Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Feisty Pants    22/06/2018    2 recensioni
Un normale liceo italiano caratterizzato dalla vita energica di tantissimi adolescenti. L'arrivo di una nuova studentessa Judy Hopps, alunna geniale con una particolare dote investigativa, migliorerà la vita di Anna, Elsa, Kristoff, Jack, Hiccup, Merida, Rapunzel e Flynn. L'amicizia aiuterà Judy ad aprirsi e a dimenticare i traumi del passato...ma lei non sa che tutti i suoi amici sono in pericolo...per colpa sua.
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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XIII
BIANCO
 
 “Rapunzel, le abbiamo diagnosticato uno pneumotorace destro” disse il medico del pronto soccorso con in mano le carte della radiografia appena fatta della ragazza.

“Cioè?! Cos’ha mia figlia?” chiese la madre tenendo stretta la mano della ragazza.

“Guardi” iniziò lui mostrando, sul monitor del computer, la lastra dei raggi.

Si vedeva bene la gabbia toracica della ragazza. Da una parte si notava una massa bianca completamente a contatto con le costole dall’altra, invece, la stessa massa bianca assumeva la grandezza di una noce ed era circondata da una macchia nera.

“Le masse bianche sono i polmoni. Il polmone sinistro è al suo posto mentre, quello destro, è completamente collassato. E’ come se uno spillo avesse bucato un palloncino. Il tuo polmone si è bucato e ora è compresso dall’aria, la parte nera. L’aria che respiri, non entrando più al posto giusto ossia nel polmone, finisce per occuparti la gabbia toracica e farti male.” Spiegò lui togliendosi gli occhiali e cercando di non spaventare la ragazza.

“Cosa deve fare? Come può fare a guarire?” domandò la madre sconvolta.

“Dobbiamo intervenire subito. Ora verrà portata in sala operatoria e trasferita nel reparto di pneumologia dove verrà trattata. Vado a chiamare l’infermiera che le farà un prelievo e attaccherà tutto l’occorrente per le flebo.” Disse il dottore lasciando lo studio.

Rapunzel era rimasta ferma. Immobile. Si sentiva scoppiare. Per un attimo il dolore non la toccò di striscio perché il problema si trovava nella sua testa.

Il cuore le batteva all’impazzata, sentiva freddo e caldo insieme ma, soprattutto, era confusa perché si trovava dinanzi una situazione che non dipendeva da lei.

 Per Rapunzel quella non era la sua prima operazione perché, all’età di 11 anni, aveva subìto un intervento chirurgico alla testa del quale ricordava non il male, ma l’ospedale, la paura, il luogo, le flebo…tutte cose che la terrorizzavano.

Ora avrebbe dovuto rivivere tutto ancora una volta e non sapeva con quale entità. Dentro di lei si faceva largo una sensazione che conosceva bene: un misto di rabbia e di coraggio.

 Di fronte a queste situazioni, il corpo si trasforma subito in un guerriero e si sente invincibile. Se si sopprime questo sentimento è impossibile pensare di poter superare una situazione tragica.

“Amore, va tutto bene. Vedrai che finirà presto” confortò la madre accarezzandole il viso.

 Rapunzel, però, continuava a tenere lo sguardo vuoto puntato per terra. Quelle parole della madre la toccarono e così, non curandosi del luogo, diede inizio a uno sfogo di pianto. La madre l’abbracciò stretta a sé cercando di non piangere ulteriormente.

“Oh tesoro che succede?!” domandarono l’infermiera e il dottore una volta rientrati in studio con tutto l’occorrente per il prelievo.

“Non è niente. Non preoccupatevi è che speravo di non tornare più qui” pianse la ragazza cercando di farsi vedere forte.

“Piangi quanto vuoi cara. E’ giusto così. Io voglio solo dirti che non devi preoccuparti di niente. Qui sono tutti professionisti e risolveranno il problema.” Confortò il medico accarezzando il braccio della giovane.

Nel frattempo l’infermiera aveva scoperto il braccio sinistro della ragazza, l’aveva tamponato con un detergente e, una volta trovata la vena, bucò con l’ago farfalla per le flebo. Rapunzel conosceva bene quella sensazione e, per affrontarla, aveva ormai imparato a seguire un rituale.
Non era un procedimento doloroso ma le faceva impressione, motivo per cui chiudeva sempre gli occhi e cercava di stritolare con la mano ciò che le capitava in tiro. Le sue braccia erano piene di cicatrici per colpa delle flebo ed ora ne avrebbe aggiunta una alla collezione.

Una volta applicata la flebo Rapunzel si guardò e osservò. Il suo braccio aveva ora incorporato un tubicino che le avrebbe fatto compagnia per alcuni giorni.

 Quando aveva 11 anni le era stata applicata una farfalla rosa mentre, adesso, ne aveva una blu, in tinta con il braccialetto: gli unici due elementi di colore in quel posto così spoglio, triste e bianco.

