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Autore: Asia Dreamcatcher    04/07/2018    2 recensioni
Johann Schmidt è tornato e con esso le ceneri dell'oscura Hydra, pronta a risorgere.
Ma Teschio Rosso non è solo e Steve Rogers e gli Avengers dovranno vedersela con nuovi nemici. James Barnes sarà costretto, ancora una volta, a lottare contro i propri fantasmi, sperando di non soccombere.
Mentre gli echi di una nuovo guerra risuonano, Captain America e Vedova Nera si ritroveranno ad affrontare una sfida inaspettata, che potrebbe cambiare tutto per sempre.
Terza parte di "Se il passato è alle tue costole, ti volti e lo affronti"
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Se il passato è alle tue costole, ti volti e lo affronti'
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Capitolo Ventisei: Effetto Sorpresa

"I've come to realize that sometimes,

what you love the most

is what you have to fight the hardest to keep”

~ Kirsten Hubbard


Steve si stropicciò il volto esausto; i suoi occhi si posarono su Natasha con la morte nel cuore.

Si poteva amare qualcuno così profondamente? Guardandola il capitano si disse di sì. Il loro amore era sopravvissuto ai tormenti, al dolore, alla loro stessa vita.

Si chinò sulle sue labbra morbide.

«Torno presto».

La dottoressa Montgomery lo aspettava fuori dalla stanza; lo guardò con solennità.

«Steve sono consapevole che non è un momento facile, ma suo figlio la sta aspettando» continuò con comprensione.

A quelle parole un leggero calore si propagò timidamente nel suo petto. Una luce fioca illuminò l'oscurità in cui era precipitato.

«Mi porti da lui».


Il neonato sonnecchiava pacifico nella sua culla, in una stanza apposita poco distante da quella della madre.

L'infermiera l'aveva appena cambiato e avvolto in una copertina candida, le piccole mani premute contro le guance rosee.

Il capitano gli si avvicinò con cautela, spaventato nel suo intimo.

Gli infermieri glielo avevano sottratto dalla vista non appena la situazione di Natasha era precipitata. Ora invece la figura di suo figlio stava invadendo il suo intero campo visivo; era davvero piccolo si ritrovò a pensare.

Osservò ipnotizzato il suo viso tondo e sano, la bocca ben delineata, con il piccolo labbro inferiore appena più carnoso. Sorrise timidamente e accarezzò piano, avendo paura per la prima volta della sua forza, i capelli rossicci che non avrebbe mai immaginato potessero essere già così folti; si rese conto che erano simili a quelli di Natasha.

Non riusciva a dare un nome ai sentimenti che si agitavano in lui, ma fu quando – non senza un certo impaccio, terrorizzato all'idea che potesse cadergli – lo prese fra le braccia che lo avvertì: un amore totalizzante.

L'intensità di ciò che stava provando lo scosse, e si sedette sulla poltrona lì accanto.

Il bambino dischiuse le piccole labbra, nel primo sbadiglio della sua nuova vita, le manine si mossero scoordinate, strofinandosi il viso. I suoi occhi, il cui colore era indefinito e lo sarebbe stato per un po' di mesi, si aprirono e dopo aver vagato per qualche attimo, puntò il suo sguardo innocente sul volto di suo padre.

Il supersoldato sorrise commosso, mentre prendeva chiara consapevolezza che quello fra le sue braccia era suo figlio. Suo e di Natasha, il frutto del loro amore. Una vita che ora dipendeva completamente da lui.

«Ehi... Piccolo...» sussurrò con gli occhi azzurri lucidi d'affetto. Il bambino gorgogliò tendendo le braccia grassocce verso di lui.

Steve fece un verso incredulo, senza smettere di sorridere, stringendoselo contro ed accarezzando teneramente il suo volto con dita tremanti.

Suo figlio sbadigliò nuovamente e lentamente riprese il suo sonno innocente.

