Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: shilyss    17/06/2018    7 recensioni
Ecco a voi una raccolta di shot legate alla fanfiction "Tutte le tue bugie." Nonostante alcuni riferimenti alla long fic, potete leggere i vari capitoli anche considerandoli come testi scollegati rispetto alla storia madre.
Dal capitolo 1: Se Loki fosse stato meno sarcastico, se nei suoi occhi chiari Odino avesse visto l’ombra di un sincero pentimento, le cose sarebbero potute andare diversamente. Ma Lingua d’Argento era stato sprezzante e tronfio e si era presentato ammantato di tutta la sua feroce eleganza di fronte al padre adottivo che non lo aveva chiamato figlio, ma prigioniero. Un altro imperdonabile errore dovuto non alla mancanza di discernimento di Odino, ma all’amara constatazione di come Loki, il suo brillante figlio, non fosse poi così acuto come pensava e sembrava.
Dal cap. 4: Solo che Loki era un furfante travestito da principe, un cantastorie come nemmeno nelle piazze più oscure della città se ne trovava uno uguale.
Non tutto è come appare, quando di mezzo c'è il dio dell'inganno in persona.
Capitoli 3-9: Barbare usanze;
Cap. 10 - Forse era scritto nel destino.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'La tela degli inganni'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sotto la superficie

 

 

Le ossa di vecchio di Njord tremavano per il freddo e la paura. Un vento impietoso e gelido aveva trasportato fin lì nuvole scure cariche di pioggia e si insinuava sotto gli abiti graffiando la pelle. Era passata almeno un’ora da quando il dio degli inganni aveva oltrepassato svelto e sicuro la pesante porta del Tempio; più i minuti passavano, più le speranza che uscisse con Sigyn si assottigliavano fino a diventare un filo sottile e impalpabile. Gli tornarono alla mente le immagini della nipote quand’era una bambina silenziosa e assorta, ripensò alla ragazzina serena che era stata quando lui credeva di essere quasi il padrone del mondo e persino il figlio reietto di Odino aveva scelto di inchinarsi suo cospetto. Desiderò con disperazione andare indietro nel tempo, a quei giorni lontani in cui non c’erano ombre sulla sua Casa e, per settimane, non succedevano che piccole cose di nessun conto – Loki che metteva sottosopra il palazzo per cercare una penna, ad esempio, ma questa è un’altra storia (1).

Un tuono squarciò il cielo riscuotendo il sovrano dai suoi rimpianti e, subito dopo, una pioggia di lampi illuminò l’aria grigia e fredda, la terra si coprì di strani simboli e il Bifrost si aprì in tutta la sua magnificenza. I nobili e i soldati riuniti tirarono un sospiro di sollievo e gridarono estasiati battendo le armi contro gli scudi, perché Thor figlio di Odino in persona era venuto a salvare il fratello insolente.

Che i piani del tonante in realtà fossero leggermente diversi da quanto presupposto, lo dovette suggerire la presenza della piccola e compita ospite che aveva accompagnato il prodigo eroe. Sonje reggeva con un braccio il fedele gatto di pezza e si guardava attorno curiosa, osservando ogni cosa con la stessa acutezza del padre. Quando vide Njord, sorrise sventolando la mano felice.

Il vecchio re boccheggiò sgomento e fissò il tonante disperato. “Perché l’hai portata qui? Non è un luogo adatto a una bambina, questo!”

“Scherzi? Non c’è posto più adatto,” sorrise Thor. Si chinò verso la nipote e le indicò le torri austere del Tempio. “La tua mamma e il tuo papà sono lì e presto usciranno,” spiegò sicuro. “E sarà uno spettacolo divertentissimo.”

Sonje saltellò dalla gioia. “Ci saranno i fuochi?”

“Grandissimi.”

“E poi si baceranno?”

Sonje lo chiese con l’infantile cupidigia con cui attendeva il finale di una fiaba, quando l’eroe sconfigge il drago e libera la principessa: dall’alto dei suoi quattro anni, si era convinta che i suoi genitori fossero i protagonisti dei racconti fantastici che le leggevano per farla addormentare e voleva che si comportassero come tali. L’idea le era venuta sentendo una domestica distratta che non si era accorta della sua presenza e aveva paragonato Loki non all’eroe, ma al drago. A detta della donna, Sigyn era e sarebbe rimasta per sempre prigioniera del dio degli inganni.

