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Autore: hikaru83    12/06/2018    5 recensioni
Questa raccolta era nata per una challenge che poi è stata chiusa in anticipo, ho quindi deciso di mantenere le storie e lasciarla come un luogo dove raccogliere one-shot più o meno brevi nate da una parola che mi ha ispirato o mi è stata suggerita.
Le storie saranno probabilmente slegate tra loro, e quando ci saranno ship saranno o Johnlock o Mystrade, non ho mai scritto su altre coppie e non credo proprio inizierò ora, se dovesse succedere state sicure che queste due non verranno separate! Ovviamente non ho idea del genere dell'intera raccolta perchè scrivo grazie all'ispirazione che i prompt dati mi danno, diciamo che in genere io sono da finali felici.
Spero che questo esperimento vi piacerà.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sono tornata per il terzo prompt della challenge del gruppo Aspettando Sherlock 5 link: https://www.facebook.com/groups/366635016782488/ 26 prompts challenge - Sherlock Edition : prompt 3/26

Chi mi conosce sa che non scrivo cose tristi, di solito, ma qui non mi stanno aiutando a fare cose super allegre, spero che, anche se l'angst è un terreno pseudo nuovo per me, sia abbastanza credibile.

Come sempre non lo leggereste in italiano se non fosse per la mia super beta Slanif!

Buona lettura!

26 prompts challenge - Sherlock Edition : prompt 3/26
#LACRIME
Scadenza prompt: 16/6/2018
1. (spec. pl.) Goccia di umore acquoso secreto dalle ghiandole lacrimali per lubrificare la cornea; scende dagli occhi in seguito a forte dolore fisico, emozioni violente o irritazioni; estens. pianto, patimento: lacrime di dolore, di gioia; frenare, trattenere le l.
2.l. di coccodrillo, di chi mostra pentimento tardivo e spesso poco sincero per il male commesso
 


 

Grigio
 

Guardo il cielo.

Grigio, proprio come quel maledetto giorno.

Osservo la strada sotto di me. L’ultimo paesaggio che i tuoi occhi hanno guardato.

Il grigio, nelle sue innumerevoli sfumature, mi circonda. Il cielo, la strada, gli edifici, anche la gente che cammina frettolosamente sotto di me sembra grigia. Tante formiche che non hanno il tempo di guardarsi intorno per rendersi conto dell’uomo, in piedi sopra questo cornicione, che li osserva da tempo. Troppo occupati dalla loro vita per vedermi.

Sono giorni che salgo qui sopra. Aver studiato per tanto tempo in questo luogo mi ha permesso di muovermi in maniera così sicura da risultare invisibile agli occhi della gente. Questo me l’hai insegnato tu: non importa tanto il travestimento, quello è secondario, è il modo in cui ti poni di fronte a chi vuoi ingannare a essere importante. E questo vale di più se bisogna ingannare più persone. Se vuoi sparire ed essere invisibile ai loro occhi è importante che ti comporti come loro, che diventi una formica come loro e ti lasci trasportare nella giusta direzione. Nessuno farà più caso a te.

Oggi però non rimarrò fermo a osservare. Il dolore ha superato il livello di sopportazione, e lo ha fatto da troppo tempo. Sono un soldato, sono stato addestrato a sopportare il dolore, ne ho visto tanto, sentito tanto, mi ci sono circondato; ma mai ho provato una sofferenza come questa. Come se una bestia mi stesse crescendo dentro. Come se ogni giorno le sue unghie e i suoi denti strappassero, lacerassero la mia carne, la mia anima. E ogni giorno che passa – al contrario di quello che la gente dice – diventa più forte, più crudele, più assetata di sangue e di angoscia.

Prendo un respiro. Sollevo le spalle, il petto in fuori, lo sguardo dritto davanti a me. La mia ultima posa militare.

Non ho paura. Dopo questo salto non può esserci niente di peggio per me che la mia vita senza di te.

Il mio pensiero va a Greg, a Mycroft e alla signora Hudson che in questo intero anno mi sono stati vicini. Spero davvero che mi perdonino. Ho scritto una lettera per ognuno di loro.

Allargo le braccia, imitandoti. Chiudo gli occhi ricordando i tuoi. Posso quasi sentire le tue braccia sfiorare le mie, il tuo torace accarezzare la mia schiena, come se fossi qui, con me. Come se questo salto lo facessimo insieme.

Forse era questa la fine che dovevamo fare. Perché se me lo avessi chiesto, se mi avessi chiesto di scegliere tra una vita senza di te o la morte con te non avrei avuto alcuna esitazione a scegliere quest’ultima opzione.

Ma tu non mi hai fatto scegliere. Mi hai costretto a una vita dove tu non ci sei. E io questo non lo accetto. Non lo posso accettare.

La mia vita non era niente prima di incontrarti. È diventata degna di essere chiamata vita proprio in questo edificio, dopo che i tuoi meravigliosi occhi hanno incrociato i miei, dopo che la tua voce bassa e sensuale ha raggiunto le mie orecchie la prima volta. E ora, senza di te, è tornata a non essere niente.