«Close your eyes

Have no fear

The monster's gone

He's on the run on your daddy's here

Beautiful, beautiful, beautiful

Beautiful boy»

Canticchiò Steve a bassa voce, ricordando le parole di una canzone di John Lennon che aveva scoperto ed ascoltato tempo addietro.

Restò con quella piccola creatura fra le braccia per un tempo indefinito. Lo guardava dormire e gli sembrava che ad ogni nuova occhiata il volto di suo figlio cambiasse, ogni respiro pareva unico e differente dal precedente e dal successivo.

Gli baciò la fronte;

«Andrà tutto bene, te lo prometto, andrà bene» gli sussurrò dolcemente.

Dopo poco sentì un lieve bussare alla vetrata protettiva che dava sulla stanza; Steve alzò lo sguardo e sorrise malgrado tutto. Bucky, Sam, Tony e Pepper, Laura, Niko, i piccoli Jace e Alexandra e Bruce lo stavano osservando, con davvero poco riguardo per la privacy, e i loro occhi erano tutti puntati sul piccolo Rogers, che sonnecchiava fra le braccia sicure del suo papà, bellamente ignaro di essere oggetto di tanta attenzione.

Il capitano allora fece cenno loro di entrare, ma essere degli eroi riconosciuti non significava – in certe situazioni – essere altrettanto capaci di muoversi con attenzione e pacatezza, tanto che furono ripresi dalle infermiere, sopratutto tre persone a caso come Barnes, Wilson e Stark.

«Steve è... è bellissimo» sussurrò Pepper commossa, posandogli gentilmente la mano sulla spalla.

«Ne facciamo uno, tesoro?» frecciò semiserio Tony beccandosi un'occhiataccia dall'adorabile fidanzata.

«E' così piccolo...» borbottò sconvolto Jace, insomma lui sapeva che i bambini erano piccoli, solo che beh non ne aveva mai visto uno con poche ore di vita così da vicino.

«Come si chiamerà?» domandò innocentemente Sasha, guardando felicemente colui che aveva già annoverato come cugino.

Lo sguardo di Steve si velò di malinconia;

«Vorrei provare ad aspettare un po' per... Natasha... So che lei aveva già un nome ben preciso in mente».

Gli occhi di Alexandra si fecero lucidi ma annuì, sporgendosi e baciandogli candidamente la guancia.

«Steve è...» Bucky era senza parole; il capitano osservò lui e Sam fissare suo figlio quasi inebetiti, incapaci di esprimersi a causa delle emozioni che quel piccolo essere stava scatenando in loro, si limitarono a poggiare le mani sulle spalle dell'amico. Loro ci sarebbero stati, per lui, per Natasha e per il bambino. A Steve bastò e gli fu grato per questo.

A rompere quell'idillio fu l'infermiera Florence Jenkins*, una donna sulla sessantina dall'aria terribilmente materna e vivace, con occhi scuri attenti e corti capelli candidi spettinati ad arte. Steve se la ricordava perché si era occupata di Natasha prima del parto con attenzione ed una premura sincera.

«Capitano Rogers, dia pure a me il piccolo, tra poco si sveglierà con una gran fame»; da come pronunciò l'epiteto “capitano” i presenti intuirono che doveva in qualche aver avuto a che fare con l'esercito nella sua vita.

«Ora voi tutti fuori di qui» li rimbrottò bonaria «Questo bambino ha bisogno di tranquillità, Capitano lei può vederlo quando vuole»;

«La ringrazio signora Jenkins» replicò il supersoldato osservando sollevato le affettuose cure che l'infermiera rivolgeva al figlio.

Una volta usciti dalla stanza il capitano sospirò, come a voler buttare fuori tutta la sua frustrazione e stanchezza soffermandosi sulla camera di Natasha;

«Steve, dovresti riposarti un po'...» gli suggerì premurosa Laura giunta poco prima per conoscere il nipote, gli accostò una mano al volto;

«Lei non vorrebbe che ti riducessi così» lanciò uno sguardo dietro di sé «Devi darle un po' di tempo, non è facile dare alla luce un figlio degli Avengers» disse con un sorriso rassicurante. Laura Barton possedeva un'incrollabile fiducia negli esseri umani, bisognava avere pazienza e perché no un pizzico di fede.

