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Autore: hikaru83    28/06/2018    6 recensioni
Questa raccolta era nata per una challenge che poi è stata chiusa in anticipo, ho quindi deciso di mantenere le storie e lasciarla come un luogo dove raccogliere one-shot più o meno brevi nate da una parola che mi ha ispirato o mi è stata suggerita.
Le storie saranno probabilmente slegate tra loro, e quando ci saranno ship saranno o Johnlock o Mystrade, non ho mai scritto su altre coppie e non credo proprio inizierò ora, se dovesse succedere state sicure che queste due non verranno separate! Ovviamente non ho idea del genere dell'intera raccolta perchè scrivo grazie all'ispirazione che i prompt dati mi danno, diciamo che in genere io sono da finali felici.
Spero che questo esperimento vi piacerà.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco il quinto prompt della challenge del gruppo Aspettando Sherlock 5 link: https://www.facebook.com/groups/366635016782488/ 26


26 prompts challenge - Sherlock Edition : prompt 5/26
#INIEZIONE
Scadenza prompt: 03/7/2018
iniezione
i·nie·zió·ne/
sostantivo femminile
1.
L'introduzione con opportuno strumento di medicamenti nelle cavità, tessuti o vasi del corpo.
2.
In varie tecnologie, immissione di sostanze fluide sotto pressione in un ambiente chiuso.

 




Rinascita


 

L’ago lacera la mia pelle. Non riesco a ricordare cosa mi sono iniettato questa volta. Doveva essere roba piuttosto forte, visto che non so neanche dove mi trovi. Speriamo che mio fratello trovi la lista anche questa volta, o forse l’ha già trovata visto il rumore dei macchinari ospedalieri che mi fa capire almeno dove sono. Quel bip costante che rovina il silenzio di questo
luogo.

Non so da quanto sono qui, non ricordo bene cos’è successo.

Cerco di riportare gli ultimi ricordi alla mente.

Eravamo in obitorio con quel mostro, e poi... Non so. È confuso. Ricordo il sapore del sangue, gli occhi di John. E quell’uomo che rideva, rideva. Quella risata mi ha completamente fatto perdere la pazienza.

So solo questo.

Gli occhi di John, Dio come mi erano mancati! Anche se ora mi guardano con astio, preferisco questo che essere ignorato da lui.

Odiami, John, se non riesci ad amarmi. Odiami e donami tutto il tuo odio, lo custodirò io, ma non ignorarmi più. La tua mancanza è qualcosa a cui non posso sopravvivere. È il veleno peggiore di tutti quelli con cui mi sono avvelenato in questi anni.

Di tutti quelli che mi sono iniettato in queste poche settimane dalla morte di Mary.

Sento il rumore di qualcosa che si apre, non sembra però la porta. Un ometto basso e tarchiato si avvicina. I capelli sottili, radi, di un colore slavato, gli occhi tondi e sporgenti, il naso piccolo, i denti storti, il doppio mento. Indossa già i guanti in lattice. Difficile non capire le sue intenzioni. Non esiste nulla in questo uomo che non mi disgusti. Il fatto poi che sia un serial killer maniaco senza scrupoli, lo rende davvero il peggiore dei mostri possibile. E io di serial killer e persone disgustose me ne intendo, perché ne ho conosciute parecchie.

Ma sono troppo stanco... Il mio corpo ha bisogno di riposo e lui non farà nulla finché non sono cosciente; gli toglierei tutto il divertimento.

 
***
 

Quando riapro gli occhi, lo vedo seduto sulla poltroncina a osservarmi e attendere il mio risveglio.

«Finalmente ti sei svegliato. Ti ho osservato. È stato bello, in fondo. Fai con calma, va tutto bene. Non c’è fretta.» Non vede l’ora di iniziare, lo so. «Sei Sherlock Holmes.» È come se dicesse: “Ho aspettato a ucciderti perché sei Sherlock Holmes.
Devo godermi la tua sconfitta fino in fondo.”

