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Autore: crazy lion    07/06/2018    4 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Mancano diversi mesi alla pubblicazione dell’album “Confident” e Demi dovrebbe concentrarsi per dare il meglio di sé, ma sono altri i pensieri che le riempiono la mente: vuole avere un bambino. Scopre, però, di non poter avere figli. Disperata, sgomenta, prende tempo per accettare la sua infertilità e decidere cosa fare. Mesi dopo, l'amica Selena Gomez le ricorda che ci sono altri modi per avere un figlio. Demi intraprenderà così la difficile e lunga strada dell'adozione, supportata dalla famiglia e in particolare da Andrew, amico d'infanzia. Dopo molto tempo, le cose per lei sembrano andare per il verso giusto. Riuscirà a fare la mamma? Che succederà quando le cose si complicheranno e la vita sarà crudele con lei e con coloro che ama? Demi lotterà o si arrenderà?
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Saranno presenti familiari e amici di Demi. Anche per loro vale questo avviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Joe Jonas, Nuovo personaggio, Selena Gomez
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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98. ATTIMI DI GIOIA
 
Come ti ho appena raccontato, caro diario, oggi ho passato una bella giornata sia a scuola sia perché nel pomeriggio è venuta la mia amica Elizabeth. Lei è la mia amica del cuore, o per meglio dire la mia migliore amica. Questa seconda definizione mi piace di più, mi sembra meno infantile. Io sono ancora una bambina, ma a volte mi sento già grande sai? Comunque, sto divagando. Dicevo, sono felice di aver cominciato a scrivere qui dentro partendo dalla descrizione di un giorno lieto. Ora, però, penso di dover tornare indietro per parlarti di me e di tutta la mia storia. Insomma, mi sono solo presentata dicendo il mio nome e l’età ma tu nemmeno mi conosci, e mi sembra scortese non dirti nulla su di me, oltreché ingiusto e senza senso. Sei mio amico e mi è stato insegnato che in amicizia bisogna essere sempre sinceri. Preparati, diario, perché quello che narrerò nelle pagine seguenti sarà molto triste e brutto. A volte mi sembra che la mia vita sia un film. Hai presente quelli in cui le vittime subiscono violenze di ogni sorta da persone che io definirei fuori di testa, no? Sono serie televisive, di solito, e quando finisci di guardarle ti domandi:
“Ma chi si può inventare una cosa tanto folle?”
Eppure, in un certo senso io ho vissuto le stesse cose. Devo riconoscerlo: l’uomo cattivo che ha ucciso i miei genitori e la mia prima mamma affidataria erano pazzi psicopatici. E sì, so cosa significa questa seconda parola anche se è difficile e se molti bambini della mia età non la conoscono, ma non me ne vanto. Ad ogni modo, è per questo che dico che a volte mi pare di vivere un film. Mi sembra che la mia storia sia una di quelle serie tv assurde. Ma è la realtà. E sai una cosa, diario? Questa consapevolezza mi fa tremare di paura. Quelle persone non mi potranno più toccare, né lo faranno con mia sorella, ma in me restano il dolore, la tristezza e a volte un pesante, sofferto senso di panico.