«Laura ha ragione» concordò Niko «Clint e Maria si stanno dando da fare con la sicurezza, e siamo tutti qui per voi» il resto del gruppo annuì sicuro.

«Dagli ascolto Capsicle, o Natasha ti farà lo scalpo una volta sveglia»;

«Grazie, io seguirò il vostro consiglio... Datemi solo un momento» replicò guardando grato coloro che aveva accanto.

«Noi siamo qui, Stevie» gli ricordò Bucky utilizzando quel vecchio nomignolo che derivava dritto dalla loro infanzia.

Natasha però non era sola.

«Sharon!» la richiamò il supersoldato. Si era chiesta in effetti dove fosse.

«Steve» tirò sul con il naso, sistemando e lisciando il lenzuolo all'amica dormiente «Mi spiace non averlo visto insieme agli altri... Ma non riesco» una lacrima scivolò brutale sul volto stanco «Non posso conoscerlo, toccarlo, prenderlo fra le braccia prima di lei. Non è giusto, dovrebbe esserci Natasha in quella stanza con vostro figlio, dovrebbe toccarlo, coccolarlo, è sua madre non è giusto! E io non posso-»

«Ehi, lo so» la fermò gentilmente il capitano abbracciandola «Lo capisco, ti capisco» il suo sguardo si crucciò «Non ti preoccupare, grazie per restarle accanto. Dobbiamo avere pazienza, giusto?» le chiese quasi a voler cercare una conferma, una speranza in lei.

«Sì, dobbiamo essere pazienti Steve, lei è sempre tornata. Ricorda è sempre tornata da te, e lo farà anche per suo figlio» ribatté con rinnovata fiducia, asciugandosi con le dita le lacrime che avevano ricominciato a scorrere, traditrici.

«Come sta il piccolo?» chiese cercando argomenti più lieti. Era convinta che Natasha in qualche modo potesse ascoltarli.

«Bene, è sano, bellissimo, il colore dei capelli è il suo» rispose inevitabilmente commosso. L'agente 13 sorrise felice ed annuì;

«Ora vi lascio soli, vado a controllare che nessuno si faccia buttare fuori dall'ospedale» scherzò.

Rimasto solo afferrò la poltrona reclinabile e la trascinò accanto al letto in cui Natasha riposava, apparentemente solo addormentata.

«Hai sentito Nat? Nostro figlio ha preso da te... » le prese la mano, avvolgendola completamente nella sua «E' così piccolo, ho paura di fargli male solo sfiorandolo, ma tu sapresti cosa dirmi per tranquillizzarmi, glielo ho promesso, gli ho promesso che sarebbe andato tutto bene, perciò amore mio devi aprire gli occhi, ancora una volta... Torna da me».


TRE GIORNI DOPO...

Steve guardava suo figlio, affranto.

Il piccolo Rogers aveva cominciato a piangere sempre più spesso, sopratutto con l'esaurirsi del terzo giorno; l'intera squadra nel mentre sembrava essersi trasferita nel reparto dell'ospedale. Steve non aveva lasciato nemmeno per un secondo la sua famiglia facendo spola tra Natasha e il bambino; Sharon si era allontanata dall'ospedale solo per portare un cambio al capitano, che stoicamente tentava di tenere tutto insieme, compreso se stesso.

Florence Jenkins, si era rivelata fondamentale per l'educazione del neo genitore prendendosi cura non solo del piccolo ma anche di lui; ora cullava il neonato nel tentativo di calmare quel pianto straziante.

«Che cos'ha?» domandò preoccupato Bucky accanto all'amico;

«Vuole sua madre» replicarono in coro l'infermiera e Steve con sguardo vitreo. Miss Jenkins sorrise comprensiva in direzione del neopapà.

