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Autore: shilyss    05/06/2018    16 recensioni
La prigione dove Odino ha rinchiuso Loki è una cella asfissiante priva di finestre. Costretto in una forzata inattività ma niente affatto piegato, il dio degli inganni affida i suoi pensieri più oscuri a delle lettere. Il destinatario? Thor, l’avversario di una vita, il compagno d’avventura prediletto, il fratello con cui ha condiviso ogni cosa. Carteggio estorto dal tonante cui Loki accetta di piegarsi solo per raggranellare qualche beneficio in più. Perché gli obiettivi del dio degli inganni potrebbero incrociarsi ancora con il destino di Asgard, e nessuna cosa è per sempre, neanche nelle prigioni sotterranee degli Aesir.
Dal cap. 1: Dimmi, Thor, dov’erano mentre il ferro nemico ti lacerava la cotta di maglia, penetrava nella tua carne, tagliava i tuoi muscoli? Dov’erano i tuoi fratelli di sangue, così nobili e valorosi, che siedono ai banchetti accanto a Odino, che chiamano le loro armi mai macchiate di sangue nemico con nomi inutili e altisonanti? Quante volte saresti morto, figlio di Odino, se non ci fossi stato io a gridare, parare, pensare?
Genere: Avventura, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Odino, Sigyn, Thor, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Confessioni cap. 5

Capitolo 5 – Amici di penna?

 

Lettera 31

Allora, cerchiamo bene di stabilire una serie di linee guida, d’accordo? Non ti aspettare nomignoli deficienti o incipit particolarmente melensi. Sono del tutto inutili. La nostra è una collaborazione, niente di più e niente di meno. Non ritengo opportuno rivelare a voce tutte le strategie e teorie su cui sto meditando; la mia Corte di derelitti è pur sempre un manipolo di tagliagole, dico bene? Non mi fido eccessivamente neanche delle guardie: i secondini dei sotterranei non vengono scelti personalmente da Odino o dai vertici dell’esercito Asi. Controlla sempre che il sigillo sia intatto. Altra cosa che ti ordino di fare: una volta lette, brucia tutte le mie missive. Niente nascondigli sotto al cuscino. Capito, Sigyn? Cerca di interrogare i parenti delle vittime e vedi se esisteva un legame, qualsiasi legame, con tua sorella o Heimdall. Potrebbe essere una vendetta nei suoi confronti, ma questa soluzione troppo semplice non mi soddisfa. Sbrigati.

 

Lettera 32

 

Credo che la questione con gli Elfi Chiari sia stata gestita in maniera tutto sommato soddisfacente. Non potevamo fare di più. Ti pregherei anche di mantenere uno stretto riserbo – molto stretto – sulla diagnosi. Anche se non condividi la mia scelta, è doveroso che almeno tu la rispetti. Non ho intenzione di prostrarmi di fronte a nostro padre piagnucolando che non riesco a sopportare la prigionia. Qui nessuno ha manifestato problemi del genere, e molti sono rinchiusi da più tempo di me. Strano che tu mi chieda di approfittare dell’occasione: Thor, il nobile erede di Odino, che suggerisce all’opportunista dio degli inganni di tramare e supplicare affinché mi sia concesso cosa, fratello? Un pezzo di cielo? Una stanza più grande? Ricordati del lupo che quel cacciatore regalò a nostro padre, quando ti vengono in mente queste brillanti idee. La cattività lo aveva reso pazzo e triste e rifiutava persino il cibo che mi ostinavo a portargli: era una bestia bellissima e fiera, ma non riesco a ricordare come morì. Non ti sembra strano, fratello? Ricordo che la notte ci intrufolavamo nel giardino dove era stata eretta la sua gabbia e ci avvicinavamo terrorizzati per vedere i suoi occhi scintillanti nel buio; mi torna in mente l’odore dell’erba umida, la paura, la sensazione della stoffa che si inumidisce a contatto con la terra e il rumore dell’animale nervoso che ci fiutava oltre le sbarre, eppure non riesco a ricordare l’ultima volta che lo vedemmo vivo e come lasciò questo mondo. (1)

