - Sapeva molto bene la grammatica, la matematica, era in grado di farci capire esattamente la geografia all’interno delle mura, ci dava l’opportunità di visitare i boschi per osservare meglio i fenomeni della natura, che poi ci avrebbe spiegato in classe. Ma ho sempre avuto difficoltà ad intendere la storia, forse perché nemmeno lui era in grado di spiegarla.
-La storia? – ribadii.
-Dal momento in cui mio padre aveva deciso di aprire questa scuola, fece un piccolo sacrificio per ottenere libri di testo che avrebbe utilizzato durante le lezioni. Ricordo bene il giorno in cui un gendarme si presentò a casa nostra per renderglieli.
Tramite il racconto di Erwin, compresi allora che l’istruzione pubblica era ben controllata del governo. La polizia militare, quindi, supervisionava anche quanto insegnato ai bambini.
-Perché non era capace di capire proprio la storia, signore? – gli domandai.
-Perché mio padre ce la insegnava in maniera molto contraddittoria, seguendo ovviamente il testo che si ritrovava. Per sviare il problema, ricorse all’acquisto di altri, ma devi sapere che le contraddizioni persistevano: sono passati cento o centosette anni dall’erezione delle mura? Questo dubbio ne è un esempio. In ogni caso, tutti noi eravamo costretti a imparare la solita vecchia storia: i pochi superstiti del genere umano sono stati obbligati a vivere dentro le mura con la comparsa di questi esseri orribili chiamati giganti. Questi mostri mi avevano sempre affascinato, desideravo quanto prima saperne di più sulla loro natura. Da dove provenivano? Come avevano fatto quei pochi sopravvissuti a sfuggire da esseri tanto brutali? Soprattutto, perché mio padre non ci aveva ancora parlato in classe di come avessero fatto gli uomini a ergere tre ordini di mura così alte e possenti in poco tempo?
Rimasi alquanto perplessa. Effettivamente, nel mondo ottuso in cui vivevo, che per molti sembrava letteralmente un vero e proprio paradiso in confronto a quello dominato dagli esseri titanici, pochi si domandavano l’origine di tutto ciò che li circondava, persino le priorità di un soldato dell’Armata Ricognitiva erano ben altre: non poteva perdere tempo a chiedersi come si fossero create le mura o i giganti, perché il suo compito risultava solo ed esclusivamente l’abbattimento dei titani e, da circa un anno, il recupero dei territori perduti.
-La cosa più preoccupante, è che se tu, Claire, ponessi questa domanda a qualsiasi cittadino delle mura, lui o lei non saprebbe cosa risponderti. E allora, la domanda che balzò alla mente un bambino curioso ma poco scaltro come me fu inevitabile: per quale motivo tali avvenimenti non sono stati tramandati né oralmente né per iscritto? Siamo stati abituati a credere che il nemico titanico abbia fatto la sua comparsa per la prima volta cent’anni fa circa, ma hai mai avuto modo di riflettere su come il mondo fosse prima di esso? Nessun documento lo testimonia. E io, avido di sapere, non potei che girare il mio interrogatorio a mio padre. Una sera, dopo cena, mentre eravamo a casa, gli domandai spiegazioni su ciò che mi turbava. Lui mi osservò sorpreso, un po’ preoccupato. Ricordo bene che impiegò del tempo a rispondermi. Infine, con grande serietà, mi rivelò qualcosa di assolutamente sbalorditivo…
Appresi da Erwin che, secondo il signor Smith, i giganti erano esseri artificiali, la cui origine probabilmente discendeva da quella umana. Gli abitanti delle mura, costretti a vivere dietro colonne di pietra alti cinquanta metri, continuarono la loro sopravvivenza senza mantenere un ricordo della loro vita passata. Erano stati costretti al silenzio, oppure la loro mente era stata alterata. Seguendo sempre il ragionamento del padre di Erwin, la manipolazione di essa era dovuta probabilmente ad un ordine imposto dall’avo dell’allora attuale re Fritz.
Inizialmente, non mi lasciai affatto convincere dalle teorie del signor Smith. Perché mai degli uomini avrebbero creato esseri umanoidi per uccidere altri uomini? Com’era possibile alterare la memoria di migliaia di persone per poi costringerli a vivere dentro cerchi di pietra?
