Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    16/06/2018    4 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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24. Vecchi libri, disegni, intrighi

Il tempo di quella mattina era uno dei più piacevoli e candidi di sempre.
Nel distretto di Karanes, era finalmente giunta la primavera: il cielo era limpidissimo, la gente allegra e spensierata assolveva i propri doveri, i mercanti invitavano i passanti ad avvicinarsi alle loro botteghe.
Da piccola, avevo sempre osservato quella realtà in maniera ingenua, convinta che, nonostante tutto, l’umanità potesse godere di quella pace apparente per sempre, benché, come mi avevano detto, molti chilometri più lontano da lì vivessero creature abominevoli e orride.
Diversi eventi influenzarono il mio modo di pensare: primo tra tutti la morte di mia madre, la caduta del Wall Maria, poi la mia prima spedizione, infine la sconvolgente verità di cui Erwin mi aveva messo al corrente.
Adesso, tutto mi pareva fittizio, banale e fasullo. Ma certamente non avrei potuto prendermela con dei poveri popolani ignari di tutto.
Giunta a Karanes con il mio caro Edmund, decisi finalmente di iniziare a investigare. Avevo deciso prima di tutto di recarmi nella mia vecchia casa natale, nonostante fosse stata nuovamente abitata da un nucleo familiare qualche anno prima.
Quella piccola casetta esteriormente non era affatto cambiata: era situata in fondo ad una strada, e godeva di un piccolo giardino retrostante, adesso malmesso e abbandonato, che probabilmente serviva davvero poco alla nuova famiglia. Non molto distante da quel complesso abitato, mia madre aveva brutalmente perso la vita.
Non appena ebbi bussato alla porta, una signora di mezz’età venne ad aprirmi. Osservando la mia divisa, si scompose un po’.
-Buongiorno, desidera…?
-Salve, signora. Sono la figlia dei vecchi proprietari di questa casa – iniziai.
Ella parve un po’ apprensiva, conoscendo probabilmente la storia della famiglia che aveva abitato in precedenza.
-Non la importunerò molto. Vorrei sapere soltanto una cosa: può cortesemente ricordare se, al momento dell’acquisto di quest’opera, i gendarmi avevano già sgomberato le camere da tutto ciò che vi fosse in precedenza?
Ella ci pensò qualche attimo, poi convocò il marito, un signore snello, calvo e baffuto, anche lui sui cinquant’anni, il quale fu in grado di offrirmi una risposta: -Sei figlia di Ivàn Hares, vero?
I miei occhi si illuminarono, e annuii.
-Ascolta, i gendarmi hanno subito fatto piazza pulita di tutto quello che c’era qui dentro, ma ti assicuro che non hanno portato via niente. Tutto ciò che poteva essere salvato è stato trasportato nel negozio del signor Quinx.
Quel nome revocò nella mia mente la storica bottega di antiquariato della città, situata a ovest del distretto. Dopo aver ringraziato di cuore la coppia, mi misi subito in marcia per raggiungere la mia nuova meta.
Sulla strada, adocchiai la falegnameria del signor Ral; lui e mio fratello erano sicuramente indaffarati nelle loro mansioni, ma decisi comunque di passare e rendere loro un saluto.
Entrai senza pensarci due volte, e benché li vidi entrambi, erano così occupati da non accorgersi della mia presenza.
-Signori, avrei bisogno di un lavoro di manutenzione al guardaroba in legno – scherzai, ridacchiando.
-Claire! – esclamarono entrambi. Lex mi venne incontro, abbracciandomi come al solito.
-Sei venuta un’altra volta con la tua squadra? – mi chiese quest’ultimo.
-Non proprio. Ho un compito importante da svolgere per ordine del Comandante Smith – inventai, avvilita per il fatto che non potessi ancora rendere Lex cosciente di quanto saputo. –Ne ho comunque approfittato per salutarvi. Io e Petra sentiamo molto la vostra mancanza.
-La mia piccola Petra sta bene? – chiese il padre della ragazza.
-Un amore. Penso si sia presa una cotta per un nostro compagno, per giunta – non riuscii a trattenermi. Dovevo prepararmi ad affrontare l’ira di quella piccola testa ramata.
