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Autore: inzaghina    22/06/2018    18 recensioni
A pochi giorni dal fatidico 2 maggio 1998 Harry, Ron, Hermione e Ginny s'interrogano su quale sia il modo giusto per ricominciare a vivere, lasciandosi alle spalle i brutti ricordi, ma senza dimenticare le persone che si sono sacrificate per un mondo migliore. Al contempo, George dovrà affrontare per la prima volta un mondo senza il suo gemello, ritrovando la capacità di ridere; Percy dimostrerà che ha sbagliato e, con l’aiuto di una ragazza che lo capisce davvero, ricucirà il rapporto con i suoi familiari; Bill e Fleur cementeranno la loro unione e un ritorno inaspettato ridarà speranza al gruppo.
Uno sguardo sul periodo post-bellico e sulle difficoltà affrontate da tutti loro, e dai loro cari, per ritornare veramente a vivere, preoccupandosi solo del proprio futuro, dell'amicizia che li lega e degli amori che potranno finalmente godersi con serenità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, George Weasley, Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna), Il trio protagonista | Coppie: Angelina/George, Audrey/Percy, Bill/Fleur, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is bigger than anything in its way'
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Capitolo 2 – Truth hurts

 
“The truth hurts because it's real.
It hurts because it mattered.
And that's an important thing
to acknowledge to yourself.
But that doesn’t mean that it won’t end,
It won’t get better. Because it will.”
John Green
 
 “Vorrei sapere se anche noi siamo fatti l’una per l’altro,” le sussurrò all'orecchio, “perché a me piace pensare che sia così e vorrei sapere che cosa ne pensi tu invece.”

