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Autore: A_Typing_Heart    09/06/2018    1 recensioni
* in corso di revisione * L'Uomo in Blu è una leggenda moderna, un uomo misterioso che appare in un paesino del Sorrentino per rendere omaggio a una lapide senza nome né fotografia. Circolano infinite voci su di lui, sulla sua origine, e sul perché visiti una tomba avvolta dai segreti. Ma nessuno sa la verità, e le motivazioni dell'Uomo in Blu sono radicate al tempo in cui il futuro boss Sawada Tsunayoshi fu ferito in un attentato. Un momento che cambiò la vita del giovane e di chi gli stava accanto per sempre.
Genere: Drammatico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Enma Kozato, Mukuro Rokudo, Tsunayoshi Sawada
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Il brusio del ristorante e la musica del violinista che fuori sul marciapiede intratteneva i passanti non riusciva a penetrare la coltre di pensieri che il Decimo boss dei Vongola aveva nella mente. Enma, seduto al tavolo davanti a lui, capiva perfettamente che era successo qualcosa di molto grave. Gli aveva detto di aver trovato il laboratorio completamente vuoto, ma qualcosa nel suo tono e nel suo sguardo sfuggente gli confermava che gli aveva mentito, o almeno che aveva omesso una significativa parte degli avvenimenti del giorno. Non parlò tuttavia e attese che il cameriere versasse loro il vino.
-Grazie.- disse lui all'uomo in giacca nera e papillon.
-Chiamate quando desiderate ordinare.-
-Io muoio di fame.- annunciò Yamamoto, e aprì il menu.
-Hibari non mangia con voi neppure in questi casi?- domandò Enma, notando la sedia rimasta vuota al loro tavolo.
-Lo fa soltanto se viene convocato espressamente dal Decimo.- rispose scontroso Hayato, sfogliando il menu come fosse un ostico libro di testo di latino. -E a volte nemmeno in quel caso.-
-È molto preso da questo caso.- rispose distrattamente Nagi, intenta a leggere. -Credo che prenderò la bouillabaisse, e poi un dessert.-
-Tsuna.- disse Enma, decidendo di ignorare tutti i presenti e fissando lo sguardo sull'uomo di cui era innamorato. -Mi dici che cosa è successo oggi? Perchè sei così silenzioso?-
Tsunayoshi non rispose, ma lo sentì, perchè nei suoi occhi castani passò qualcosa di molto scuro e persistente, l'equivalente astratto di una macchia di denso petrolio in un mare limpido. Con molta lentezza chiuse il menu e lo posò sul tavolo.
-Credo... ordinerò solo vegetariano oggi.-
-Tsuna.- insistette Enma.
-Il Decimo è turbato per via dell'inceneritore.- tagliò corto Gokudera, osservato da tutti gli altri come se avesse appena rivelato tutti i segreti della famiglia. -Abbiamo trovato gioielli e altri oggetti che lasciano intendere che ci fossero chiuse dentro decine di persone... impossibile dire se erano vive al momento dell'accensione o se fossero già morte, ma molti erano vicino alla paratia, come se avessero cercare di aprirla, o...-
Lasciò sfumare la frase lasciando all'immaginazione altre teorie altrettanto crudeli. Enma ebbe un fulmineo e angosciante lampo di un gruppo di persone accalcate a bussare sulla porta gridando e chiedendo aiuto, e scosse la testa per dissolverlo. Capiva benissimo perchè Tsunayoshi fosse tanto turbato.
-Oh, Tsuna... è terribile...-
Enma allungò la mano sul tavolo e strinse la sua, perchè il suo viso era diventato pallido in maniera allarmante. Ormai aveva capito che era un uomo buono, che non uccideva se poteva evitarlo e faceva tutto il possibile perchè non fosse obbligato a farlo. Il ritrovamento di cadaveri, o dei loro resti, dentro un inceneritore doveva essere stato un brutto colpo per lui. Certo il dottor Vermont, o come si chiamava, aveva detto una bugia facile da smontare: come poteva un uomo che impallidiva per delle ceneri di sconosciuti essere in grado di guardare una bambina negli occhi mentre la torturava?