 “Certo che si baceranno,” promise il Re degli Asi accarezzandole con dolcezza i ricci neri. Njord non attese oltre per pararglisi davanti.

“Che ti è saltato in testa?”

“Voglio che veda suo padre uscire trionfante da quel portone, mi pare ovvio. Tutti i bimbi Asi vengono portati ad assistere alle parate vittoriose e al rientro dei genitori dalle battaglie.”

“Questo è il Tempio! Non ne avverti il potere nero, pesante, insondabile? Non usciranno mai da quelle mura, forse saranno già morti. Dovevi arrivare prima, li avresti salvati.” (2)

Thor prese in braccio la nipote, se la mise sulle spalle e scrutò con attenzione il vecchio sovrano preoccupato. “Per le Norne, tu sei serio,” si rese conto mentre la coda del gatto di pezza gli offuscava parzialmente la vista. “Pensi davvero che Loki non sappia uscire da un castello abitato da vecchie megere? Lascia che ti dica una cosa: se non ci riuscisse da solo, non berrei più con lui.” (3)

“Tu non hai idea di cosa sia il Tempio e quali insidie nasconda: non esiste nemmeno una mappa precisa delle sue stanze. Dicono che sia un labirinto capace di mutare aspetto e orientamento per far impazzire chi lo attraversi e nessuno è mai riuscito a uscirne vivo.” Njord era pallido in volto e si pentì della frase appena pronunciata non appena capì che Sonje aveva ascoltato ogni parola. Quanto poteva aver compreso del lugubre discorso? Dagli Asi, Sonje aveva senz’altro ereditato la testardaggine e l’insolenza, ma anche l’intelligenza viva e acuta e l’indomita fierezza. Lo guardò con attenzione, strinse con maggior forza i capelli biondi dello zio ma rimase muta.

“Mio fratello è diventato un maestro di magia quando nemmeno si faceva la barba. Ha più vite di un gatto e una fibra fottutamente robusta; se pensi che non sappia uscire, beh, mi deludi Njord. Nessun Vanir è mai uscito, ma certamente nessun Asi è entrato,” ribatté con una nota di risentito orgoglio.

“Vai a salvarli,” supplicò nonostante tutto il re. “Sonje è così piccola.”

“Scordatelo,” fu la convinta risposta. “Non rovinerò la festa a mio fratello.”

 

 

 

Due guardie davanti e due dietro più una per ogni lato. Loki valutò con attenzione la corporatura robusta degli uomini e le armature spesse che li coprivano da capo a piedi. La Sublime avanzava come un’ombra nera davanti al piccolo drappello in un frusciare di seta nera. Il dio degli inganni accarezzò per l’ennesima volta l’idea di fermarsi in mezzo al corridoio, liberarsi una volta per tutte delle guardie e tagliare la gola a quella puttana, ma dovette frenare il desiderio. Prima era necessario trovare lei.

 

Giunsero davanti a una porta blindata. La Sacerdotessa sfilò dalla cintura un mazzo di pesanti chiavi e aprì la serratura sotto lo sguardo vigile dell’Ase. Nella stanza c’erano un numero incredibile di telai e donne smunte e dall’aria infelice che tessevano, controllate a vista dalle adepte del Tempio. Il dio degli inganni cercò Sigyn tra la folla di disgraziate, ma non la vide. Notò con orrore che alle donne erano stati tagliati i capelli e pensò alla magnifica chioma di sua moglie e a un torto antico che lui stesso aveva compiuto nei confronti di Sif, ma di cui non si era mai pentito. (4) La Sublime riconobbe immediatamente il suo ultimo acquisto e si diresse a passo sicuro verso un angolo dell’enorme sala. Uno dei telai si fermò e, dal mare grigio di donne chine, spuntò un’irriconoscibile Sigyn. Loki avrebbe voluto stupirsi per l’immagine della moglie, ma non ci riuscì; nella sua vita aveva subito la tortura e la prigionia e aveva perso il conto della battaglie che aveva combattuto. Decine di volte i suoi stivali erano affondati nel fango e nel sangue, centinaia era sceso nei sotterranei di Asgard da trionfante vincitore per osservare i nemici sconfitti. Per questo non gli riuscì di sorprendersi, vedendo gli occhi spaventati di Sigyn, osservando l’aria spaurita di bambina che il taglio corto che le aveva regalato (5). Non la vedeva che da pochi giorni, eppure in quel lasso brevissimo di tempo il suo viso si era trasfigurato. Riconoscendolo, lei si morse le labbra e non riuscì a trattenere un singhiozzo. Provò a corrergli incontro, ma fu bloccata dalle guardie e Loki non mosse un muscolo. Anche questo aveva imparato comandando per secoli le armate di Odino.