 
Ron osservò la sua migliore amica spalancare gli occhi, prendere un profondo respiro e rimanere esattamente immobile.
Per un fugace momento si chiese se potesse ancora considerarla semplicemente la sua migliore amica, prima di rendersi conto che era piuttosto futile concentrarsi su un simile dettaglio in quel preciso istante.
“Hermione Granger è rimasta senza parole?” chiese poi, non avendo idea di dove stesse trovando il coraggio di parlare, assumendo per di più un tono vagamente canzonatorio.
La ragazza gli riservò un sorriso, prima di mormorare poche parole concise, “vorrei tanto sapere che cosa hai da dirmi tu, Ronald Weasley”
“Oltre al fatto che credo che io e te siamo fatti l’una per l’altro?”
Hermione annuì, non reputandosi in grado di parlare.
“Credo di aver sempre mentito a me stesso,” cominciò a spiegarle, prendendo una delle sue mani nella mano destra e cominciando a giocherellare con i fili d’erba con la sinistra. “Quando all'inizio del primo anno ti chiamavo insopportabile so-tutto-io era perché mi avevi già stregato, con quella tua smania di sapere, quella volontà di imparare tutto ciò che per me era normale vita di ogni giorno e per te era una novità, quella necessità di avere sempre l’ultima parola, fregandotene dell’opinione altrui, insieme a quel desiderio di inserirti e farti degli amici perché, probabilmente, non ti eri mai veramente trovata bene nelle scuole babbane…”
Il ragazzo si bloccò improvvisamente, notando una lacrima scorrere veloce lungo la guancia della ragazza. “Sono il solito insensibile, Hermione… scusami,” le sussurrò.
Lei si affrettò a scuotere la testa. “Hai colto nel segno, Ron,” spiegò, riuscendo a sorridergli, “non mi sono mai trovata a mio agio tra i babbani, è stato solo con l’arrivo della professoressa McGranitt che ha spiegato a me e ai miei genitori la verità sulla mia natura tutto ha cominciato ad acquistare un senso.”
Ron ricambiò il sorriso, prendendo un respiro prima di continuare, “negli anni le nostre litigate epiche erano solo un modo per non ammettere con me stesso quanto, in realtà, io ti trovassi attraente e quanto fossi affascinato da te, senza contare che le emozioni che provavo erano totalmente incomprensibili. Eri l’unica in grado di farmi, al tempo stesso, infuriare ed accendermi in quel modo, riuscendo a scatenare reazioni mai provate prima, che mi destabilizzavano,” ammise, smettendo di strappare fili d’erba e passandosi la mano tra i ciuffi disordinati.
“Non hai idea di quanto avessi lottato per provare a trovare il coraggio di chiederti di venire con me al Ballo del Ceppo,” sussurrò, dopo una breve pausa, “ma ero terrorizzato all'idea che avresti potuto dirmi di no.”
“Davvero?” Hermione spalancò la bocca, sbalordita.
“Sempre quel tono sorpreso,” ribatté, nervosamente, lui.
“Beh, sappi che ho atteso per giorni che me lo chiedessi,” ammise infine.
“Avresti potuto fare tu il primo passo…” bofonchiò Ron.
“Molto romantico, devo dire,” lo rimbeccò Hermione, inarcando un sopracciglio.
“Non credevo che anche tu ti perdessi in simili smancerie, non sei forse fiera sostenitrice dell’uguaglianza tra i sessi?”
“Certo che lo sono,” si affrettò a precisare concitata la ragazza, punta sul vivo, “ma in fondo, molto in fondo nel mio caso, ogni ragazza apprezza il romanticismo, Ron.”
“L’ho capito troppo tardi,” confessò lui, torturandosi i capelli, con un’espressione indecifrabile sul viso.
“Dimmi solo che non è troppo tardi per noi due,” aggiunse poi, tracciando il contorno del viso della ragazza con il suo indice.
Hermione non riuscì ad impedire che i suoi occhi diventassero lucidi, cogliendo una sfumatura quasi disperata nel tono del ragazzo.
“Ma certo che non è troppo tardi, Ron,” gli confermò. “Hai qualche anno di ritardo, in effetti, ma l’ho sempre immaginato che ci avresti messo un po’ ad ammetterlo,”
“Stai forse dicendo che sono testardo?” le chiese, tentando invano di non sorridere.
“Vorresti farmi credere il contrario?!” lo stuzzicò Hermione.
Ron scosse velocemente la testa. “Credo che la testardaggine sia una caratteristica che ci accomuna,” ammise, osservando un sorriso farsi strada sul volto di Hermione e lasciando che la sua mano sinistra si perdesse tra i suoi ricci ribelli. In risposta a quel contatto, la ragazza si avvicinò, ritrovandosi a scrutare gli occhi cerulei di Ron, che aveva imparato a conoscere così bene negli ultimi sette anni. In quel momento riflettevano il cielo terso che li circondava e le davano un senso di pace che non aveva più provato negli ultimi mesi della sua vita. Per lo meno non da quando era stata tra le sue braccia, in quello stesso posto, ballando al matrimonio di Bill e Fleur. Quasi senza che se ne rendessero conto, la distanza tra i loro visi si ridusse, portando i loro nasi a sfiorarsi ed entrambi si ritrovarono a trattenere il respiro.
“Non così in fretta…” mormorò Ron, posando l’indice sulle labbra della ragazza.
Hermione assunse un’espressione indispettita, che Ronald trovava assolutamente adorabile. “Mi pare di ricordare di aver fatto il primo passo ed averti detto quello che provo per te, quindi mi sembra giusto che tu faccia lo stesso,” concluse, regalandole il suo tipico sorriso.
Lei annuì, sorprendendosi ancora una volta della fermezza e del coraggio che Ron stava dimostrando. Quel che è giusto è giusto.”
I loro sguardi s’incontrarono nuovamente, spingendo Hermione a parlare.
“Non so dirti esattamente quando mi sono accorta di provare qualcosa per te,” sussurrò, spingendosi un ciuffo ribelle dietro all'orecchio, “forse al terzo anno, quando litigavamo per via di Grattastinchi, oppure addirittura al secondo quando mi hai difeso da Malfoy che mi aveva chiamato Sanguemarcio...”
Al sentir nominare l’odiato Serpeverde, per un attimo Ron si distrasse, di riflesso la sua mano sinistra si chiuse a pugno, ma il ragazzo decise di non perdere tempo pensando a Malfoy e di concentrarsi invece sulle parole di Hermione.
“Ora del quarto anno ero conscia che tu mi piacessi e pensavo che tu mi ricambiassi…” la voce di Hermione scemò e Ron si sentì un perfetto idiota, rendendosi conto di quanto fosse riuscito a farla soffrire.
“Mione, io…”
Questa volta fu l’indice di lei a posarsi sulle labbra di Ron. “Fammi finire,” lo pregò e il ragazzo si affrettò ad annuire.
“Accettai l’invito di Krum, perché pensavo di essermi sbagliata e che comunque valesse la pena di passare una serata spensierata, ma dopo la tua sfuriata al ballo, mi fu chiaro che eri geloso ed ero piuttosto confusa. Quando al quinto anno fummo entrambi nominati Prefetti, credevo davvero che passando più tempo insieme, noi due soli, forse le cose si sarebbero smosse e invece, con tutto quello che è successo non abbiamo avuto tempo per pensare all’amore…” sussurrò la ragazza, ritrovandosi anche lei a giocare con i fili d’erba ed abbassando lo sguardo sulle loro dita ancora intrecciate.
“Al sesto anno sapevo di amarti e mi era sembrato che ti stessi mandando tutti i segnali giusti, ma tu invece non mi hai nemmeno dato l’occasione di portarti come mio ospite da Lumacorno, te la sei presa per la storia di Krum e ti sei messo a pomiciare con Lavanda in sala comune, spezzandomi il cuore,”
“Sono stato un cretino insensibile,” disse lui. “Spero che potrai perdonarmi.”
“L’ho già fatto,” lo rassicurò lei. “Sono convinta che tutto accada per una ragione, quindi tu dovevi stare con Lavanda per accorgerti che non era lei che volevi.”
“Sapevo benissimo che non era lei che volevo anche prima di iniziare ad uscirci,” sussurrò lui con le orecchie in fiamme e lo sguardo piantato sulle loro mani.
“Guardami, Ron,” gli ordinò la ragazza, dopo che il silenzio si fu protratto più del dovuto.
Sollevò lo sguardo su di lei, il sentimento di colpa evidente nei suoi occhi. “Quello che posso fare è prometterti che, da oggi in poi, potrai sempre contare su di me e che non ti abbandonerò mai, come ho fatto per colpa di quello stupido medaglione, ma soprattutto che non ti farò mai più soffrire volontariamente come ho fatto mostrandomi in giro con Lavanda, senza curarmi dei tuoi sentimenti,” le disse con voce rotta dall'emozione. “Anzi, mi impegnerò per essere la costante della tua vita e la persona a cui potrai raccontare i tuoi dubbi, i tuoi sogni, le tue speranze e le tue paure… spero davvero di non deluderti mai, anche se so che i miei precedenti non sono un biglietto da visita credibile.”
Hermione non riuscì a impedire a nuove lacrime di scorrerle lungo le guance. “Chi sei tu e che ne hai fatto di Ron Weasley?” gli sussurrò a metà tra il divertito e l’emozionato.
“Anni della tua vicinanza mi hanno finalmente contagiato,” ribatté, assumendo lo stesso tono di lei.
Hermione rise di cuore e, incurante delle lacrime che non avevano ancora smesso di scendere, si avvicinò a Ron, fino a poggiare la fronte sulla sua, chiudendo gli occhi ed inspirando profondamente.
“Sarebbe abbastanza romantico se ci baciassimo adesso?” chiese il rosso, spingendole con delicatezza un ciuffo ribelle dietro alle orecchie.
“Assolutamente sì,” sussurrò Hermione, mentre il battito del suo cuore accelerava sensibilmente.
Ron posò immediatamente le proprie labbra su quelle morbide di lei, tornando con la mente al loro primo impetuoso bacio nella scuola scozzese. Sperò che questo secondo sarebbe stato all'altezza del primo, ma si rese ben presto conto che, visti e considerati i sentimenti che si erano appena dichiarati, il bacio sarebbe stato di gran lunga migliore.
Gli attimi passarono veloci, susseguendosi in una serie di baci, prima timidi e vagamente impacciati, poi sempre più sicuri e passionali.
 
