VI.
Dark
Paradise
“And
there's no remedy for memory, your face is like a melody
It
won't leave my head
Your
soul is haunting me and telling me that everything is fine
But
I wish I was dead
(Dead,
like you).”
Dark
Paradise – Lana del Rey
La
pazienza dell'albina era stata messa a dura prova nell'esatto momento
in cui aveva varcato la soglia di casa; lo sguardo della sorella non
era stato in grado di celarle la preoccupazione e l'angoscia che ne
avevano preso il possesso.
Non
era stato difficile capire cosa non fosse al proprio posto, data
l'assenza della terza figura nella casa; senza andare ad esclusione,
era giunta quasi immediatamente alla conclusione che l'atmosfera
creatasi fosse stata il frutto di un ennesimo litigio.
Forse
il peggiore al
quale avrebbe
dovuto porre
rimedio fino ad allora.
“Mi
stupisco di te, Darcy – continuò il discorso che
aveva cominciato
non appena fosse riuscita ad etichettare con precisione la
situazione; l'asprezza nelle parole, dirette a colpevolizzare la
sorella, tagliò l'aria fino ad arrivare a ferirla
– Ne ho
veramente abbastanza dei vostri litigi e guarda dove vi hanno
portate. Adesso fammi almeno il favore di alzarti da quel divano ed
andare a cercarla.”
Non
le piaceva il tono che aveva adoperato, ne era conscia: Icy sapeva
scegliere con cura le armi da usare in casi di grande tensione,
principalmente per mantenere l'ormai inesistente controllo che
morbosamente andava cercando ogni volta che tornava nella propria
dimora.
La
mora aveva imparato a riconoscere perfettamente tale comportamento,
nonostante mutasse la sua forma con il passare delle settimane,
crescendo più schiacciante ed insopportabile; eppure non
aveva
ancora osato buttar giù la sorella dal suo fittizio
piedistallo.
“Perché
invece non ci vai tu? Con te sembra andare molto più
d'accordo,
siccome non deve nemmeno vivere sotto il tuo stesso tetto. Ti ricordi
che faccia ha oppure devo descrivertela?” il tono calmo della
strega delle illusioni lasciò andare un po' di duro
sarcasmo, che
bastò a far scattare i nervi dell'albina.
Lo
schiaffo, di man rovescio, risuonò fra le vuote mura della
casa.
Darcy
restò per qualche attimo con gli occhi puntate alle bianche
federe
del divano, il volto girato: il rossore cominciava a farsi strada
sulla guancia offesa, risaltando
sulla chiara pelle.
“Non
osare parlarmi in quel modo.”
Lo
stress al quale era stata esposta durante le due settimane di
lontananza dalle proprie sorelle era stato particolarmente intenso,
tale da spingerla a compiere un'azione che, in passato, si era
ripromessa di non fare; avrebbe
voluto porgere le sue scuse, se ne fosse stata capace.
L'orgoglio
era sempre
più che
sufficiente a trattenerla con una presa ferrea dal farlo: infatti
la sua voce
non tremò
neanche
allora,
nell'accentuare la propria autorità sulla sorella che
ancora stava realizzando cosa fosse effettivamente accaduto.
Nell'ultimo
periodo non erano state poche ed insolite le volte in cui aveva perso
il controllo: la propria vita le stava sfuggendo come sabbia fra le
dita, se n'era accorta ormai da parecchie settimane, perciò
era
giunta alla conclusione di
doverla
necessariamente
riportare
in carreggiata.
Se
qualcuno glielo avesse detto in passato, mai
l'avrebbe
creduto.
Eppure
la condizione nella quale versava appariva ora chiara ad i suoi
occhi, riportandola a quando ogni cosa era stata talmente difficile
da abbattere le sue aspettative.
Sembrare
sicura di ciò che stesse facendo, della direzione in cui
avesse
deciso di procedere, non stava a significare che lo fosse; in
realtà
il panico aveva preso possesso delle sue glaciali iridi e l'aveva
spinta verso affrettate scelte delle quali poteva solamente pentirsi.
Il
suo impiego ne era un esempio lampante, seppur all'epoca avesse avuto
ben poche alternative: aveva
semplicemente posto fine ad un periodo buio e s'era addentrata nel
successivo, simile, più scuro; e si era resa conto di esser
capace
solamente
di afferrare
tale opzione.
