Capitolo 9
Quella notte fu interminabile per Emma.
Il sonno era tanto e gli occhi imploravano le
palpebre di chiudersi per un tempo abbastanza lungo da permettere loro di
riposare. La salvatrice però non era della stessa idea del suo organo visivo e fece
di tutto pur di non cadere addormentata. Erano sdraiati lì, sul letto della
loro bambina, dove Killian aveva ceduto alla
stanchezza infine, nonostante il suo tentativo di rimanere a fare compagnia
alla sua amata, perché sapeva che lei non lo avrebbe seguito nel mondo dei
sogni.
Il suo poco riposo lo preoccupava, ma allo
stesso tempo non poteva darle torto, se ogni volta che chiudeva gli occhi
finiva in quel luogo. Una volta gli era
bastato per spaventarlo parecchio. Poche volte nella sua vita era stato colto
da quell’angoscia e tutte le volte avevano a che fare con la salute di Emma e
del frutto del loro amore. Erano loro il suo punto debole e chiunque lo
conoscesse, lo poteva dire con certezza. Potevano catturarlo, torturarlo e
picchiarlo per giorni, ma niente sarebbe stato altrettanto doloroso come
perdere Emma e Alice, la sua famiglia, il suo riscatto per una vita passata a
compiere atti malvagi verso le persone ogni volta che gli girava male e una di
queste volte proprio sul nonno della sua amata.
Ma Emma lo aveva perdonato e così anche i suoi
genitori, David soprattutto e lui non poteva che essere grato per questa chance
che gli avevano dato sia loro che il destino.
Si girò in quel piccolo letto, che non riusciva
a coglierlo tutto per la sua statura e allungò il braccio per abbracciare Emma.
Aprì gli occhi quando si accorse che la donna
non era lì con lui. Sospirò e si mise a
sedere. Allungò la mano verso la lampada sul comodino accanto al letto e
accendendola, chiamò il nome di Emma.
Vide che non era più nella stanza e decide di
alzarsi per controllare che stesse bene.
Guardò nella loro stanza, in bagno e nella
camera che una volta era di Henry, la quale speravano che un giorno sarebbe
appartenuta a un nuovo membro della famiglia.
Niente.
Emma non si trovava nemmeno lì.
Scese le scale e guardò in cucina e in
soggiorno, ma della salvatrice nemmeno l’ombra.
Cominciò a preoccuparsi fin quando un rumore
non provenne dal piano di sopra. Era molto attutito, cosa che gli fece
comprendere che Emma poteva trovarsi in soffitta.
Avrebbe dovuto pensarci subito. Non era un
luogo della casa che frequentavano spesso, ma quando era nervosa, la sua amata
non riusciva a stare con le mani in mano e cercava sempre qualcosa da fare e in
genere, se la casa era già in ordine, Emma ripiegava per il ripulire la
soffitta, dove il disordine non cessava mai di esistere e le ragnatele si
moltiplicavano a batter d’occhio.
Aprì la porta della stanza e non potè fare a meno di sorridere alla scena che gli si
presentò.
Emma era su uno sgabello che si guardava in
giro piuttosto spaventata. Solo una cosa poteva spaventare la donna in quel
modo.
“Dov’è il nemico questa volta?” chiese Killian prendendola in giro e capendo da chi Alice avesse
preso la sua paura.
“è qui in giro nascosto da qualche parte ed è
anche bello grande!” disse Emma cercando in ogni luogo dove la sua vista poteva
arrivare.
“Non capirò mai come tu, con i poteri che hai,
possa farti intimorire da un ragnetto!” disse Killian
scuotendo la testa.
“Prova tu a farti quasi divorare da un ragno
gigante, poi vediamo se quei ragnetti ti staranno ancora tanto simpatici e per sottolineare il mio punto, questo ragno è
quasi grosso come quello che Gideon ha tirato fuori
da quel libro!” disse Emma.
Killian rise “Dalla descrizione che mi hai fatto quel ragno dovrebbe essere grande quanto
quello che si vede in…sai quel film dove c’è il ragazzino magico con la
cicatrice!”
“Harry potter!” disse
Emma, sorprendendosi di come Killian non avesse
ancora imparato il titolo di quel film dato tutte le volte che Alice lo aveva
voluto vedere…tutti e sette i film.
“Si, quello e dubito che un ragno di tali
dimensione potrebbe entrare qui dentro!” preciso Killian.