Certo, rimanevano diversi dubbi: nemmeno una parola era stata tramandata, e gli esseri umani vivevano ignorando completamente l’origine della loro provenienza. Rimaneva poi il problema delle mura.
-Comandante, - presi la parola, -mio padre non ha mai fatto parola di queste teorie. Sono sempre vissuta completamente all’oscuro da questi misteri, e i miei non mi hanno mai parlato di tali contraddizioni che esistono da generazioni dentro i vari ordini di mura. Ma, a quanto pare, dovevano essere al corrente di tutto ciò.
-Io credo che Ivàn e Catherine Hares e mio padre abbiano avuto modo di incontrarsi per parlarne. Forse è proprio la risposta che tutti e tre cercavano a causare la scomparsa di tuo padre – si portò una mano al mento.
-Mia madre è morta accoltellata in un giorno di pioggia, lontano dagli occhi di tutti, me esclusa – iniziai, col cuore in gola. –Se anche lei aveva aderito all’affermazione di queste teorie, allora anche il signor Smith deve aver fatto una fine simile.
-A detta della Gendarmeria, mio padre è morto in un incidente a causa di un carro trasportato nel pieno della notte. Ho degli informatori che, in una maniera o nell’altra, hanno avuto modo di dare un’occhiata agli archivi: il nome di mio padre era riportato sulla lista dei giustiziati dal governo.
Ero sempre più sconvolta, confusa e disperata. E se le supposizioni della mia famiglia e quelle del signor Smith fossero corrette? Ciò avrebbe implicato che l’assassino di mia madre fosse stato causato dai gendarmi.
-Ma ciò sarebbe impossibile: il governo sarebbe la causa della morte di innocenti? – chiesi in preda alla collera. Mi portai una mano alla bocca. –E se davvero avesse nascosto la verità sull’origine delle mura?
Ero assolutamente scombussolata. Attraverso Erwin, ora stavo osservando la realtà con occhi nuovi. Se prima di allora mai avevo cercato una spiegazione sulla genesi del mondo artificiale che mi circondava, adesso non vedevo l’ora di ricavare quante più informazioni possibili che mi avrebbero permesso di dare una spiegazione a tutti quegli interrogativi.
-Ricorda che parliamo solo ed esclusivamente di supposizioni – mi ricordò Erwin. - Niente è vero o falso. Ti ho convocata perché potessi mettermi in contatto con i tuoi genitori e saperne di più su questa storia, ma a quanto pare siamo lontani dallo scoprire la verità dietro queste teorie.
-Mi dispiace di non poterle essere d’aiuto, signore.
-Invece lo sei stata, Claire. Io penso che prima o poi riusciremo a saperne di più. Ne sono convinto.
Annuii, un po’ rammaricata.
-Claire, mi hai promesso che non avresti parlato a nessuno di questa faccenda – aggiunse lui, alzandosi. -Posso confidare in te?
Mi sentivo parecchio nervosa, molto stranita, ma adempii al mio compito di soldato, e obbedii al mio superiore: -Sissignore. Non dirò una parola, glielo prometto.
Anche io mi alzai dalla sedia, mi portai un pugno al petto. –Con permesso – dissi, dirigendomi fuori dall’ufficio.
-Ti prego di tenere tutti all’oscuro di questo incontro. Se possibile, anche tuo fratello.
Sarebbe stato difficile resistere alla tentazione di convocare Lex per parlargli di quanto avevo appreso, ma promisi al mio superiore che non gli avrei detto niente.
-Claire, se fossi in te, non ne parlerei nemmeno con Levi.
Mi bloccai di colpo, voltandomi. –Il capitano?
-Ho visto che ultimamente ti sei avvicinata a lui – Erwin abbozzò un sorriso. –Passate molto tempo insieme, non posso che dedurre che ci sia qualcosa che va oltre la semplice amicizia. Quel tipo è abbastanza caparbio e scontroso, magari la tua compagnia potrebbe fargli più che bene, ma conosci la mio opinione sull’argomento, non è vero, Claire?
Arrossii di colpo, domandandomi il motivo per il quale non fossi già uscita da quell’ufficio. Perché proprio Erwin? dissi tra me. Quell’uomo era dotato di un’intelligenza invidiabile, pensai.
