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Autore: JohnSilver    09/07/2018    1 recensioni
In una cupa e fredda Londra, la lotta per la vita si deciderà nella morte. Sette idoli daranno nuova vita ad un male antico e potente. Un giovane studioso posto dal destino sulla bilancia della vita, dovrà lottare nel caos per trovare l'ordine del suo mondo. Questo è il primo capitolo di questa storia! Spero vi piaccia :D
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Quel giorno fui svegliato di soprassalto. Prima un esplosione, poi urla e pianti di disperazione. Sconvolto, corsi alla finestra per scoprire cosa stesse succedendo. La vecchia mansione a pochi isolati dalla mia umile dimora era stata ridotta ad un cumulo di macerie, e nell'incidente erano stati coinvolti alcuni malcapitati che sfortunatamente si trovavano nei pressi dell'edificio. Subito era giunta la polizia seguita da una schiera di curiosi pronti a prestare aiuto qualora fosse necessario. Alcuni si misero a cercare superstiti, altri a discutere sul perchè del disastro. Dopo alcuni minuti, i caschi blu riesumarono dai vari detriti il corpo di un uomo, dal volto insanguinato e le cui gambe erano state portate via dall'incidente. Era il professor Heck, una delle menti più illustri che Londra avesse mai conosciuto. Scenziato, Antropologo ed Artista erano solo tre dei tanti appellativi che si davano a quest'individuo.  Pensavo fosse morto, quand'ecco che un urlo agghiacciante e penoso sconvolse me quanto tutti i presenti: < Perchè lo hai fatto??? Stolto! La vita a cui ambisci è l'orrore dal quale cerchi di fuggire! Maledetto sia il giorno in cui li trovammo! Maledetto sia io e che possa sprofondare insieme ai miei studi e alle mie scoperte all'inferno! Voi, sciagurati, riparatevi nelle vostre case e pregate i vostri dei, un male oltre ogni credenza sta per portare alla rovina questo mondo! > Detto ciò, l'individuo contrasse il suo volto in una mimica piena di disperazione e dolore, e così esalò l'ultimo respiro. Si cercarono altri superstiti a lungo, ma non vi si ritrovò nessuno. I poliziotti convenirono che la causa dell'esplosione era dovuta ad uno degli esperimenti di quel pazzo appena deceduto, e repentinamente conclusero il caso facendo ritornare tutti nelle proprie dimore. Mi allontanai  dalla finestra e, preso dallo sconforto, mi abbandonai inerme sul letto, pensando a quanto anche un uomo di scienza e di grande levatura possa, sottoposto ad uno shock estremo, abbandonarsi ad un atto così estremo e grottesco, fuori da ogni limite dettato dal senno. Passarono alcune settimane, e le voci riguardo la tragedia di 'casa Heck' cominciavano già a scemare. Io, terminati i miei studi di antropologia, ottenni un posto di lavoro al nuovo museo di storia naturale di Londra. Da lì a poco avrei sposato anche la donna della mia vita, la mia dolce Mary Ann. Le cose andavano per il meglio e potevo considerarmi un uomo felice, che non aveva bisogno di ulteriore benessere. Purtroppo la bilancia della vita stava per cambiare i suoi pesi, pronti a gravare sulla mia disfatta. Un giorno mi imbattei nello studio di un antica tribù del Sud Africa che era solita venerare degli idoli in avorio raffiguranti le sette facce della morte, dalle quali si diceva provenissero poteri di divinità oscure che avrebbero celato il mondo in una morsa di oblio e disperazione. Questo clan era infatti temuto da tutti i suoi rivali, perchè considerato capace di fare cose terribili. Ma nel male più profondo, a volte può nascere il bene più puro. Il figlio stesso dello stregone che capitanava tale comunità non sopportava questo culto così nefando, perciò, essendo potente come il padre, intagliò su due pezzi di legno degli idoli raffiguranti l'amore e la fede, consacrandoli al bene assoluto. Con questi si decise di lottare il proprio padre e riuscì a distruggerlo, facendo disperdere i sette idoli della morte. Casualmente, dopo qualche tempo, uno di quest'ultimi idoli, quello raffigurante l'amore, pervenne al museo e fui incaricato di esaminarlo. Rimasi fino a sera inoltrata al museo per studiare l'oggetto, meravigliato dalle sue forme e dai suoi intarsi, cercando di tradurre le scritte che vi erano impresse. Tali sembravano esser state coniate in una lingua apposita, non registrata in nessun altra tribù africana. Stavo per riuscire a capire la struttura di questo linguaggio quando ad un tratto la mia vista si distorse, ed il sangue cominciò a gelarmi nelle vene. Un forte fischio mi rimbombava nelle orecchie e caddi dalla mia sedia in preda a convulsioni tremende. Di fronte a me vidi una figura umana imponente, candida come la neve, con lunghi capelli color argento e occhi come il ghiaccio. La vidi avvicinarsi per prendere la statuetta, ma nel tentativo di toccarla la sua eleganza e bellezza svanirono in un cupo segno di morte. I suoi occhi diventarono rossi come il sangue, la sua pelle decadente, ed i suoi capelli radi per una frazione di secondo, poi tornò esattamente come l'avevo visto prima. Si girò verso di me, in un diabolico sorriso. Io cercai di avventarmi contro di lui ma il fischio e gli spasmi aumentarono. Dopo di che mi prese per il collo, mi sollevo in aria e disse: < Tu ora hai un nuovo padrone! Servirai il più antico dei mali e sarai il distruttore della tua specie. Io sono Ral Saghàt, tuo nuovo dio. L'oscurità non può toccare la luce, come la luce non può invadere l'oscurità. Hai il compito di distruggere questo oggetto e di trovare il suo gemello!> Parlato così, mi trafisse il petto con la sua mano e mi scaraventò a terra. Così dissi addio alla vita, per poi risorgere nella morte.

   
 
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