-Davvero? – domandò sbalordito il signor Ral. –Chi sarebbe?
-Non dirò altro, o lei mi ucciderà prima che possa farlo un gigante – risi, poi osservai mio fratello, un po’ scosso. –Lex, qualcosa non va?
Lo vidi leggermente preoccupato. Si levò la polvere dalle mani, per poi grattarsi il capo. –Non preoccuparti. Ora che ti ho vista, sto meglio.
Mi irritava il fatto di non potergli dire la verità, al contempo ero agitata perché era chiaro che qualcosa lo tormentasse. Lo condussi fuori dalla bottega, trattenendolo il giusto tempo prima di essere costretta a riprendere il mio percorso. –Lex, non posso trattenermi a lungo. Se è successo qualcosa di brutto, ti prego di dirmelo.
Sbuffò, poi iniziò a scrocchiarsi fastidiosamente le dita. –D’accordo, lo farò. È molto banale, ma forse mi permetterà di sentirmi meglio: so che è altamente strano, che non capiterà mai perché so che sei forte e grandiosa, ma ho sognato che eravamo fuori le mura, e che tu venivi divorata da un gigante.
Se fosse stato Levi, o Petra, o Gunther a parlare, non mi sarei scandalizzata tanto. Frequentemente, l’incubo di noi soldati era quello di vedere i nostri compagni morire per mano di quei mostri. Eppure, dopo la rivelazione di Lex, mi resi conto di un fatto assolutamente irrealizzabile: -Ma com’è possibile? Tu non li hai mai…
-Lo so, me ne rendo conto: io non li ho mai visti. Ecco perché sono ancora tutto scosso – sospirò. –Non ho idea di come abbia fatto. Certamente, per immaginarmeli mi hanno aiutato i libri che ho avuto modo di leggere nel corso della mia vita e i tuoi racconti epistolari. Eppure, mi sembravano così reali e spaventosi…
-Ho capito, ma sappi che è alquanto impossibile immaginare la loro ira famelica senza averla sperimentata. Io ho imparato a farci l’abitudine, ma tu… - mi massaggiai la tempia. –Lex, dimentichiamo questa storia, va bene? Io sono qui con te, non ho ancora fatto la brutta fine che hai immaginato, ti prometto che non accadrà. Per te, per Levi. Non è che non mi importa di te, ma ho già altre cose che, ultimamente, mi stanno un po’ distruggendo psicologicamente. Non voglio ulteriori pressioni.
Mi strinse a lui. –Hai ragione, scusami per avertene parlato. Ma mi sento meglio.
-Allora va bene così – risposi. –Ti giuro che questa cosa non accadrà mai, lo giuro.
Rimasi a chiacchierare con lui di tutt’altro – ne approfittai per parlargli della missione di cattura organizzata dalla Caposquadra Hanji -  finché suo padre non chiese il suo aiuto. A quel punto, fummo costretti a congedarci ancora una volta e a ritornare alle nostre faccende. Per un attimo, avevo pensato di portarlo con me, ma pensai che non sarei stata in grado di dargli spiegazioni sul perché avessi deciso proprio allora di andare alla ricerca di tutto quello che era rimasto nella nostra vecchia casa. Ripresi la marcia, senza dare il tempo a me stessa di pensare a quello strano incubo che aveva tormentato così tanto Lex.
Subito approdai davanti la bottega del signor Quinx; al suo interno, mi accolse il piacevole tintinnio di alcuni campanellini non appena avevo aperto la porta, oltre che un suggestivo odore di antico. Davanti a me, vi erano tantissimi pezzi di storia della città, da vecchie sedie e tavoli in mogano a scaffali contenenti cianfrusaglie di ogni genere, da libri a vasi in ceramica.
-Un soldato ricognitivo nel mio negozio? – parlò una voce alle mie spalle, mentre avevo già iniziato a dare un’occhiata intorno.
Il signor Quinx aveva un aspetto davvero saggio: un atteggiamento sobrio ed elegante, baffi lunghi e curati e qualche capello bianco sulla testa. In effetti, non era cambiato da quando io e Petra, da piccole, giocavamo a nascondino proprio nei pressi del suo negozio.