Nonostante
avesse “deciso” – la
differenza risiedeva nella consapevolezza? – lei stessa di
far
intraprendere al proprio destino tale via, per necessità,
per
costruire qualcosa di solido dal quale partire, non era ancora
riuscita a comprendere per quale motivo la situazione fosse
rimasta
immutata.
L'ombra
di Eris non aveva smesso di seguirla molto da vicino, nemmeno nel
momento in cui le aveva voltato le spalle; era stata un'illusa nel
credere di poter modificare il proprio futuro, nel donare alle
sorelle un'esistenza differente che anche lei, nel profondo, aveva a
più riprese desiderato.
Tuttavia
non era stata in grado di divergere dal percorso che la madre aveva
già segnato per lei: camminando lungo i suoi insegnamenti,
come
poteva pensare di poter vivere in un modo a lei sconosciuto?
“I
bambini hanno la testa piena di sogni idioti.”
così si era
giustificata con sé stessa, nel riconoscere il medesimo
sguardo di
colei che stava imparando ad odiare nell'ovale specchio della propria
stanza.
L'iscrizione
a Torrenuvola, ormai, era diventata l'unico obiettivo al quale
aggrapparsi, l'unico modo per sollevare la schiena e togliersi di
dosso il peso del cadavere della progenitrice, ancora ben presente.
Del resto, non contava quanti esseri magici avesse ucciso per
interessi di altri, quanti volti avesse visto contrarsi in una
smorfia di dolore, prima del rilassamento eterno; il primo omicidio
sarebbe sempre stato un funesto termine di paragone, una memoria alla
quale non sarebbe mai stata in grado di scappare.
Accompagnata
da tale fantasma, aveva lasciato il soggiorno in un silenzio di
tomba, dirigendosi a controllare cosa la minore avesse deciso di
portare con sé per determinare la gravità della
situazione: forse,
anche per trovare in qualche modo un sollievo nell'occupare i propri
pensieri verso altre azioni.
Darcy
avrebbe dovuto mantenere alta la propria attenzione, altrimenti nulla
sarebbe sfuggito al controllo e la strega delle tempeste non sarebbe
scomparsa: avrebbe, in ogni caso, fatto un tentativo di ricerca, ma
conoscendo l'imprevedibilità del soggetto era ben conscia
della
scarsità di risultati che rischiava di ottenere.
Tuttavia,
se fosse stata in grado di agire in fretta, forse avrebbe potuto
intercettarla.
Con
parecchie idee su potenziali luoghi, Icy riprese in fretta il proprio
soprabito e, senza rivolgere alcuno sguardo alla sorella,
uscì di
casa.
Quella
stupida di sicuro sarebbe andata il più lontano possibile
solo per
farle preoccupare ed ottenere le attenzioni che aveva sempre
desiderato.
Mentre
metteva in moto l'automobile per partire nell'immediato, una
spiacevole sensazione le appesantì la testa, facendovi
rimbombare
all'interno il secco suono dello schiaffo.
Che
fosse senso di colpa per aver colpito la sorella?
Era
l'unica conseguenza alla quale poteva ricondurre la leggera
confusione che stava provando: molte emozioni sfuggivano all'analisi
del suo intelletto, gli impulsi deboli dovevano essere semplicemente
soffocati e respinti al loro arrivo.
Precisare
se fosse stato effettivamente senso di colpa le sarebbe costato tempo
per riflettere: e lei non ne aveva.
Fremette
al pensiero della possibilità di aver sentito qualcosa di
simile, e
strinse le mani sul volante fino a vedere il candore sulle proprie
nocche. Sradicarlo ed eliminarlo le stava richiedendo più
energia di
quanto si sarebbe aspettata, ma non avrebbe ceduto a qualcosa di
talmente stupido.
Non
avrebbe fatto altro che intralciarla, deviare la sua concentrazione
che necessitava d'essere impeccabile.
Non
si sarebbe mai concessa il lusso di essere debole, nemmeno qualora
non sarebbe riuscita ad estendere la propria protezione su entrambe
le sorelle: rimanere fredda era l'unica cosa che sapesse egregiamente
fare.
Mantenersi
distaccata in ogni modo era sempre stato comunque più utile
che
lasciarsi andare all'abbraccio delle emozioni.