 “Ora supplichi il mio aiuto? Potevi pensarci quando ti sei opposta ai miei avvertimenti,” le disse invece con sprezzo evidente. Sigyn sgranò gli occhi, colpita da quella frase e dalla rigidità dell’Ase. Era una messinscena, ovviamente. La mascella contratta, la smorfia sulle sue labbra, la compostezza della sua postura non erano che una maschera, una recita cui aveva assistito infinite volte. Solo che.

La Sacerdotessa la sorpassò soddisfatta e lei fu presa per le braccia e condotta in una lugubre stanza priva di finestre. Alle pareti erano appese fruste e catene.

“Puoi interrogarla qui,” soffiò la Sublime congiungendo le mani serafica.

“Dove cazzo è l’anello?” La porta non si era nemmeno chiusa che il dio dell’inganno aveva afferrato Sigyn per le spalle, scuotendola con forza. Di fronte al suo sbigottito silenzio, insistette. “L’anello, la fede. Non era un regalino d’amore per te, ma una nascondiglio per qualcosa che ho rubato,” disse tra i denti.

“Non sei qui per salvarmi?” La sua voce era insolitamente calma, piatta. Le tornò alla mente l’immagine che le si era presentata davanti solo poche settimane prima – Loki addormentato in camera di Sonje, le lunghe gambe stese sul tavolinetto basso dove la piccola organizzava i suoi tè con le bambole, un libro di fiabe tra le mani e l’indice a tenere il segno delle pagine. Lo aveva svegliato scuotendolo per una spalla e lui, incredibilmente, non era saltato in piedi come suo solito grazie ai sensi sempre all’erta, ma aveva bofonchiato un lamento leggero continuando a dormire.

La porta dietro di loro venne chiusa a chiave e si accorse che, in una mano, l’Ase stringeva qualcosa di cuoio: una frusta. “Ti ci sei ficcata tu in questa situazione, piccola stupida. Io te l’avevo detto. Ho sopportato abbastanza la presenza tua e di quel vecchio idiota di tuo nonno. Adesso che ho il campo libero, non mi servite più.”

Aveva usato un tono compiaciuto, cattivo come il sorriso che gli tagliava le labbra, abbastanza alto perché fosse udito al di là del muro. La frusta schioccò con un colpo secco facendola gridare, ma non si abbatté su di lei. Fendette l’aria che si trovava nella direzione opposta e la giovane donna si ritrovò a fissare il marito appiattita contro la parete umida. “Che farsa è questa? Fammi uscire!”

 

 

“Nessuna farsa, ti sbagli.” Le si avvicinò e Sigyn poté riconoscere l’odore di pelle e cuoio che le era così familiare, in cui si rifugiava quando lui era via e lei affondava il naso negli abiti riposti nell’armadio. Esplose in un pianto nervoso, disperato, convulso. Loki la afferrò per la vita e la strinse a sé.

“Ti detesto davvero, profondamente. Mi hai ingannato costringendomi a venire qui, hai ignorato i nostri accordi e non indossi l’anello. Contiene davvero incantesimi e rune,” sibilò caustico. “E ora, fammi il piacere: urla come se ti stessi colpendo davvero, avanti.”