“è solo un po’ più piccolo!” disse Emma
sbuffando e osservando Killian che si era piegato per
prendere qualcosa tra due scatoloni.
“Mi sembra decisamente molto più piccolo!”
disse l’uomo tirando un ragno bello grosso, che ora gli stava tranquillamente
sulla mano “Ha più paura lui di te, di quanto tu ne abbia di lui!”
“Smettila con le frasi fatte e portalo fuori da
qui!” disse Emma seccata, per poi scendere dallo sgabello, mantenendo sempre
una certa distanza dal marito e dal suo nuovo amichetto.
Mentre Killian si
sbarazzava dell’ospite indesiderato,
Emma andò al tavolo della cucina e ci poggiò sopra una scatola.
Cominciò a tirare fuori diversi libri, tre in
totale, di cui solo un terzo della
pagine era stato utilizzato.
Aprì il primo e sorrise sfogliandolo. Era
l’album di fotografie di Henry. Lo sfogliò lentamente e si soffermò su alcune foto
che non erano state scattate da lei, ma da Regina, che facendone dei doppioni,
le aveva regalato. Era Henry nelle sue varie fasi di crescita, quelle fasi che
si era persa. Sospirò mentre lo sfogliava. Le mancava il ragazzo, ma sapeva che
ormai era giunto per lui il momento di trovare la sua strada. Sapeva che stava
bene perché si mantenevano in contatto e sapeva che la sua ricerca di avventura
nella foresta incantata andava alla grande. Ora che ci pensava però quella
settimana il suo messaggio era in ritardo. Qualche volta capitava che tardasse
un po’, ma nella sua testa cominciò a passarle l’idea che qualcosa potesse
essergli successo, dopo tutto quello che preannunciavano i suoi incubi. L’unica
cosa positiva era che non gli era mai successo di vederlo negli inferi. Si
aggrappò alla speranza che quello fosse un buon segno.
Killian nel frattempo, si era seduto accanto a lei e
anch’egli ammirava le fotografie. Di tanto in tanto osservava il volto di Emma.
Sembrava quasi inespressivo, ma l’uomo poteva vedere come il suo cervello era
al lavoro.
“Cosa sta passando per la tua testolina love?”
chiese l’uomo.
Emma sospirò e aggiunse “Sto pensando a tutta
sta faccenda. E se non ce la facessi a risolvere questo casino? Avrò anche dato
inizio allo squilibrio tra le forze che equilibrano il mondo o le varie realtà
o qualsiasi cosa sono andata a intaccare, ma cosa ne posso io contro qualcosa
come l’inferno? Salvatrice o meno, sono solo una persona. Avrò anche grandi
poteri, ma sembra che riesca ad usarli solo per complicare le cose in modo
irreparabile!”
“Sono sicuro che si sistemerà tutto. Ce la
farai e come al solito non sarai sola!” disse Killian
provando ad accarezzarle la guancia, ma lei si alzò dalla sedia nervosamente e
si abbracciò. Cominciò a fare avanti e indietro per il salotto e dopo un po’
chiese “Come puoi esserne così sicuro? Hai visto anche tu contro cosa abbiamo a
che fare e…” cominciò Emma, venendo fermato dal pirata.
“Lo posso dire con certezza perché ho speranza.
Speranza e fiducia in te, nel nostro amore e nei nostri legami affettivi che
abbiamo instaurato in questi anni!”
Emma lo guardò negli occhi senza parlare.
“Anche l’ultimo nemico ci sembrava impossibile
da fermare, ma alla fine si è risolto tutto!”
aggiunse Killian.
“Solo perché quell’entità di luce è
intervenuta. Io non sarei stata in grado di sconfiggere l’oscurità e nemmeno
adesso ho le capacità di affrontare quei demoni o chiunque dovrei affrontare
per risolvere sta situazione. Ho affrontato delle arpie, che da quanto scritto
sui libri sono solo delle guardiane
degli inferi e mi hanno quasi uccisa. Ma affrontare mostri come quello che ti ha divorato come…come è possibile
sconfiggere una cosa del genere?”
“Sono sicuro che…” cominciò Killian.
“No, non finire la frase. Lo so che lo dici
perché vuoi darmi fiducia e ti faccio ragionare su di una cosa. Chiunque si
trovi agli inferi è già morto…come si può sconfiggere qualcuno che non può
morire?”