«Esatto, questo povero piccolo ha bisogno di sentire il tocco materno, il suo profumo, la sua pelle. Ha bisogno della sua mamma» spiegò con un sorriso desolato la donna. “Non è il solo” ribatté mentalmente Steve.

Ma Natasha purtroppo giaceva ancora inerme su quel letto, che al capitano pareva ogni giorno troppo grande per lei, la dottoressa Montgomery era incoraggiante, così come i risultati; ma lei ancora non si svegliava.

«Capitano, se lei è d'accordo potremmo provare a portarlo per un po' nella stanza della signorina Romanoff. Anche solo l'avvertire la sua presenza dovrebbe giovare al bambino»;

«Ma certo» replicò Steve stanco «Farà bene anche a Natasha».

E funzionò.

Il bambino spostato accanto al letto di Vedova Nera lentamente si quietò, riprendendo la normale respirazione, quasi a ritmo con quella della madre.

Per Steve invece era straziante guardare le due persone che più amava così vicine eppure irrimediabilmente lontane.

E lo compresero anche Bucky e Sam che cercarono di confortarlo.

«Andrà bene Steve, come hai detto tu» gli assicurò Sam.


*


All'inizio fu una singola sirena dell'ambulanza, a cui presto se ne aggiunsero altre, insieme a quelle dei vigili del fuoco e della polizia di New York. Doveva essere accaduto qualcosa di brutto.

«Steve? Ti ho portato qualcosa da mangiare» Sharon entrò con passo felpato nella stanza buia dove il capitano si era concesso – dopo le insistenze di tutti – del sano riposo.

«Che succede? Sento le sirene...» domandò con voce impastata dal sonno.

«A quanto dicono ci dev'essere stato un cedimento dell'asfalto che ha causato anche il crollo di una palazzina, i soccorsi sono partiti in massa, si aspettano molti feriti»

«Capisco».

Un concitato brusio all'esterno però insospettì i due, Steve abbandonò totalmente l'idea di lasciarsi andare al dolce oblio di Morfeo.

«Che succede?» chiese alla dottoressa Montgomery, era la prima volta che la vedeva così agitata.

«Io non capisco, le ambulanze non riescono a raggiungere l'ospedale! Dicono che c'è una sorta di posto di blocco che le fa deviare a pochi metri dall'edificio»;

«Steve!» Occhio di Falco correva rapidamente verso di loro;

«Clint, è lo S.H.I.E.L.D. che impone il blocco?»

«No! Nessuno ha mai dato un'ordine simile»;

«Non mi piace» disse pensierosa Sharon e dallo sguardo dei due compagni capì che la pensavano allo stesso modo.

Trovarono il resto della squadra “accampato” in una specie di sala d'attesa del reparto privato. Clint non fece in tempo a prendere parola che gli schermi della stanza iniziarono a ronzare fastidiosamente prima di proiettare il simbolo dell'Hydra.

«Ditemi che è uno scherzo» esalò Sam. Ovviamente non fu così.

Il volto disturbante di Aleksander Lukin apparve, come nel peggior incubo di Steve.

«Buonasera Capitano Rogers» era Teschio Rosso che parlava «Volevo tremendamente porgere i miei omaggi a tuo figlio» il supersoldato divenne di pietra a quelle parole «Mi perdonerai il trambusto ma non stavo più nella “pelle” all'idea di poterlo incontrare, è il benvenuto qui da noi»;

«Bastardo» sibilò Bucky cupo come non mai;

«La questione è semplice: a te la scelta Capitano! La vita di tuo figlio contro quella di poveri ed innocenti pazienti presenti nell'ospedale» con quelle ultime terribili parole lo schermo si spense.

«Chi ha voglia di prendere a calci il caro zietto Teschio Rosso?» borbottò Tony alzando la mano.

«Ci hanno chiusi qui dentro» ragionò Bruce «Hanno convogliato le forze dell'ordine lontano da qui... Il crollo era un diversivo»;

«Dobbiamo dargliene atto, con i diversivi ci sanno fare» commentò Clint con cupa ironia.