«Come... è entrato?» chiedo.

«Col poliziotto sulla porta? Avanti, non lo indovini?» Il modo in cui gongola è disgustoso, come tutto il resto.

«Una porta segreta.» Lo stronzo ha costruito quest’ala solo per le sue vittime. Passaggi nascosti e planimetrie segrete. Non
solo è uno psicopatico, ma i suoi soldi gli hanno permesso di costruire il suo parco giochi personale dietro la facciata di
filantropo. Che schifo!

Continua a vantarsi della sua grande idea e di come ha fatto in modo di creare la scena del crimine perfetta, fino ad arrivare alla domanda che probabilmente gli interessa di più: «Voglio farti una domanda: perché sei qui? Sei entrato nella mia tana e ti
sei sdraiato davanti a me. Perché?»

«Lo sa perché sono qui,» dico con voce roca. La gola brucia terribilmente.

«Vorrei sentirtelo dire. Dimmelo, ti prego.»

«Voglio che lei mi uccida.» ammetto con un filo di voce.

Nel mio cuore spero davvero che colui che mi ha già salvato innumerevoli volte riesca a farlo anche questa. E se non lo farà, significa solo che per lui non valgo più la pena di essere salvato. Tanto meglio morire, allora.

«Se aumenta il dosaggio di quattro o cinque volte, lo shock tossico che ne seguirà mi spegnerà entro un’ora.» Devo persino suggerirgli cosa fare. È anche un pessimo serial killer. Se non fosse stato per i suoi soldi, lo avrebbe scovato persino Anderson, e senza aiuti.

«Rimetterò a posto i dosaggi. Tutti penseranno a un guasto o che... tu abbia solo tirato le cuoia.» Ridacchia soddisfatto.
Perché ogni volta che tolgo di mezzo una mela marcia, al suo posto ne arriva un’altra ancora più disgustosa?

«Sì,» rispondo soltanto. Che altro dovrei dire? Mi viene la nausea solo al pensiero di star respirando la stessa aria di questo individuo, e non c’entrano proprio nulla le droghe di cui il mio corpo è imbottito.

«Sei bravo, lo sai?» Si toglie la giacca come se si stesse mettendo al lavoro. La appoggia sullo schienale della sedia prima di riprendere a parlare con quella voce odiosa: «Prima di iniziare, dimmi come ti senti.» Si sbottona le maniche della camicia e inizia ad arrotolarle.

«Sono... spaventato,» ammetto con un sussurro sofferto. Certo che mi sono rovinato per bene... Anche a parlare faccio fatica; ogni parola è un supplizio.

«Un po’ più specifico.» Godi nella paura delle tue vittime, eh, bastardo? «Deve venire bene alla prima.»

«Ho... paura di morire.» Ho più paura di vivere senza di te, John. Che poi: potrei chiamarla vita, quella?

«Ma l’hai voluto tu.»

«Ho le mie ragioni.»

«Ma tu non vuoi veramente morire.»

«No.»

«Bene.» Ora che sa che non mi sta facendo alcun favore, la sua gioia di poter uccidere aumenta, e non riesce a nascondere il sorriso soddisfatto che nasce sulle sue labbra. «Dillo per me. Dillo!» L’ultima parola è un ordine. Questa bestia si eccita sempre più al pensiero di togliere una vita.

«Io non voglio morire.»

«Di nuovo!»

«Io non voglio morire.»

«Ancora, per scaramanzia.»

«Non voglio... morire.» Sono lacrime quelle che sento riempire i miei occhi? Io non voglio morire, è vero. Io voglio vivere, voglio la vita, voglio John. «Non vo... Non voglio morire.»

Si avvicina al mio volto. Respiro il suo alito mentre sorridendo mi dice: «Adorabile.» La sua voce è untuosa, il sorriso soddisfatto. Potrei vomitare in questo momento. Si allontana da me e si avvicina al macchinario che mi sta tenendo in vita e che diventerà l’arma con cui mi ucciderà. «Cominciamo.»