 
Mackenzie stava scrivendo ormai da un po’. Il diario che la sua amica le aveva  regalato era più che altro un libro che non aveva scritti i giorni all’inizio di ogni pagina. Mac non aveva mai visto diari di quel tipo, ma le piacque perché almeno avrebbe potuto scrivere tutto ciò che desiderava per quante pagine voleva. Dava al diario del tu considerandolo un amico, un confidente. Fu così che cominciò a raccontare la sua storia dall’inizio e perse la cognizione del tempo. La sua mano continuava a tenere saldamente la biro e questa scivolava sul foglio scrivendo parole su parole. Dopo ore, quando la mamma la chiamò, si accorse di aver riempito intere pagine. Ne aveva scritte cinque, per la miseria! Era arrivata al momento in cui lei e Hope erano finite in affidamento. Non era stato facile raccontare tutto, soprattutto la morte dei suoi - beh, quel che ne ricordava - e aggiungere che c’era un tassello mancante a quel puzzle. Poi aveva ripercorso le violenze, soprattutto psicologiche, della sua mamma affidataria, senza però dimenticare di descrivere il dolore provocato dalle ustioni e di quel poco che ricordava della degenza in ospedale e della sua esperienza nella casa famiglia. Ora stava scrivendo di William e Joanna, dato che della coppia precedente non aveva molti ricordi. In fondo era stata lì poco tempo e davvero, non rammentava nulla di significativo. Erano stati carini con lei e Hope, ma non le pareva di aver ricevuto vero amore, o meglio, forse quello era un amore diverso, bello ma, appunto, differente. Ognuno ha il suo modo di amare, in fondo, e avrebbe mentito se avesse detto che quelle due persone non avevano voluto bene a lei e a Hope. Quando erano andata da William e Joanna loro le avevano adorate, e lei aveva sentito di avere finalmente una nuova, vera mamma solo quando era arrivata Demi.
“Mac, scendi per favore? C’è papà!”
Si era di nuovo persa nei suoi pensieri. Chiuse il diario e lo mise nel solito cassetto chiudendolo a chiave, poi andò di sotto, corse incontro ad Andrew e lo abbracciò.
“Sono felice di vedere che state tutte quante bene” disse l’uomo dopo aver salutato anche Mackenzie. “Scusate se sono venuto qui così tardi, volevo solo salutarvi.”
“Non preoccuparti, caro” lo rassicurò la sua ragazza. “Stasera le bambine possono restare sveglie ancora una mezzoretta.”
Mackenzie sorrise felice a quella prospettiva e Hope, seduta sul tappeto a giocare, batté le manine.
Danny arrivò da chissà dove - a volte si nascondeva e sbucava fuori all’improvviso -, iniziò a miagolare e andò verso Mac, che lo prese in braccio e si sedette con lui sul divano. Il micio camminò sulle sue gambe per un po’’, poi trovò una posizione comoda e si sdraiò in braccio alla padroncina facendo le fusa.
“La adora, vero?” domandò Andrew sorridendo.
“Sì, sono molto legati.”
Dorme spesso con me, sai papà?
“È fantastico! Anche i miei lo fanno a volte.”
Si sdraia vicino ai miei piedi oppure sulla mia pancia; e da quando lo fa dormo meglio e gli incubi sono diminuiti.
“Non me l’avevi mai detto” osservò la mamma.
Hai ragione, scusa.
“Tranquilla, l’importante è che tu ti senta almeno un po’ meglio.”
“Gli animali sono fantastici. Aiutano tantissimo noi umani. Io non so cosa farei se non avessi i miei gatti.”
Demi e Mac si ritrovarono d’accordo.
Nessuno aveva voglia di fare nulla di particolare quella sera, così guardarono qualche cartone per intrattenere le piccole. Giocarono insieme con le bambole e i peluche e a farsi il solletico, mentre Danny e Batman cercavano coccole e attenzioni.
Demi accompagnò Mackenzie in camera, chiuse le imposte e le rimboccò le coperte.
“Vuoi che resti un po’ qui con te?” le chiese con dolcezza.
Lo faceva volentieri, soprattutto quando la bambina era agitata o stava male per qualche motivo.
No grazie, sto bene.
“Sicura?”
Certo mamma. È stata una bella giornata e mi sono divertita tantissimo.
“Almeno non le sto mentendo” si disse pensando ai bambini che ogni tanto le davano fastidio e la facevano stare male.
Chissà, forse non l’avrebbero fatto più e quelle offese sarebbero state solo un lontano ricordo. Mac si sentiva più positiva quel giorno e sperava davvero tanto di aver ragione.
“D’accordo. Notte.”
Notte.
La madre le diede un bacio in fronte.
“Ti voglio bene, principessa” disse.
Anch’io. Mamma?
“Sì?”
Ho cambiato idea. Sto bene, ma rimarresti un po’ qui con me, finché non mi addormento?