“Portami via, portami da Sonje.” Sigyn scosse la testa che aveva adagiato sul suo petto, cercando le parole giuste per spiegare il suo folle gesto. Non fu certa di averle trovate, ma iniziò lo stesso il discorso. “Nessun’altra deve entrare qui dentro. Questo posto è un abominio. Io dovevo sapere e vedere per raccontare al mondo di fuori cosa succede qui. La famiglia di Theoric prima o poi dovrà adeguarsi alle decisioni degli altri nobili o verrà isolata, tagliata fuori.”

Il nome dell’uomo fece irrigidire l’Ase. “Questo è il discorsetto che ti sei preparata per tuo nonno. Schioccò la frusta e quella si infranse contro la porta con un sibilo violento. Sigyn cacciò un urlo sincero, come le indicò il sopracciglio alzato del marito. “La ragione vera è che ti sei sostituita all’ultima derelitta che doveva finire qui dentro perché ti ha fatto pena e per espiare tu stessa.” Il potere delle parole di Loki stava nel dolore lancinante che sapevano instillare.

Sigyn guardò a terra. “Non perdere tempo con questa recita, fammi uscire.”

“Ti sei sentita una piccola privilegiata e ti è dispiaciuto.” Le diede un bacio rancoroso, disperato, che le ricordò con vivida precisione quelli che si scambiavano negli angoli nascosti del palazzo di Vanheim, quando giocavano a detestarsi; solo che non finì lì. Sigyn soffocò un grido artigliandogli i capelli. Loki delimitava il territorio usurpato. Che altro aspettarsi, dal figlio di pirati e guerrieri, dal gigante di ghiaccio cresciuto dai feroci Asi? Le stava chiedendo perdono in maniera barbara e arrogante, dimostrandole inequivocabilmente, con le sue labbra beffarde, quanto Theoric non significasse niente e non esistesse alcuna macchia, su di lei.

Poggiò la nuca contro la parete. “La porta potrebbe aprirsi,” supplicò.

Nemmeno i baci del dio degli inganni potevano cancellare del tutto ciò che aveva visto in due giorni di permanenza in quel luogo, specie se erano conditi di astio come quelli che le aveva appena scoccato. Era stata picchiata, spogliata dei suoi abiti, offesa. Aveva visto le sue lunghe ciocche bionde di cui era orgogliosa cadere sul pavimento, si era addormentata su un giaciglio di paglia stretta in una tunica ruvida. Tutte cose che non le erano capitate per caso, ma perché, di sua spontanea volontà, aveva deciso di prendere il posto di un’altra ragazza nel folle tentativo di attirare lì Loki. E poi?

“Che succeda. Sono qui per radere al suolo questa cloaca.”

Sigyn aveva chiuso gli occhi, ma poté intuire che l’ingannatore sorrideva feroce, mentre lo diceva, ed ebbe paura. Lo aveva costretto a intervenire; qualsiasi cosa gli fosse capitata, sarebbe stata colpa sua.

“Prima però, tu andrai via da qui. Prenderai il mio aspetto e io il tuo e uscirai dalla porta principale,” spiegò l’Ase spiccio.

“Con la magia? Non posso!”

“Non sei una guerriera, non posso combattere e pensare anche a te!”

 

“Mi hanno visitato! Sono incinta! Non puoi usare la magia!” Sigyn lo disse tutto d’un fiato, con il cuore che le galoppava nel petto. Una mano scese istintivamente a proteggere il ventre piatto. Gli occhi quasi trasparenti di Loki seguirono il gesto. C’era una punta di azzurro, nel suo sguardo. A volte, il verde lasciava spazio a quell’esigua traccia celeste che lasciava intravedere qualcosa della sua anima inquieta, nervosa.