118
giorni, 4 ore, 2 minuti e 13 secondi dalla fine
Contrariamente
alle aspettative che per sé stessa si era posta, Flora
impiegò
solamente due giorni a trovare il coraggio per dar voce alle proprie
domande: la situazione richiedeva una spiegazione ulteriore,
delucidazione che solo Darcy poteva darle.
Del
resto, facendo attenzione ai suoi comportamenti mentre l'aiutava a
coltivare particolari erbe, non aveva scorto in lei alcun particolare
che l'avrebbe portata a tradirsi: mantenendo la propria riservatezza,
la strega non aveva provato ad avvicinarla nemmeno nel sonno della
notte.
L'ultima
volta che si erano parlate con termini più che monosillabi
risaliva
a più di quarantotto ore prima e, francamente, la fata non
si
sarebbe mai azzardata a tornare sullo spinoso argomento: la reazione
dell'altra era stata sufficiente a farle provare una forte sensazione
di disagio; eppure, non avrebbe presto smesso di chiedersi o di
immaginare cosa fosse potuto accadere.
Risultava
allora evidente come la scarsa famigliarità con il soggetto
non
l'avrebbe fatta andare più in là delle apparenze,
nemmeno ora che
l'avrebbe voluto: la figura della strega era ancora troppo sfuggente
per permetterle oltrepassare le barriere del suo falso sé.
Nonostante ciò, nonostante il prolungato silenzio che
l'aveva in uno
strano modo rassicurata, desiderava intensamente trovare qualche
attimo per approfondire la propria conoscenza riguardante la sua
persona: almeno, dopo esser stata in grado di comprendere appieno la
situazione nella quale era capitata, per la quale avrebbe dovuto
lasciar da parte la propria immaginazione; cosa che le avrebbe
richiesto un discreto impegno.
“Beh,
se hai qualcosa da dire non vedo perché tu non debba farlo.
Esprimiti pure.” l'anticipò la mora, al momento
chinata a
sistemare la scura vetrina in vista del giorno seguente. Senza
smettere né voltarsi, attese pazientemente che
l'improvvisata
coinquilina si avvicinasse con quel suo passo silenzioso ed incerto.
“Come...”
si limitò a dire Flora nel raggiungerla.
“Occasionalmente
ti scorgo lanciarmi parecchi sguardi. E questa sera, dopo la
chiusura, non hai mai smesso di fissarmi, così ho deciso di
spingerti ad affrontare la situazione. Cosa c'è, cosa vuoi
dirmi?”
si voltò verso di lei nel risponderle, osservando
attentamente le
reazioni scatenate dalle sue parole. In fondo era parzialmente stufa
della pesante atmosfera che era andata creandosi quando aveva rivolto
anche un solo pensiero a…
Poco
importava.
Per
lei non era nessuno da molto tempo ormai.
La
fata respirò a fondo, maledicendosi mentalmente per non aver
tenuto
a mente quanto la sua ex nemica fosse attenta ai dettagli: con ogni
probabilità, dato il suo comportamento poco discreto,
l'altra non
aveva nemmeno dovuto ricorrere alla sua capacità di poter
leggere il
pensiero; il che l'aveva fatta sentire maggiormente una stupida.
“Il
fatto è che sono arrivata a Magix da poco, senza sapere
nulla a
riguardo. La metropoli, la foresta… Io li ricordavo diversi.
E non
ho la minima idea di cosa possa essere successo per ridurre un
meraviglioso ambiente in un luogo così pericoloso ed
inospitale.”
“L'avevo
capito – fece Darcy, mettendo al proprio posto un grazioso
candelabro di vetro – Ritenevo comunque piuttosto strano il
fatto
che non sapessi nulla.”
Flora
si irrigidì impercettibilmente.
“Non
preoccuparti, non ho abbastanza tempo per dubitare di te: ho ben
altre cose a cui pensare. Sappi che ti ci vorrà del tempo
per capire
bene di cosa io stia parlando.” alzandosi incontrò
gli smeraldini
occhi della fata della natura, leggendovici un leggero sgomento con
una punta di curiosità: non era certa fosse pronta a vedere
l'inevitabile declino di un luogo a cui era probabilmente
affezionata.
Eppure
la verità restava la scelta migliore da compiere: non
avrebbe fatto
altro che intralciarla qualora non ne fosse venuta a conoscenza.