“Ma certo!”
La bambina le fece spazio e lei le si sdraiò accanto, cingendole la vita con un braccio. Mackenzie rimase immobile in quell’abbraccio. Avrebbe voluto ricambiarlo con tutta se stessa, ma qualcosa la bloccava. Si sentiva diversa, aveva un peso nel petto che non sapeva come mandar via. Lo conosceva bene, ma quella sera sembrava farle più male. Cercò di respirare con calma e di non farsi prendere dall’ansia.
Scusa.
“Di cosa?”
Non riesco ad abbracciarti.
“Non importa. Sei solo molto stanca.”
Lei scosse la testa.
No. Non è per questo. È che io… Doveva trovare le parole giuste. Non avrebbe mai voluto ferire la sua mamma.
“Dimmi, tesoro” la incoraggiò Demi. “Puoi raccontarmi tutto, te l’ho detto tante volte.”
La voce dolce della ragazza aiutò Mac a trovare il coraggio di fare quel discorso. Trasse un profondo respiro e poi cominciò a scrivere.
I miei genitori mi mancano tantissimo. Anche se ne parlo poco, io soffro ogni giorno anche quando rammento i nostri momenti felici. A volte piango, ma ormai tengo il dolore dentro di me. Ora penso un po’ meno a loro, mentre mesi fa lo facevo sempre e stavo peggio. Elizabeth mi ha regalato un diario nel quale poter scrivere i miei pensieri e tutto ciò che voglio, e stasera ho parlato di me e della mia storia. È stato difficile scrivere di loro, dei ricordi che ho dei miei primi anni di vita e poi di quella notte maledetta. Ogni volta che scriverò in quel quaderno, già lo so, o che vado da Catherine, io sto e starò sempre sia bene che male. A febbraio, il 21, saranno due anni che sono morti i miei, anzi, che sono stati uccisi. Era così difficile scrivere quella parola! Ogni volta che Mac lo faceva la penna le tremava fra le dita e quella sera non fece eccezione. E mi sembra ancora così strano. Non è giusto, mamma.
“Sai che puoi parlare di loro con me tutte le volte che vuoi, vero? Io ti ascolterò sempre.”
Sì, lo so.
“Comunque hai ragione, non è giusto; e so che l’hai sentito dire tante volte, ma la tua rabbia è normale.”
Sì, so anche questo.
Avrebbe voluto dire di più, ma non ci riuscì. In ogni caso, il suo volto contratto in una smorfia e gli occhi pieni di lacrime valevano più di mille parole. Mackenzie preferiva tenere il dolore per sé, anche se a volte lo buttava fuori come stava facendo in quel momento. Era sempre stata così dacché ricordava. Demi lo sapeva bene e quindi le lasciava il suo spazio, non la forzava a parlare ma vedeva la sua sofferenza. Soffriva sapendo di essere almeno in parte impotente, di non poter cambiare le cose. Ciò che poteva fare era continuare a stare accanto alla figlia. Era grata che riuscisse a dire come si sentiva a riguardo, ogni tanto.
La bambina riprese:
Mancano dei tasselli, lo so. Forse non tanti, ma mancano.
Calcò su quell’ultima parola perché le sembrava importante farlo.
“Pian piano ricorderai. Hai già fatto dei passi in avanti rammentando parecchi dettagli, vedrai che andrà sempre meglio.”
Mac non lo disse, ma non ci credeva. Non più. Il tempo scorreva e lei non riusciva mai a far luce sul proprio passato. Forse era destino che non ce la facesse.
Sono ancora negativa pensò.
Alcune grosse lacrime le rigarono il viso. Non le asciugò e lasciò che le corressero lungo le guance, ferendo ancora di più la sua anima. Fu la mamma a passarci sopra le mani, ma non le disse di fermarsi. Anzi, la lasciò sfogare. Tremava e piangeva senza riuscire a fermarsi, perdendo sempre di più il controllo di se stessa. Demi non la lasciò nemmeno per un istante. Rimase accanto a lei mentre la accarezzava e le sussurrava parole dolci.
