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Autore: KiarettaScrittrice92    14/06/2018    1 recensioni
I nostri protagonisti hanno concluso le vacanze estive e sono pronti per il liceo.
La loro vita da supereroi appare finalmente calma e tranquilla e quello che Fu aveva detto l'anno precedente sul ritorno di Makohon sembra solo una supposizione errata, fino a che...
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Chloè, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
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Il concerto
 

«Eccoti Adrien! – esclamò una voce alle sue spalle e subito percepì un brivido lungo la schiena – Ti stavo cercando.» si agganciò al suo braccio, stringendosi a lui, facendogli un sospiro, mentre si voltava, ritrovandosela decisamente troppo vicino.
«Ciao Chloé.» la salutò, cercando di essere quantomeno gentile, tirando anche un sorriso.
«Senti un po’… Mio padre mi ha trovato due biglietti per il concerto di domani di Jagged Stone. Ovviamente puoi venire con me!» disse entusiasta, mentre continuavano a camminare.
Il biondo si voltò indietro, notando Marinette e Alya osservarli, mentre chiacchieravano tra di loro.
«Chloé non posso venire…» disse, rivolgendosi nuovamente a lei.
«Ma non fare complimenti, lo faccio volentieri.» lo incoraggiò lei, appoggiando la testa sulla sua spalla.
«Dico sul serio non posso, domani ho un appuntamento con Marinette…»
«Vedrai, ci divertiremo tanto!» proseguì lei, ignorando completamente l’ultima frase del ragazzo. A quel punto Adrien, esasperato, afferrò il braccio della bionda, allontanandola da lui.
«Chloé, mi hai sentito? Ho detto che non posso venire! Devo uscire con Marinette.»
La ragazza sbatté gli occhi sconvolta, come se non avesse capito bene 
«Ma… Marinette?»
Sospirò, osservandola guardarlo in quel modo completamente sconvolto. Come se non sapesse che stava con Marinette da ormai sei mesi. Proprio in quel momento, visto che si erano fermati, li raggiunsero le altre due ragazze.
«Ciao Chloé…» la salutò Marinette a mezza voce, quasi come si fosse costretta a farlo, ma in realtà non ne aveva nessuna intenzione.
Adrien le passò una mano attorno alle spalle, stringendola a sè e sorridendole dolcemente. A quel semplice gesto, la bionda assottigliò lo sguardo color del ghiaccio e si voltò facendo frustare la chioma fluente, per poi allontanarsi senza salutare né uno, né tantomeno l’altra.
«Che voleva?» domandò Marinette, notando il ragazzo sospirare, mentre scuoteva leggermente la testa. Più che curiosità la sua era gelosia: le aveva decisamente dato fastidio vedere Chloé attaccata in quel modo a lui, ma sapeva anche che, non solo doveva fidarsi di Adrien, perché lui non l’avrebbe mai tradita, ma soprattutto non doveva comportarsi in modo geloso. L’aveva imparato a sue spese quando le era successo l’ultima volta con Lila, quando, praticamente due anni prima, l’aveva umiliata davanti ad Adrien.
«Invitarmi al concerto di Jagged…» rispose lui, alzando le spalle non curante e Alya emise un verso stizzito.
«Chloé “sono la figlia del sindaco” Bourgeois è sempre pronta a comprare chiunque con i suoi regali.» aggiunse poi.
«Io credo si senta più sola di quanto crediate. – commentò Lila che li aveva appena raggiunti, attirando l’attenzione di tutto il gruppo – Non dico che la sopporto, sia chiaro, semplicemente la comprendo. Io mi sentivo esattamente così quando arrivai a Parigi.»
«Ti dirò, – commentò Marinette ricordando il primo incontro con la giovane italiana – preferisco una che mente, piuttosto che una che tratta tutti come fossero spazzatura.» a quell’ultimo commento i quattro uscirono dall’edificio, dandosi poi appuntamento al giorno dopo.

 

Mise i due bicchieri da cocktail sul vassoio, pronti per essere serviti e, immediatamente, arrivò il giovane cameriere che staccò un foglietto da suo bloc notes e lo poggiò sul bancone di fianco al vassoio.
«Una Cocacola e due patate al cartoccio.» disse, prendendo poi il vassoio.
Jinnifer si voltò afferrando un bicchiere di vetro, assieme al pezzo di carta, e buttandoci dentro tre cubetti di ghiaccio, per poi metterlo sotto la spillatrice delle bibite, riempiendola del liquido marroncino; quando fu pieno quasi fino all’orlo, lo tolse e vi aggiunse una fettina di limone.
Proprio in quel momento il suo cellulare vibrò nella tasca dei jeans che stava indossando. Posò il bicchiere sul bancone e afferrò il telefono. 
Angelie
Emergenza al concerto di Jagged Stone, sembra che molti fan siano impazziti. 
Marinette
Va bene, ci vediamo all'entrata sul retro del Bataclan.