“Tu hai un tempismo orrendo!” Era impallidito perché il dio del caos, per contrappasso, doveva avere ogni cosa sotto controllo, sempre. Di fronte al suo piano che si infrangeva, esplose. “Sarebbe andato tutto perfettamente! Perché lo devo sempre venire a sapere quando rischiamo il collo?” (6)

Lo vide deglutire, capì che stava ragionando sulla possibilità di un simile evento e su come avrebbe potuto gestire la notizia. Strana cosa che era, il seiðr. Una forza letale e perfetta che traeva la sua forza dalle rune e che, alle volte, si ingarbugliava o falliva. Una donna incinta, nelle prime settimane, non avrebbe dovuto subire incantesimi; il feto avrebbe potuto soffrirne, ma Sigyn non avrebbe dovuto essere in quello stato perché i loro incontri erano protetti. Loki si passò una mano tra i capelli per scacciare la tensione. Incontri. Che brutta parola aveva usato. Così avrebbe dovuto chiamarci il sesso consumato in fretta e di nascosto con Sif quand’era ragazzo o la breve relazione intessuta per noia qualche ancella di Frigga. (7)

“E adesso, che facciamo?” domandò Sigyn aggrappandosi al suo braccio.

Loki Laufeyson emise un profondo sospiro. “I miei piani variano di momento in momento. Purtroppo.” Lentamente la porta della stanza iniziò ad aprirsi.

 

 

“Zio Thor, io mi annoio. Facciamo un gioco? Giochiamo al tè delle signore? Io preparo il tè per te e Gatto Thoor e poi chiacchieriamo.” Sonje lo disse tirando il mantello del prode dio del tuono e fissandolo con quei suoi occhioni grigi. Il suo broncio afflitto era la copia identica e sputata di quello che suo fratello, da bambino, sfoggiava di fronte a Odino e a Frigga subito dopo aver compiuto qualche tremenda malefatta. Prima di prendere dimestichezza con bugie e fottuti giochetti retorici, l’arma di Loki era rappresentata proprio dalla sua aria fintamente innocente e dalle guance paffute.

“Sonje, non preferiresti qualcosa di più divertente? Che ne so, potremmo giocare al tiro con l’arco o dei coltelli. Il tuo papà mi ha detto che sei molto brava.” L’attenzione della piccola era stata catturata dalla proposta bellica, ma il riferimento al genitore le provocò un pianto improvviso e straziante. La bambina iniziò a singhiozzare disperata di punto in bianco, perché non vedeva Loki da quattro giorni e si sentiva abbandonata; come se non bastasse, anche la sua mamma era sparita e questa consapevolezza la dilaniava. Il re degli Asi, che si guardava bene dall’accasarsi e dall’avere figli propri, non era abituato alle improvvise tempeste emotive dei bambini: si chinò cercando di calmarla e promettendole le cose più fantasiose finché Freya non si avvicinò scoccandogli uno sguardo infuocato.

“Vieni qui pulcino, adesso zia ti dà un biscotto e gioca con te al tè delle signore,” disse prendendo Sonje dolcemente per mano. La bimba annuì, ancora sconvolta dalle lacrime. La donna si rivolse a Thor. “Non credi che tuo fratello ci stia mettendo decisamente troppo tempo?”

Il dio del tuono lanciò un’occhiata critica agli imponenti torrioni del Tempio. “Se la caverà. Se la cava sempre,” mormorò, ma dentro di sé si diede una scadenza: se entro il tramonto quello stupido idiota non fosse uscito dal portone principale di quel fottuto Tempio, decise, avrebbe spaccato con Mjollnir ogni singolo muro della lugubre costruzione.

 

 

Sigyn incinta. Loki non riusciva a capacitarsene. Quando era successo, come? Una guardia armata gli si lanciò contro, ma l’Ase scartò di lato, riuscì a immobilizzarla e la tramortì con l’elsa del pugnale che aveva dimenticato di consegnare alla Sacerdotessa. Erano riusciti a uscire dalla stanza in cui erano rinchiusi grazie a uno stratagemma semplice, ma d’effetto. Il vecchio Odino soleva dire che i piani lineari erano in assoluto quelli più efficaci: pochi, rapidi passaggi avevano molte maggiori possibilità di riuscita rispetto ad arzigogolate quanto inutili trappole. Loki, che pure del doppiogioco e dell’inganno era il signore, si era sempre trovato d’accordo con questo principio. Nessuna illusione, dunque, sarebbe stato troppo banale. La porta della stanza dove erano rinchiusi si era aperta, e la Sacerdotessa sospettosa si era trovata di fronte la scena di Loki che strattonava Sigyn e le chiedeva il punto preciso dove aveva nascosto l’anello. La scena doveva esserle parsa davvero realistica: la principessa era pallida, spaventata e con gli occhi rossi di pianto, il viso dell’Ase era trasfigurato da un’ira incontenibile che alterava i suoi lineamenti affilati.

