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Autore: Morgana89Black    24/06/2018    0 recensioni
E se Lily Potter avesse avuto un secondo figlio, poi dato in adozione?
Dal capitolo 2:
"Ti lascio queste poche parole, nella speranza che quando le leggerai non mi odierai per essere stata codarda e non aver avuto la forza di tenerti con me. Purtroppo temo che non vivrò comunque abbastanza per vederti raggiungere i tuoi undici anni, il perché forse un giorno lo scoprirai da sola, per ora ti basti sapere che io e tuo padre siamo una strega ed un mago".
Dal capitolo 22:
“Draco... Draco... svegliati”. Le ci vollero diversi minuti per convincere il ragazzo ad aprire gli occhi ed inizialmente lui parve non notarla neanche mentre sbatteva ripetutamente le palpebre nella vana speranza di comprendere cosa fosse successo.
“Nana...”, la ragazza sorrise della sua voce impastata dal sonno. Era quasi dolce in quel momento e sicuramente molto diverso dal solito Malfoy, “è successo qualcos'altro?”. Parve svegliarsi di colpo, al sentore che doveva essere accaduto qualcosa di grave se lei lo svegliava nel pieno della notte.
Dal capitolo 25:
Prima che attraversasse l'uscio per scomparire alla sua vista, udì poche parole, ma sufficienti a gelargli il sangue nelle vene, “lei è un mangiamorte”.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Perché fa male... male da morire...

 

9 gennaio 1995

 

Erano passate settimane dal Ballo del Ceppo, ma la sofferenza di Morgana non era diminuita ed ancora non riusciva a darsi pace per quel che era accaduto, né a spiegarsi come mai sentire Draco pronunciare quelle parole le avesse fatto così male. Infondo loro erano stati amici, in qualche strano modo, forse un po' perverso, ma ormai erano mesi che non avevano contatti.

La verità era che scoprire che lui li aveva visto le impediva di nascondere, soprattutto a se stessa, che quel bacio vi era stato.

Dopo mesi si ritrovava finalmente a riflettere sui motivi che l'avevano spinta a baciare Theodore Nott, quella notte, nel mezzo di quel bosco, isolati dal mondo, o almeno così pensava.

Il problema era che, ancora, non aveva trovato una motivazione logica per il suo gesto. Certo Theo era veramente un bel ragazzo e, per essere un serpeverde, era anche carino e gentile. Con lei, inoltre, non aveva mai mostrato il minimo segno di disprezzo o di superiorità per le sue condizioni di sangue. Al contrario, sembrava quasi intenzionato a diventare suo amico.

Anche quella sera, nel bosco, durante l'attacco dei mangiamorte, si era dimostrato gentile. Morgana ricordava ancora come si fosse sentita isolata dal resto del mondo in quel momento, nonostante i rumori, seppur ovattati, provenienti dal campeggio.

Per la prima volta aveva avvertito un forte senso di solitudine e non le era piaciuto. In passato era rimasta isolata molte volte, anche nel convento, ma aveva sempre sentito di poter essere finalmente in pace in quei momenti. Invece quel giorno aveva sentito lo sconforto invaderle l'anima e Theo, con un semplice gesto, era riuscito a riscaldarla ed a non farla sentire abbandonata. Per quel motivo, forse, si era spinta verso il suo viso e l'aveva baciato.

Eppure ricordava benissimo le sensazioni provate dopo quel bacio ed era ben consapevole di quanto fossero sbagliate. Non si era sentita affatto come una ragazza alla sua prima cotta, ed infatti sapeva bene di non provare nulla per lui, neanche attrazione.

Non che fosse cieca, insomma, sapeva bene quanto fosse attraente, solo che non poteva neanche immaginare di provare qualcosa per il ragazzo.

Ed allora, infondo, il problema era sempre lo stesso: perché lo aveva baciato. Di sicuro non per ringraziarlo di averla coperta col proprio mantello. Non era un gesto sufficiente per spingerla a tanto.

Ma poi... forse... non era neanche così importante sapere perché l'aveva fatto.

Mentre osservava il soffitto del suo baldacchino, consapevole che prima o poi avrebbe dovuto alzarsi ed affrontare il nuovo giorno, la ragazza si rese conto di quanto, infondo, il problema fosse un altro.

Perché faceva così male? Perché il gelo nelle parole di Draco Malfoy l'aveva sconvolta in quel modo? Perché l'idea di rivedere il ragazzo, di perdersi nell'odio dei suoi occhi, la terrorizzava in quel modo?