«Steve!» lo richiamò Maria trafelata sopraggiunta con Melinda May, anche loro dovevano aver sentito il discorso dei loro nemici.

Il capitano si prese un secondo per concentrarsi, poi decise:

«Dottoressa Montgomery? - la donna quasi scattò sull'attenti – è possibile far uscire i pazienti da un'uscita secondaria? O che normalmente non verrebbe utilizzata a questo scopo?»

«Sì. Sì è possibile, il problema sono i pazienti più gravi quelli attaccati alle macchine o con gravi patologie che non riuscirebbero a sopravvivere al di fuori di un ambiente medico specializzato» Steve ci rifletté su;

«Procedete con l'evacuazione, vi consiglierei di spostare ogni singolo paziente, chi non può collocatelo lontano dal piano terra e dai primi...»

«Capitano, per Natasha e suo figlio?» l'uomo con espressione mortalmente seria negò col capo. Meredith Montgomery annuì prendendo atto di quella decisione;

«D'accordo. Buona fortuna a tutti voi!».

«Stevie ne sei sicuro?» chiese seriamente preoccupato James;

«Probabilmente è quello che si aspettano» disse Clint dando voce ai pensieri del compagno «Restando qui, possiamo comunque gestire la situazione sapendo esattamente la sua posizione.»

«Non è l'ideale, lo sto deliberatamente mettendo in pericolo» abbassò il capo qualche attimo, quando lo rialzò, ciò che vi era scolpito metteva seriamente paura. Era lo sguardo di chi aveva deciso, di chi volontariamente si era messo su quella strada e l'avrebbe percorsa fino alla fine, di un uomo che aveva tutto da perdere e ne era perfettamente consapevole.

«Ma se arriveranno a mio figlio significherà che io ho fallito e sono morto» i suoi compagni si strinsero a lui e giurarono che le sue parole non si sarebbero mai avverate.

«Situazione? Chi è rimasto?».

«Pepper, Laura e i ragazzi sono tornati alla Tower ore fa» rispose Tony serio «Fury è con loro, le difese sono attive, se la situazione si fa critica ci raggiungerà» Steve annuì.

«Io, Bobbi e Hunter siamo a tua disposizione. L'ospedale- » la luce si spense di colpo e le luci di emergenza reagirono immediatamente, Sam andò alla reception ed afferrò il telefono. Imprecò.

«Ci hanno chiuso fuori!»;

«Il cellulare non prende» constatò Sharon.

«Beh c'era da aspettarselo» sospirò Bucky con le mani che prudevano.

«Lo S.H.I.E.L.D. Melinda?»;

«Abbiamo degli agenti sì. Purtroppo non siamo riusciti a contattare Coulson, ma credo che non ci metteranno molto a capire».

«D'accordo. Ascoltate è molto probabile che facciano opera di contenimento se non addirittura di logoramento su di noi, aspetteranno un nostro attimo di distrazione per superare la nostra linea, l'obiettivo è mio figlio, non dobbiamo dargli l'occasione per entrare in questo edificio. Melinda ti unirai a noi, Bobbi e Hunter saranno di guardia al reparto. Bruce non vorrei chiedertelo ma-»;

«Non devi infatti. Ci sto!».

«Andiamo a scatenare una bella rissa di strada!» terminò Iron Man con il suo solito sarcasmo che riuscì a far sorridere i presenti.


Quello che però non sospettavano è una serpe si era già introdotta nel nido.

«Signorina ce la fa? Si appoggi a me» l'aiutò l'infermiere premurosamente.

K restò volutamente isolata dal flusso di pazienti e medici che si avviava verso un'uscita secondaria; afferrò l'uomo che le aveva offerto sostegno e gli ruppe l'osso del collo.


Steve impeccabile nella sua divisa e con l'iconico scudo assicurato alla schiena, cercava di tranquillizzare il figlio, in lacrime fra le sue braccia; era come se lui sapesse, come se avvertisse il pericolo imminente che tutti loro correvano.

«Sh... Non piangere, andrà tutto bene, tornerò presto» sussurrava dolcemente.