Si concesse un sorriso, prima di approfondire il bacio, infilando con forza la lingua tra le labbra di lei, che sospirò appagata mentre il ragazzo esplorava ogni centimetro della sua bocca. La mano sinistra di Ron risalì la schiena di Hermione, infilandosi nuovamente tra i suoi capelli, per avvicinare ancora di più a sé la ragazza. Per non essere da meno, Hermione si aggrappò alle sue spalle, stringendosi a lui e lasciando libera la mano destra del ragazzo, che la posò sulla sua bassa schiena. Ron liberò le labbra di Hermione, riprendendo fiato, posando la fronte su quella di lei e riaprendo gli occhi per osservarla. Gli occhi avevano una luce nuova, le guance erano più colorite di quanto non fossero state negli ultimi giorni e le labbra erano turgide per i baci che avevano appena finito di scambiarsi. Anche la ragazza si prese qualche attimo per guardarlo, attratta magneticamente dagli occhi solitamente azzurro cielo, che in quel momento erano scuriti dal desiderio. Ron posò un tenero bacio sulle labbra della ragazza, prima di prenderle la mano e di portarla sul suo petto e posarla all'altezza del suo cuore.
“Batte per te da sette anni ormai,” le confessò, “direi fin da quando mi hai insegnato a pronunciare Wingardium Leviosa,” aggiunse, sorridendole.
Anche la ragazza sorrise al ricordo di quella lezione. “Mi hai salvato la vita con quell'incantesimo.”
“E tu l’hai salvata a me innumerevoli volte,” dichiarò il rosso, prendendo un lungo respiro.
Prima che Hermione potesse chiedergli se qualcosa non andasse, Ron aveva ripreso a parlare, “mi faresti l’uomo più felice della Terra se decidessi di diventare ufficialmente la mia ragazza.”
Lei scosse la testa, trattenendo a stento una risatina, “in fondo sono solo quattro anni che aspetto che tu mi inviti ufficialmente ad uscire,” bofonchiò.
“È un sì?” chiese titubante Ron, mentre le orecchie gli andavano a fuoco.
“Certo che sì!” ribatté lei, baciandolo con un’intensità nuova e facendogli perdere l’equilibrio, spedendolo sdraiato sotto di lei. Ron rimase leggermente sbalordito dalla reazione, ma ci si abituò presto e baciò la ragazza con trasporto, risalendole le braccia, per poi accarezzarle la schiena, abbracciandola stretta e cercando di comunicarle con quel bacio quanto lo stesse facendo felice.
 