 

Lettera 33

 

Suvvia, ma ti pare davvero che avrei iniziato la nostra corrispondenza con uno sdolcinato Cara Sigyn? Le nostre non sono lettere d’amore piene di sospiri: trattano temi orrendi, soddisfano la curiosa morbosità di due spiriti che hanno deciso di interrogarsi su perché esiste il Male. Non possiamo chiamarci “Caro” l’un l’altra. Collaboriamo per un fine più grande – trovare chi mi ha rubato il primato di signore del Caos, ad esempio. Andiamo con ordine, esaminiamo i fatti, guardiamo gli indizi, cerchiamo il filo comune, Sigyn. Non si uccide in quel modo in maniera casuale: c’è un piano sotto.

Noi siamo i cacciatori che devono inseguire una preda che a sua volta caccia. È ironica la sorte, non trovi? L’altro giorno ti ho detto che dovevi trovare dei legami e ti ho indicato gli indizi che gli stolti non hanno visto. Le mani, le hai guardate? Osserva le unghie, le labbra i polpastrelli. Soffermati sui dettagli, chiediti qual è il fine, l’obiettivo. Chi caccia ha l’abitudine di riservarsi un trofeo e sceglie le proprie vittime: non punta l’arco a caso. Seleziona un posto, osserva, aspetta e poi, quando il momento è propizio, incocca la freccia e mira. Ma come fa il nostro a sapere che Heimdall guarderà inevitabilmente da un’altra parte mentre lui agisce? Come riesce a celare le intenzioni del suo cuore, oltre che della sua mano? Lo sa perché non è un vagabondo come si vocifera persino qui nei sotterranei, ma qualcuno che ha accesso ai piani alti del potere, che sa o intuisce il momento in cui quel pedante del Guardiano ha gli occhi puntati altrove. Allora, agisce. Se fosse un pazzo senza criterio le guardie lo avrebbero già trovato, invece lui studia e attende paziente che le sue vittime si trovino nell’esatto punto in cui sa che potrà prenderle. Che fantastico intreccio! Che mente geniale, oltre che crudele! Mi dispiace, dolce Sigyn: spiava Astrid da tempo.

Asciugati le lacrime che so stai versando, contieni il dolore: c’è una cosa cattiva che devo dirti. So che sei carica di ansia per quella ragazzina, ma lascia che ti ripeta la verità, per quanto insopportabile: arriverai tardi, questa volta. Non ti illudere che la salverai, non giocare una partita persa in partenza. Non c’è già più niente da fare, lo abbiamo visto le scorse volte. Stringi i denti piuttosto, prendi questa tragedia come una sfida delle Norne, trasformala in un’occasione: così ho vinto molte delle mie battaglie. Quand’ero libero manipolavo gli eventi a mio piacimento, dicevano, ma questa definizione io l’ho sempre trovata in un certo qual modo scorretta, ingiusta. Non lo dico per vanità o vanagloria, né per rievocare il tempo perduto, ma per aiutarti. Hai detto che saresti stata le mie mani e i miei occhi, mi hai guardato con gentilezza in mezzo alle ombre dove tutti mi temono. Te lo devo, piccola leale Sigyn. A un altro non farei questi discorsi perché non mi è mai importato nulla di spiegare, ma tu sei coraggiosa e non nascondi la tua dolcezza: ne vai fiera, e io l’apprezzo. L’unica boccata d’aria fresca che rischiara una prigionia che durerà per troppo tempo. (2)