-Sì, Comandante. Lo so bene – mormorai, iniziando a tremare, cercando nella mia mente le parole adatte per giustificarmi.
-Ma d’altronde sono affari vostri, di certo non mi immischierò – concluse. –Fa’ quello che credi sia meglio. Per te, forse anche per lui.
Annuii di nuovo, congedandomi dall’ufficio un po’ imbarazzata.
Tuttavia, ripercorrendo il corridoio vuoto, non potei fare a meno che meditare sulla storia appresa poco prima.
Che il lettore provi compassione, davvero non avevo idea di come affrontare la questione! Un fuoco dentro di me ardeva violentemente, fui presa da un gran desiderio di voler rispondere a tutti i dubbi che avevano iniziato a perseguitarmi da che ero entrata nello studio del Comandante.
Con le mani dietro la schiena, osservavo i soldati che incrociavo lungo il tragitto: come il resto della popolazione reclusa, ignoravano del tutto le ragioni per cui quel piccolo mondo era stato edificato. Per i giganti, mi avrebbero risposto. E i giganti? Perché nessuno era stato incapace di dare una risposta sulla loro natura, in cento lunghissimi anni? E noi della Legione Esplorativa continuavamo a perdere le nostre vite inutilmente da decenni per cercare la risposta a questa domanda.
Vagai per la caserma per un po’, dopodiché mi ritirai nei dormitori, sdraiandomi sul letto per riflettere ancora sugli innumerevoli misteri della nostra storia. E maledicevo il fatto che non ero in grado di trovarvi una soluzione. Piuttosto, continuavo a chiedermi il motivo per cui, in tredici anni della mia vita, i miei genitori non avessero fatto parola delle loro teorie. Provai del certo risentimento nei loro riguardi, ma subito dopo constatai che non aveva senso prendersela con loro. Per giunta, adesso conoscevo il motivo dell’allontanamento di mio padre, per quanto trovassi ancora sbagliatissima la decisione di abbandonare la sua famiglia.
Erano davvero dei ribelli? Chi o che cosa aveva ucciso mia madre, alla fine? Che fosse stato responsabile il governo reale…?
Che disdetta! Giusto qualche mese prima, al momento del mio diploma, avevo giurato eterna fedeltà al nostro re, e ora mi ritrovavo a chiedermi se non fosse proprio l’autorità monarchica a volere la segregazione della popolazione muraria.
In preda al panico, il cuore cominciò a battermi forte nel petto. Non potendo nemmeno contare sul sostegno dei miei amici o del mio caro Levi, mi sentii ancora più sola e maledetta. Ignoravo completamente il modo con cui avrei dovuto affrontare quella faccenda.
Passai altre ore chiusa lì, in preda alla solitudine e all’angoscia. Poi decisi di uscire, soprattutto per farmi viva a chi mi stesse cercando.
Mi recai ai giardini nei pressi della caserma: intravidi soldati immersi nella lettura o nelle loro chiacchiere spensierate seduti ai vari tavoli in legno.
Tra questi, scelsi uno assolutamente sgombero, sistemato sotto un albero. Aprii il mio blocco da disegno, iniziando ad abbozzare un ritratto di profilo del caporale maggiore. 
Adoravo mettere in risalto i contorni del suo viso che, inutile ribadirlo, appariva ai miei occhi assolutamente perfetto.
Il pensiero di poterlo avere accanto a me quando ne sentissi il bisogno era ciò di più confortante che la mia mente potesse pensare in un momento tanto deplorevole come quello.
Più il disegno continuava, più pensavo che pochissimi fossero i soggetti come lui che potevano essere rappresentati alla perfezione dall’arte del disegno. Questo fu ciò che mia madre fu in grado di insegnarmi anni addietro.
Chissà cosa avrebbe pensato lei riguardo a Levi? A differenza di mio padre, ella sperava che potessi trovare la mia dolce metà quanto prima, non faceva che ripeterlo. Cosa avrebbe pensato se sua figlia fosse improvvisamente divenuta la morosa dell’uomo più forte del genere umano intero, oltretutto di dieci anni più grande?
Stando al fisico di mio padre, del tutto opposto a quello di Levi, avrebbe sicuramente avuto da ridire! Non era biondo, alto e solitamente allegro – per quanto spesso fosse protagonista di battibecchi con alcuni cittadini del nostro distretto.