Aumenta il dosaggio come gli ho suggerito. L’ago che mi collega alla flebo. Gli basta solo quello per uccidermi.

Non contento ricomincia a parlarmi: «E dimmi: perché lo stiamo facendo? A che devo questo piacere?»

«Per sentire la sua confessione. E sapere che io avevo ragione.» Oltre che per salvare l’anima dell’unica persona al mondo senza la quale vivere non ha senso.

«Ma perché morire?»

«Nell’obitorio, la sua stanza preferita, lei parla con i morti, fa le sue confessioni ai morti.» Di questo individuo non riesco a capire le ragioni. Ho scoperto il suo lato più oscuro, ma tutti devono avere delle ragioni. «Perché lo fa?» non riesco a non chiedere.

«Perché uccido?» Sembra sorpreso di questa domanda. Gioca con le dita, ancora coperte dai guanti, in un gesto quasi timido. «Non si tratta di odio o di vendetta. Non sono una cattiva persona.» Su questo avrei da dissentire, ma non mi sembra questo il momento per fare le mie rimostranze. «Uccidere essere umani...» Non trattiene una risata. Ma che cazzo di uomo è?
«Mi fa solo sentire... totalmente felice.» E sarei io il sociopatico... «Sai nei... nei film...» continua dopo un attimo di silenzio, alzandosi dalla poltroncina su cui si era seduto aspettando la mia morte. «Quando vedi le persone morte... Fingono di essere morte. Sono solo persone vive per terra. Beh, non è così che appaiono i morti. I morti diventano oggetti. Io amo trasformare le persone in oggetti. Per possederle. E sai una cosa? Sto diventando un po’ impaziente.» Abbassa lo schienale del letto. So che vuole velocizzare il mio omicidio e non posso fare nulla per impedirlo. «Fai un bel respiro, se vuoi,» dice; poi appoggia la mano sulla mia bocca e tappa il naso con l’altra, impedendomi di respirare.

Stronzo bastardo. Provo a liberarmi, ma sono troppo debole per riuscirci.

«L’omicidio è una dipendenza molto difficile da gestire. La gente non capisce quanto lavoro ci voglia. Bisogna essere cauti, ma quando si è ricchi e famosi e... amati, è incredibile quante cose la gente sia portata a ignorare. C’è sempre qualche disperato pronto a svanire. E nessuno sospetta un omicidio se è più facile sospettare qualcos’altro.»
Cristo, è davvero troppo forte... Cerco di non stancarmi troppo per resistere con il poco di ossigeno che ho, ma non so quanto riuscirò a farlo ancora.

«Devo razionare le scorte, scegliere quale cuore fermare.»

Non posso morire per mano di questo essere viscido. John, la mia vita è nelle tue mani!

Lo guardo negli occhi annacquati. Il disgusto per questo individuo è sempre più forte, anche se dovrei essere più spaventato che disgustato, ma una parte di me è certa che John Watson arriverà a salvare questa mia inutile vita.

«Ti prego, ti prego, continua a guardarmi... Continua a guardarmi... Continua a guardarmi...» Non riesce a smettere di chiedermelo. Vedere la vita abbandonare gli occhi delle sue vittime dev’essere quello che gli dà più potere. «Perché voglio vedere il momento in cui accade.»

Non dovrei essere in grado di sentire nulla. I miei sensi dovrebbero oramai avermi abbandonato. Eppure io lo sento. Sento i tuoi passi, John, sono certo che sei tu, sono certo che stai per salvarmi. Posso resistere ancora, posso resistere perché sei qui...

«E il momento è arrivato.»

Lo credi tu. Oramai verme schifoso non hai più scampo.

Un rumore forte di una porta che viene sfondata squarcia la calma glaciale che regna su di noi. Dei passi di qualcuno che corre verso questo letto, rimbombano tra le pareti. Posso sentire la forza con cui lo strappi via da me.