“Hem – hem” una preoccupante imitazione di Dolores Umbridge li riscosse dal turbine di passione in cui i due Prefetti erano precipitati. Due sguardi delusi e decisamente eccitati si sollevarono su due estremamente divertiti Harry e Ginny, che si tenevano per mano e ridacchiavano senza ritegno.
“Che vuoi?” chiese con malagrazia Ron, rivolgendosi alla sorella.
“Pensavo che non fossi favorevole a questa dimostrazioni d’affetto pubbliche,” lo rimbeccò la ragazza, sogghignando.
Prima che Ron potesse ribattere, Hermione gli strinse la mano, costringendolo ad alzarsi con lui.
“Volevamo solo sapere se volevate venire con noi a trovare Luna,” disse Harry, osservando raggiante quei due testoni dei suoi migliori amici, che parevano aver finalmente trovato il coraggio di dichiararsi.
“Si, ho proprio voglia di vedere come sta Luna.”
“Speriamo che suo padre non ci sia,” borbottò Ron, prendendo la mano sinistra di Hermione e lasciando che le loro dita si intrecciassero.
Harry soffocò un nuovo risolino ed i quattro si avviarono per il breve tragitto che li separava da Casa Lovegood.
 
***

Qualche vandalo doveva aver approfittato del caos che aveva seguito la Battaglia di Hogwarts. Le strade di Diagon Alley infatti, non erano ancora ritornate all'antico splendore e al rumoroso vociare che le caratterizzava.
George e i fratelli si fermarono fuori dal negozio, per pulire i muri imbrattati e sistemare le vetrine incrinate e sporche, lasciando che fossero i genitori a precederli all'interno.
 
