Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: WhiteLight Girl    12/07/2018    2 recensioni
Adrien aspetta Marinette per pranzare, ma quando lei non si presenta in orario al loro appuntamento alla pasticceria ci mette un po' a rendersi conto che Ladybug è in televisione. Un nuovo nemico è comparso a Parigi, ma quando Chat Noir raggiunge il posto è solo con un'immensa distesa di ragnatele. Prima di riuscire a trovare Ladybug e gli altri eroi, il ragazzo viene colpito alla nuca e perde i sensi. Si risveglia in ospedale, dove gli viene detto che Marinette è rimasta uccisa nel fuoco incrociato, ma lui si rifiuta di crederci.
***
La ripresa aerea non le rendeva giustizia, ma c’era ben poco da ammirare quando la sua comparsa significava guai seri in città e la presenza di Rena Rouge al suo fianco non faceva altro che avvalorare la tesi.
«A pensarci, forse dovrei telefonarle.» mormorò Adrien. Ad una prima occhiata, Plagg sembrava stupito dal suo repentino cambio di idea, ma Sabine si limitò a fargli l’occhiolino.
«Anzi, forse dovrei andarle incontro, assicurarmi che non si perda.»
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Chloè, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

PRENDI FIATO

Adrien si svegliò ancora una volta legato al lettino, la cannula della flebo infilata nel braccio pizzicava; non si sarebbe stupito se avesse scoperto che gli aveva provocato un livido.
Vedeva gli occhi azzurri e le ciglia folte e scure di Ladybug tanto vicini da essere sfocati e non poteva e non voleva distogliere lo sguardo anche se, intontito com’era, quasi non riusciva a metterli a fuoco. Una volta che vi riuscì divenne quasi impossibile distrarsi da lei. Sentiva le dita della ragazza sfiorargli i capelli, il suo fiato caldo e familiare che gli solleticava il mento, la voglia disperata di baciarla che lo scuoteva nonostante tutto il resto.
Ricordava le parole di suo padre, quelle degli infermieri e dei dottori; tutto quello che si era sentito dire quegli ultimi giorni o settimane era che Marinette era morta, che non sarebbe più tornata, ma ora che la vedeva di nuovo crederci gli era davvero difficile. Sentiva il suo calore, il suo profumo, come se fosse viva. Vedeva la preoccupazione nel suo sguardo, così come avrebbe potuto immaginarla, e poteva contare le lentiggini sulla parte del suo viso che non era coperta dalla maschera.
Gli avevano detto che Marinette era morta innumerevoli volte e lui ci aveva messo secoli a convincersi che avessero ragione. Tutte le volte che l’aveva vista, che aveva sentito la sua voce amorevole che lo tranquillizzava ripetendogli che sarebbe andato tutto bene, mai una volta lei aveva fatto davvero qualcosa per aiutarlo.
Se fosse la vera Ladybug sarei già fuori di qui, si disse.
Aveva bisogno di ripeterselo, per ricordarselo, perché altrimenti la sua speranza di essere in un incubo avrebbe soffocato la realtà e l’avrebbe condotto sull’orlo della pazzia.
Se Marinette fosse davvero qui mi avrebbe già portato via.
«Smettila.» le disse, quando le labbra di lei gli sfiorarono il mento. «Tu non sei veramente qui.»
Era una vera tortura; da quando Adrien l’aveva accettato lei era rimasta appollaiata sul suo letto come una succube intenta a divorarlo poco a poco e non ne aveva voluto saperne di lasciarlo in pace, nonostante le sue suppliche.
«Come potrei non essere qui?» gli domandò allora Ladybug. Strofinò il naso sulla sua guancia, provocandogli un brivido che non riuscì a nasconderle. «Non lo senti questo?» chiese, poi gli mordicchiò il lobo dell’orecchio.
Adrien scosse il capo e si agitò tentando di scrollarsela di dosso, lei rise.
«Tu sei morta, sei morta affrontando il grande ragno.» le disse, come se farglielo sapere potesse farla smettere, come se ripeterselo potesse fare in modo che il suo cervello smettesse di pensare a lei, di vedere lei.