«Che gli stavi facendo?» La tua voce forte e arrabbiata, John; arrabbiata con lui. Direi anche preoccupata. È musica per le mie orecchie. Il sapere – lo sperare – che la preoccupazione che ho sentito sia per me mi dà più forza dell’ossigeno che finalmente i miei polmoni ricevono. «Cosa stava facendo?» ripeti, più forte e più insistente.

«È in difficoltà. Lo stavo aiutando.»

Sei in difficoltà tu, mostro. Lui ti ha visto, ha visto cosa stavi facendo e non crederà a una sola parola che uscirà dalla tua bocca. Anche se non ci fossero prove, John sa e farà di tutto per distruggerti.

«Lo ammanetti subito!» Non so con chi stai parlando, John. Ho troppe cose nel mio cervello da tentare di riordinare. La confessione, le droghe a cui ho sottoposto il mio corpo, la mancanza di ossigeno, la tua mancanza, John. Troppe, troppe cose davvero...

«Stavo cercando di aiutarlo!» È inutile. Puoi dire quello che vuoi, mostro. John è qui per me.

«Sherlock, che cosa voleva fare?» mi domandi. Vuoi sentire la mia versione o la mia voce, John?

«Soffocarmi e farmi andare in overdose...» dico con fatica.

«Di cosa?»

«Salina.»

«Salina?» Eh, John, se non fossi venuto avrei dovuto trovare un modo per salvare la pelle. Una via di scampo. Dopo mi sarei fatto dare una missione suicida da Mycroft, o l’avrei trovata per conto mio, quello è certo. Senza di te non aveva senso continuare. Ma non potevo morire per mano di questo abominio.

«Soluzione salina.» Con fatica alzo la schiena da questo letto.

«Soluzione salina.» Ti avvicini alla flebo per controllare. Non posso non notare il tuo sorrisetto compiaciuto, anche se dura solo per pochi istanti. Sono sempre il solito, eh, John? Sono lo stesso di quando sulla metro ti ho fatto credere che stavamo per morire... Che simpatico bastardo che sono.

«Ovviamente ho fatto cambiare le sacche dall’infermiera Cornish,» dico, mentre sposto lo sguardo sul serial killer psicopatico che ha tentato di uccidermi. Vedi, schifoso essere? Vedi che è meglio trattare bene i propri dipendenti? Così non corri il rischio che ti tradiscano. «È una mia grande fan. Adora il mio blog,» continuo, guardandolo direttamente negli occhi.
Finalmente ecco l’ossigeno di cui ha bisogno il mio cuore.

«Tu stai bene?»

«No, no che non sto bene. Malnutrizione, insufficienza renale e sono fuori di testa da settimane. Che razza di dottore sei?»
Non riesco a non sorridere alla mia ultima frase. Il mio dottore, ecco quello che sei. E tu lo sai bene, oramai. «Ho ottenuto la mia confessione, però.» Mi lascio cadere nuovamente sui cuscini. Stare senza appoggio è decisamente troppo, per me.

«Non ho mai fatto alcuna confessione.» La sicurezza con cui lo dice ingannerebbe parecchia gente.

«Cosa? Cosa?» Eh, sì, John. Oltre a salvarti e contemporaneamente salvarmi, ho pure incastrato questo bastardo.

«Cosa avrei dovuto confessare?»

«Potrà ascoltarla più tardi.»

«Ma non c’è nessuna confessione da ascoltare...» Ecco il tocco da maestro, lo devo ammettere: finta sorpresa come se solo ora si fosse materializzato nella mente un pensiero. Anche se sono esausto non posso perdermi l’istante in cui capirà di essere stato sconfitto. Tutta la sua sicurezza è stata deleteria per lui. Solo che ancora non lo sa. «Oh, signor Holmes, non credo sia rilevante, ma c’erano tre potenziali registratori nelle tasche del suo cappotto. Abbiamo perquisito i suoi averi, mi spiace.»