Il negozio sapeva di chiuso: Molly era pronta a questo.
Contemporaneamente sembrava che il tempo si fosse fermato. E questo era invece qualcosa per cui non sarebbe mai potuta essere pronta.
Fred era ovunque tra quelle quattro mura.
Rivedeva il suo sorriso orgoglioso, il giorno dell’inaugurazione. Lo ricordava intento ad illustrare i nuovi prodotti agli avventori del negozio. Lo sentiva mentre rideva e diceva a Ron che non avrebbe avuto alcun trattamento di favore in quanto suo fratello. Una semplice occhiata ad Arthur, e Molly fu consapevole che anche il marito stava provando la stessa fitta di dolore sordo al petto.
L’uomo le posò, protettivamente, un braccio sulle spalle. “Sarà sempre con noi,” le sussurrò, prima di baciarla sulla tempia.
“Lo so, Arthur… e so anche che così tante famiglie sono state distrutte irreparabilmente” sussurrò lei. “Guarda la povera Andromeda Tonks, sola con il piccolo Teddy… eppure non posso non pensare a quanto fossimo vicini a concludere la battaglia tutti illesi.”
Arthur si limitò ad annuire, immaginandosi quanto dovesse essere dura per Andromeda, ma pensando che fosse proprio in quel neonato dai capelli variopinti che trovava la sua incredibile forza. “Siamo stati piuttosto fortunati: Fred non c’è più, ma i suoi sei fratelli sono più uniti che mai, inoltre abbiamo guadagnato una splendida nuora, oltre a Harry ed Hermione,” le disse, con un sorriso un po’ meno allegro del solito.
“Quello che dobbiamo fare è stare vicino ai nostri ragazzi,” continuò il marito con la sua proverbiale pacatezza. “Non possiamo permettere che nessuno di loro si chiuda in sé stesso, soprattutto George.”
“Ma certo,” rispose Molly, osservando assente lo strato di polvere sugli scaffali.
“Lo stesso deve valere per noi, tesoro,” aggiunse Arthur, “so che stiamo soffrendo entrambi per la perdita di Fred, ma promettimi che me lo dirai se dovesse diventare troppo insostenibile per te.”
“Oh, Arthur,” sospirò la donna, abbracciandolo forte, “non potrei farcela senza di te,” gli sussurrò, mentre tre lui la stringeva.
“Insieme siamo più forti,” le rammentò.
 
Qualche minuto dopo, i ragazzi fecero il loro ingresso piuttosto rumorosamente.
“Tutto a posto fuori?” chiese loro Arthur.
“Nulla che qualche incantesimo basilare non potesse sistemare,” lo rassicurò Charlie.
“In cosa possiamo aiutarti, George?” chiese Percy.
Il fratello però non rispose, troppo toccato dall'assenza del gemello e, al tempo stesso, dalla presenza del suo fratello maggiore tra quelle quattro mura.
“Fred avrebbe adorato farti fare il tour del negozio,” disse, talmente a bassa voce che gli altri lo sentirono solo perché erano in religioso silenzio.
Percy non sapeva cosa rispondere, non poteva esistere la cosa giusta da dirgli.
“Io…” s’interruppe, sollevando lo sguardo addolorato sui genitori, per poi soffermarsi sul fratello minore.
“È solamente un dato di fatto, Perce,” continuò George, cercando di tenere un tono il più neutro possibile. “Non hai mai visto il negozio prima d’ora e sarebbe stato sicuramente meglio che tu lo vedessi anche in compagnia di Fred.”
“Ho perso così tanto tempo, per colpa del mio stupido orgoglio,” ribatté l’altro, abbassando lo sguardo e concentrandosi sui suoi piedi.
Molly stava per intervenire, ma Arthur la fermò, sapendo che doveva essere George a rispondere.
“L’importante è che tu sia qui ora,” disse il ragazzo, avvicinandosi al fratello.
Percy sollevò nuovamente lo sguardo su di lui.
Occhi azzurri lucidi incontrarono occhi castani altrettanto lucidi, prima che i due fratelli si abbracciassero.
Le lacrime cominciarono a scorrere silenziose sul volto di Molly, che osservava i figli, pensando che, forse, tutto si sarebbe potuto sistemare dopotutto.
 