“Non puoi!” disse una voce dietro le spalle di
Emma, che la fece voltare di scatto.
Killian non ebbe il tempo di trovare una risposta che
vide la sua amata crollare per terra dal nulla, senza che ci fossero stati
segni di un’improvvisa perdita di sensi.
La raggiunse immediatamente, per svegliarla e
controllare che non avesse battuto la testa, in quanto non aveva avuto i
riflessi pronti per afferrarla prima che cadesse. Ringraziò il fatto che avesse
schivato il tavolino di vetro, che si trovava davanti al divano.
La chiamò ripetutamente e più volte e provò a
rianimala con i sali e alzandogli le gambe, come aveva imparato a fare grazie a
Emma, durante una perlustrazione per le città di Storybrooke,
dove dovettero soccorrere un uomo che ebbe un improvviso calo di pressione.
Killian sperò vivamente che quel metodo funzionasse,
ma vedendo i scarsi risultati, chiamò aiuto.
Emma
si trovava di nuovo in un ambiente poco piacevole, ma poteva dirlo con
certezza, non si trovava a Storybroke. Sebbene il
posto non fosse per niente come se lo ricordava, cioè ricco di vegetazione e di
magia che sempre era appartenuta a quella terra, una cosa aveva in comune con
quello che ricordava, quel posto le metteva i brividi proprio come la prima
volta che ci mise piedi. Nonostante i racconti, la sua permanenza era stata
tutt’altro che piacevole, una continua lotta per la sopravvivenza, non solo per
lei, ma per i suoi famigliari e soprattutto per Henry. Lo aveva quasi perso un
quel luogo, un luogo dove la sensazione di essere solamente un orfana tornava a
galla.
L’atmosfera
era sempre rossastra col cielo che più lo guardava, più sembrava sangue. Con nuvole nere come la pece che si muovevano
a una velocità poco normale.
Emma,
stranita, osservò meglio e comprese. Non erano nuvole, erano ombre o per essere
più preciso anime. Si nascose dietro a
un tronco marcio. Per esperienza sapeva che non c’era da scherzare con quegli
esseri e mentre li teneva d’occhio, cercava di capire come fosse arrivata lì.
Stava parlando con Killian fino a un secondo prima,
quindi non stava dormendo e una visione non poteva essere. Seguendo la logica
delle altre visioni, avrebbe dovuto trovarsi nel salotto di casa sua, sebbene
non sarebbe stato così accogliente come nella realtà. Un particolare però le
tornò in mente solo in quell’attimo.
“Ehi,
ragazzo ehm…Lucas vero?!” disse sussurrando, ma non ricevette nessuna risposta
e quindi riprovò “Lucas!” disse un po’ più forte e fu in quel momento che
l’interpellato sbucò da dietro le sue spalle facendola spaventare “Non parlare
a voce alta, se quelli ti sentono non sarà divertente!” disse il ragazzo, prima
di farle cenno di seguirla.
Il
bimbo sperduto condusse la salvatrice in una grotta difficile da trovare se non
si sapeva dove cercare. Si sedettero al suo interno e Emma osservò l’ambiente
circostante e notò che non era una semplice grotta.
“Perché
mi trovo a Neverland, invece che a Storybrooke? Sono sempre apparsa nella mia città e pensavo
che fosse perché realtà e aldilà si stanno sovrapponendo e invece..”
“in
genere è così quando si tratta di visione, quando invece sono sogni, finisci
nella terra di origine di chi ti chiama, questa volta ti ho cercato io ed
essendo questa casa mia, sei comparsa qui!”
“Questa
quindi è casa tua?” chiese Emma.
“Si, come ti ho detto sono un bimbo sperduto!”
disse il ragazzo.
“No,
non mi riferivo all’isola, ma a questa grotta. Ci sono gli elementi che servono
per sopravvivere e mi domando perché non sei rimasto all’accampamento con i
ragazzi che non sono voluti venire a Storybrooke con
noi!”