Non si erano più incontrati. Non che lei avesse creato occasioni perché ciò avvenisse. Al contrario. Aveva evitato per settimane tutti i luoghi in cui avrebbe potuto trovarlo, limitando al minimo anche la sala grande, recandovi solo per i pasti e solo in orari in cui era poco frequentata.

Ma quel giorno era lunedì e sarebbero riprese le lezioni, dopo le vacanze di natale.

Così, dopo aver raccolto tutto il suo coraggio (non era mica una grifondoro lei!), e si era alzata, preparata ed ora stava percorrendo i corridoi del castello, con la strana sensazione di star camminando lungo una linea immaginaria che l'avrebbe condotta al patibolo.

“Finalmente ti si rivede”, la voce della sua migliore amica l'aveva colta talmente tanto di sorpresa da provocarle uno spavento enorme. Doveva aver fatto un salto di almeno mezzo metro, a giudicare dallo sguardo allibito dell'altra.

“E' tutto a posto, Morgana?”.

“Sì, certo. Perché non dovrebbe? Sto benissimo. Non vedi”, va bene. Forse iniziare a parlare a raffica, come una ladra colta sul fatto non era stata una grande idea. Vide gli occhi della rossa farsi sempre più grandi.

“Cos'è successo?”.

“Nulla. Ti ho detto che è tutto a posto. Perché mi fai tutte queste domande”, vide lo sguardo dubbioso dell'amica e per impedirle di parlare ancora, si recò quasi a passo di marcia verso il proprio tavolo, senza neanche guardarsi attorno.

Ma si sa che al destino piace particolarmente farsi beffe di noi, e Morgana ne ebbe la certezza proprio quel giorno, e precisamente nell'attimo in cui il suo corpo andò a scontrarsi con qualcosa di duro.

“Non guardi mai dove vai, mezzosangue?”.

Ovviamente quel qualcosa di duro era la schiena dell'unica persona che non avrebbe mai voluto incontrare e, forse il destino quel giorno era particolarmente incavolato con lei, perché di fianco al biondo si ergeva in tutta la sua tranquilla compostezza il motivo per il quale il serpeverde la disprezzava così tanto, niente meno che Theodore Nott.

Nott e Malfoy, ma che coppia vincente!

Il cervello di Morgana diede momentaneamente forfait e, proprio quando aveva estremamente bisogno di tutta la sua intelligenza, quella decise di andare in vacanza, probabilmente alle Hawai.

Le sentì, le sue guance. Le sentì tingersi di un rosso acceso, segno della vergogna che stava provando, proprio mentre i suoi occhi incontravano quelli nocciola del ragazzo bruno. Gli unici occhi che aveva il coraggio di guardare in quel momento, perché la forza di leggere l'odio ed il disprezzo in quelli argenti dell'altro non l'aveva per nulla.

“Perché non la smetti di trattare ogni altro essere umano come se fossero feccia, Malfoy?”.

“Lo faccio solo con chi lo è, Weasley...”, sapeva che la stava guardando mentre pronunciava quelle parole, come a sottolineare che erano rivolte solo ed esclusivamente a lei. Colse solo di sfuggita lo sguardo incerto di Theo, che sembrava chiederle, in silenzio, cosa fosse accaduto per provocare una tale reazione.

Non si fermò, neanche sentendo la voce di Harry che la chiamava, stava correndo. Correndo via da quella sala, via dai suoi amici, da suo fratello, da Draco...

Correva per allontanarsi il più possibile da lui. Da tutti. Dal dolore. Sì, correva per allontanarsi dal dolore che il suo cuore stava provando in quel momento. Si fermò solo raggiunta la torre di astronomia, stranamente deserta quella mattina.

Si fermò solo quando pote aggrapparsi al parabrezza di quelle alte finestre. Solo in quel momento si decise ad ascoltare il battito forsennato e sordo dell'organo che le troneggiava nel petto.

Faceva male. Un male atroce. Non la voce di Draco, non la sua derisione, non il suo odio. Tutte queste cose erano dolorose, ma non così tanto da dilaniarle l'anima.

Faceva male la consapevolezza che Lucius Malfoy avesse capito molto più di quanto lei stessa aveva intuito. Era terribilmente dolorosa la consapevolezza che lui era diversi passi più avanti rispetto alla ragazza.

Le parole che l'uomo le aveva rivolto anni prima le entrarono prepotentemente in mente.