Lo osservo, con finto stupore, e getto il mio asso.«C’è qualcosa di confortante nel numero tre. Le persone smettono sempre, dopo il tre.»

Il mostro d’improvviso capisce. Eccola la consapevolezza di essere stato fregato.

«Cosa? Che c’è? Cosa?» Tu mi guardi, ancora molto confuso, ma so che ci metterai pochissimo a capire. Credi che non ti consideri intelligente, ma so che non è così. Capisci più di quello che tu stesso ti rendi conto di capire. E infatti mi osservi e:
«Ohhh, che sbruffone!»

Tendo le labbra in un sorriso sbilenco. «Già.»

«Davvero un grande sbruffone.» È una luce orgogliosa quella che vedo nei tuoi occhi?

«Inutile ripeterlo.»

Prendi il bastone che mi avevi lasciato accanto al letto. Dovrei preoccuparmi del fatto che oramai riesci a comprendere i miei piani contorti.

«Allora, come si apre?»

«Svita in cima.»

Lo fai, ed ecco la lucina intermittente del registratore. «Due settimane fa,» affermi, senza neanche chiedermi quando avevo sistemato questo aggeggio.

«Bravo,» gli dico orgoglioso.

«Così prevedibile?»

«No, sono solo uno sbruffone.» Oh no, John, tu sei tutto, ma per me non sei così prevedibile come faccio finta di credere.
 

***
 

Mycroft mi guarda con un misto di rassegnazione, paura e qualcos’altro che non riesco ad associare al glaciale fratello maggiore che ho imparato a conoscere.

«Questa volta sei andato troppo oltre. Se non fosse arrivato in tempo...»

«È John,» affermo. Come se questo da solo bastasse, e per me in effetti basta.

«Davvero non capisco come faccia a sopportarti.» Questo in realtà non lo so neanche io, ma sono contento che lo faccia.
Mio fratello si guarda intorno guardingo.

«Non ci sono droghe in questa stanza, o in questa casa, per quel che vale. Nulla. Completamente nulla.»
John entra nella stanza con il tè. Mycroft lo osserva muoversi e sposta il suo sguardo su di me incatenandolo al mio.

«Mi sono scordato i biscotti. Li ha presi Mrs Hudson e devi mangiare qualcosa, Sherlock. Arrivo subito.» John appoggia teiera e tazze e sparisce in cucina.

«Niente droghe, Sherlock? Forse non convenzionali. Ma del resto, trattandosi di te, questa è la migliore che potessi scegliere,» dice Mycroft con sarcasmo.

John ricompare in sala portando una scatola di biscotti.

«Mhh... biscotti al burro. Non dovrei, ma del resto ogni tanto bisogna pur addolcirsi la giornata. Soprattutto se si ha un fratello con la tendenza ad attirare pazzi omicidi.» Ha uno sguardo così interessato da sembrare un bambino di fronte a una vetrina piena di caramelle.

«Sherlock farà il bravo, ora,» afferma la voce sicura di John. «Ci penso io a farlo rigare dritto.»

Nascondo il sorriso dietro alla tazza fumante.

«Non ne dubito, dottore. Non ne dubito.»
 



Fine




Note: Siamo qui anche questa settimana, come sempre il testo è in italiano grazie alla mia super beta Slanif, ringrazio tutti per seguire queste mie storie e spero che questa storia vi piacerà. Alla prossima settimana.

p.s. se vi pare di aver già sentito il dialogo tra Sherlock e Culverton Smith è perchè è preso paro paro dalla seconda puntata della famigerata quarta stagione. Ovviamente se l'avete vista in italiano, sappiamo bene che spesso le traduzioni non sono esattamente fedeli all'originale quindi se siete brave in inglese e guardate la serie in lingua originale magari non sono proprio le stesse parole, ma va beh si capisce XD
  
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