Rapunzel rifiutò la sedia a rotelle e seguì un’infermiera che l’avrebbe condotta nel reparto.

 Lei odiava le sedie a rotelle, la facevano sentire debole e, in quel momento, non doveva esserlo.

Una volta arrivata in reparto attese il chirurgo analizzando per bene il luogo nel quale avrebbe dovuto vivere per un po’ di tempo.

Davanti a sé c’era un lungo corridoio dalle pareti bianche e il pavimento grigio che aveva diverse ramificazioni. La prima porta a destra portava ad un altro corridoio che indicava le stanze, la seconda era uno studio per i dottori e la terza indicava la sala operatoria del reparto.

 Il tutto era condito da un suono che continuava a rimbombarle nelle orecchie: un bip rimarcato a pulsazioni regolari.

Alzando il volto Rapunzel notò un monitor con indicato un nome e cognome e capì che quel suono rappresentava il battito cardiaco di una persona in terapia intensiva.

“Rapunzel, vieni pure” chiamò un signore alto vestito di bianco.

La ragazza si accomodò, insieme alla madre e al padre, nello studio del primario che iniziò a spiegarle la procedura.

“Come sai hai uno pneumotorace. Ora ti spiego cosa accadrà. Ti faremo un’anestesia locale sotto l’ascella in prossimità della gabbia toracica e ti inseriremo un drenaggio, ossia un tubicino che assorbirà l’aria da te persa spostandola in una bottiglia piena d’acqua a lui collegata. Dovrai tenerlo per cinque giorni e verrai monitorata tramite altre radiografie. Vediamo come risponderai al tutto. Se il polmone tornerà alla sua posizione ottimale senza altri interventi allora potremo dimetterti. Ora verrai preparata da una collega e attenderai il nostro arrivo in sala operatoria.” Spiegò lui facendo uscire Rapunzel e rimanendo nello studio con i genitori.

Rapunzel entrò in uno spogliatoio dove tolse tutti i suoi indumenti rimanendo solo in mutande.

 Le avevano detto, infatti, che avrebbe dovuto indossare una sorta di vestaglia per quei giorni perché il drenaggio era abbastanza fastidioso e serviva un abbigliamento comodo.

Si guardò allo specchio e scrutò il proprio corpo.

Dopo quel giorno l’avrebbe visto cambiare.

 Le avevano detto che avrebbe perso molti chili e le sarebbe rimasta una cicatrice per il resto della vita.
All’apparenza era sempre la stessa.

 Il viso dai lineamenti dolci, il corpo magro senza imperfezioni, le braccia forti che le permettevano di abbracciare la sua amata chitarra, i capelli biondi ora raccolti in un cucù e soffocati da una cuffia azzurra, ma dentro di sé qualcosa la divorava.

Aveva un polmone rotto, distrutto per chissà quale motivo.

Era questo che la faceva arrabbiare e preoccupare: nessuno le aveva ancora detto la causa di questo male.

Si sedette sul lettino e, mentre aspettava, fece un colpo di telefono ad Anna.

“Tesoro, che succede?! Non ci hanno ancora detto nulla!” disse la cugina rispondendo immediatamente.

“Mamma e papà stanno parlando con i medici. Non possono più entrare loro” rispose lei con voce roca.

“Sì, ma tu cosa hai? Torni a casa?” insistette Anna.

“No” rispose Rapunzel facendosi forza. Avrebbe voluto sospirare, riempirsi d’aria i polmoni per calmarsi ma era proprio lì il problema: appena provava a farlo avvertiva una fitta e doveva fermarsi. Era pazzesco come un’azione banale come respirare diventasse improvvisamente un obbiettivo difficile di conquistare.

“Ho un polmone collassato. Mi operano tra qualche minuto.”

Anna rimase un attimo di stucco. Anche in lei iniziò a propagarsi il panico, ma doveva essere forte. Rapunzel era tutto per lei: una sorella, una cugina, la sua migliore amica, la sua compagna di classe e di avventure. Odiava vederla soffrire!

“Hey, tranquilla. Vedrai che dopo sarà tutto finito. Starò con te sempre. Ora chiamo gli altri e condivideremo con te questo momento…come abbiamo sempre fatto” rispose Anna con fermezza.

“Grazie… ora devo andare. A dopo” congedò Rapunzel riponendo il telefono nello spogliatoio e seguendo l’infermiera nella sala operatoria.
 
“Ciao cara, distenditi che iniziamo. Dovrai togliere la tunica e rimanere solo con le mutande, purtroppo il reggiseno non puoi tenerlo perché non riusciamo a muoverci bene” disse il dottore indossando mascherina e guanti. Rapunzel rifiutò l’aiuto a rimuovere il tutto.

Voleva farlo lei, sapeva che tra qualche ora sarebbe stata incapace di agire da sola.
Odiava dipendere dagli altri. Tolse anche il reggiseno lasciando quindi il seno libero e nudo di fronte ai medici. La cosa non la imbarazzava per niente, non provava più niente!