 

Devo ammettere che lei non ha buon gusto solo in fatto di amicizie, ma anche di letture”.

Ho buon gusto in relazione a molte cose, Lord Malfoy”.

Non potrai mai sposare mio figlio”.

Sposare suo figlio? Io ho dodici anni, perché mai dovrei voler sposare Draco”.

Lui è un Malfoy, fra pochi anni stipulerò un contratto di matrimonio per mio figlio, con una giovane e degna purosangue di buona famiglia. Sto valutando da anni diverse candidate e lei non si metterà in mezzo”.

Mi teme così tanto, Lord Malfoy? Teme così tanto una ragazzina da doverla minacciare. Non sono a pagamento”.

 

Credeva ancora a quel che gli aveva detto quel giorno. Lei non era a pagamento e di certo non pensava di voler sposare Draco, erano così giovani.

Però, forse, Lord Malfoy aveva visto qualcosa di cui lei non si era neanche accorta. Forse quell'uomo subdolo e spietato aveva capito i suoi sentimenti molto meglio di quanto lei era stata capace di fare in tutti quegli anni.

Realizzare che i suoi sentimenti per Draco andavano ben oltre l'amicizia era stato come una coltellata dritta al cuore, come cadere nelle acque gelide del lago nero in pieno inverno e sentire, centimetro dopo centimetro, i suoi polmoni riempirsi di liquido e portarla all'annegamento. Le mancava l'aria. Ormai da settimane sentiva di non riuscire più a respirare normalmente.

Con quei pensieri sempre fissi nella propria mente si sedette vicino alla finestra, sul gelido pavimento della torre. Il freddo sotto le gambe le sembrò quasi un sollievo, perché almeno in parte riusciva a distoglierla dai propri contrastanti sentimenti.

Avrebbe voluto tornare indietro, a pochi mesi prima, quando la sua vita era molto più semplice e lei, infondo, era felice.

Si trovò a riflettere su quanto fosse strano il genere umano. Si rende conto di ciò che ha perso solo quando ormai è troppo tardi.

“Sembri piuttosto pensierosa...”, quelle parole, pronunciate da quella voce piatta, quasi atona, la sorpresero. Non aveva sentito arrivare l'uomo e non aveva la forza neanche di alzare il viso verso i suoi occhi.

Temette per qualche secondo che fosse là per punirla. Doveva essere già a lezione, ed invece si trovava su quella torre deserta, nel vano ed inutile tentativo di scomparire dalla faccia della Terra.

“Qualsiasi sia il problema, puoi trovare una soluzione...”, alzò d'istinto e senza riflettere i suoi piccoli occhi verdi, sino ad incontrare quelli d'onice del professore meno amato di Hogwarts.

Si chiese, d'istinto e per chissà quale numero di volta, come mai nessuno fosse capace di vedere al di là dell'aspetto e della maschera di cattiveria che indossava l'uomo, ogni giorno.

“Non intende punirmi?”. La sua vocetta era appena udibile, ma lui l'aveva sentita, ne era certa.

“No”, il sospiro dell'uomo la distolse dai suoi cupi pensieri, “non voglio punirti. Non so cosa sia accaduto, né cosa ti tormenti, ma sono certo che tu stia già soffrendo abbastanza”.

Quel moto d'umanità la sorprese. Forse era il modo dell'uomo di chiederle cosa fosse accaduto.

“Non ha lezione?”.

“Il lunedì mattina sono libero...”, la guardò negli occhi, sedendosi accanto a lei sulla gelida pietra, “inoltre, oggi è il mio compleanno e pensavo di andare a fare una passeggiata al villaggio, per... festeggiare”. Il tono con cui pronunciò l'ultima parola sembrava presagire tutto, fuorché l'intenzione di festeggiare.

“Non sapevo fosse il suo compleanno... auguri professore”.

Le parole che seguirono sembrarono sorprendere persino l'uomo, la cui faccia incerta era quantomeno esilarante, “ti andrebbe di raccontarmi cos'è accaduto davanti ad una tazza di tè ed una fetta di torta, nel locale di madama Rosemary?”.

“Chi è madama Rosemary?”.

“Una strega di mezza età, con un'assurda propensione per i dolciumi e l'abitudine di spettegolare”, la ragazza si ritrovò a pensare che, anche se l'uomo sembrava voler dimostrare disprezzo per quella donna, i suoi occhi erano colmi di una strana dolcezza, mentre parlava di lei.