Quand’ero libero, dicevo, sfruttavo ogni occasione cercando di cogliere, in ogni evento, l’opportunità. Bisogna avere una coscienza fluida, una forte dose di spavalderia e un pizzico di sarcasmo per far crollare un impero intero da soli, senz’altra arma che la propria testa. Così feci in uno dei Regni che confinavano con le estreme propaggini della terra dei Nani. Furono loro a vendermi ai miei nemici: c’è uno strano rapporto tra me e quel popolo di abili fabbri e gioiellieri: entrambi amiamo costruire macchine e forgiare oggetti di grande valore, eppure c’è qualcosa che li disturba, di me, e viceversa. Ci capiamo solo di fronte a un progetto o davanti alla fucina, ma dopo tutto è complicato. Forse è perché i loro maestri sono taciturni e scostanti e temono che rubi con gli occhi la loro perizia, l’abilità nascosta nelle loro mani grandi e nodose. Non lo nego, l’ho fatto – ma questa è un’altra storia. (3) Mi vendettero, ma li pregai io di farlo: la mossa brillante di un piano geniale. Senza altre difese oltre alle mie parole e a un pugnale nascosto, scalzai il tiranno. Così l’ho sempre raccontata, persino a mio padre e a mio fratello, ma non ti ingannare. Il piano mutò infinite volte, rischiai la pelle altrettante. Il sovrano voleva uccidermi e mancò l’obiettivo per un soffio. Il terrore non mi abbandonò mai, anche se lo mascherai più o meno bene dietro a un sorriso sicuro, protervo.

Capii come avrei fatto a liberarmi quando in cella qualcuno nominò il labirinto. Allora domandai e chiesi e mi fu risposto, e con quel mucchio di informazioni stantie buone solo per non far dormire i bambini la notte (4), pensai che la via di fuga e la salvezza erano a portata di mano. Ecco quello che devi fare. Getta la lettera nel camino non appena finirai di leggerla.

 

Lettera 34

 

Io vorrei davvero capire con che faccia mi hai fatto recapitare qui sotto quattro dolcetti e uno stinco di prosciutto. È stato uno dei momenti più brutti della mia esistenza, te lo giuro. Umiliante, persino più di tutti i “chiamate aiuto” in cui mi hai lanciato come un sacco di patate facendomi sfracellare contro guardie idiote, soldati distratti, balordi ubriachi e puzzolenti, persino (4). Bjorn, quel deficiente nato, ha intonato una canzone di auguri e si è fermato solo quando l’ho minacciato brutalmente. Ti concedo che l’idromele era buono, ma posso giurarti che la prossima volta spaccherò questo vetro a calci e ti prenderò a badilate sui denti. Tra l’altro, se eri qui e ci tenevi così tanto al mio genetliaco potevi pure alzare le chiappe, lasciare il banchetto e portarmeli di persona. Ma il grande e possente Thor si mortifica, all’idea di scendere nelle segrete buie e puzzolenti di Asgard per vedere il fratellino preferito rinchiuso come un animale, vero?

 

Però ti compiaci nel descrivermi la festa. Non sei un bravo scrittore e le tue battute sono goffe e altalenanti come la tua prosa, ma una cosa te la devo riconoscere, fratello. Sai descrivere. Che posso dire? Che devo dire? Se fossi stato al tuo fianco, con un corno stretto tra le dita, avrei riso delle tue battute e tu delle mie come in mille altre occasioni; ci saremmo beffati del volgare Theoric con lo spirito tronfio e crudele di chi si creda padrone del mondo. Ma noi non siamo più così, non è vero? Noi abbiamo visto la dignità e la fierezza negli occhi del lupo ormai pazzo che si lasciava morire, e un soldato strapparsi una lancia dal petto per dare da bere a un cavallo ferito (5). Conosciamo la pietà e la tragedia, la caduta e l’ascesa, e non possiamo più divertirci come dei ragazzini viziati e troppo sicuri di se stessi. Il tuo ritratto di Theoric è rozzo e giusto in una maniera singolare, e mi amareggia leggerlo. In una delle tue passate lettere, mi hai ricoperto di insulti per aver immaginato una tua relazione con Sigyn. L’hai definita la mia ragazza in un modo che, francamente, qua sotto mi ha fatto sorridere non per il senso delle parole in se stesse – non è mia né mai lo sarà, e lo sai, ma per la loro funzione colloquiale, quotidiana. Avresti potuto dirmelo mentre strigliavamo i nostri cavalli o tornando da una taverna, invece lo hai dovuto scrivere perché mi hai fatto rinchiudere qui sotto, e questo è crudele e fa male, ma mai quanto le tue parole. Non sapevo che avesse quell’aspetto né che fosse così tanto più vecchio, e se fossi stato presente certo gli avrei fatto passare la voglia di dar fastidio a una ragazza con un bel pugnale piantato sotto la cintura.