La
seguì con lo sguardo mentre s'apprestava a sedersi,
attendendo con
pazienza ed un lieve tremore alle mani di udire la sua voce.
“L'inizio
di tutto fu talmente lento da passare inosservato: c'è
sempre stata
criminalità in certe zone di Magix, perciò una
leggera ascesa, pur
sempre isolata in qualche quartiere, di alcune bande non
preoccupò
più di tanto i cittadini, figuriamoci la Dimensione Magica.
Nessuno
era al corrente di cosa stesse accadendo di preciso e tutti si
limitavano semplicemente ad evitare alcune vie piuttosto che altre.
Non
credo sia diversa la situazione in altre grandi città
dell'universo
magico: per tale motivo in pochi avrebbero previsto una presa di
potere così immediata, costruita da anni di lavoro
pressoché
invisibili alla società. Magix è crollata in
fretta, a dirla tutta:
non ha mai avuto delle grandi difese contro attacchi magici,
soprattutto parlando di incantesimi di una certa forza.
La
scuola per maghi seguì entro pochi giorni la metropoli,
costringendo
le altre due scuole a barricarsi in vista di un nuovo attacco, che
per motivi a me poco chiari non arrivò. A quanto pare i
gruppi di
esseri magici non erano abbastanza uniti da non farsi la guerra per
chi avrebbe assunto il potere una volta risolti i conflitti, un tempo
molto più accesi di adesso.
Tuttavia
non ho nessun modo di confermare questa ipotesi.
Le
acque si calmarono con l'ascesa di un uomo che, fortunatamente, non
ho mai avuto il piacere di incontrare: a quanto pare, dopo anni,
qualcuno è stato capace di coprirsi le spalle come si deve.
Detiene
ancora il potere, per quanto la confusione della metropoli possa
essere governata; ma nelle occasionali faide nessuno ha mai osato
attaccarlo.
Per
quanto riguarda il potere che ha permesso loro di prendere il
possesso della città ed incutere terrore alla Dimensione
Magica, non
si tratta di niente di naturale.” s'interruppe
momentaneamente,
muovendosi dalla sua postazione per dirigersi dietro al bancone: con
un fluido movimento fece comparire una chiave, con la quale
aprì uno
dei grandi cassetti.
Flora
la guardò sollevare una piccola provetta trasparente e ben
chiusa,
piena di incolori cristalli.
“Non
sono riuscita ad identificare le componenti di questo composto
chimico, tuttavia ne conosco gli effetti e l'uso. A quanto pare
triplica il potenziale magico di chi ne usufruisce, dandogli la
possibilità di avere un potere pressoché
illimitato; tuttavia la
sua assunzione deve essere associata ad un antidoto, che riduce i
danni che l'organismo riporta a causa del suo alto livello di
nocività.
Capisci
che chiunque ne faccia uso ha una prospettiva di vita piuttosto
limitata, ma non abbastanza breve da far desistere la maggior parte
di loro dal continuare ad affidarvici.”
“Come
possono essere riusciti a creare una sostanza simile?”
intervenne
timidamente la fata, non osando avvicinarsi di un solo millimetro:
riflettendoci per qualche attimo, le informazioni che le erano state
fornite giustificavano in pieno la rapida ascesa della
criminalità
in Magix, con la sua conseguente trasformazione in un anarchico
cumulo di detriti.
Nonostante
ciò le pareva al limite dell'incredibile come un singolo
composto
chimico avesse potuto rovesciare le sorti di una violenta
insurrezione: senza di esso avrebbero con ogni probabilità
ottenuto
il mondo senza pericoli che avevano desiderato.
“Non
ne ho idea.”
Entrambe,
nello stesso attimo, sperarono che Darcy potesse sapere di
più.
Forse
avrebbe potuto, ma il prezzo richiesto per le informazioni delle
quali necessitava sarebbe stato troppo alto: in una situazione in cui
non si sarebbe permessa di rischiare qualsiasi azzardo in tale
direzione sarebbe risultato come totalmente fuori luogo.
Al
fatto di non esser in grado di ignorare i pericoli conseguenti a tale
azione si sarebbe poi aggiunto il dover calpestare il proprio
orgoglio.
Perché
avrebbe avuto un aggancio al quale rivolgersi; tuttavia, anni
addietro, aveva giurato a sé stessa di non incrociare in
alcun modo
quello sguardo finché esso non fosse stato spento dalla
morte.