“Siamo pronti per sistemare?” chiese Charlie, dopo che i fratelli si furono separati.
George assentì, guardandosi intorno, “dovremmo anche ripulire gli scaffali se voglio pensare di riaprire i battenti.”
“A quello posso pensarci io, tesoro,” gli rispose la madre. “Dubito che i vostri incantesimi domestici siano migliorati...”
I tre fratelli si scambiarono un mezzo sorriso, prima di scuotere la testa.
“Allora dividiamoci i compiti, tu e papà potreste pulire gli scaffali e ridisporre la merce che vi è già, facendoci sapere se mancano dei prodotti… noi invece andremo nel retro a valutare la situazione,” propose George, calandosi nei panni dell’abile negoziante che era diventato.
Tutti annuirono e si misero all'opera, grati di potersi rendere utili.
C’era molto da fare, visto che il negozio era abbandonato da alcune settimane, e Molly era decisamente sollevata di poter fare qualcosa di concreto per il figlio che più di tutti stava soffrendo.
Nel retro i ragazzi svuotarono le scaffalature, per prepararsi a ridisporre tutto in modo più ordinato, in modo da capire che cosa mancasse. Per alcuni minuti lavorarono silenziosamente, rivolgendosi la parola solo quando strettamente necessario. Charlie, abituato al lavoro fisico, era sicuramente più utile di Percy in quel frangente, così George disse all'altro fratello di andare a vedere cosa ci fosse nella zona intorno alla scrivania. Percy valutò che potesse essere utile riordinare la documentazione, aprendo il primo cassetto trovò la contabilità del negozio, aggiornata al mese di marzo, nel secondo c’erano invece i dettagli degli ordinativi via gufo.
Fu nel terzo che trovò qualcosa che non avrebbe dovuto sorprenderlo, ma lo fece. Una serie di pergamene era tenuta insieme da un nastro viola e, sulla prima di esse, nella calligrafia un po’ disordinata di Fred c’era scritto Nuove potenziali idee. Percy non resistette e lo aprì, trovandovi parole scarabocchiate e schizzi, che dovevano essere opera di George, che era il più artistico dei gemelli. Il ragazzo occhialuto si perse per qualche minuto a leggere le idee che i fratelli stavano pensando di commerciare, prima di raggiungere i due fratelli intenti a riporre i prodotti sugli scaffali prima di contarli.
“Non credevo che lo avrei trovato qui…” mormorò, passando il fascio di fogli a George, che lo riconobbe subito e con un sorriso nostalgico tornò agli albori della loro avventura e a chi era stato a permettergli di iniziarla.
 
“Prendetelo voi, e andate avanti con le vostre invenzioni. È per il negozio di scherzi.”
    “È pazzo,” disse Fred, con sgomento. 
    “Sentite,” disse Harry con fermezza. “Se non lo prendete voi, lo butto in un tombino. Non lo voglio e non mi serve. Ma un po’ di risate mi farebbero bene. Un po’ di risate farebbero bene a tutti. Ho la sensazione che ben presto ne avremo bisogno più del solito”
    “Harry,” disse George debolmente, soppesando il sacchetto con il denaro, “ci devono essere un migliaio di galeoni qui dentro.” 
    “Sì,” disse Harry, con un gran sorriso. “Pensa quante Crostatine Canarine fanno.” 
    I gemelli lo fissarono stupefatti. 
    “Solo una cosa, non dite a vostra madre dove li avete presi… anche se può darsi che non abbia più tanta voglia di farvi entrare al Ministero, adesso che ci penso…” 
    “Harry,” esordì Fred, ma Harry estrasse la bacchetta. 
    “Senti,” disse in tono deciso, “prendilo, o ti sparo un incantesimo. Adesso ne so di belli. Fatemi solo un favore, ok? Comprate a Ron un abito da sera, e ditegli che è un regalo da parte vostra.” ¹
 
Come in quell'estate di tre anni prima, George si trovò d’accordo con Harry nel pensare che ci fosse decisamente bisogno di un po’ di risate.
“Se vi confesso un segreto, mi promettete che non lo direte a mamma,” disse, dopo aver riguardato gli ultimi appunti del fratello, promettendogli che tutte le sue idee avrebbero visto la luce.
“Certo!” gli disse Charlie, mentre Percy annuiva titubante.
“I soldi per iniziare ce li diede Harry,” spiegò loro. “Erano quelli della vincita del Torneo Tremaghi...”
“Wow,” proruppe Percy, decisamente sbalordito, ma se si fermava a riflettere non avrebbe dovuto essere stupito.
“Tipico di Harry, direi,” commentò invece Charlie.
“E perché non vuoi che lo diciamo a mamma?” s’informò Percy, mentre Charlie levitava alcuni prodotti, facendoli infilare ordinatamente negli scaffali.
“Era Harry a non volerlo, sapete quanto può essere spaventosa mamma quando vuole,” rispose George. “Ripensandoci ora, può darsi che non gli interessi più, ma vorrei sincerarmene con lui...”
I due fratelli si scambiarono un’occhiata eloquente, prima di scoppiare in una risata fragorosa.
“Sono davvero felice che siate qui con me.”
“Dobbiamo stare uniti,” rispose subito Charlie.
“Vi prometto che non vi abbandonerò più, mi farò perdonare per essere stato il più grande e pomposo idiota del mondo.”
Non ci fu bisogno di alcuna risposta, i suoi fratelli capivano. I tre si rimisero quindi a lavorare, intervallando i minuti di silenzio con ricordi legati a Fred.
 