 

Riconosco che la tua delicatezza mi ha stupito. Se fossi intervenuto tu sarebbe stato come se lo avessi fatto io, e Sigyn non ha bisogno di questo, ma lasciare che la trascinasse fuori per ballare è stato comunque sgradevole e non mi consola che Sif sia andata cautamente ad accertarsi che tutto fosse a posto. Stasera va meglio e non ho visto tracce. Ti invito a essere discreto con chiunque.

 

Lettera 35

 

Mia dolcissima Sigyn, forse mi stai seducendo? Quel riferimento allusivo a te che leggi le mie lettere immersa nella vasca mi ha veramente colpito, stupito, sorpreso. Sii sincera, era un inganno: la piccola trappola che hai messo appunto in modo tale che iniziassi con un incipit più sfacciato, la vendetta gustosa per le confessioni che ti ho strappato, il colpo di grazia per la proposta indecente che ti ho fatto? O un regalo tardivo, l’unico che puoi farmi qui sotto? L’immaginazione ci lega: l’ipotesi di un futuro che non c’è né ci può essere, la frenesia per un passato in cui ci siamo sfiorati senza incontrarci. In un mondo parallelo a questo siamo stati amanti e io non sono rinchiuso in una prigione finché l’ultimo respiro non mi sarà uscito dal petto. Così hanno predetto le Norne. Sono andato fino ai confini del regno di Hela, per scoprirlo.

 

Noi saremmo diventati amanti, cara Sigyn, ma conosco la mia indole e le mie ambizioni. Se fossi ancora libero, ti corteggerei in maniera serrata e, dopo averti avuta una notte o forse due, ti lascerei non perché tu non sia degna di me, ma perché solo se si è liberi e senza legami si può giocare come faccio io con il destino e le parole. Te l’ho detto a voce spezzandoti il cuore e te lo scrivo affinché tu non ti lasci mai incantare dalla mia voce. Sono rinchiuso nei sotterranei di Asgard, Sigyn. Non uscirò mai e, se lo facessi, dovrei fuggire lontano e tu non saresti comunque con me.

 

So quanto deve essere stato difficile interrogare e domandare alle famiglie stremate dal dolore dettagli e particolari della morte dei loro cari; Odino mi ha rinchiuso nel suo serraglio, nascondendomi come fa con tutto ciò che offende la sua vista, e alle volte devo confessare che la sua punizione non è del tutto priva di fondamento, anche se è sproporzionata alle colpe, ma non mi manca l’empatia come non difetta a te. È grazie a questa capacità di comprendere le persone che lo prenderemo: una brava ragazza di buona famiglia, la prima ritrovata ma la terza vittima, un mercante con problemi finanziari, un marinaio beone senza legame alcuno, un’altra ragazzina – una povera lavandaia, stavolta. Tu non vedi ancora il filo, ma c’è.