Flora
la osservò pensare in silenzio: la sua espressione s'era
indurita
leggermente, lasciando intuire in modo lieve l'ombra di un qualcosa
da lei premurosamente celato.
Per
quanto avrebbe voluto chiederle di cosa si trattasse, la fata si
mantenne in religioso silenzio: le domande sarebbero arrivate a loro
tempo, quando avrebbe scoperto abbastanza caratteristiche per
costruire un fondamento di fiducia; e, seppure non fosse una persona
strettamente diffidente, trovava difficile creare anche solo un
contatto con la strega dopo gli avvenimenti che aveva causato nella
sua precedente forma.
Tuttavia,
nel profondo, sentiva di poter superare – non senza impegno
– i
pregiudizi che negli anni aveva innalzato a proteggerla dalle
nemiche: guardando il fine volto di Darcy, perso nella solitudine del
locale, si promise di provare realmente a conoscerla, come non s'era
mai sforzata di fare in nome di una causa, della quale giustizia
cominciava a vacillare.
117
giorni, 23 ore, 48 minuti e 21 secondi dalla fine.
Erano
trascorsi almeno dieci minuti da quando si era allontanata di qualche
passo dalle amiche: impegnate a guardarsi in giro non l'avevano
scorta, mentre osservandole dalla folla s'era apprestata a
disperdersi in essa.
Conosceva
a grandi linee i rischi a cui sarebbe potuta andare incontro, ma un
quarto d'ora per sbollire la rabbia e chiarificare le proprie idee
non avrebbe portato alcune, definitive conseguenze: almeno,
così
fermamente credeva.
Inoltre,
facendo particolarmente attenzione alle reazioni altrui, aveva
dedotto che in realtà nessuno pareva accorgersi della sua
presenza;
il che stava giocando decisamente a suo vantaggio.
Musa,
con il naso all'insù e lo sguardo rivolto agli sfarzosi ed
alti
palazzi del centro, non smise di proseguire nella direzione opposta,
rispetto alle sue compagne. La discordanza con la periferia, dalla
quale lei e Stella erano venute, era ora evidente: trovandosi sotto
alle lontane e scintillanti luci degli edifici più alti, il
divario
economico fra le due zone non avrebbe potuto essere più
ovvio.
Per
ciò che ne sapeva della gerarchia instauratasi a Magix in
una vita
che non era stata in grado di vivere, ciò sarebbe potuto
derivare da
un'improvvisa e precaria presa di potere, oppure dall'esistenza di un
individuo dotato di una forza magica superiore alla media: non era
particolarmente brava a ricostruire delle vicende per arrivare alla
verità, decise dunque di lasciar perdere dopo due scarsi
minuti di
riflessione.
Scervellarsi
sul motivo di tutto il malessere circostante non l'avrebbe
migliorato, tanto valeva impegnarsi per così poco.
Del
resto se non vi era alcun colpevole, che senso aveva continuare
inutilmente a cercarlo?
Ciò
che Bloom e Stella non avevano capito appariva a lei talmente
evidente da portarla a ricercare in sé qualcosa di mal
funzionante,
qualcosa che non andasse; qualcosa che la differenziasse
completamente dall'unidirezionale modo di pensare delle amiche con le
quali aveva passato gli anni migliori della sua esistenza.
Eppure
lei stessa non aveva mai percepito un divario d'idee così
grande e
spesso s'era trovata a condividere certe malevole considerazioni
sulle nemiche: ed aveva espresso il suo consenso quando Tecna aveva
presentato a lei, come alle altre, il piano atto a portare la pace
nella Dimensione Magica a scapito della vita delle streghe.
Aveva
anche creduto di star agendo per il bene: ma quando la
realtà le si
era presentata davanti agli occhi, i dubbi avevano fatto il loro
trionfale ingresso nella sua mente.
E
Musa se li era portati dietro, gestendo la confusione che essi
andavano creando: o meglio, nel bel mezzo del conflitto interno nel
quale staticamente rimaneva, ci stava provando.
Nuove
domande avevano rimpiazzato le precedenti, travolgendo la loro
superficiale natura con la profondità degli argomenti
trattati; cosa
parevano cercare in loro stesse?
Cos'era
stato loro sottratto che solo la magia era in grado di rimpiazzare?
Sotto
quanti metri di terra era stata volutamente sepolta la loro empatia?