“Non hai qualche strumento più sofisticato per farle sputare la verità?”

La Sublime piegò il capo da un lato. “Che intendi?”

Non si fidava del dio dell’inganno, era evidente, ma l’urgenza con cui chiedeva del gioiello, unitamente al fatto che non le avesse tirato alcuno scherzo, le aveva fatto supporre che davvero le sue intenzioni fossero quelle confessate. Leggermente titubante aveva voltato le spalle alla coppia, certa comunque che le guardie che li accompagnavano l’avrebbero protetta. Loki aveva scelto di attaccare alla fine del corridoio.

Aveva sorpreso gli uomini armati in un momento in cui quelli credevano che non avrebbe fatto più nulla. Sigyn si era appiattita lesta contro la parete, mentre Loki sfoderava da uno stivale il pugnale che aveva tenuto con sé. Sei a uno non è buon rapporto, nemmeno se si è un Ase, soprattutto se si deve proteggere anche la propria donna. Far fuori il primo fu un gioco da ragazzi, l’uomo nemmeno se ne accorse, ma con gli altri l’ingannatore mise in atto una vera e propria danza mortale. Era rapido, sfuggente, letale e per nulla intimorito dal fatto che le guardie che difendevano la Sublime fossero armate con lance, spade e asce.

Vedere Loki combattere era uno spettacolo magnifico, terribile, spaventoso. Il corpo di uno degli avversari del marito cadde vicino ai piedi di Sigyn e la donna, rapida, gli tolse dalle mani la spada che stringeva ancora tra le dita, ma nel farlo sentì qualcuno che la afferrava per i capelli biondi ormai corti e le puntava contro la schiena una lama: era la Sublime. La principessa dei Vanir avrebbe voluto graffiarla, colpirla con la spada o fuggire, ma se si fosse mossa la sacerdotessa l’avrebbe trafitta senz’altro.

Sentì la bocca della donna che si avvicinava al suo orecchio. “Userò uno dei pugnali di tuo marito, per uccidervi. Getta la spada.”

Sigyn deglutendo obbedì e il rumore dell’arma che cadeva sul pavimento catturò l’attenzione del dio degli inganni, ma la brevissima distrazione gli fu fatale. I due uomini superstiti gli si gettarono contro, uno lo colpì al fianco, l’altro riuscì a disarmarlo. Loki indietreggiò barcollando, cadde a terra mentre Sigyn gridava. Un calcio sferrato con violenza sulla schiena gli strappò un grido, ma ebbe anche l’effetto di far sì che le sue dita arrivassero a sfiorare l’impugnatura della spada che sua moglie aveva buttato a terra. Sorrise inghiottendo il dolore e, con un gesto repentino, afferrò la lama e la infilò nel corpo di uno dei suoi avversari, tra le giunture dell’armatura.

“Fermo!” La Sacerdotessa Sublime gridò con tutto il fiato che aveva in gola. Ora che i suoi piani sembravano, se non andati letteralmente in fumo, almeno deviati, il suo viso all’apparenza senza età e contratto dall’ira iniziava a mostrare rughe evidenti. “È incinta di tuo figlio. Sarà un maschio,” predisse leccandosi le labbra.

Loki rimase in silenzio. Era ancora a terra e la guardia superstite gli puntava alla gola una lancia.

“Li ucciderò se muoverai anche solo un muscolo. Con uno dei pugnali che tu mi hai consegnato,” minacciò.

 

 

Il dio degli inganni piegò le labbra in una smorfia beffarda, alzò le mani in segno di resa. “Se tu li avessi voluti uccidere, lo avresti già fatto,” osservò. “Invece ti servono vivi, entrambi. Come è evidente hai bisogno della mia presenza. Cos’è, ti servono per ricattare Njord? Oppure c’è qualcosa, qui sotto, nelle fondamenta di questo posto osceno, che tiene prigioniera anche te?”