 

Soddisfa un bisogno, Sigyn, perché vedi, quello che è terribile dei mostri è che alla fine desiderano e odiano e amano esattamente come noi. Desiderano, sì. Catturare l’attenzione, compiere una vendetta, realizzare ciò che per loro è un sogno e per gli altri un incubo. Gli sfregi che lascia, ad esempio, non sono casuali: fanno parte di un disegno – sono antiche lettere, Sigyn. Il che ci riporta immediatamente a un’altra considerazione. Non è mentre giri per le strade sudicie del porto che devi avere paura, ma quando passeggi nei giardini assolati che circondano Asgard e i quartieri dei ricchi. La nostra preda è colta, ha studiato, frequenta la biblioteca persino. Quando andrai a prendere altri libri per me, consulta il registro e appunta i nomi di coloro che la visitano abitualmente.

 

Mi domandi come mi liberai quando i Nani mi vendettero. I miei aguzzini si vantavano di aver rinchiuso dentro il labirinto intricato un mostro dalle orride fattezze che, tempo prima, aveva seminato panico e morte. Quando fui giudicato, sputai in faccia all’altezzoso re e ottenni come premio di essere condotto immediatamente dall’essere. Fui calato in un pozzo profondo e oscuro: lì c’era la bestia. La ammansii con la promessa di una libertà immediata e la possibilità di vendicarsi e quella mi credette: assunse la forma bestiale con cui aveva soggiogato il regno e spezzò grazie al mio aiuto le catene. Invece di sbranare me, come doveva, mise a ferro e fuoco la patria che lo aveva rinchiuso. Thor e le sue armate giunsero poco dopo. Brucia la lettera, dopo che l’avrai letta.

 

Lettera 36

 

Le missive di Balder sono un’accozzaglia mal scritta di idiozie di stampo bucolico, buonismo di pessimo gusto e considerazioni politiche miopi e degne di un bambino di cinque anni. Anche se qui dentro il tempo di leggere mi avanza, non voglio rendere più gravosa la mia prigionia mortificandomi con una lettura tanto ignobile. Asgard trema e lui mi parla della primavera che colora i campi. Io dico, è deficiente?

 

A nessuno frega della piccola lavandaia, del marinaio ubriacone e del mercante fallito, ma la ragazza di buona famiglia li ha sconvolti. Eppure hanno già dimenticato tutto, presi come sono dalle loro vite indaffarate. Considera se non avevo ragione, quando ti dicevo che non volevo immischiarmi in questa faccenda: molte rogne e nessun beneficio. La gentile Sif non ha mancato di farmi sapere che Odino vuole interrogarmi di nuovo, perché è ovviamente girata la voce che mi sto interessando di tutto questo o forse i corvi che gli defecano sulla spalla e imbrattano di guano la sala del trono gli hanno mormorato che Sigyn va in giro facendo domande (6). Il fatto che mi interessi dei delitti senza la sua plateale approvazione deve averlo irritato mortalmente, motivo per cui potrei non essere in grado di scrivere nei prossimi giorni. La nostra guerriera preferita ha anche sentito il bisogno di darmi una notizia che certo tu avrai ritenuto troppo insignificante perché mi fosse riferita e questi smidollati dei secondini non hanno avuto il coraggio di darmi: bene, adesso lo so.

 

Non ho intenzione di commentare in altro modo qualcosa che, a ben pensarci, era inevitabile e scontato, data la situazione. Avevo compreso che c’era qualcosa che non andava: Sigyn non mi ha scritto né detto nulla del ballo e l’altro giorno, quando è scesa qui sotto, l’ho vista tesa e poco loquace. Il nostro gioco si è svolto sul filo del rasoio e io non ho voluto infierire: è nei miei sogni necessari Thor, ma non come pensi tu o spera lei. La desidero perché è l’unica che vedo. Sigyn si sforza di ricordarselo, ma alle volte nei suoi occhi grigi scorgo uno smarrimento nuovo che certo non le fa bene. Colpa mia. Mi prendo la responsabilità delle sue illusioni e delle false speranze che mio malgrado instillo; quando le scrivo, la penna nella mia mano traccia frasi eloquenti e accorate: così sfogo il desiderio che ho di lei, ma Sigyn con le dita tremanti si sforza, nella solitudine della sua stanzetta, di separare il grano dal loglio, la verità dalla finzione. Colpa mia, che anche ieri l’ho guardata diritto negli occhi per farle quella proposta assurda ma necessaria proprio perché irrealizzabile. Ho avvicinato il naso al vetro, le ho sorriso appena col più affascinante e obliquo dei miei ghigni studiati e, sfiorando la lastra come se fosse la sua guancia senz’altro morbida l’ho fatto, gliel’ho chiesto. Ti lasceresti baciare, Sigyn?