Gli sorrisi, dopo avergli augurato un buongiorno gli spiegai il motivo per cui mi trovavo nella sua bottega.
Egli si lisciò il mento, andò dietro il bancone dal quale era provenuto, controllando un librone poggiato su di esso, che aprì faticosamente, per poi sfogliarlo. Si sistemò più volte gli occhiali affinché potesse studiare con attenzione le parole impresse e dopo un po’ mi fece cenno di seguirlo nel luogo più profondo del negozio, nascosto inizialmente da un vecchio pianoforte da muro: non ebbi tempo di studiare quel meraviglioso oggetto, più interessata, lo ammetto, a scoprire qualcosa di proprietà della mia famiglia.
Non impiegai molto a riconoscere qualcosa che era risieduto nella mia casa praticamente da sempre, ossia una sedia a dondolo di legno chiaro. A detta di Lex, lì avevo avuto modo di conoscere la musica di mia madre per la prima volta attraverso la sua dolcissima voce.
Mi avvicinai lentamente alla sedia, chiesi il permesso per poter farne uso, e mi sedei, lasciandomi lentamente cullare.
La sedia scricchiolava un po’; d’altronde, da anni non era stata toccata, a detta del proprietario del negozio, ma nonostante fosse un oggetto tanto grazioso nella sua semplicità, era una delle poche cose che non avevano trovato un cliente disposto a comprarle.
-Le interessa? – domandò gentilmente l’uomo.
Gli sorrisi. –Non avrei idea di dove metterla. Al momento, vivo nella caserma dell’Armata Ricognitiva – spiegai. –Ha qualcos’altro da mostrarmi?
Egli ci pensò un po’ su, dopodiché, mentre ero ancora seduta, si diresse ad una libreria, dove tirò fuori un libro consumato, che non tardai a riconoscere.
Il signor Quinx mi rese il vecchio raccoglitore di mio padre, in cui conservava specialmente tantissimi disegni che, nonostante fossero di una perfezione assoluta, venivano scartati e  giudicati negativamente dalla sua creatrice.
Con impazienza, presi il libro, sfogliandolo incuriosita ed eccitata. I disegni erano tutti lì dentro! Potei nuovamente osservare gli schizzi delle sue pregiate magnolie, i ritratti di mio padre e di mio fratello, il paesaggio di montagna che aveva rappresentato durante una gita… tutto ciò era esattamente a pochi centimetri dai miei occhi!
-Adesso ricordo, - disse all’improvviso il signor Quinx, -il giorno in cui i soldati mi resero quello che erano stati in grado di salvare della sua vecchia casa. Non erano intenzionati a vendermi questo libro, probabilmente volevano tenerselo per loro per quanto fossero belli quei disegni – ridacchiò.
Ingenuamente, non feci caso a quanto mi avesse detto, troppo presa a osservare quel ritrovamento tanto importante per me.
Il signor Quinx fu chiamato da un nuovo cliente, io ne approfittai per rimanere a guardare i disegni sulla vecchia sedia prima di andare a pagare il libro; richiudendo quest’ultimo, tuttavia, mi imbattei nell’ultima illustrazione:


 
Ero assolutamente incredula. Per un attimo, iniziai addirittura a domandarmi se non stessi avendo le allucinazioni. Ma no. Il campanile che avevo visto in sogno successivamente il ritorno dalla mia prima spedizione era davanti a me, in un disegno meglio rifinito e più completo.
Il fatto di averlo rivisto mi fece inizialmente pensare, allora, che quella costruzione architettonica potesse realmente esistere, e che io e mia madre avevamo avuto modo di osservarla da vicino durante una nostra visita per le campagne del Wall Rose.
Rimaneva comunque il fatto che chiunque al quale avessi chiesto informazioni su quel campanile non era in grado di riconoscerlo. Che dovessi continuare ad approfondire le ricerche?
Tuttavia, ciò che più mi sbalordiva era la somiglianza tra quello che avevo visto io in sogno e la figura rappresentata sul foglio ad opera di mia madre. La posizione e il punto di vista erano gli stessi.