Non si rese neanche pienamente conto di essersi alzata entusiasta e di aver seguito l'uomo per i corridoi del castello ed il grande prato sino ai cancelli di Hogwarts ed infine lungo i viottoli del villaggio, troppo intenta a parlare con lui entusiasticamente, di tutto ciò che le passava per la mente.

Non si soffermò, neanche, a pensare a quanto fosse strana quella situazione. Infondo era il suo professore di pozioni, e lei si stava comportando con lui come una bambina al parco con lo zio preferito.

Era tutto così assurdo che il giorno dopo, probabilmente, si sarebbe chiesta se non era stato forse solo uno stranissimo sogno.

Si ritrovo seduta al tavolino di un minuscolo e grazioso locale, arredato in stile Luigi quindicesimo, nelle tonalità pastello dell'azzurro carta da zucchero e del rosa confetto.

Decisamente l'ultimo luogo sulla faccia del globo terrestre in cui si sarebbe aspettata di incontrare Severus Piton.

Non riuscì ad evitare una risata quando si rese conto che, se avesse raccontato a qualcuna delle sue amiche di quella mattina, certamente l'avrebbero condotta senza esitazione al San Mungo, per farla ricoverare nel reparto dedicato alle malattie mentali.

“Cosa ci sarebbe di così esilarante in questo locale?”, la voce burbera dell'uomo la riscosse dalla visione di se stessa legata ad un letto con corde magiche, circondata da uomini in camice bianco.

“Nulla professore...”.

“Sa... miss Belmont. Credo che sia mia dovere metterla al corrente di una circostanza piuttosto rilevante”, l'improvvisa formalità nella parole dell'uomo le fece pensare che si fosse trattata di una trappola e che la sua intenzione non era altro che di trovare una scusa per farla espellere, “no. Non voglio farla espellere”, gli occhi della ragazza si dilatarono per la sorpresa, “ma forse dovrebbe essere consapevole che sono un legilimens eccezionale e che mi viene ancor più semplice comprendere i pensieri di chi sta provando emozioni particolarmente forti”.

“Lei non dovrebbe entrare nella mia mente!”, la voce indignata della ragazzina richiamò l'attenzione di un paio di avventori del locale, che immediatamente distolsero lo sguardo ad un'occhiata particolarmente gelida dell'uomo.

“Non dovrei neanche portare una studentessa in un locale per mangiare una fetta di torta, ma non mi sembra si sia lamentata di ciò...”, gli occhi dell'uomo brillavano di malizioso divertimento. Per una volta sembrò dimostrare la sua reale età e non molti più anni di quelli che aveva realmente.

“Ora vuoi dirmi cos'è accaduto, Morgana?”. Era passato ad un tono meno formale e lei gliene fu grata.

“Perché non legge la mia mente per scoprirlo”, alla parola lettura l'uomo aveva risposto con un'espressione di disgusto, ma parve comunque intenzionato a non approfondire la questione.

“Non voglio farlo. Se desideri parlarne dovrai essere tu a farlo”, la guardò negli occhi con un'intensità che sorprese la ragazzina.

“Lei è mai stato innamorato di qualcuno che non avrebbe mai potuto avere?”.

L'uomo parve soppesare la domanda, come se neanche lui sapesse la risposta da darle. Era stato innamorato, certo. Aveva perduto la donna che amava ancor prima di poterla avere. Eppure non sapeva se avrebbe mai potuto costruire con lei quel rapporto che aveva tanto desiderato.

Solo incontrando quegli occhi verdi che ancora lo tormentavano nei propri sogni, si rese conto che, infondo, sapeva bene quale risposta dare a quella giovane donna, appena giunta alla vita e già così piena di dolore.

“Morgana, io non penso che esista qualcuno che non si possa avere a priori. Sono stato innamorato, di una donna che non mi ha mai amato o, forse, non lo ha mai fatto nel modo in cui io avrei voluto. Eppure, credo che se io avessi fatto delle scelte diverse e mi fossi comportato in modo diverso, avrei potuto avere di più”. Sperò che non gli chiedesse altro, perché non era certo di voler ulteriormente approfondire l'argomento. Non poteva di certo dirle di essere stato innamorato di sua madre...

“E se fosse la vita stessa ad impedire un amore? La famiglia o gli amici?”, la ragazza sembrava terribilmente triste in quel momento, “a volte non possiamo avere quel che vogliamo... non pensa anche lei?”.

Non seppe risponderle. Forse aveva ragione lei. Forse d'avvero a volte non possiamo far nulla per cambiare il nostro destino.

   
 
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