“Passa tutto, Mac. C’è la mamma qui con te. Non me ne vado.”
La bimba si sentiva sempre più debole, ma il calore della mamma la faceva sentire protetta. Gli abbracci, i baci e le carezze la aiutarono a rilassarsi e a distendere i nervi, finché dopo alcuni, lunghi minuti, Mackenzie tornò a sorridere e a pensare che aveva trascorso una giornata davvero felice. Poco dopo si addormentò e sorrise nel sonno. Demi le diede un altro bacio e uscì socchiudendo la porta.
Danny arrivò pochi minuti più tardi, miagolò e saltò sul letto sdraiandosi a fianco della bambina. Lei si svegliò, tirò fuori una mano da sotto le coperte e cominciò a grattarlo sotto il collo. Poco dopo li raggiunse anche Batman. Dopo un’abbondante dose di coccole i due animali si addormentarono accanto ai piedi di Mackenzie sicché lei, che non poteva muoversi a causa della posizione in cui si erano messi, fu costretta a dormire a pancia in su e incastrata fra loro. Non le diede fastidio, anzi, riposare con entrambi era bellissimo.
 
 
 
Quando Demi entrò in camera, vide che Andrew aveva già messo Hope nel suo lettino.
“Si è addormentata appena ha appoggiato la testa sul cuscino” mormorò.
“Oggi aveva dormito, ma poi a furia di giocare si è stancata. Rimani qui stanotte?”
“Sì.”
Non le chiese se le faceva piacere perché sapeva che la risposta sarebbe stata affermativa.
Dopo essersi infilati sotto le coperte i due si presero la mano.
“Che hai fatto oggi a parte lavorare?”
“Ho giocato con i gatti. È stato bello.”
A quanto pareva quella sera erano gli animali il principale argomento di conversazione, ma alla ragazza non dispiaceva affatto.
“Ne sono felice. Ti sei rilassato, quindi?”
“Sì. Ne avevo bisogno.”
Fu il turno di Demi che raccontò ad Andrew della crisi di pianto di Mackenzie e di quanto le aveva detto.
“Ha fatto bene a sfogarsi” disse lui. “Sta soffrendo tantissimo.”
“Già.”
“Sei molto paziente con lei e anche con me. Voglio dire, non è facile stare accanto a qualcuno che non si sente bene e che, per un motivo o per un altro, non riesce a riprendersi da un lutto.”
“No, affatto” ammise la ragazza, “ma lo faccio volentieri perché vi amo. Spero di riuscire ad aiutarvi, in qualche modo.”
“Lo fai e lo sai benissimo.”
“Sì.”
Gli parlò del bel pomeriggio che la figlia ed Elizabeth avevano passato e anche di Mary.
“Wow!” esclamò sorpreso. “È meraviglioso che vi siate ritrovate e abbiate chiarito, Demetria! Il mondo è piccolo eh?”
“Sì, per fortuna.”
“Sei ammirevole, cara.”
“C-cosa?”
Si sentì avvampare. Grazie al cielo era buio ed Andrew non vide che le sue guance erano sicuramente diventate rosse come due pomodori.
“Dico sul serio.”
“I tuoi complimenti mi lusingano sempre. Mi ammiri per molte cose, amore. Perché questa volta?”
“Hai fatto delle cose grandiose nella tua vita. Certo, prima o poi capita a tutti, però visto quello che hai passato penso che tu sia sempre stata coraggiosa e resiliente e per questo e mille altri motivi sei un buonissimo esempio per le nostre bellissime bambine.”
“Se ti riferisci all’altro giorno, ho fatto solo quello che mi sentivo e ti saresti comportato così anche tu.”
La sua voce si ruppe nel ricordare che Hope era quasi annegata. Non si sarebbe lasciata quell’esperienza alle spalle con facilità e non sapeva come avrebbe reagito quando la figlia si sarebbe trovata vicino ad uno specchio d’acqua più grande di una vasca da bagno.