“Posso chiudere gli occhi? Vi prego mi fa impressione tutto” crollò lei alla vista di un carrello con appoggiate forbici, bisturi, tamponi, pinze e un grosso tubo di plastica.
Gli avevano detto che le mettevano un tubicino, ma quello sembrava tutto tranne che qualcosa di piccolo. L’avrebbe dovuto tenere dentro di sé per cinque giorni?!

“Tranquilla cara, purtroppo non puoi chiudere gli occhi perché dobbiamo essere sicuri che rimani cosciente. Ti volterai dall’altra parte e guarderai il collega. Non sentirai nulla! Vuoi che ti iniettiamo un liquido che ti stordisce?” calmò il chirurgo accarezzando la giovane.

“Datemi tutto quello che avete” rispose Rapunzel preparandosi al tutto e i medici la assecondarono.

“Allora ora ti facciamo l’anestesia, poi non sentirai nulla tranquilla” disse il chirurgo pungendo la ragazza sotto l’ascella. Il medico aveva ragione perché, oltre a un leggero bruciore, la ragazza non avvertì più nulla.

Iniziò a girarle la testa per colpa del liquido iniettato e, grazie a quello, l’operazione parve durare 5 minuti quando, in realtà, proseguì per oltre mezz’ora. Non sentiva dolore ma solo il medico che spingeva il tubo dentro il suo costato e lo stordimento non la fece nemmeno impressionare di fronte a una vaschetta piena di tamponi sporchi del suo sangue. Ovviamente un’operazione del genere faceva uscire molto sangue.

“Bene abbiamo finito!” disse il chirurgo togliendosi i guanti. Rapunzel si guardò e sentì un agglomerato di garze e cerotti coprirle tutto il fianco e l’ascella. Fece ricadere il braccio lungo la vita e fu allora che l’avvertì. Un tubo spesso e ruvido usciva dal suo corpo e si collegava a una bottiglia contenente dell’acqua. Fortunatamente l’anestesia non le faceva porre domande o ragionamenti.

Le infermiere accompagnarono la ragazza, sdraiata sul lettino, nella sua stanza dove Anna, Elsa e i genitori l’attendevano. Gli altri amici non poterono entrare, quello era un momento delicato e Rapunzel non poteva avere più di 4 parenti nella stanza.

“Amore, ciao!” salutò la madre accarezzandole il volto con le mani. Rapunzel non rispose. Ora iniziava a sentire qualcosa di strano e, soprattutto, provare a parlare le provocava un tremore in tutto il corpo motivo per cui non disse nulla.

“Rapunzel, per vedere se funziona tutto correttamente prova a tossire leggermente” disse il medico una volta entrato nella stanza della paziente.

Rapunzel si concentrò e provò a tossire, ma non fu così facile. Fece diversi tentativi prima di riuscire ad emettere un leggero colpo di tosse. Quel tubo la opprimeva e rendeva difficili anche i gesti più banali. Con il colpo di tosse, l’acqua nella bottiglia emise delle bolle facendo sorridere il medico.

“Perfetto, ora è tutto a posto. Se l’acqua fa le bolle significa che l’aria sta uscendo” spiegò ancora il chirurgo.

“No-n riesco a respi…” riuscì a sussurrare Rapunzel spaventata. Quel coso mica doveva risolverle il problema?! Sembrava soffocarla ancora di più invece!

“Tranquilla Rapunzel, è normale. Ti sentirai così per un po’, devi abituarti” placò lui invitando i genitori ad uscire dalla stanza con la scusa di lasciare le tre ragazze da sole.
 
Una volta fuori, in realtà, il medico parlò chiaro ai parenti.

“E’ un trattamento molto doloroso. La ragazza ora ha ancora in corpo l’effetto dell’anestesia ma domani sarà il giorno peggiore. Sentirà dei dolori fortissimi e saremo anche obbligati ad applicarle l’aspiratore per rimuovere l’aria. Dovrete essere forti e starle accanto. Ovviamente le daremo degli antidolorifici ma preferiamo non somministrarne troppi. Ne ha già uno in vena. La sua patologia non è grave, ma la farà soffrire. Nei prossimi giorni, invece, cercheremo di analizzare anche le cause che l’hanno portata in questa situazione. Il pneumotorace, purtroppo, è una bestia le cui cause sono sconosciute”

Detto questo il dottore si allontanò lasciando i genitori da soli. La madre si fece avvolgere dalle braccia del marito e scoppiò a piangere. Non le importava della patologia e del resto, soffriva nel vedere la sua unica figlia in quelle condizioni. Rapunzel aveva già sofferto tanto a 11 anni ed ora avrebbe patito le pene dell’inferno inutilmente, per un mostro che l’ha colpita a caso.

 La madre avrebbe voluto caricarsi tutto quel male e permettere alla sua bambina di vivere felice, ma ciò non era possibile.
 
 
  
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