Tirai il disegno fuori dal raccoglitore per studiarlo meglio. Solo dopo, mi accorsi di un’iscrizione lasciata sul retro.
 
Il campanile di Catherine che persino le mura e la loro storia ignorano.
 
Rimasi nuovamente spiazzata. Non solo perché mi ero resa conto che la calligrafia era di mio padre, soprattutto perché era palese che egli intendesse rendere chiara l’inesistenza di quell’architettura.
-Tutto bene, signorina? – chiese il signor Quinx.
Deglutii a fatica, annuendo. –Sì. Prendo questo, per il momento, - indicai il raccoglitore, -per la sedia ci devo pensare ancora un po’.
Egli mi sorrise, invitandomi ad avviarmi al bancone.
-Travagliata la vita di un ricognitore, dico bene? – chiese l’uomo, mentre gli rendevo il denaro.
-Abbastanza. Pochi si rendono conto di quanto sia difficile per noi combattere contro quei mostri che ci sopprimono, ma per me è la ragione più importante per continuare a vivere – dissi. –Non mi sta bene lasciar morire l’umanità in un posto così ristretto. Io non lo so con sicurezza, ma… so per certo che il mondo intero è infinitamente più vasto di tutti gli ettari di terra che ci sono rimasti.
Il signor Quinx mi sorrise di nuovo. –Non tutti condividono la sua opinione, lo capisco – spiegò. –Eppure, ciò che dice è molto nobile, specialmente per una ragazza come lei.
Abbassai il capo, aspettando che terminasse di impacchettare l’oggetto acquistato. –Le prometto che prima o poi la libererò dal peso della vecchia sedia. – intervenni. –Se ci riesco, anche del pianoforte da muro.
-Non preoccuparti. Questi vecchi nobili mi tengono compagnia, in un modo o nell’altro! – esclamò lui, poi mi diede le spalle, da un comodino sollevò un nuovo tomo. –Se ti interessano tanto i disegni, potrei venderti questo.
Mi mostrò le pagine ingiallite di un antico libro nero, su cui potei ammirare ritratti incantevoli realizzati con la matita rossa.
-Li realizzò un anziano discendente di quegli uomini che, prima delle costituzione delle mura, abitavano le terre più ad est del mondo.
Rimasi affascinata dal racconto, ancor di più dalle illustrazioni che mi mostrò.
Fui in grado di acquistarlo a pochissimo prezzo. Ancora titubante da una parte, incantata dall’altra, decisi di ritirarmi nuovamente nei territori interni coi miei due nuovi acquisti, ripensando agli uomini d’Oriente da cui discendeva il realizzatore dei disegni del tomo dalla copertina rossa.
 
Tornata al Quartier Generale, non avevo voglia alcuna di riposarmi dopo il viaggio che avevo intrapreso quella mattina da sola, poiché desideravo rendere Erwin quanto prima consapevole di quel bizzarro ritrovamento.
Ma il Comandante Smith mi aveva preceduto: aveva mandato un soldato a cercarmi perché potessi recarmi di nuovo nel suo ufficio. Perciò, misi il raccoglitore di mio padre sotto al braccio e partii spedita nel suo studio.
Ero in preda all’eccitazione, tant’è vero che a stento mi ricordai di bussare prima di entrare nella stanza. Aprii la porta con grande inquietudine, eseguendo il solito saluto militare. –Comandante, signore, devo parlarle di una cosa importante – mi rivolsi a lui, ma ben presto i miei occhi si focalizzarono su un altro obiettivo, sulla figura del piccolo soldato corvino in piedi accanto a lui, a braccia conserte.
-Salve, capitano – conclusi, preoccupandomi di quello che avrebbe potuto pensare Levi vedendomi correre con così tanta fretta nell’ufficio del soldato biondo per comunicargli qualcosa di così rilevante, di cui lui però era ancora all’oscuro. –Posso passare dopo, Comandante Erwin.
-Non preoccuparti, Claire – intervenne quest’ultimo. –Proprio ora ho finito di mettere al corrente Levi di questa faccenda.