La Sacerdotessa strinse le labbra come se le parole di Loki avessero davvero colpito nel segno svelando le sue intenzioni.

“Fai attenzione, Sublime Stronza,” proseguì l’Ase. “Non credere di avermi messo con le spalle al muro.”

“Se muoverai un solo un muscolo, se pronuncerai un solo incantesimo,” lo minacciò la donna stringendo i capelli di Sigyn e strappandole un lamento soffocato, “sfregerò per sempre il viso della tua bella sposa.”

 

 

Si raccontavano molte cose, del dio dell’inganno. Strane voci si rincorrevano, da sempre, sulle sue abilità e sulle molte astuzie che aveva architettato per rovesciare imperi, sottomettere popoli, recuperare reliquie che si credevano perdute. Le sue gesta venivano cantate ai banchetti da anni; alcune storie erano divertenti e scanzonate e parlavano delle avventure che aveva vissuto con Thor, l’alleato di una vita, il nemico più amato, l’avversario più temuto. Altre, più oscure, venivano sussurrate di notte, davanti ai falò, quando i bambini già dormivano. Parlavano del seiðr e di certe imprese che non venivano messe in versi dai poeti e su cui nessuno osava ridere. Alcune di quelle storie stavano scivolando nell’oblio perché i Nove Regni, da tempo, erano in pace e il crudele ingannatore sembrava avesse voltato pagina; non si dedicava più a missioni tetre e spaventose, ma aveva sposato una principessa, governava alla luce del sole e aveva messo al mondo una bambina. Solo che il presente non cancella il passato, mai. Lo nasconde, lo occulta, lo dimentica, non di più.

Un risata crudele riempì il corridoio. “Li ho già recitati. Ho evocato rune da quando ci siamo visti,” spiegò Loki Laufeyson.

 

 

Continua…



L’angolo di Shilyss

Ebbene sì, è domenica e ho aggiornato il Ponicorno: suonate, campane! Questa storia doveva essere una raccolta di shot: sta diventando qualcos’altro e, non appena avrò capito cosa, provvederò ad aggiornare gli avvertimenti. Grazie per essere arrivate/i fino a questo punto e avermi dedicato il vostro tempo. Prometto che non farò passare ere bibliche per il prossimo capitolo! Come sempre voglio ringraziare coloro che nello scorso capitolo hanno voluto recensire e tutti i silenti che seguendo, ricordando e preferendo mi hanno testimoniato la loro presenza. Grazie di cuore, davvero. Scrivo per voi.

La Fatina dell’Ispirazione attende fiduciosa di conoscere la vostra opinione e svolazza spargendo glitter sulla mia tastiera già provata dal continuo digitare. Non deludetela o mi toccherà tossire pagliuzze colorate per settimane!

Buona domenica e a martedì/domenica prossima per le nostre prossime, mirabolanti, storie!

Shilyss

La Sublime Str… Sacerdotessa è chiaramente ispirata alla Septa Unella di Games of Thrones. Il “Solo che” a fine frase è una citazione a me stessa in Sposami, Sigyn, mia fic. A proposito di altre mie fic, ho postato recentemente un paio di shot. Le avete già lette?! I miei piani variano di momento in momento è una battuta presa da Thor: Ragnarok.

1 Trattasi di un’anticipazione dei prossimi capitoli.

2 “Kronk, non ne avverti il nero potere?” Ovviamente è una citazione da “Le follie dell’imperatore.”

3 Bere insieme, anche nella Lokasenna (dall’Edda Poetica il testo fondante della mitologia norrena), è indice di comunione per gli Asi.

4 Nel mito, Loki taglia a Sif i capelli dopo essere stato a letto con lei. Successivamente, sarà obbligato a recarsi nella terra dei Nani e degli Elfi per farsi fare una parrucca d’oro.

5 Come quelli di Isabeau in LadyHawke.

6 Come nella mia fic Tutte le tue bugie, che anticipa questa. Ma come, non l’hai ancora letta e/o non mi hai fatto sapere che ne pensi?

7 Le interazioni seiðr/gravidanza sono un’idea mia che non ha alcun appiglio altrove se non in Tutte le tue bugie.


   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: shilyss