“Non parlavo solo di quello, anche se le tue parole sono sacrosante. Mi riferivo al fatto che non è facile perdonare chi ci fa del male, volontariamente o no. Tu ci sei riuscita due volte: la prima con tuo padre al cimitero e la seconda con Mary.”
“Hai ragione, perdonare è difficilissimo. Per mio padre provo sentimenti contrastanti: lo amo e lo odio, mentre a Mary voglio un bene infinito.”
“Lo so, ma comunque nonostante tutto l’hai perdonato. Accetta il mio complimento okay? Ti assicuro che te lo meriti!”
“Va bene, ti ringrazio. Ripeti la parola che hai usato, per favore?”
“Quale?”
“Quella così particolare.”
“Resiliente?”
“Esatto. Mi ha colpita molto.”
Tanti le avevano detto che era coraggiosa, forte, determinata, ma nessuno aveva mai asserito che era resiliente. Quel vocabolo le piacque, non solo perché in effetti la rispecchiava ma anche perché era piuttosto ricercato.
“Ne sono felice.”
Poco dopo anche loro si addormentarono l’uno fra le braccia
dell’altra.
La ragazza non sapeva che ora fosse quando aprì gli occhi perché Hope stava piangendo. Si tirò su in fretta e la testa le girò.
"Uuuuh, mamma mia!"
Aveva cercato di dirlo piano, ma Andrew si svegliò.
"Tesoro, ti senti male?"
"Ho avuto un capogiro. Mi sa che mi sono alzata troppo velocemente."
"Mi occupo io di Hope, tu riposati."
"Okay, grazie."
"Figurati!" esclamò mentre prendeva la bambina in braccio. "Stanotte tocca a me, comunque."
"Lo so, ma non volevo svegliarti."
"Tranquilla, va bene." Nelle ormai rarissime volte in cui Hope si svegliava, se Andrew era lì lui e la fidanzata si davano i turni. "Ehi piccolina, che c'è? Andiamo."
La ragazza si rilassò sotto le coperte, allargando per un momento gambe e braccia solo per stiracchiarsi, poi tornò a dormire sul fianco destro come faceva di
solito.
Molte ore dopo sentì una manina che le muoveva piano i capelli. Hope era lì con loro. Probabilmente non era riuscita a riaddormentarsi ed Andrew le aveva permesso di dormire con mamma e papà. La cosa non dispiaceva affatto a Demi, anzi, le strappò un sorriso.
"Ciao, Hope" sussurrò.
A differenza di loro due, Andrew dormiva Ancora. Demi prese in mano la sveglia e guardò l'orario: era quasi ora di alzarsi.
"Ciao, mamma" le rispose abbracciandola.
La ragazza passò qualche minuto ad accarezzare il visetto e il pancino della piccola mentre questa faceva qualche gorgoglio di approvazione.
"Ti piacciono le coccole della mamma, vero?"
"Sì."
Demi sorrise.
"E questo?"
Le fece il solletico all'ombelico e Hope scoppiò in un'argentina risata agitando braccia e gambe. L'aveva sempre sofferto moltissimo in quel punto. Demi non poté non ridere con lei.
"Ancoa, mamma!"
"Va bene, ma non qui."
“Potete restare.” Andrew si era svegliato, eppure Demi pensava che stesse ancora riposando nonostante il rumore. Stava per scusarsi quando lui la anticipò. “Non dormivo da un po’. Avevo solo gli occhi chiusi e vi ascoltavo. Siete molto belle insieme.”
“Grazie, amore.”
I due adulti si domandarono come mai Mac non li avesse raggiunti. Forse stava ancora dormendo. Era un bene, visto che ultimamente il suo sonno non era stato dei migliori.
Andrew si girò dall’altra parte.
“Che hai?”
“Niente.”
Era chiaro come il sole che mentiva.
“Tesoro parliamone, ti prego. E guardami!”
Lui obbedì alla seconda richiesta, poi sospirò e rimase ancora in silenzio.
Hope scoppiò in un pianto isterico, agitandosi tutta.
“Ehi! Amore è tutto a posto, tranquilla.”