Avanzai lentamente verso la scrivania dietro la quale, ancora una volta, era seduto, chiedendomi perché egli avesse cambiato idea così rapidamente.
-Signore, il capitano Levi…
-Ho pensato che sarebbe stato utile coinvolgerlo in questa faccenda, per diversi motivi – iniziò Erwin. –Riesco sempre a trarre vantaggio dalla sua collaborazione, inoltre ci servirà per una cosa di grande importanza.
-Tch. La verità è che Erwin non è in grado di fare le cose da solo, a stento riesce ad andare in bagno – ironizzò il caporale, strappandomi un sorriso. –Bell’impiccio, quello in cui vi siete messi.
-In ogni caso, - riprese il biondo, -c’è qualcosa di cui volevi parlarmi, Claire. Vero?
-Sissignore – dissi, facendomi seria. –Ora che ci penso, non è così importante come credevo. Magari lei, in mia assenza, è riuscito a scoprire molto di più. Comunque, - aprii il raccoglitore, -stamattina ho trovato in una bottega di antiquariato diversi disegni di mia madre, tra cui anche questo.
Gli mostrai il disegno che più mi aveva colpito. Erwin cominciò a studiarlo con grande attenzione, il soldato al suo fianco già pareva mezzo attonito.
-Se mi concede, Comandante, vorrei chiederle se lei è mai stato in grado di intravedere quest’architettura nelle mura.
Erwin ci pensò un attimo. –Credo di no, Claire.
Il mio cuore già iniziò a battere impetuosamente, ma non conclusi certamente lì il mio discorso: rovistai dalla tasca del giacchino, tirando fuori il pezzo di carta piegato sul quale avevo eseguito la mia versione del campanile.
Spiegai il foglio, porgendoglielo. –Qualche mese fa, dopo la quarantottesima spedizione oltre le mura, ho visto in sogno lo stesso campanile, e l’ho disegnato la mattina seguente.
-Lo hai mostrato anche a me, non è vero? – chiese sbalordito Levi.
Annuii, osservando i loro volti confusi e sbalorditi.
-Io non ricordo… non ricordo di essere mai entrata in possesso di un qualsiasi oggetto che mi ha permesso di farmi conoscere questa strana architettura, l’ho riferito all’epoca anche al capitano – dissi al Comandante.
Erwin si schiarì la voce. –Dovremmo controllare meglio nelle varie città, forse anche nei piccoli paesi tra le mura.
-Comandante, vorrei farle leggere cortesemente ciò che sta scritto dietro il disegno di mia madre – gli dissi, con voce un po’ preoccupata.
Dopo aver rivolto il disegno, lo sguardo di Erwin si riempì di apprensione, il che non mi fece affatto sentire più consolata di prima. Ora il mistero era sempre più rilevante e intrigante, una matassa che non saremmo mai stati in grado di districare con facilità, giudicai.
-Che cosa può mai significare tutto questo? – chiese Levi. –Se fosse stato soltanto immaginato da te, sarebbe stato normale. Invece c’è di mezzo anche tua madre, Claire.
-Non disperatevi per niente – proruppe Erwin. –Forse quello a cui vi metterò a conoscenza potrebbe risolvere anche questo enigma, se siamo fortunati.
Erwin aprì una busta di carta riposta davanti a sé, sopra al libro dalla copertina verde che mi aveva mostrato già in precedenza; ne prelevò il contenuto: dentro vi erano sistemate ulteriori buste da lettera che probabilmente potevano avere più anni di me.
-Non sei stata la sola a trovare qualcosa di importante. Ho scoperto che a Ragako c’erano più cose su mio padre di quanto pensassi – ci mostrò le lettere. –Tra i mittenti, c’è anche il tuo. Si menziona il nome di una persona da cui ne pervengono altre.
Sistemò sul tavolo una delle epistole di cui aveva parlato.
 
22 settembre, anno 815
Ho avuto da fare, lo sai bene. Non è semplice trovare del tempo a disposizione nella mia situazione. Nemmeno posso sparire dalla circolazione in questo modo: tra chi si insospettirebbe e chi domanderebbe della mia assenza – mio padre è vedovo, non è facile vivere con lui – non posso proprio muovermi da Karanes per raggiungere Ragako. Se solo penso che, fino a un paio di anni fa, io e mio padre praticamente ci recavamo lì ogni settimana, mi dispero!