Sopportandole
ed ignorandole per qualche mese, le questioni erano tornate
più
forti di prima a richiedere completamente la sua attenzione: la
pressione da esse esercitata la rendeva tesa ed insicura sul da
farsi, ma la cosa non era emersa prima di allora.
Sentirsi
messa a nudo da chi non era in grado di comprendere l'avrebbe sempre
fatta innervosire più del dovuto.
Nel
ripensare alla discussione, la fata strinse i pugni ed
allungò il
passo: la grande via che stava percorrendo tendeva a svuotarsi,
andando proporzionalmente con la lontananza dalla ricchezza del
centro.
I
palazzi si facevano maggiormente bassi, comparivano i primi edifici
abbandonati e decadenti, ribadendo il contrasto fra zone confinanti
della grande città: contrasto che, nel presente che riteneva
autentico, non avrebbe mai trovato alcun posto. Tuttavia, per qualche
motivo, l'atmosfera che la circondava le piaceva maggiormente di
quella che aleggiava ad un chilometro di distanza.
La
quiete ed il silenzio, interrotto solamente da qualche rumore sordo,
risultavano quasi rassicuranti al confronto con il violento vociare
della centrale piazza di Magix: la violenza scemava in un'assenza di
azioni ed il cielo pareva perfino farsi più chiaro con
l'allontanarsi.
Per
chi necessitava qualche attimo di pace quel quartiere poteva
rappresentare il luogo giusto: certo, se si era in grado di passar
sopra alle vetrine sprangate, alla sporcizia ed all'oscurità
che –
da chissà quanto – tutto avvolgeva; fortunatamente
Musa vantava la
qualità di dare attenzione ad altro rispetto all'aspetto
esteriore.
A
differenza di qualcun altro.
Probabilmente
ancora non s'era accorta: vero o no, riteneva opportuno riprendere la
strada che aveva percorso, riavvicinandosi alle amiche e cercando di
ignorare le loro considerazioni; ora che aveva ritrovato un briciolo
della calma, della quale necessitava, si sentiva pronta a sostenere
nuovamente un dialogo con loro.
Quindi
fece per voltarsi, lasciando nel passato le parole di Stella, e
ripercorrere quella scura e lastricata via che l'aveva portata fino a
lì: o almeno, l'avrebbe fatto se dei cocci di vetro non
avessero
cercato accidentalmente – accidentalmente?
– di ucciderla.
D'istinto
si buttò a terra, permettendo a qualche imprecazione di
sfuggirle
dalla bocca, mentre una figura dalle ridotte dimensioni atterrava
sulla schiena a qualche metro da lei: probabilmente era ciò
che
aveva provocato la rottura della grande finestra alla sua destra,
della quale qualche frammento impattava al suolo con degli attimi di
ritardo, producendo un forte rumore dagli alti toni.
Una
sottile polvere si sollevò di qualche centimetro a
separarle,
nascondendo la fata dalla sua visuale per qualche attimo:
finché
l'ombra non si alzò soffocando parolacce fra i denti,
dirette a
chiunque all'interno dell'edificio avesse osato attaccarla a tale
modo; allora all'altra non sarebbe rimasto che trasformarsi nel
momento in cui si fosse accorta della sua presenza.
Avrebbe
dovuto essere veloce per completare la trasformazione prima di
ricevere il primo attacco, del quale non conosceva la natura siccome
il soggetto fosse a lei nuovo: quindi si tirò velocemente a
sedere,
pronta a schivare un eventuale attacco e compiere la propria
metamorfosi.
Sarebbe
stata rapida, se ciò fosse stato destinato ad accadere; ma
il fato,
al momento, aveva programmato qualcosa di diverso.
Qualcosa
che spinse entrambe le ragazze – oltre la coltre di fuliggine
aveva
scorto dei ricci capelli lunghi fino alle scapole ed un fisico
tutt'altro che virile – a perdersi qualche secondo
nell'osservarsi
con una genuina espressione sorpresa.
“Tu?!”
esclamò la giovane con un po' troppa enfasi, prendendosi due
veloci
passi per assicurarsi di avere a che fare con chi credeva.
Musa
fece per risponderle a mezza voce, ma un ulteriore schianto
proveniente dal cadente edificio la interruppe sul nascere.