“Forse ha percepito il mio disagio” suggerì l’uomo. “È colpa mia.”
“Non dire così.”
“È la verità. Mi sembra di combinare solo casini.”
Stavolta fu Demi a sospirare.
“Mi vuoi dire cosa ti succede? Mi fa male vederti tanto affranto!”
Per un momento le sembrò di essere tornata indietro nel tempo di alcuni mesi, a quando il suo ragazzo era in ospedale dopo aver tentato il suicidio e si sentiva ancora insicuro, debole e in colpa. Forse era stata la crisi depressiva che aveva avuto a farlo regredire. Gli si avvicinò e gli lanciò uno sguardo preoccupato.
“P-papà!” lo chiamò Hope singhiozzando.
“Starà bene, piccina. Sediamoci vicino a lui.”
Demi prese Hope in braccio, si accomodò sulla sponda del letto e la bimba allungò una manina per toccare il padre. Lui le guardò e sorrise appena.
“È che ieri sono stato dalla psicologa” esordì. “Mi ha detto che mi vede stare meglio, a volte.”
“E non è una cosa buona?”
“Sì.”
Eppure lui era triste. Perché? Avrebbe dovuto gioire di quella notizia, o quantomeno sentirsi sollevato.
“E cosa ti preoccupa?”
“Io non sto meglio, Demetria.” La sua voce era più bassa e profonda del normale. “A volte capita, sì, soprattutto quando passo del tempo con voi, ma per il resto non è affatto così. L’ansia spesso c’è ancora, ci sono le crisi di pianto, i brutti pensieri, la mancanza di mia sorella e questo peso sul cuore che mi porto dentro.”
Era stato difficilissimo confessarglielo, per un attimo aveva creduto che non ce l’avrebbe fatta ma poi, tirando fuori un coraggio che non sapeva di avere, ne era stato capace.
“Lalalalalalalala.”
Hope, che non era riuscita a trovare parole per far stare meglio il papà, dato che erano difficili e non le ricordava, aveva detto la prima cosa che le era venuta in mente.
I genitori la accarezzarono ricordando quanto era stato bello sentirla chiacchierare in quel modo da piccola.
“Cerchi di tirarmi su il morale, vero?” le chiese il padre, poi si mise a sedere e le diede un bacio.
La bambina non rispose e lo guardò con gli occhietti ancora pieni di lacrime.
Andrew odiava vedere che qualcuno della sua famiglia era triste, soprattutto se la colpa era sua. E non sopportava di sentirsi sempre responsabile di tutto, ma sapeva che la strada per riuscire a superare ciò sarebbe stata ancora lunga. Girò il volto dall’altra parte e poi esclamò:
“Cucu!”
rivolgendolo poi di nuovo a Hope che rise così tanto da rimanere senza fiato.
“Sei riuscito a farla stare meglio, bravo!”
“Oh, è stato facile.”
“Hai parlato con la psicologa di quel che provi?” gli domandò Demi.
“Sì. Mi ha detto che ci vorrà un po’ di tempo per stare bene davvero e che il fatto che io aiuti gli altri nonostante mi senta male è importante. Su questo ha ragione.”
“Anch’io sono convintissima che sia vero. Anche nel dolore, hai sempre aiutato le altre persone. Fa’ che questa sia la tua luce, la tua forza per uscire dal tunnel.”
Le parole pronunciate con il cuore in mano sono sempre le più profonde e le più belle. Quelle della fidanzata colpirono moltissimo Andrew che, senza parlare, la baciò.
“Sei speciale. E ti amo” mormorò, mentre il suo volto si illuminava.
“Tu sei fantastico. E ti amo anch’io.”