Ti racconterei tutto ciò di cui mi ha messo al corrente Loris. Non è semplice, né tantomeno potrei parlartene qui. Sento di poter fare affidamento a lui, pare uno che conosce molte più cose di quelle che dovremmo sapere. Penso che, grazie a lui, potremmo approfondire le nostre ricerche.
 
Erwin ci illustrò una seconda lettera, scritta più recentemente rispetto alla prima.
 
11 aprile, anno 821
Ormai non ci resta molto da fare. Molti degli uomini di Loris sono improvvisamente scomparsi dalla circolazione, e lui si è ritirato nei territori interni. Ha scelto la miseria di quel posto famigerato al di sotto della capitale, anziché continuare a lottare per quello in cui noi crediamo. Tutto ciò è triste. Credo che sia meglio lasciar perdere, al momento. Penso a Catherine, al bambino che porta in grembo. Per il momento dobbiamo attendere, non saremo in grado di portare avanti niente in queste condizioni. Continuiamo la vita di tutti i giorni.
Sono tremendamente pessimista. Vedo il ventre di mia moglie e penso che nemmeno mio figlio sarà capace di condurre a termine la missione. Saremo sempre in pochi a guardare il mondo da questo punto di vista, nemmeno la gente come Catherine sarà in grado di cambiare la situazione che persiste dietro le mura del Maria.
 
-E’ ormai chiaro che mio padre e il tuo collaborassero da diverso tempo, Claire – disse Erwin. –E in mezzo c’è una terza persona: Loris Conrad.
Ero ancora scombussolata dal racconto epistolare di mio padre, ma tentai con tutte le forze di rimanere lucida e di seguire il discorso di Erwin. –Conrad? – ripetei.
-Ho qui il rapporto di stamattina – continuò. –Pare disoccupato, in realtà ci sono molti testimoni che lo indicano come uno tra coloro che controllano i traffici di merci proibite nei territori interni. Ora, non so dirti il motivo per cui tuo padre e il mio sembrassero così interessati a lui, ma sembra che viva tutt’ora nella capitale, per essere più precisi, nei suoi latifondi.
Premei un dito sulla tempia, pensierosa. –Non capisco il motivo per cui quest’uomo chiaramente di basso rango sia così importante, per di più mio padre non ha mai accennato alla sua esistenza. Forse perché ne aveva troncato i rapporti già prima della nascita di mio fratello…
-Ma è l’unico a cui possiamo far riferimento per avere un minimo di chiarezza, giusto? – domandò Levi.
-E’ così – aggiunse Erwin. –Ho dato un’occhiata alle lettere che questo Conrad mandava a mio padre. Te le lascerò, Claire: molte parlano di Catherine Hares, e fanno riferimento ad uno strana dote che, stando alle parole di questo tizio, “lei e gli uomini d’Oriente conoscono bene”.
Ancora gli uomini d’Oriente, in tutto questo?, pensai. Poi, mi soffermai sul rapporto che esisteva tra questi e mia madre.
-Oriente… - riflettei, ma nessuno parve ascoltarmi.
-Hai idee su come cercare questo tizio, Erwin? – chiese Levi, premendo le mani sulle mie spalle. Quella piccola attenzione mi consolò il giusto, nonostante me l’avesse concessa proprio mentre sedevo di fronte il capitano di divisione.
-Non deve essere tanto difficile, dopotutto – il biondo sorrise sornione. –Un paio d’anni fa, sono riuscito a portarti fuori di lì, chi mi dice che non sarò in grado di rintracciare Conrad?
Levi, probabilmente un po’ a disagio, si allontanò da me, rimanendo in silenzio.
-Signore, ha veramente intenzione di recarsi nella città sotterranea per una cosa del genere? – intervenni. –Corriamo grossi rischi: d’altronde, per come la pensiamo, è proprio la Gendarmeria ad aver fermato coloro che, come mia madre e suo padre, la pensano diversamente dai restanti cittadini.