 

Quattro parole che valgono uno scherzo, cui avrebbe dovuto rispondere alzando le spalle e ridendo. E invece, Thor, ha sgranato gli occhi e, confusa, si è affrettata a dire che non potevo amarla e la mettevo a disagio e, e, e.

Che senso ha questo gioco? So che te lo stai chiedendo. Scuoti la testa credendo che io menta, sperando forse in cuor tuo che l’interesse sia vero o valutando se hai il campo libero. Non è il tuo genere di ragazza, lo hai già detto, ma quando gareggiavamo per il trono ci siamo contesi qualsiasi cosa, anche le donne, e non mi stupirebbe se me la portassi via, né potrei avercela con lei per questo, ma che sia una simile nullità, a farlo, questo no. Dici che è una questione di debiti, di affari, di accordi pregressi, ma ciò non toglie che sia comunque qualcosa di squallido. Ha il doppio dei suoi anni, per le Norne, se non di più. Non devo spiegarti che su questo fronte non possiamo fare assolutamente niente. Offrirle aiuto e sostegno non sarebbe impossibile, dato che non mi sono stati tolti i miei beni, ma l’offenderebbe di certo e io questo non lo voglio. Il suo sguardo è sempre stato libero dalla pietà e dalle costrizioni, quando è scesa qui sotto, e le devo il rispetto che mi ha sempre portato. Potremmo provare a convincere il padre, però. Verrà da te, prima o poi, o chiederà udienza presso il nostro. Ha già perso una figlia, non vorrà perderne un’altra. Potrebbe essere una buona occasione per fornirgli i mezzi per liberarsi di Theoric senza dover cedere Sigyn.

Per quanto concerne l’ultima questione di cui mi scrivi, come già sai non ci sono stati che sporadici miglioramenti. Tento di nascondere segni e fazzoletti, in modo tale che nemmeno le guardie sappiano con esattezza, ma a volte la tosse mi sconquassa e mi sveglia nel sonno. Il rimedio del tuo ciarlatano elfico, come immaginavo, vale il tempo di addormentarmi e basta; il suo effetto si affievolisce nel giro di poche ore. Non ho intenzione di assumerne dosi più massicce: sarebbe del tutto inutile.

 

Lettera 37

 