“Io
non ero presente quando avete fatto quella proposta. Me n’ero già andato quando
mi sono ribellato a Peter Pan nel suo continuo cercare il credente, continuando
a rapire bambini nella speranza di trovare quello giusto. Io sono uno di loro e
quindi…lo odiato per avermi strappato alla mia famiglia, senza lasciarmi la
possibilità di andare. Non so quale era il suo criterio, ma solo pochi
fortunati potevano tornare indietro. Io ho cercato di ostacolarlo come potevo,
ma sono sempre stato da solo contro tutti e infine, i bambini sperduti che gli
sono rimasti leali anche dopo la sua sparizione, mi hanno ucciso. E ora, anche
senza Peter Pan, l’ombra continua a governare su queste terre e se non è la
sua, è quella dell’isola!”
“Dell’isola?”
chiese Emma confusa.
“Si,
l’isola che non c’è ha una sua vita, non è mai stata una semplice terra in un
posto sperduto e disabitata. Inizialmente era una terra buona dove la sua ombra
prendeva i bambini per farli giocare durante il sonno, poi l’arrivo di Peter
Pan ha trasformato tutto. Il suo egoismo ha cambiato l’isola, che si era sempre
nutrita dei sogni e speranza dei bambini e con quel sentimento negativo, questa
terra è diventata quella che conosci. Selvaggia e piena di pericoli e continua
ad essere abitata da persone che non hanno nel cuore sentimenti positivi. I
bambini sperduti sono arrabbiati per la solitudine che provano, gli indiani
sono desiderosi di vendetta contro i pirati che stanno sterminando la loro
gente e i pirati di per sé non sono persone da un buon cuore!”
“Quindi
in poche parole questa isola si nutre dei sentimenti negativi dei suoi abitanti,
non potendo più tornare a essere un luogo di speranza come lo era in principio?” chiese Emma.
Il
ragazzo annuì.
“Non
che la storia di Neverland non mi interessi, ma cosa
ha a che fare tutto questo con me? Non dirmi che anche questo è colpa mia?
Quando Peter Pan è arrivato su quest’isola io non ero nata!”.
Lucas
scosse la testa “No, non è colpa tua, ti ho solo voluto raccontare la storia di
quest’isola perché…perché ci dovrai tornare. Da sola o con i tuoi amici, ma
presto i tuoi piedi toccheranno nuovamente queste terre e non attraverso sogni
o visioni ed Emma…dovrai stare molto attenta. Quest’isola cambia le persone e
non dovrai farlo accadere?” disse Lucas confondendo Emma.
“Cosa
vuoi dire? Io non ho alcuna intenzione di tornare qui, perché dovrei fare una
cosa…” cominciò la donna, ma il ragazzo lo fermò “Perché è una delle cose che
dovrai fare per risolvere il casino che tu stessa hai dato vita, non importa se
consapevole o meno!”
“Cosa
intendi dire?” domandò Emma perplessa “E sii chiaro!”
“Gli
inferi stanno prendendo il sopravvento sul mondo reale perché l’equilibrio è
stato intaccato e tu dovrai ripristinare questo equilibrio!”
“e
come?”
“Dovrai
ripristinare l’ordine tra le terre esistenti e il mondo dell’aldilà con una
magia molto potente e avrai bisogno di ogni elemento che caratterizza queste
terre per poterlo fare. Hai presente la magia compiuta per riunificare le lame
di escalibur? Hai avuto bisogno della scintilla del
Dark one per poter compiere una tale impresa e questa
volta dovrai impossessarti della scintilla di ogni terra e riunificarle!”
“E
queste scintille come me le procuro?”
domandò Emma.
“Le
dovrai creare. una volta compreso di cosa hai bisogno, non sarà difficile
procurarsi gli ingredienti di per sé, ma…” Lucas cominciò a spiegare, quando
una voce che Emma conosceva la distolse dalla conversazione.
“Questa
è Roni!” disse infatti la salvatrice, correndo fuori.
Chiamò
la bambina ripetutamente senza riuscire però a comprendere dove si trovasse.
“Come
è possibile che sia qui? Io ho chiamato te, non lei!” disse Lucas confuso.
“Hai
chiamato me o la salvatrice?” chiese Emma preoccupata.
“Ci
possiamo mettere in contatto con te in modo permanente solo collegandoci ai
tuoi poteri. Se usassimo il tuo nome, sarebbe solo un sogno che potresti
dimenticare e sarebbe tutto inutile!” spiegò Lucas.
Emma
sospirò cominciando a capire perché anche le bambine facessero quei sogni.
L’urlo
di Roni riecheggiò nuovamente nella foresta e Emma
seguendo il suono, riuscì a trovarla.
Le
ombre la stavano portando via.