-Non giudicare così prematuramente, Claire. So bene che i gendarmi poco hanno fatto perché si facesse chiarezza sull’omicidio di tua madre, ma dobbiamo rimanere lucidi. Sono soldati come noi, e saranno proprio loro a permetterci di rintracciare Conrad.
-Prevedo un altro folle piano da parte tua, Erwin – disse il corvino. –Eppure, da come ho capito, ti servirò in qualche maniera.
-E’ così – Erwin annuì. –Riusciremo a risalire a Conrad, gli parleremo di questa storia. E forse lui, meglio di chiunque altro, può chiarire ai fratelli Hares le condizioni di Ivàn, oltre che, probabilmente, il mistero del campanile.
-Verrò con lei, Comandante?
-Assolutamente sì. Forse è il momento che tu coinvolga anche Lex per questa faccenda, occorrerà anche il suo aiuto – aggiunse il biondo. –Molto presto vi spiegherò come arrivare a Conrad, nel frattempo dedicatevi ai preparativi della prossima missione di cattura, è chiaro?
-Signorsì! – esclamai.
Notai che Levi non pareva intenzionato a raggiungermi nei corridoi. Una volta fuori l’ufficio, lo sentii parlare preoccupato con Erwin: -Vuoi davvero che lei venga lì sotto? Sei così poco lucido da aver dimenticato che posto di merda è quello?
-E’ una cosa che riguarda più lei, che me. Anzi, riguarda proprio tutti – ribatté l’altro. –Attento a non intrometterti troppo. È lei che deve decidere.
Levi terminò la conversazione: -sei proprio un fottuto egoista, - ed uscì dalla porta con indifferenza.
Camminammo tranquillamente nei corridoi vuoti; ci aspettava l’ultimo pasto nel refettorio prima di andare a dormire. Lungo il tragitto, il piccolo caporale mi prese per mano.
E fu proprio quel gesto semplice e significativo a spingermi a parlare finalmente con lui di ciò che mi turbava in quei giorni. Della relazione tra i miei genitori e il Signor Smith, della possibilità che tutto quello teorizzato da loro, benché molto lontanamente, poteva essere vero, della strabiliante scoperta del disegno di mia madre tanto simile al mio.
-Levi, non ho idea di cosa fare! – terminai, torturandomi una ciocca di capelli. –E’ successo tutto questo a distanza di così poco. Sono quasi terrorizzata da questa faccenda. Insomma, sono riconoscente nei confronti di Erwin per avermi messo al corrente di tutto questo, ma questa storia mi sta turbando tantissimo.
-Per me, tu fungi un po’ da capro espiatorio, per lui. Se ti presenti a Conrad come figlia di Catherine e Ivàn Hares, magari sarà disposto a raccontarci molte più cose. Però, non ti nascondo che io nutro molta fiducia in Erwin, - confessò lui, -e credo che sarà proprio lui quello che ti aiuterà a scoprire di più dietro la morte di tua madre. Io al tuo posto la vedrei così. D’altronde, è possibile che tuo padre adesso sia tornato a collaborare con Conrad, no?
Rimasi un po’ a pensarci. –Non sarei entusiasta di rivederlo. Preferirei di più che fosse fatta giustizia per mia madre, e che quegli stessi aggressori non cerchino più di far fuori mio fratello, oltre che me.
-Hai paura?
-Temo un po’ per Lex, ecco perché non sono convinta di approfondire la questione con quel Conrad, nonostante voglia saperne di più. Ma non potrò mai stare lì ferma: sono un soldato dell’Armata Ricognitiva, e il mio conto è anche scoprire quanto più sul mondo che ci circonda.
Deglutivo preoccupata, cercando quanto più conforto nel mio amato, che mi regalò uno sguardo di sincero affetto e comprensione. –Anche io ho un po’ paura – ammise. –Claire, io, a differenza tua, so a cosa andiamo incontro una volta scesi lì sotto, temo che tu finisca in una situazione di grande pericolo. Ma non ostacolerò le tue decisione: fa’ ciò che sia meglio per te – Levi bloccò il polso dell’altra mano. Eravamo solo lui ed io, in un buio e silenzioso corridoio della caserma. –Solo una cosa ti chiedo: lascia che ci sia io al tuo fianco.