Ridacchiai a quel pensiero, continuando il disegno, illudendomi per un attimo che mia madre fosse ancora qualche miglia più distante, nella mia città.
-Ma quello è il capitano? – domandò una voce alle mie spalle.
Mi voltai, i miei occhi incontrarono quelli di Erd. –C…ciao! – arrossii. –Ecco, non avevo niente da fare, volevo rilassarmi un po’, quindi…
-Non preoccuparti, Claire! – esclamò lui, ridendo. –So bene quanto tu tenga a lui. Il tuo faccino innamorato che lo fissa è assolutamente tenero, non si fa altro che ribadirlo.
Divenni letteralmente color pomodoro, richiudendo il blocco. –Che ci fai qui, Erd? – deviai il discorso. –Non avevi da fare con i superiori a Trost, stamattina?
Il mio amico sedette vicino a me. –Siamo appena tornati. Volevo parlarti di una cosa, ecco perché sono qui.
-Dimmi tutto. Anche se ho già una mezza idea di quello che mi dirai. C’entra per caso la contadina del villaggio che precede Trost?
Il mio intuito aveva centrato il bersaglio: Erd era visibilmente in imbarazzo. Tentò di distogliere lo sguardo, mormorando: -E’ così. Mentre venivamo qui abbiamo parlato un po’ – spiegò lui. –Principalmente, è stata lei a ringraziarmi ancora di quello che ho fatto il giorno della spedizione. E’ timida, sai? Non parla molto. Ma ha modi di fare gentilissimi e graziosi.
Il mio cuore si riempì di commozione. –Veniamo al punto. Ti sei innamorato, Erd?
Quanto amore avevo notato negli ultimi giorni? Ebbi modo di pensare, sorridendo: Oruo riempiva di attenzioni, seppur in maniera categoricamente irritante, la dolce Petra, mentre giusto poche ore prima io e la mia compagna eravamo venute a conoscenza della relazione tra i veterani Mike e Nanaba.
Erd divenne rosso, grattandosi la nuca. –Non saprei. Io vorrei tanto poter conoscerla meglio, ma capisco che a causa dei nostri impegni in caserma ciò non mi è possibile. Le ho promesso che le avrei scritto una lettera, ma non ho idea di come farlo. Non è che potresti aiutarmi tu?
Gli mostrai un largo sorriso. –Ovvio che sì, Erd! Non vedo l’ora, in realtà – strappai un foglio dal mio blocco, posizionandolo al centro tra me e il soldato biondo.
-Non ho intenzione di scriverle qualcosa di altamente sentimentale, ecco perché faccio riferimento a te che sei brava in queste cose – disse lui.
-Non preoccuparti, le ragazze non fanno che scrivere – gli enunciai.
Con molto piacere, aiutai il ragazzo nell’impresa. Ci volle del tempo a fargli abbandonare il senso di vergogna che lo aveva posseduto dal momento in cui era venuto a conoscenza di quel sentimento forte che egli aveva iniziato a nutrire nei confronti dell’umile fanciulla. Eppure, lo confesso, il risultato finale fu soddisfacentissimo, soprattutto per lui, che, prima di lasciarmi, mi ringraziò promettendomi che mi avrebbe aiutato di nascosto con le pulizie che il capitano era solito imporci non appena ci vedeva intenti ad oziare liberamente.
-Non sei obbligato! – esclamai, divertita. –Comunque, faccio il tifo per te, Erd. Aubrie è una ragazza bellissima e molto dolce. Faresti meglio a conquistarla quanto prima, così le soldatesse smetteranno di correrti a fatica dietro.
-Che discorsi stupidi, - ridacchiò, -grazie ancora, Claire. Sono fortunato ad avere te, in questi casi. Tu e Petra siete le migliori.
Ammiccai, prima di vederlo allontanarsi all’interno della caserma.
Ripresi il mio disegno, poi venni raggiunta da Gunther, che mi rese gentilmente una calda tazza di tè. La preoccupazione causatami dall’incontro con Erwin iniziò a dissolversi. Come era bello e confortante poter godere della compagnia di coloro a cui tenevo così tanto!
-Spero tu sia riuscita ad aiutare Erd – mi domandò. –Mi ha parlato di quella cosa, a quanto pare lo tormenta parecchio.