 
 
 
Mackenzie si era svegliata dopo una bella notte di sonno. Nonostante il dolore che aveva provato nel parlare alla mamma dei suoi genitori naturali, alla fine grazie a Danny e Batman e alle coccole ricevute aveva dimenticato tutte le cose brutte, almeno per un po’. Aveva sentito Hope piangere e i genitori parlare. Non aveva voluto entrare per paura di disturbarli. Pur non avendo udito la loro conversazione, aveva intuito che doveva trattarsi di qualcosa di importante e aveva preferito lasciare loro un po’ di privacy. Quella mattina si sentiva piena di energie, così decise di fare qualcosa di bello o almeno di provarci. Mamma e papà erano troppo concentrati sui loro discorsi per fare caso a lei e al rumore che ci sarebbe stato in cucina. Si alzò e si vestì, poi scese in punta di piedi e cominciò a lavorare. Non fu facile mettere sul tavolo i piatti e i bicchieri, e soprattutto preparare il resto. Anzi, fu una delle cose più difficili che Mackenzie avesse mai fatto fino a quel momento, ma la visse come una specie di sfida con se stessa. Voleva vedere se ci sarebbe riuscita e, alla fine, il lavoro le parve discreto.
Quando entrarono, per Mac  fu bellissimo vedere i sorrisi dei suoi.
“Mac, hai preparato la colazione?” le chiese la madre.
La risposta era ovviamente affermativa, ma Demi era comunque sorpresa. Non era mai successo prima.
Ho pensato di fare qualcosa di diverso.
Nei loro tre piatti c’erano un paio di toast e accanto un bicchiere di succo d’arancia. Era qualcosa di molto semplice, ma la bambina si sentiva fiera di se stessa. Non aveva mai acceso il tostapane prima d’allora, l’aveva solo visto fare, ma tutto era andato bene. Aveva aperto il frigo, preso l’occorrente, preparato i panini e poi provveduto a scaldarli. Ad un certo punto aveva temuto di bruciarli ma grazie al cielo non era accaduto.
“Bravissima, piccola!” esclamarono insieme i due adulti, poi la abbracciarono.
Grazie. Desideravo fare qualcosa per voi e dirvi che vi voglio bene.
Demi si commosse ma cercò di non piangere.
“Anche noi, Mackenzie” disse con la voce arrochita per l’emozione, poi provò a far assaggiare uno dei suoi toast a Hope spezzandoglielo in piccole parti. Dentro c’erano salame e sottiletta.
Non ho trovato il prosciutto e ho visto che il salame era già tagliato. Spero non vi dispiaccia.
Improvvisamente Mac pensò di aver fatto uno sbaglio. A lei il panino piaceva, ma magari i suoi non lo apprezzavano poi tanto. In fondo quell’affettato era piuttosto salato. Aveva forse sbagliato?
“No, è fantastico” la rassicurò il padre.
“È buonissimo amore. E poi l’hai fatto tu, quindi è speciale. Piace anche a Hope, guarda.”
Mac sorrise guardando la sorellina mangiare.
“Hai dormito bene?” le chiese Andrew.
Sì papà, benissimo. Sono molto felice anche oggi.
Aveva un sorriso che andava da un orecchio all’altro e la sua allegria contagiò
tutti.
Una volta arrivata a scuola, Mac scese dall’auto e corse verso Elizabeth abbracciandola come se non la vedesse da giorni interi.
“Woah woah, che accoglienza! Che ti succede stamattina?” le chiese la bimba. “Sembri diversa, in positivo intendo.”
Sono di buon umore.
“Fantastico!”
Rimasero in cortile a parlare del più e del meno e a ricordare quanto fosse stato meraviglioso il pomeriggio precedente.
Tu hai scritto molto nel tuo diario segreto?
“Ce l’ho da un po’ quindi sì, abbastanza. Hai già cominciato, eh?”
Non vedevo l’ora!
“E hai parlato della tua super fantastica amica Lizzie?”
Mac rise.
Sì, certo.
“Comunque scherzavo, non pretendo di essere perfetta.”
Nessuno lo è, ma sei meravigliosa.
“Grazie. Anche tu!” esclamò e le piccole si strinsero di nuovo.
Chiacchierarono finché suonò la campanella. Entrarono in classe baldanzose, sentendosi felici come fino a quel momento forse non erano mai state, almeno non da quando si conoscevano.
   
 
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