“Merda.”
biascicò la sua interlocutrice, prima di farle segno di
tirarsi su
in fretta: dal nuovo punto di vista la fata riuscì a
scorgere
qualche taglio provocato dai vetri su un viso ancora troppo giovane
per l'età che sapeva avere.
Anche
allora, con indosso un trench coat di pelle che le arrivava alle
ginocchia e le stava largo di spalle, non era in grado di prescindere
dal suo aspetto fisico per rimembrare che avesse ben due anni in
più
di lei. Aveva cominciato a pensarvici nel vederla sul ciglio della
strada, battendo l'asfalto con i suoi anfibi troppo grandi: nei suoi
sedici anni neppure il rossetto nero era stato in grado di rendere
maggiormente minaccioso il suo viso da bambina, dai delicati e
tondeggianti lineamenti che l'avevano portata ad esagerare con il
trucco pur di farsi riconoscere come strega.
“Cazzo,
dobbiamo muoverci!”
La
presa sul braccio della fata la riportò bruscamente alla
realtà,
facendola voltare con una punta di incredulità verso la ex
nemica,
intenta a tirarla leggermente verso ovest.
“Noi?”
le venne naturale dirlo, l'aveva conosciuta in due modi differenti e
non era sicura dell'effetto che il nuovo presente avrebbe avuto su di
lei, nonostante potesse dirsi speranzosa nel scorgere aspetti che,
nella versione che aveva sempre conosciuto, non sarebbe mai arrivata
a conoscere.
“Sì,
noi. Del resto ti devo la mia cazzo di vita, dimentichi? – il
sorrisetto che le rivolse, meno malevolo dei suoi simili, la fece
sentire abbastanza a suo agio da farle muovere i primi passi nella
direzione indicatale – Ora però dobbiamo
correre.”
E
lasciandosi trasportare, la fata della musica cominciò a
correre,
seguendo la rapida ombra di una persona che, neppure nel passato,
aveva visto nella sua interezza; una persona che permetteva alla
propria rabbia di scemare sulle note di una chitarra elettrica; che
si perdeva nell'osservare verdeggianti foreste e piane lontane dalla
metropoli; che si spingeva più distante dalla propria casa
con la
sola forza dell'orgoglio.
Lo
sviluppo inaspettato della situazione non dispiacque a Musa: trovare
qualcuno con il quale poteva avere un dialogo decente, visti i
trascorsi, non avrebbe fatto altro che giovarle.
Tuttavia
ciò aveva anche qualche contro.
Permettendosi
di ignorare il trascurabile avrebbe comunque dovuto tenere in
considerazione il proprio aspetto, che non sarebbe di certo passato
inosservato agli occhi della strega: seppure non fosse esattamente la
persona più sveglia della Dimensione Magica, ciò
che era evidente
lo sarebbe stato anche per lei. Una spiacevole sensazione crebbe
nella mente della fata che, nel tentativo di soffocarla,
rallentò
leggermente.
Il
respiro affannoso, sintomo del prolungato sforzo fisico che aveva
fatto, non la stava affatto aiutando a calmarsi e, fortunatamente, la
strega delle tempeste se ne accorse appena in tempo per potersi
avvicinare senza averla persa di vista.
Si
guardò intorno velocemente, assicurandosi che nessuno fosse
in
vista.
“D'accordo,
basta così. Da qui un cazzo di nessuno dovrebbe tracciarci
se
dovessi teletrasportarci.” e con pochissimo preavviso, senza
permetterle di opporsi, l'afferrò nuovamente e
concentrò il proprio
potere.
Musa,
effettivamente, stentò ad accorgersene: come magia risultava
totalmente diversa da quella graduale di Stella, più veloce
ed
immediata.
Fortunatamente,
la conseguente nausea provata per il trasferimento durò ben
poco,
evitando di compromettere l'attenzione che avrebbe dovuto concentrare
sul nuovo ambiente: il piccolo appartamento nel quale si trovava era
sorprendentemente pulito e quasi ordinato, con pochi ma essenziali
mobili.
La
cucina era a dir poco perfetta, come se non fosse stata mai usata: e
probabilmente era così, data la scarsità di cibi
e condimenti che,
a prima vista, presentava.
“Senti,
lo so che fa cagare, ma è l'unico posto abbastanza sicuro
che sono
riuscita a trovare. Nessuno è ancora stato capace di
trovarlo.”
borbottò la padrona di casa, piegando e buttando una
confezione di
cibo precotto che era rimasta sul tavolo della cucina dalla sera
precedente.