Non piangere, Sigyn. Non è colpa tua. Non c’era niente da fare. Ha infierito, stavolta. Era un messaggio per noi, per me. Non è più una beffa verso Heimdall, se mai lo è stata, ma nei confronti di Asgard in generale e mia, persino. Mi propone una sfida di intelligenza e intanto ti offende. So che è stato terribile stavolta, entrare nello studio del guaritore, sollevare il lenzuolo e guardare. La pietà, il dolore, l’orrore persino, non sono sentimenti estranei al mio spirito: non si nasce guerrieri nemmeno tra gli Asi, neanche alla corte di Odino. Ci si illude di allenarsi per tutta la vita fino al giorno in cui, quando ancora non si è altro che ragazzini senza barba e col moccio al naso, si viene spediti su un campo di battaglia. Quello che tu hai visto oggi io l’ho osservato nelle tende allestite sul campo dai guaritori al seguito dell’esercito, ci sono inciampato in mezzo durante gli assalti e le ritirate. Soldati più abili e forti e grandi di me morivano falciati dalle armi nemiche e io, sperduto e incapace, sopravvivevo alle loro spalle grazie alla benevolenza momentanea delle Norne. Dicono che ci si abitui, alla fine. Non è del tutto vero, anzi non lo è affatto. È come una cicatrice rimarginata che talvolta prude: ti chiedi perché non è toccato a te, ti svegli la notte zuppo di sudore credendo che, da un momento all’altro, le trombe ti sveglieranno. Non è facile essere un guerriero Asi, e anche se la promessa per taluni è il Valhalla, la verità che nessuno ammette è che ci impegniamo tutta la vita per creare una corazza abbastanza spessa da proteggerci dagli incubi che ci tormentano e, alla prima occasione, scopriamo che i nostri sforzi sono stati vani ed esistono crepe troppo evidenti e profonde per essere riparate.

A te, però, non deve rimanere addosso alcun senso di colpa. Stai seguendo le mie direttive in maniera pedissequa, seria, compita. Sei stata brava, Sigyn, davvero. Non preoccuparti per due colpi di tosse: è solo l’aria viziata di questo schifo di cella.

 

Lettera 38

 

Sono davvero curioso di sapere come intendi procedere, dato che è arrivato a quattro. Aspetterai che massacri mezza Asgard? Non ho i mezzi per poter indagare come vorrei, e sinceramente non vedo perché dovrei impegnarmi più di quanto faccia. Sigyn ha stilato una lista di tutte le persone che leggono in biblioteca resoconti di medicina o politica. Per il momento, sono gli unici indizi che abbiamo. Il nostro pazzo squilibrato, il Cacciatore, mentre noi siamo qui a mandarci inutili bigliettini, si fa beffe di noi. Da un lato, credo fermamente che sia un bene: nel delirio di onnipotenza che lo pervaderà a breve – che forse già lo consuma –, senz’altro commetterà l’errore fatale che ce lo farà prendere. Dall’altro, mi inquieta la sua precisione e la sua morbosità. Sigyn è stata male, dopo l’ultimo ritrovamento. Ho pensato di esonerarla da questo compito, ma avrei avuto l’effetto contrario: avrebbe continuato a indagare per suo conto, di nascosto.

Come stai facendo tu su un’altra questione. Sono pochi i campi di battaglia che non abbiamo attraversato insieme, fianco a fianco, per cui immagino che tu non sia rimasto affatto stupito, nel vedere e nell’osservare cosa è rimasto di quelli che hanno provato a opporsi al Titano. E a me. Mi hanno trovato in una taverna in preda al delirio, scosso dalla febbre, ferito e ammaccato. Raccontavo le storie degli Asi, spiegavo i molti inganni di Odino: come fece a far erigere le mura di Asgard dai Giganti di Ghiaccio, come sottrasse lo Scrigno degli Antichi Inverni agli stessi, come rapì l’erede di Laufey che doveva morire abbandonato nella neve per farne il proprio burattino. La gente, incantata, mi stava a sentire senza poter discernere la realtà dalla finzione. Ho dipinto te come un arrogante sbruffone, Freya come la baldracca che è, Odino come il viscido sovrano bugiardo e crudele che ha schiacciato la libertà di Otto Regni sotto la vuota parola pace. E tu chi eri, Loki? Il principe offeso e pieno d’orgoglio ferito o il buffone di corte, il delinquente bandito ma fiero o il disgraziato che sputa nel piatto dove ha mangiato e si discolpa da ogni accusa? (7)

Thanos mi guardò con disgusto e mi chiese perché la compagnia di teatranti cui certo appartenevo mi aveva abbandonato lì, a racimolare elemosina e a ubriacarmi. Risposi che ero sobrio e i denari ai miei piedi rappresentavano i tributi versati dai miei sudditi. Dissi di essere un principe di sangue e di aver perso il mio trono. Non si rese conto, mentre parlavo e mi ascoltava, che gli avevo sottratto un’arma a lui molto cara. Quando se ne accorse, fratello, mi volle tra i suoi. È una bella storia, non trovi?