«Capitano, me lo dia pure, ci penso io ora»;

«Miss Jenkins è sicura di non volersene andare?» le chiese per l'ennesima volta il supersoldato.

«Sicurissima Capitano! Se io me ne vado chi si occuperà di queste due meraviglie?» trillò incredibilmente allegra, accennando a Natasha e al bambino «Sa sono cresciuta in una famiglia di militari, io stessa ho prestato servizio, malgrado fossi appena maggiorenne, come infermiera sul campo durante gli ultimi anni della guerra del Vietnam, persi mio marito nella prima guerra del Golfo, dal quel momento niente fu più lo stesso. - il suo volto era soffuso d'una dolcezza malinconica che commosse Steve – i miei bambini sono grandi ormai. Ho visto da vicino gli orrori della guerra e le atrocità che può commettere l'essere umano, io resto».

«Grazie» replicò l'uomo ammirato, porgendole il bambino. Riportò il piccolo nella stanza, lasciandogli un momento di privacy.

Steve si chinò su Natasha, i suoi occhi si bearono e si riempirono di lei, le depose un bacio sulla fronte, promettendosi di baciare quelle labbra solo se fosse riuscito a sopravvivere alla notte.

«Ti amo».


«Clint. Tony. Quando volete!» sussurrò il capitano attraverso l'auricolare. Lui insieme a Bucky, Sharon, Maria, Melinda, Niko e Bruce, con alcuni agenti dello S.H.I.E.L.D. erano asserragliati dietro una barricata improvvisata con sedie, lettini, armadi rovesciati; l'ingresso principale continuava ad essere trivellato di colpi per questo nessuno di loro poteva muovere un passo. L'Hydra li stava letteralmente aspettando al varco.

«Hai sentito Legolas? Facciamo decollare questa festa!» e partirono all'attacco.

Clint dalla posizione sopraelevata scagliò le sue frecce esplosive dritte verso la prima linea nemica, che in quel momento impediva ai suoi compagni di agire. Tony lanciava piccoli missili in vari punti cercando di rompere il loro assetto.

«Cecchino individuato» disse Occhio di Falco mentre Iron Man seguendo le sue indicazioni intercettò un colpo diretto a loro. La loro posizione era compromessa.

«Pronto Sam? Ho un po' di carne fresca per te» berciò l'arciere comunicando le ubicazioni dei cecchini, mentre Falcon si lanciava da un piano più alto pronto ad eliminare i suoi avversari.

La via fu liberata e questo permise alla squadra di terra di contrattaccare finalmente.

«Sin!» gridò Steve tentando volutamente di attirare l'attenzione della figlia di uno dei suoi peggiori nemici. Doveva tenerla sotto controllo, e se l'unico modo per farlo era quella di affrontarla direttamente... Diavolo se l'avrebbe fatto.

«Oh Capitano! Quale onore essere riconosciuta da un tale esempio di rettitudine e virilità!» replicò immediatamente Sinthea, esibendosi in un impeccabile ed elegante inchino.

«Tuo padre è troppo vigliacco per affrontarmi?»;

«E' davvero impegnato in questo momento, sai la conquista del mondo. Ma credimi per te, io basto e avanzo» le sue labbra rubre si aprirono in un sorriso da squalo.

«Questo è da vedere» e lo scontro divenne fisico.

Bucky invece andò dritto verso Brock Rumlow prima anche solo potesse scorgere Sharon con lo sguardo. Lo aggredì con forza ma la risposta di Crossbones non si fece attendere.

«La cosa finisce stanotte Rumlow!»

«Io non credo proprio».

Falcon ed Iron Man tentavano di sfoltire le fila nemiche dall'alto e il ruggito bestiale di un Hulk appena risvegliato sollevò non di poco l'umore degli Avengers, almeno finché...

Tony si lasciò ad andare ad una bestemmia colossale;

«Questa è violazione del copyright!» strepitò subito dopo, guardando indignato ciò che l'Hydra aveva messo in campo per contrastare la minaccia di Hulk.