-Io... non è... solo per loro... anche se è orribile pensare di bruciare delle persone...- disse a fatica Tsunayoshi, come se le parole fossero ruvide e gli facessero male passando dalla gola. -Io... non... non posso sopportare di pensare che le tue... braccia... le tue gambe... possano essere finite là dentro... con che altro? Detriti... esperimenti falliti... altri giovani che non sono sopravvissuti?-
Enma da un lato era intenerito dalla dolce sensibilità di Tsunayoshi, ma dall'altro era discretamente confuso. Il laboratorio che lui ricordava era diverso... non ricordava di aver visto un locale simile a un inceneritore, e nemmeno aveva mai visto un locale sotterraneo. Ricordava che dalla sua finestra vedeva un bosco... non poteva trattarsi di un palazzo al centro di Parigi. Sorrise, cogliendo la possibilità di fare sentire meglio il suo nuovo boss.
-Io non credo che sia quello il posto, Tsuna... io vedevo un bosco dalle finestre della mia camera... non era certo sottoterra e non c'era nessun inceneritore, c'erano i dormitori, gli ambulatori chirurgici e una sala per la manutenzione... niente di così brutto.- disse Enma, sorridendogli incoraggiante. -Sono sicuro che le mie braccia e le mie gambe non siano finiti in nessun inceneritore.-
Tsunayoshi parve leggermente più sereno, ma non al punto da ricambiargli il sorriso. Si limitò ad accennare un assenso con la testa e prese un sorso di vino, con l'aria distratta di chi a malapena si rende conto di avere un bicchiere in mano.
-Sawada ha detto di aver riconosciuto un odore in una delle stanze, però.- fece notare Ryohei, le cui dita intrecciate erano posate sul menu aperto come il discorso stampato di un politico. -L'odore di un olio, o una cosa del genere che usavi tu per le tue vecchie protesi.-
-Sul serio?-
-Così ha detto.-
-Forse è un altro laboratorio.- azzardò Enma. -O forse ci preparavano le parti meccaniche... non so dove le tenessero o le assemblassero prima che fosse il momento di installarle. Ho sempre pensato fosse in una delle stanze di sopra, dove facevano manutenzione.-
-Peccato che questo meeting di cervelli non porti a niente finchè non ci sono prove.-
Enma guardò Gokudera, ancora apparentemente concentratissimo sulla pagina delle pietanze di pesce offerte dal locale. Lo conosceva abbastanza da capire che era il finto menefreghismo che esibiva quando neanche il suo fino intelletto riusciva a risolvere un problema.
-Che ne dici se dopo torniamo là insieme, Tsuna?- domandò Enma. -Darò un'occhiata... solo per vedere se riconosco il posto, o noto qualcosa... sicuramente si tratta di un posto diverso.-
La proposta di Enma, o forse la sicurezza che ostentava, ebbero effetto su Tsunayoshi, che sembrava un po' confortato. Acconsentì a tornare alla base in rue Vermont insieme e fu con rinnovato entusiasmo che bevve di nuovo il vino, ma ordinò comunque solo piatti privi di carne dal menu. Forse per solidarietà o forse perchè lo spettacolo di quel pomeriggio era stato indigesto anche ad altri, Gokudera e Yamamoto ordinarono le stesse cose.


La Rue Vermont non aveva evocato nessuna sensazione in particolare a Enma, che però aveva un misterioso vuoto di memoria, perchè non ricordava assolutamente come era uscito dal laboratorio. Ricordava chiaramente solo un viaggio in aereo e l'arrivo a Sorrento: nel mezzo, tutto molto fosco.
La clinica di riabilitazione che faceva da facciata era ignota come la strada ed era sicuro di trovarsi nel posto sbagliato, convinzione rafforzata dalle molte rampe che aveva disceso per raggiungere il piano di interesse.