Gli sorrisi, annuendo. Contavo davvero così tanto per lui? Mi emozionai, al punto tale che una lacrima mi rigò il volto. Il suo sguardo era sempre impassibile, ma dai suoi occhi trapelava una grande preoccupazione.
Levi, difatti, aveva una particolarità del tutto sua: chiunque lo descriveva come l’uomo più indifferente, dallo sguardo sempre seccato. La verità era che, benché il suo tono di voce si contraddistingueva per essere pacato, eppure tagliente come le lame che impugnavamo in battaglia, era in grado di comunicare con gli occhi ogni sua apprensione o stato d’animo.
-Guarda che sono serio – mi scompigliò la chioma.
-Lo so – mormorai imbarazzata, con un sorriso stampato sul volto. –Te lo lascerò fare, capitano.
Riprendemmo a camminare, finché non fummo costretti a separarci come raggiungemmo il refettorio. Velocemente, prima che facessero irruzione i miei compagni più stretti, iniziai ad abbozzare una lettera a mio fratello in cui gli spiegavo di dovergli parlare con urgenza di una faccenda riguardante la nostra famiglia.
Cercare di formulare frasi da cui non si potesse ricavare tutto quello che avevo intenzione di dirgli non fu semplice. Completai il mio lavoro più tardi, dopo essermi ritirata nei dormitori. La giornata di Petra doveva essere stata parecchio faticosa, perché ci impiegò davvero poco ad addormentarsi. Io, invece, dopo aver lasciato una candela accesa ai piedi del mio letto e aver scritto la mia lettera a Lex, iniziai a sfogliare l’antico libro di disegni comprato la mattina prima.
I disegni, realizzati con una matita rossa, tutt’altro che semplice da ritrovare, persino nelle botteghe specializzate, erano davvero particolari. I tratti dei paesaggi, dei soggetti erano curati con assoluta precisione. Gli ambienti circostanti che intravedevo nelle figure mi portavano a immaginare una natura completamente diversa, che poteva risiedere solo all’estremo est del mondo, in terre ormai abitate solo ed esclusivamente da giganti.
Uno degli ultimi capolavori contenuto nel tomo fu di una bellezza sbalorditiva: un lago infinito si apriva agli occhi dello spettatore e un sole gigantesco lo illuminava all’orizzonte. Ciò che più mi colpì fu la riva, da cui giungevano piccole onde che si dissipavano non appena toccavano il terreno.
Quell’immagine mi riportò al sogno in cui avevo immaginato Furlan e Isabel. L’ambientazione era quasi la stessa!
Non saprei dire se fossi rimasta ancora una volta sbalordita – durante quella giornata ne avevo già passate abbondantemente di cotte e di crude! – ma preferii spegnere la candela con un soffio per concedermi qualche ora di riposo, prima di ripensare nuovamente a tutto quello che mi aveva turbato lo stesso giorno. A seguito di tutti quegli avvenimenti, solo il ricordo di Levi che stringeva la mia mano poteva farmi dimenticare in un solo istante tutti i miei tormenti e mi consentì un dolce momento di tregua prima di prendere nuovamente parte alla faticosissima vita di sempre.
 
Spazio Autore: con un po' di ritardo, vi auguro una buonasera!
Finalmente ho concesso alla protagonista una nuova visita a Karanes, dove l’ha attesa un ulteriore intrigo da risolvere. Se vi siete ricordati find da subito del campanile che la nostra Claire ha disegnato qualche capitolo precedente, allora avrete provato anche voi il minimo di stupore. Il capitolo successivo, magari, sarà in grado di risolvere qualche mistero… ma non rimarrò troppo tempo a dilungarmi, non spoilerò ;).
Manca poco più di un mese alla prima puntata della terza stagione dell’anime… Ad esser sinceri, non sto più nella pelle! E voi?
Ringrazio di cuore chi sta recensendo ogni volta. Sto ricevendo tantissimi commenti e, detto francamente, nemmeno credo di meritarne così tanti!
Al prossimo sabato!
  
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