Era di certo una versione più rozza e dal design discutibile ma quello che aveva davanti agli occhi era un Hulkbuster. Hackerando JARVIS quella volta gli avevano pure sottratto i dati sul suo prototipo. Affronto su tutta la linea.

Tony volò dritto da Hulk e cercò di farlo concentrare.

«Ehi bestione lo vedi quello? Ecco adesso io e te distruggeremo il loro nuovo giocattolo!» la parola “distruggere” fu tutto quello che bastò all'energumeno verde per partire all'attacco.

Clint invece era impegnato con uno dei Winter Soldier, quello che aveva intravisto a Las Cruces, colui che aveva osato attaccare la sua famiglia e ridurre in cenere la sua casa.

«Muori» esordì atono L all'arciere apparentemente messo all'angolo. Occhio di Falco scompose a velocità impressionante l'arco fra le mani e questo si ricompose in un'alabarda a doppia lama, bloccando così il colpo che doveva essere quello fatale.

«Magari un'altra volta eh!».

Niko e Melinda insieme a Sharon e Sam dall'alto contrastavano i soldati fedeli all'Hydra. Capirono immediatamente che il loro unico scopo era quello di tenerli impegnati ed era pure chiaro che non avevano messo in campo tutte le forze a loro disposizione, per loro quello non era l'attacco finale e decisivo, era invece piuttosto come una scorribanda mirata, allo scopo di logorarli psicologicamente e renderli insicuri nel loro stesso territorio.

«Dimmi Capitano non ti ricordo lei?» celiò Sin con tono mellifluo cercando di colpire il suo avversario al fianco «A proposito ho saputo che non sta molto bene, sai io ho ucciso mia madre venendo al mondo, chissà se anche tuo figlio farà lo stesso con la sua, forse noi siamo una stirpe maledetta» raccontò ridacchiando perversa, Steve le lanciò contro lo scudo che lei però evitò.

«Non provare a paragonarti a lei, e nemmeno metterti sullo stesso piano di mio figlio. I tuoi bassi commenti non mi toccano» replicò il capitano glaciale. Erano entrambi malconci, eppure nessuno dei due era ancora riuscito a prevalere sull'altro. Sin stava cominciando a stancarsi, quell'uomo la rendeva nervosa.

Nel frattempo Tony e Hulk avevano messo in ginocchio l'Hulkbuster, riducendolo a delle lamiere informi. Il genio però si prese un momento per riflettere su quanto fosse stato semplice, il suo prototipo non era certo così debole strutturalmente, e se...?

Brock Rumlow non ne voleva sapere di morire, e riuscì a liberarsi dalla presa del Soldato d'Inverno, si diresse verso Sinthea mentre lasciava il suo avversario in balia dei suoi sottoposti.

«Sin – le urlò – lo S.H.I.E.L.D. è in arrivo» e lei afferrò al volo.

«E' un vero peccato dover interrompere questo delizioso dialogo Capitano»

«Ciò che state facendo, questa insulsa battaglia con lo scopo di logorarci, di farci capire che non siamo al sicuro nemmeno nella nostra casa non funziona più Sin. Nessun vostro uomo è riuscito a varcare la soglia dell'edificio, hai fallito. E non credere che io ti lasci andare così».

Per tutto il tempo però la ragazza non aveva perso il suo felino sorriso, un dispositivo scivolò nella sua mano e senza troppi fronzoli o parole lo premette; bombe fumogene ed alcune stordenti si attivarono spiazzando gli Avengers che furono costretti a subirne gli effetti.

I pochi superstiti dell'Hydra, con L, Sin e Rumlow si aggrapparono a delle corde discese praticamente dal nulla, ma quando i fumogeni si diradarono gli Avengers compresero che era troppo tardi. Nessuno se ne era accorto ma il Bus, ormai da molto tempo nelle loro mani, era sospeso in attesa sopra i grattacieli della città. E la domanda era solo una: come faceva un aereo del genere a volare indisturbato evitando di essere segnalato da qualsiasi radar, inclusi quelli dello S.H.I.E.L.D.?