-Allora, Enma?-
Enma scosse la testa scendendo gli ultimi gradini. Sorrise, contento di potergli dire che non era il suo posto, che quell'inceneritore non aveva mai bruciato nessuna sua parte anatomica, che almeno per quello poteva sentirsi in pace. Ma il colpo che ebbe alla vista del corridoio fu così forte da stordirlo per qualche attimo.
Nella sua mente rivide un momento appartenente a molto tempo prima. Si trovava nella stanza della manutenzione, dove lo stavano sottoponendo a un test per verificare la guarigione dei suoi nuovi occhi bionici. Erano perfetti, gli aveva detto la donna assistente, e gli aveva detto che avrebbero potuto pianificare un nuovo intervento, alle gambe. In quel momento era felice della notizia, ma poi delle urla agghiaccianti avevano interrotto la conversazione. Curioso come i bambini erano, era corso alla porta, aveva guardato fuori nel corridoio, appena in tempo per vedere una ragazza che cercava di sfuggire alle guardie, gridando come una pazza, prima che uno dei due uomini la colpisse con il calcio dell'arma. La donna dell'esame lo aveva trascinato via, rispedendolo al dormitorio senza spiegazioni, ed Enma non aveva più rivisto la ragazza dai capelli rossi come i suoi.
-Enma?-
Come in una sorta di trance Enma sentì solo da lontano la voce che lo chiamava e decise di ignorarla. Raggiunse a grandi passi il punto in cui nella sua memoria la ragazza era stata colpita. Poi si voltò, per scoprire che a poca distanza c'era una porta. Quella da cui avrebbe potuto assistere a quella scena. Senza dare spiegazioni a Tsunayoshi che gli teneva dietro facendo domande, andò a spalancare la porta.
Il laboratorio manutenzione era in una stanza con quell'esatta forma e dimensione, con il pavimento di piastrelle grigio chiaro, come quelle. Il lungo tavolo d'acciaio era sparito, ma i segni lasciati dalla polvere sulle pareti gli lasciavano intuire alcune attrezzature e mobili che corrispondevano a quelli che ricordava. A parte...
-Dove... dov'è la finestra...?-
-Enma... non ci sono finestre... siamo molti piani sotto terra.- gli fece notare Tsunayoshi.
-C'era una finestra...-
Enma tastò il punto sul muro corto in cui ricordava una finestra, ma era sicuramente una parete piena di solido cemento. Eppure era rimasto un contorno, come quelli lasciati dai quadri dopo anni di immobilità, e aveva la misura di quella finestra. Le somiglianze iniziavano a turbarlo, ma era sicuro che nella sua stanza non ci fossero quadri. Vedeva le foglie cadere in autunno, il sole, la pioggia... non poteva essere un'immagine ferma. Si trovava per forza in un altro edificio, forse con una pianta speculare a quella dove era cresciuto. Se era così allora sapeva dove andare.
-Enma... per favore, fermati un momento.-
Lo ignorò nuovamente e raggiunse l'altro lato, tastando la parete febbrilmente. Se quell'edificio aveva la pianta identica a quella che conosceva, e dato che quell'odore era chiaramente quello del liquido di manutenzione, il passaggio doveva esserci.
-Enma, inso...-
Tsunayoshi si bloccò quando una forte spinta di Enma fece scattare una porta a scorrimento. Il bordo produsse briciole di intonaco e vernice, come se fosse stata intonacata e riverniciata per essere definitivamente nascosta. Enma la spinse con violenza a lato e rivelò l'ascensore, più simile a un montacarichi, che ricordava. Era identico a quello nel suo laboratorio.