-E’ andato tutto per il verso giusto – lo tranquillizzai, sorseggiando dalla tazza. –Che buono, accidenti! Lo hai preparato tu? – indicai il liquido.
-Tutto da solo. Tu che lo conosci, credi che l’opinione del capitano sul mio conto possa cambiare dal momento in cui saprà che so preparare il tè?
Scoppiai a ridere. –Credimi, ora diverrai il suo preferito.
Iniziammo a parlare, finché non percepii in lontananza la voce un po’ stridula di Petra.
Invitai Gunther a voltarsi: fu allora che osservammo la mia amica in compagnia di Oruo, entrambi dotati di dispositivo di movimento tridimensionale.
Notai che Petra zoppicava a fatica. Il nostro amico la seguiva apprensivo.
-Che è successo? – chiese Gunther accanto a me.
Aguzzai l’orecchio: -Smettila di preoccuparti! Quante volte devo dirti che non mi sono fatta niente? Ho frequentato il corso medico anche per queste situazioni, mi passerà – continuava a ripetere la ragazza.
-Mi sei venuta addosso, hai sbattuto la gamba contro il mio dispositivo, l’ho visto. Come fai a dire che non hai niente? – interveniva Oruo. –Guarda come cammini.
L’istinto mi suggeriva di andare a soccorrere la mia amica testarda. Ma qualcosa mi diceva che Oruo era in grado di convincerla da solo.
-Petra, perché non ti lasci aiutare? – le chiese gentilmente il compagno. Ammisi di non aver mai avuto l’opportunità di osservare il lato più serio e premuroso che Oruo ripetutamente nascondeva nei meandri più profondi della sua personalità.
Ella sospirò, interrompendo la marcia. –Come credi di poter aiutarmi?
Oruo non rispose subito. La guardò per qualche secondo. E, giuro, se avessi avuto l’olfatto fine del Caposquadra Mike, non sarebbe stato difficile per me avvertire la sua trepidazione.
-Appoggiati a me. Ti accompagno in infermeria – disse lui, rosso in volto.
I due si guardarono. Infine, Petra si arrese, reggendosi sul mio amico, prima di recarsi, assieme a quest’ultimo, dal medico dei ricognitori.
-Non posso crederci. Quello lì era Oruo? – commentò Gunther poco dopo, incredulo quanto me.
-Contaci. Era lui – risposi, intenerita.
In pochi attimi, mi ero resa conto di quanto fosse stata preziosa la presenza dei miei amici, che erano stati in grado di consolarmi con tale semplicità. La potenza dell’amicizia, dei rapporti umani, vinceva addirittura contro gli esemplari più orribili di giganti, contro le mura di cinquanta metri d’altezza.
-Pensi che anche loro due…? – iniziò il mio amico, sorridendo.
-Non saprei. Con voi quattro c’è sempre una novità – ridacchiai di nuovo.
Poggiai la testa sulla sua spalla, finalmente più tranquilla. Poco dopo, adocchiai Levi in lontananza fare rientro in caserma. I nostri sguardi si incontrarono. Gli sorrisi, rincuorata, pensando che, finché avessi goduto della compagnia di tutti i miei cari, niente avrebbe potuto rendermi veramente triste e angosciata. Forse, nemmeno un problema di estrema rilevanza del quale ero venuta a conoscenza poche ore prima.
Ma, ad ogni modo, come avrei potuto risolverlo?
 
 
Spazio autore: buonasera! Ho tardato di un pomeriggio la pubblicazione di questo capitolo, ma ce l’ho fatta! Credetemi, sono troppo felice!
Ancora una volta non mi sono astenuta dal dare risalto al personaggio di Erwin (l’ho anche omaggiato con il titolo del capitolo!), è un mio vizio. Avrete capito che, d’ora in avanti, avrà un ruolo ancora più importante, inoltre, la storia toccherà alcune tematiche che, come già detto, fanno riferimento all’Arco Della Rivolta. La verità, comunque, non sarà certamente svelata così presto, sia chiaro (ci troviamo ancora nell’846), quindi tendo a dire che non ci sarà nessun particolare cambiamento di trama dell’opera originale. Detto ciò, vi saluto, promettendovi che, d’ora in avanti, sarò più puntuale nella pubblicazione :).
Alla prossima!
 
 
  
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