***
 

La luce del tramonto illuminava la Tana donandole un aspetto sereno, quando i cinque Weasley, distrutti ma soddisfatti, riemersero dalle fiamme del camino, trovando la tavola già imbandita.
“Bentornati,” disse loro Fleur, apostata di fronte al forno, una bandana celeste le teneva indietro i capelli, “la scena è quasi pronta.”
“Che tesoro,” disse Molly, notando che la casa sembrava essere stata pulita a fondo. “Non avresti dovuto pulire tutto quanto,” aggiunse poi.
“Oh, non è nionte,” rispose la bionda.
“Ci ha fatti lavorare tutti,” sorrise Bill, baciandola tra i capelli.
“Sei riuscita a convincere perfino Ron?” si stupì Percy.
“Oh, credimi fratellino… Fleur ha i suoi modi infallibili,” ribatté Bill, sogghignando.
La francese annuì, sorridendo al marito, “i ragazzi dovrebbero aver liberato i bogni, perché non sali a relassarti un peu?”
“Grazie davvero, cara,” disse Molly, sfiorando la spalla della nuora e avviandosi al piano superiore.
“Grazie,” aggiunse Arthur, sorridendo grato al primogenito ed alla ragazza.
“Non è nionte,” disse risoluta la giovane. “Siamo una famiglia.”
“Dove sono gli altri?” chiese George, accomodandosi sulla poltrona sfondata vicino al divano.
“Sono ondati a lavarsi.”
“Dovrebbero scendere tra poco, perché hanno invitato Neville e Luna per cena.”
“Oh bene,” Arthur sorrise, aveva sempre accolto con gioia gli amici dei figli in casa.
 
Dopo che i due invitati furono arrivati, mentre tutti stavano per sedersi a tavola, un fermo bussare alla porta riscosse i presenti.
“Chi sarà?”
Arthur si voltò verso la moglie, scrollando le spalle, mentre Charlie si avviava ad aprire, trovandosi davanti il Neoministro Shacklebolt in persona.
“Oh, scusate! Non avevo realizzato che fosse ora di cena,” disse, rammaricato.
“Ma figurati!” ribatté Molly. “Aggiungi un posto a tavola, Bill… chissà da quando non mangi.”
Kingsley aprì bocca per dire alla donna di non preoccuparsi, ma Arthur lo bloccò. “Sai benissimo che non demorderà,” gli disse, indicandogli il posto accanto al suo.
“Allora vi ringrazio,” disse l’uomo, osservando sorridente tutti i presenti, decidendo che avrebbe aspettato di finire la cena prima di affrontare il discorso che era andato a fare con Harry e i suoi amici.

 
¹Citazione tratta da “Harry Potter e il calice di fuoco”.



Nota dell’autrice:
Rieccomi qui con il secondo capitolo di questa storia. Ci siamo addentrati ancor di più nelle dinamiche della famiglia Weasley, ovviamente alle prese con la perdita di Fred.
Ho preferito concentrarmi su Ron ed Hermione, che avevo lasciato un po’ in sospeso nello scorso capitolo. Era ora che i due ammettessero finalmente ciò che provano l’uno per l’altra, mettendo tutte le carte in tavola ed ammettendo gli errori del passato. Vorrei chiarire che non credo che sia tutta colpa di Ron, ma lui è stato veramente un inconsapevole testardo nei confronti della riccia. Avrà occasione di dimostrarle quanto la ama.
George comincia il suo processo di guarigione, anche se non potrà mai davvero riprendersi da questa brutta botta, l’affetto della famiglia sarà assolutamente necessario.
Nel prossimo capitolo vedremo cosa Kingsley sia venuto a dire ai ragazzi, anche se già lo dovreste sapere, oltre che affrontare un problema di Hermione, che avrà un aiuto un po’ inaspettato.
Colgo l’occasione di ringraziare chi mi ha lasciato una recensione, chi ha aggiunto la storia tra le seguite, le preferite e le ricordate e tutti i lettori silenziosi.
Ci aggiorniamo presto.
Francy



 
 
   
 
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