Sono pronto. Presto tutto questo strazio sarà finito.

«John!»

Sobbalzo. È la tua voce, questa? No. Non può essere. Come può essere la tua voce? Sorrido di me stesso. Ho davvero così bisogno di te da riuscire a sentire la tua voce anche se non sei più. Anche se è un anno che non la sento più. Ed è così reale, così tua. Non l’ho dimenticata.

«John, ti prego... Non farlo...»

Oh, Sherlock, vuoi salvarmi ancora?

«John, voltati, sono qui. Voltati, arrabbiati, odiami, riempimi di pugni, ma voltati!»

I passi che sento avvicinarsi sono così reali, quasi come la tua voce, ma non può essere...

«John, ti prego...» La tua bellissima voce è rotta dall’angoscia, lo percepisco benissimo. Come può la mia mente riuscire a creare un’illusione simile?

Non posso, non posso voltarmi, non posso illudermi. Se mi voltassi ora e, come sono certo, non ci sarà nessuno dietro di me, l’angoscia sarà ancora più forte. Così – anche se non riuscirò a essere coreografico come te – mi preparo al salto.

Ma non vado molto lontano.

Delle braccia forti e lunghe mi attirano contro il corpo – un corpo vero – dietro di me. Un profumo, il tuo profumo, riempie le mie narici, i miei polmoni. Il mio cuore batte con una velocità che non ricordavo potesse raggiungere.

«John, che cazzo volevi fare? Uccidermi?»

Alzo lo sguardo – nessuno può sapere il coraggio che mi c’è voluto per farlo – e sono i tuoi occhi che vedo. Sono i tuoi, non c’è alcun dubbio. Non esiste nessuno al mondo che possiede degli occhi come i tuoi.

«Tu sei già... morto,» riesco a dire illogicamente; perché anche se la cosa è del tutto irrazionale, tu sei qui, davanti a me, in carne e ossa, vivo. Sei dannatamente vivo.

«No, non lo sono, ma Cristo! Tu ora mi stavi per uccidere.»

Vorrei chiedergli tantissime cose, così tante che non saprei numerarle. Prima fra tutte sarebbe: Come puoi essere vivo?

E lo farò, nessuno mi impedirà di farti il terzo grado, di odiarti, picchiarti, e poi stringerti a me e baciare ogni ferita che ti infliggerò.

Ma ora... Ora non posso. Ora ho solo la forza di stringermi al bavero del tuo cappotto e piangere tutte le lacrime che in questo anno mi sono impedito di versare. Singhiozzi che quasi mi impediscono di respirare, che le tue mani provano a calmare accarezzando la mia schiena. Il tuo corpo che racchiude il mio, seduti su questo pavimento grigio. Le tue lunghe gambe, le tue braccia, e io qui, in questo bozzolo a piangere come non ho mai fatto in tutta la mia vita.

***

Una macchina scura, parcheggiata al lato della strada sotto l’edificio che stava per diventare teatro di un’altra tragedia, aspetta.

Un uomo, abituato a nascondere i sentimenti davanti a tutti osserva il cornicione ora vuoto. Vorrebbe dare l’ordine di partire, ma la sua voce lo tradirà e ne è consapevole. Il cuore batte per la paura appena provata. Se non fosse riuscito ad arrivare in tempo, se non avesse capito cosa il dottore stava progettando di fare, non se lo sarebbe mai perdonato. Né per John, né per
Sherlock.

Non avrebbe mai avuto il coraggio di dirlo al fratello. Non avrebbe mai sopportato l’odio nei suoi occhi. Proteggere John era stata l’unica cosa che Sherlock gli aveva chiesto: «Proteggilo e farò quello che devo.»

E quante volte, guardandolo in questi mesi, vedendo quanto il dolore lo stesse spezzando, si era chiesto se la scelta di non rivelargli la verità fosse stata la migliore? Per la prima volta aveva avuto incertezze e aveva desiderato mandare tutto a puttane e raccontare a John la verità.

E se in quello era riuscito a trattenersi, quando lo aveva visto per la prima volta avvicinarsi a quel tetto, aveva capito che non c’era tempo da perdere. La missione era importante, il mondo intero rischiava se non fosse andato tutto come doveva, ma Sherlock rischiava molto di più. Quindi era andato a prenderlo di persona, lui che non si sarebbe mosso neanche per la regina se non glielo avessero ordinato.

«Capo? Andiamo?» Althea, la sua fida assistente, siede composta accanto a lui. L’unica donna che riesce a capirlo, almeno in parte. Basta infatti un suo singolo cenno e la voce di Althea darà l’ordine di partire.

«Andiamo,» ordina all’autista.

Quindi la lussuosa macchina scura si mette in moto e si perde nel traffico.


Intanto sul tetto le lacrime di due uomini, stretti in un abbraccio che sembra non possa essere più separato, si mescolano alla pioggia.
 
 


Fine



Note: Spero davvero che anche questa vi sia piaciuta, ci vediamo fra una settimana circa con il quarto prompt. Grazie a tutti quelli che sono passati di qui  ^*^
  
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