 

 

Continua...

L’angolo di Shilyss

Cari Lettori, bentrovati con il nostro consueto appuntamento settimanale. Come forse ricorderete, nel primo capitolo annunciavo che le lettere di Loki erano indirizzate a Thor e a una ristretta cerchia. Eccola, finalmente. Il fatto che il dio degli inganni scriva talvolta anche a Sigyn, vi permetterà di capire meglio il modus operandi del nostro e individuare i suoi piani. Questo capitolo è un po’ di transizione, ma se lo avessi fatto più lungo o avessi inserito la lettera 39 avrei messo troppa carne al fuoco, davvero.

Sono lieta di presentarvi Loki in modalità primo incontro con Thanos. Il suddetto non avviene in un giorno di pioggia, ma per caso con Andrea e Giul… no, ok, questa è un’altra storia anche se Thanos per me aveva i capelli come quello dei Bee Hive, Satomi. Ve lo dico: Loki straccione e derelitto lo ritroverete in altri lidi, un po’ perché l’unica serie che sto seguendo al momento è Shameless, un po’ perché ho trovato un fumetto dove dorme dentro un cartone, un po’ perché prendere quell’arrogante sbruffone e coprirlo di stracci mi emoziona come una bimbetta. Vedrete anche una versione alternativa di codesto incontro in Giochi Pericolosi, che ha subìto una momentanea pausa post Infinity War ma tornerà sui vostri schermi.

Come sempre, grazie per essere giunti fin qui e per avermi dedicato parte del vostro tempo. Fatemi sapere se volete che le lettere indirizzate a Sigyn siano segnate in qualche modo e… donate un po’ di luce e gioia alla Fatina dell’Ispirazione lasciandomi un vostro pensiero. Io rispondo sempre con grande celerità e partecipazione perché il vostro pensiero vale!

Recensioni are a writer’s best friend! Pure i diamanti, ma penso vi costi meno, nevvero? Oh, se poi avete questo brillocco da millemila carati che vi fa schifo, io e la Fatina ce lo facciamo bastare! XD

A giovedì e domenica!

 

1 Per maggiori info su questa storia, come sempre vi rimando alla mia fic Sposami, Sigyn.

2 Il cambio di registro di Loki potrebbe apparire forzato: si tratta, tuttavia, di una lettera consolatoria che l’ingannatore offre alla sua “dipendente/galoppina” in un momento particolare (una bambina è stata rapita e Loki, brutalmente, le sta dicendo che le ricerche sono inutili). L’arte manipolatoria del nostro antieroe si manifesta a mio avviso anche con una sporadica e studiata gentilezza. È la tecnica del bastone e della carota, praticamente.

3 Nell’Edda, il testo mitologico dei norreni, viene raccontato come Loki si fece costruire dai Nani numerosi artefatti magici da donare agli Asi e ai Vani. Uno dei Nani, Brokk, pretese la testa dell’Ase e ottenne di cucirgli le labbra per punirlo.

4 Citazione dai film.

5 Citazione di Robin Hood, principe dei ladri. Quello con Kevin prima che facesse lo spot del tonno.

6 Huginn e Muninn, i corvi di Odino che gli riferiscono quello che succede nei Nove Regni.

7 Di nuovo torna Loki come narratore, come in Sposami, Sigyn: alcune delle cose che il nostro eroe racconta sono volutamente distorte: nel mito è Loki a imbrogliare per far erigere le mura. Altre sono vere e prese dalla Lokasenna (Edda poetica) e dai film (Ragnarok e il primo Thor, di nuovo in maniera distorta).

Shilyss

   
 
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