«Capitano!» urlò Sin ormai lontana «Sei davvero sicuro che nessuno, nessuno non sia entrato in quell'edificio? - rise – Queste battaglie lampo non servono a nulla? Io direi di guardarti allo specchio ora! Non hai idea di quanto quell'espressione mi faccia godere. Chissà magari io e il tuo adorato pargolo ci incontreremo prima del previsto!».


Non perse nemmeno un secondo Steve, seguito a ruota da Sam e Bucky corse al reparto privato preoccupato per il figlio. Il suo cuore venne vinto dall'angoscia non appena vide il vetro protettivo della nursery infranto e l'intera stanza messa a soqquadro, Bobbi e Hunter spariti. I suoi occhi saettarono fulminei verso la culla del figlio e il gemito gli si strozzò in gola.

James e Sam si scambiarono uno sguardo terrorizzato e si affrettarono dietro l'amico.

Ad accogliergli c'era l'immancabile infermiera Jenkins che diligente al proprio mestiere riorganizzava l'intera stanza, malgrado lo zigomo offeso svolgeva il suo lavoro con tranquillità. Alla vista dei tre sollevò un sopracciglio, sorpresa dalla loro confusione.

«Gli agenti dello S.H.I.E.L.D. hanno già preso in custodia l'intrusa» rispose efficiente;

«Che- Cosa?» esalò il capitano non capendo «Dov'è mio figlio?» berciò con voce cupa.

L'infermiera a quel punto sorrise comprensiva;

«Oh nelle braccia più sicure del mondo, Capitano Rogers» celiò lei serena.

Steve sbatté le palpebre in evidente confusione, il suo cuore iniziò a pompare sangue molto più velocemente, se qualcuno non gli riportava il suo bambino nei prossimi dieci secondi sarebbe esploso.

«Che significa? Con chi è mio figlio?» chiese senza fiato. Florence Jenkins lo guardò con espressione benevola ed ebbe pietà del supersoldato;

«E' con sua madre».





*Il nome dell'infermiera Florence Jenkins l'ho ripreso da Florence Foster Jenkins, soprano americano che non possedeva però alcuna dote canora. Portata sul grande schermo da quel mostro sacro di Meryl Streep, ho letteralmente adorato il film e il personaggio, e così quando ho creato il personaggio dell'infermiera ho deciso di rendere un piccolo omaggio.

_______________________________________________________________________________Asia's Corner
O no? E anche questo capitolo è andato e credetemi è stata una faticaccia! Ma sono abbastanza soddisfatta del risultato e spero che lo sarete anche voi.
Direi che vi ho dato la giusta dose di "angst" e dolcezza. Cosa ne pensate dell'infermiera Miss Jenkins? Io avrei già mezza idea per lei... Ma spero che via piaccia quanto è piaciuto a me scriverne.
Direi che anche questo capitolo parla un po' da sè, eventuali quesiti lasciati qua e là verranno chiariti prossimamente, e se siete curiosi di sapere cos'è successo nelle ultime battute di questo capitolo, beh mi spiace dirvi che dovrete aspettare il prossimo capitolo (lo so, ma una buona parte è già nella mia testa e ho già scritto qualche pezzo qua e là) che verrà postato esattamente VENERDI' 03 AGOSTO (Mi impegnerò per restare nei tempi promesso!).
Nel mentre quanto era puccioso Steve con il figlio? A d o r a b i l e! A proposito la canzone è "Beautiful Boy" di John Lennon (se volete ascoltarvela mentre leggete alcuni pezzi del capitolo, io ve la consiglio).

Detto questo io passo come sempre a ringraziarvi TANTISSIMO del sostegno che mi date, sopratutto nella mia pagina autore su fb "Asia Dreamcatcher" (venite a dare un'occhiata!) ringrazio anche i lettori silenziosi e quelli che commentano (arriveranno le risposte tra qualche giorno, promesso).
A presto!


   
 
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