La ragazza fece un sospiro, mettendo nuovamente il blocco al cellulare e togliendosi il grembiule nero che aveva alla vita.
«Antoin, mi devo assentare. – disse poggiandolo sul bancone – Un'emergenza...» l'uomo sospirò a sua volta, alzando gli occhi al cielo.
«Ci vediamo domani, rossa.» le rispose poi il suo capo, che le regalò un sorriso.

 

L’ultimo ad arrivare fu Pavon, atterrando vicino al resto del gruppo.
«Sempre in ritardo pel di carota. – lo punzecchiò Chat Noir divertito, ricevendo però subito un’occhiataccia dall’eroina arancione – Scherzavo, volpe.» disse alzando le mani.
«Come ci organizziamo?» domandò JBee, bloccando il battibecco, prima ancora che cominciasse.
«Ho già parlato con il tenente Raincomprix, ha detto che ci farà passare per cercare di risolvere la situazione.» rispose Ladybug, mordendosi il labbro inferiore.
«Però non capisco, possibile che non riescano a gestire una rissa?» questa volta fu l’eroe della tartaruga a parlare.
«A quanto pare non è una rissa normale: dicono che alcuni fan sono completamente impazziti. All’improvviso hanno cominciato a urlare e lanciare bottiglie, tutti assieme.» spiegò Chat Noir.
«Non perdiamo tempo allora.»
Il gruppo entrò sul retro del locale, facendo quasi irruzione. Dietro la porta li aspettava il padre dell’ex migliore amica di Chloé che li scortò nella sala principale del locale.
«Abbiamo già scortato fuori Jagged Stone e la sua band, assieme allo staff, ma purtroppo alcuni spettatori del concerto sono ancora dentro perché non siamo riusciti a separarli da quelli che sono impazziti.» spiegò l’uomo.
«Non si preoccupi tenente, ci pensiamo noi adesso.» lo rassicurò Ladybug.
Irruppero nella sala principale del palazzetto, in cui era rimasta ormai poca gente. Come aveva riferito loro il tenente Raincomprix, gli agenti della polizia non erano riusciti a far uscire tutti gli spettatori. Alcune persone erano rannicchiate contro le pareti, spaventate; altre se ne stavano sotto le sedie; infine c’erano quelli che erano impazziti che urlavano, lanciavano qualsiasi cosa trovassero sotto mano, lottando persino tra di loro.
Non appena entrarono però, si bloccarono tutti voltandosi verso i nuovi arrivati, come fossero delle belve affamate e loro i poveri sventurati che erano appena entrati nella gabbia dei leoni.
«Solo io ho una brutta sensazione?» domandò TartaTitan, osservando la situazione che si era creata.
«No amico, fidati. Mi si stanno rizzando tutti i peli.»
«Chat tu non hai i peli.» lo rimproverò Ladybug.
«È un modo di dire mon cher.»
«Potremmo pensare alla situazione, per favore?» intervenne Volpina.
«Hai qualche piano, Ladybug?» domandò a quel punto la portatrice del miraculous dell’ape.
Non ebbe il tempo di rispondere; come se improvvisamente avessero ricevuto un ordine, tutte le persone che poco prima li avevano puntati, si lanciarono verso di loro, urlando. Improvvisamente si trovarono tutti quanti a dover parare gli irruenti colpi dei loro nemici.
«Ladybug?» domandò nuovamente qualcuno, non capì con esattezza quale dei suoi compagni, troppo presa dai due ragazzi, completamente fuori di senno, che stava affrontando.
Tra un colpo e l’altro, cominciò a guardarsi intorno, sperando di avere un’idea brillante e pian piano, qualcosa riuscì a delinearsi nella sua mente: un piano sicuramente non perfetto, ma che comunque avrebbe potuto funzionare.
«Volpina! – gridò – Appena ti dò il via usa il tuo potere. Mariposa, tu tieniti vicino uno dei nemici, uno qualsiasi, appena si crea la nebbia dovrai akumatizzarlo e farti dire cosa gli è successo. A quel punto la nebbia si sarà diradata, per via degli aereatori, ma io avrò usato il Lucky Charm, da quel momento in poi penserò alla seconda parte del piano. Tutti gli altri devono impedire a chiunque di avvicinarsi a Mariposa e alla sua vittima. Tutto chiaro?» percepì vari mormorii e altrettanti cenni di testa, mentre la battaglia proseguiva furiosamente.
Ladybug tirò un potente calcio a uno dei suoi avversari, facendolo volare lontano. 
«Ora!»
«Fox Fog!» urlò l’eroina volpe e, in pochissimo tempo, il palazzetto si riempì completamente della solita nebbia arancione, impedendo la visuale a tutti.