“Non
vedo perché non dovrebbe andar bene.” le rispose
la fata, calmando
lentamente il proprio respiro: dopo gli immediatamente precedenti
accaduti non le risultò particolarmente facile.
“Beh,
meglio. Perché cazzo sei venuta a Magix, non sai che posto
di merda
è diventato?”
“Diciamo
che me ne sono accorta.” ironizzò in risposta,
strappando ad una
Stormy abbastanza diversa da quella che si figurava una sonora
risata: tale pensiero le fece nascere un appena accennato sorriso.
“E'
quasi inquietante come tu sia rimasta uguale nonostante siano passati
cinque anni. Cazzo hai fatto, un patto con il demonio?”
scherzò la
strega, ridendo appena del proprio scherzo e, fortunatamente, non
notando la tirata espressione della sua interlocutrice per esser
stata colta sul fatto.
Anche
solo per un secondo, aveva sperato che non lo notasse.
Non
aveva pensato a tale eventualità nello svolgere la sua
missione –
se non quando era stata ormai conclusa – forse per la
credenza che
non avrebbe più avuto a che fare con colei che aveva visto
il suo
attuale aspetto; avrebbe potuto giustificarsi con il fatto che il
presente non somigliava minimamente a ciò che si sarebbe
aspettata,
tuttavia si limitò a pentirsi di non aver preso quella
specifica
precauzione.
Modificando
il suo aspetto, nessun dubbio sarebbe nato nella mente di Stormy.
“Forse.”
riuscì a risponderle sforzando un sorrisetto nella speranza
di
risultare credibile.
Appena
avrebbe avuto tempo le sarebbe toccato ringraziare qualche dio, per
aver fatto cambiare subito argomento all'altra, dopo che avesse
alzato le spalle in modo abbastanza teatrale.
“Comunque
puoi stare quanto vuoi. E' un po' un buco, ma troverò dove
sistemarti.” le disse sovrappensiero, guardandosi
già intorno per
capire come procedere.
Musa
non la vide muoversi a spostare qualche mobile per creare dello
spazio: restò immobile a pensare quanto fosse curioso che,
nel darle
il benvenuto, avesse usato le medesime parole che lei le aveva
rivolto quando le aveva fornito un luogo in cui stare.
Avvertenze
e condizioni per l'uso:
Volevo
scrivere tutte le note a codici a barre, ma poi ho preferito evitare.
Del
resto ne ho imparato a memoria qualcuno che in cassa non passa mai:
tutte queste cavolate per dire che il capitolo si è fatto
attendere
più del dovuto a causa del nuovo lavoro, che mi
terrà impegnata
tutta l'estate.
Tuttavia
troverò sempre il tempo, fra un turno e l'altro per
scrivere, quindi
non temete!
A
parte tutto, questo capitolo ho impiegato veramente parecchi giorni a
scrivere, sfruttando quasi ogni momento di libertà. Spero
solo che
vi piaccia e che si incastri bene con la storia: qui c'è un
po' più
di azione, ci sono più spiegazioni ecc.
Spero
davvero possa piacervi.
Ringrazio
moltissimo Applepagly,
Ghillyam e LadyNabla
che hanno
recensito l'ultimo
capitolo, così come tutti i capitoli finora pubblicati.
Grazie mille
per il vostro supporto, spero che sia ricambiato con qualcosa che vi
possa piacere.
Sappiate
che non finirò mai di ringraziarvi, come non
finirò nemmeno con i
lettori silenziosi: lo so che spero sempre un sacco, ma anche qui
spero che nelle mie storie stiate trovando ciò che cercate,
che in
un qualche modo vi renda felici vedere un capitolo nuovo.
Riflettendo
sulla mia esperienza come lettrice, ho compreso quante emozioni una
storia può farmi provare e spero che anche questa storia
faccia lo
stesso effetto a chi la legge.
Ultimo,
ma non meno importante, ringrazio Morredson per
aver inserito la storia nelle ricordate: grazie molte!
E
grazie anche a te che sei arrivato fin qui, dopo queste note
spaccaco*****i (censuro contro il volere di Stormy).
Alla
prossima missione!
Mary
(che deve smetterla di concludere le note con la frase finale della
saga Metroid)