-È incredibile! Enma, come sapevi che era qui? Come lo hai trovato?-
-Questo edificio... deve avere una struttura identica a quella del mio laboratorio.- rispose Enma, che in se stesso aveva iniziato a sentire il cuore accelerare. -Come certi appartamenti nella tua casa che hanno la stessa pianta... anche questi laboratori forse sono tutti uguali.-
Tsunayoshi gli lanciò uno sguardo di dubbio e angoscia, ma non ribattè. Gokudera entrò nell'ascensore e si guardò intorno.
-Non ci sono bottoni, come si fa a usarlo?-
Enma entrò, aspettò che Tsunayoshi lo seguisse e richiuse la grata. L'ascensore si mosse sferragliando e iniziò a scendere. Anche quello era identico: il forte rumore cigolante e l'automatismo. Ogni volta che era stato lì il suo accompagnatore non aveva fatto altro che richiudere la grata per far sì che salissero o scendessero, e non c'era mai stata alcuna fermata intermedia. Il cuore gli martellava nel petto. Poteva ancora continuare a mentire... poteva mentire a se stesso, dicendosi che non era del tutto identico, che quel rumore non era lo stesso, che qualcosa non era come la ricordava. Certo, c'erano le finestre. Non c'erano finestre, ma lui le ricordava. C'erano finestre dove lui viveva. Era sicuro che ci fossero dei dormitori di sotto, ma sapeva che non avrebbe trovato segni riconoscibili.
Quando arrivarono giù il locale era buio, erano rimaste accese solo delle flebili luci azzurre, simili alle lucine notturne per i bambini, che lasciavano intuire la presenza di un corridoio. Enma non attese che Gokudera accendesse l'acciarino di metallo pesante e sollevò con vigore la grata, uscendo dal vano montacarichi. I suoi occhi si regolarono per quella condizione di luce scarsa e puntò dritto verso un lato del corridoio. Tsunayoshi alle sue spalle tentava di seguirlo al buio e incespicò in una scarpa abbandonata che Enma non ritenne significativo segnalargli.
-Enma! Per carità, aspetta!-
Ma Enma era arrivato. Aveva raggiunto una porta chiusa sulla sinistra e la spalancò nel momento in cui Gokudera individuò l'interruttore e accese tutte le luci al neon del piano dormitorio.
Lasciò cadere le portentose braccia bioniche lungo i fianchi, senza avere la forza di muoversi. Non riuscì a parlare, a rispondere a Tsunayoshi che era spaventato dalla sua reazione così emotiva. Non si riprese nemmeno quando lui lo raggiunse, quando gli toccò la spalla, quando trattenne rumorosamente il respiro mentre gli occhi color castano riflettevano le lettere tracciate in blu elettrico sulla parete, ora rischiarata da un neon debole.
-Enma.- sussurrò Tsunayoshi, stringendogli il braccio. -Enma, è...-
-Non può essere.- disse il rosso, sentendo la propria voce come la vaga eco di una valle.
Tsunayoshi mosse qualche passo nella stanza, attento a non fare rumore, come avesse appena varcato la soglia di una cattedrale. Enma non riusciva a distogliere lo sguardo dalle lettere cubitali blu con cui aveva scritto il suo ultimo messaggio, prima di rinunciare alle braccia. La scritta di grossolana grafia recitava "Non dimenticare Mami", come il supremo comandamento di chi aveva abitato quella misera stanza. Gokudera, con le mani in tasca come un turista annoiato, si fermò a guardare sulla porta.
-Non ci sono finestre, qui.- osservò Tsunayoshi. -Non capisco... hai detto che vedevi degli alberi... un bosco, non è vero? Come può essere, se stavi qui sotto?-
-Forse lo so io.-
Enma stava per girarsi e rispondergli molto male, bisognoso com'era di convincersi che quella scritta fosse soltanto un trucco, una replica per convincerli, forse sperando che Enma non fosse rimasto in vita abbastanza per raccontare delle finestre. Ma Gokudera fu più rapido, sfilò la mano dalla tasca e la sollevò, toccando un piccolo riquadro a lato dell'intelaiatura della porta. Era a malapena individuabile solo perchè alla luce del neon il materiale di cui era composto acquisiva una sfumatura azzurrina che il muro non aveva. Un momento dopo Tsunayoshi sussultò, ed Enma si sentì mancare il respiro, il battito, la vita stessa. Vedeva la sagoma di Tsunayoshi stagliarsi davanti a un'ampia finestra che gli mostrava un bosco terribilmente familiare, imbiancato dalla neve. Lo vide toccarle più volte, prima di girarsi a guardarlo con uno sconforto indicibile scolpito sul volto.