«MakeHero…» disse invece a mezza voce la portatrice della riproduzione, subito di fianco a lei apparve una farfallina bianca, che le si poggiò sulla mano. Esattamente come Papillon a suo tempo aveva fatto con molte sue vittime, lei compresa, la farfalla si tinse di nero e svolazzò verso il pazzo più vicino.
Questi si fermò improvvisamente e, poco dopo, fu avvolto da un essenza nera.
«Mariposa, ricordati che abbiamo cinque minuti!» l’avvertì Ladybug. Lei allora, senza farselo ripetere si isolò dal resto della battaglia, sicura che i suoi compagni l’avrebbero protetta e cominciò a parlare con l’akumatizzato.
La ragazza che stava affrontando poco prima si stava avvicinando nuovamente a lei, gridando e inveendo, ma Chat Noir le si parò davanti e gli sferrò un deciso colpo di bastone contro lo stomaco, facendole portare le mani al ventre per il dolore, sputacchiando un po’ di saliva.
«Vacci piano micetto, ricordati che sono esseri umani e non akumatizzati super potenti.» lo avvisò Ladybug, colpendo in testa un nemico con il suo yo-yo.
Lui rispose con un verso indeciso, dedicandosi a un’altro ragazzo.
«Saranno anche persone normali, ma picchiano come dei dannati.»
Lei scosse la testa, poi, appena si rese conto di essere libera, evocò il suo potere.
«Lucky Charm!» tra le mani le cadde una lunga fune.
«Forse li dobbiamo semplicemente legare tutti assieme.» propose Pavon, che aveva visto la corda rossa a pallini neri che la compagna, nonché leader del gruppo, aveva ricevuto dal suo potere.
«Ladybug! – intervenne in quel momento la voce argentina della portatrice della farfalla – Sono controllati da un soldato di Makohon. Credo basti purificarli.» disse.
«Stiamo scherzando? Già per purificare solamente mio padre stava per morire, non le farò riportare normali quindici persone!» gridò Chat Noir, fuori di sé.
A quel punto la ragazza coccinella si avvicinò a lui, allungando una mano guantata di rosso e posandogliela sulla guancia, per poi regalargli un dolce sorriso.
«Andrà bene, te lo prometto; risolveremo tutto e poi torneremo al nostro appuntamento.» gli disse con dolcezza.
Lo sguardo felino dell’eroe gatto, però, sembrò non cambiare: i ricordi della battaglia a Parc des Princes erano ancora troppo vividi nella sua mente, nonostante fossero passati ormai parecchi mesi.
«E della tua corda che ne facciamo?» domandò TartaTaitan, parando con il suo scudo un potente pugno di un nemico.
«Leghiamoli!» intervenne la portatrice dell’ape, tendendo la mano verso Ladybug. Lei rispose con un cenno di testa e le consegnò la fune; dopodiché si allontanò dal gruppo, mentre i suoi compagni si prendevano anche i suoi nemici.
Si mise sul palco, proprio dove, molto probabilmente, vi era stato Jagged Stone, poco prima.
«Ti prego Tikki, non dobbiamo mollare.» sussurrò, praticamente a se stessa, visto che la kwami era stata risucchiata dagli orecchini che stavano decretando il loro primo minuto da quando aveva usato il potere.
Chiuse gli occhi, concentrando tutta l’energia sulla sua arma, proprio come aveva fatto nella sua ultima vera battaglia, iniziando a farlo roteare sempre con gli occhi chiusi: si sarebbe lanciata nuovamente nella battaglia solo nel momento in cui sarebbe stata sicura che lo yo-yo era abbastanza carico di energia.
Si sentiva completamente isolata da tutto ciò che la circondava, le voci del combattimento e le discussioni dei suoi compagni erano ovattate nella sua mente, ma all’improvviso, una più di altre la distrasse.
«My lady, fermati… Ce l’hai fatta.» le sussurrò la voce di Chat Noir all’orecchio, mentre sentiva la presa salda delle sue mani attorno alla vita e la robustezza dei suoi pettorali contro la schiena.
Aprì gli occhi e vide tutti e quindici gli uomini che erano usciti di senno, legati dalla corda, confusi e completamente ignari di ciò che era successo.
«Ma come ho fatto? Io… Credevo che…»
«Ce lo stiamo chiedendo tutti.» la precedette il portatore della tartaruga.
«Ehm, ragazzi… Possiamo rinviare le domande a dopo? Io e Mariposa stiamo per detrasformarci.» disse Volpina, indicando il suo pendente che ormai aveva solo una tacca arancione.

  
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