-Non... non sono finestre... è... è uno schermo che rimanda un'immagine...-
-È una tecnologia simile a quella del planetario.- disse Gokudera, fissando la neve che scendeva. -Mi hanno mandato un preventivo per questo tipo di interruttore la scorsa primavera. L'ho riconosciuto.-
Enma non riuscì a spiccicare una parola. Mosse passi lenti, faticosi, pesanti come quelli che aveva mosso anni prima quando in quella stanza tentava di abituarsi alle protesi. Allungò la mano, quell'appendice sintetica che in quella stanza aveva cercato di imparare a usare mangiando per la prima volta il budino di Natale. Toccò il vetro e comprese che non poteva essere reale. Una finestra vera, aperta su un bosco innevato, sarebbe stata fredda al tatto. Non era reale.
Non era vero che il Decimo boss dei Vongola aveva ucciso sua sorella. Non era vero che era stato salvato. Non era vero che il dottore teneva a lui e voleva regalargli la forza per vendicarsi. Non erano vere le sue braccia, nè i suoi nervi ottici, nè le sue gambe. Non era vero il cibo che gli avevano fatto ingurgitare, e non era vero nemmeno il bosco dove credeva di vivere. Era tutto un'enorme, crudele menzogna.
Dapprima Enma sprofondò in un mare di dolore come se affondasse in un lago ghiacciato fino al collo, ma pochi istanti dopo sentì esplodere una rabbia incontrollata e gridò forte, più forte di quanto avesse mai fatto. Strinse il pugno e lo affondò nello schermo, che si frantumò tra schegge di vetro, piccole viti e sottilissimi microchip, rivelando la prova definitiva: un misero, triste muro grigio di cemento al di là di esso.
Le gambe non ne volevano più sapere di tenerlo e lo lasciarono accasciare sul pavimento. Sopraffatto come se gli fosse stato caricato il peso della terra intera sulle spalle, si strinse le braccia e ruppe in singhiozzi disperati. Sospettare di essere stato imbrogliato era un fatto, essere chiamato cavia rossa da Mukuro era solo fastidioso, ma rendersi conto di quanto enorme fosse quell'inganno e di quanto avesse capito il guardiano della nebbia era... tremendo, intollerabile... insostenibile.
Solo dopo qualche istante si accorse delle mani gentili che tentavano di sollevarlo. Non riuscì a opporre resistenza e si abbandonò completamente tra le braccia di Tsunayoshi, che lo strinse con una delicatezza e una fermezza fino ad allora sconosciute.
-Enma... so che deve fare molto male, amore.- disse lui accarezzandogli i capelli, usando per la prima volta una parola così forte. -Ma non importa... sei stato ingannato in un modo terribile... ma è già finita... tutto quello che hai adesso è reale... non è una bugia.-
Enma riuscì soltanto a smorzare i suoi singhiozzi incontrollati, ma si strinse al Decimo come se tutto il mondo intorno si stesse disgregando. Era devastato da quelle certezze, sopraffatto dal rendersi conto che aveva affrontato tanto dolore e scelte difficili spinto da soli inganni. Ma Tsunayoshi aveva ragione, sapeva che la sua casa, che il suo amore erano concreti, reali, tangibili come la pietra.
Tuttavia, non avrebbe dimenticato. Non avrebbe dimenticato ogni singola bugia, non avrebbe dimenticato la sua vendetta. Non avrebbe dimenticato Mami.
   
 
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