Ladybug gli accarezzò una guancia, il braccio posato attorno alla sua testa non aveva peso, quindi il materasso non di piegava in quella direzione come avrebbe dovuto. «Ti sembro morta?»
Adrien si sforzò di pensare a suo padre, ai dottori, agli infermieri, agli psicologi, ma con lei così vicina gli sembrava impossibile. «Loro me l’hanno detto.»
«Forse mentivano.» Gli sfiorò la frangia con un dito come se volesse scostargliela dalla fronte, ma invece di farlo la toccò semplicemente. «Questo posto non ti fa bene.»
Ad Adrien sembrava di essere sul punto di crollare, avrebbe voluto uscire, che Ladybug fosse davvero lì per portarlo via, che Marinette facesse di tutto per convincere suo padre a riportarlo a casa.
«Se tu fossi reale, se fossi la mia Ladybug, mi avresti portato fuori da un bel pezzo.» le disse a denti stretti.
Lei non ribatté, ma si chinò a baciarlo con tanta forza che a lui mancò il fiato; era come se qualcosa fosse seduto sul suo petto impedendogli di respirare correttamente, come i suoi polmoni fossero all’improvviso incapaci di immagazzinare ossigeno e anche di sputarlo fuori. Quando la sensazione di soffocare passò, Adrien si scoprì solo al centro della stanza, le cinghie ancora strette attorno ai polsi e l’interno del gomito che ancora bruciava. Prese fiato e fissò il soffitto, sforzandosi di non pensare, sperando che questo non la facesse tornare ancora una volta a tormentarlo.
«Adrien!» si sentì chiamare, ma non voltò il capo verso la porta, per non vederla ancora una volta immobile sulla soglia pronta a ricominciare a tormentarlo.
Lei lo raggiunse, chinandosi su di lui e scostandogli la frangia dalla fronte per liberargli gli occhi.
Si costrinse a non guardarla, pensando che forse così sarebbe svanita, che avrebbe perso consistenza un’altra volta, invece lei premette le dita sul suo polso ed allentò la cinghia che lo tratteneva, liberandogli la mano in pochi secondi.
«Ti porto fuori di qui.» gli disse. E sganciò anche quella che gli premeva sul petto.
Adrien rimase immobile, strinse i pugni e trattenne il fiato, all’inizio lei parve non accorgersene, o forse era solo quello che la mente di Adrien voleva che lei facesse. Quando Ladybug gli ebbe girato attorno, dopo avergli sganciato le cinghie che gli bloccavano le ginocchia ed i piedi, quando gli liberò anche l’altra mano e gli sfiorò il braccio a cui era attaccata la cannula per la flebo, Adrien si sollevò e le strinse il polso per impedirle di fare altro.
«Smettila.» le disse. «Smetti di giocare con la mia testa, chiunque tu sia, qualunque cosa tu sia.»
Gli occhi sgranati e preoccupati di lei non lo impietosirono, le sue labbra dischiuse non gli scatenarono il solito impulso di baciarla.
«Di cosa stai parlando?» gli domandò Ladybug. Adrien non le rispose e allora lei continuò. «Sono venuta a portarti via, mi dispiace averci messo tanto ma ora sono qui.»
Fece un passo verso di lui, sollevò la mano per sfiorargli la guancia, ma Adrien la spinse via.
«Tu sei morta! Tu sei morta!» ripeté.
Ladybug scosse il capo. «No! Sono viva, sono qui!» disse lei.
Cercò ancora di avvicinarlo, ma lui non voleva sentire ancora il calore della sua finta pelle, né la sua voce, né l’ansia nel suo respiro.
«Vattene.» le disse.
Lei tese un braccio per raggiungerlo. «Non senza di te.»
Adrien digrignò i denti e, prima di rendersene conto, afferrò il tubo della flebo. Lasciò che lei gli si avvicinasse, allora la afferrò per la spalla e la costrinse a voltarsi, poi avvolse il tubo attorno al suo collo ed iniziò a stringerlo sulla sua gola.
«Lasciami stare! Tu non esisti! Non sei reale! Sei solo nella mia testa!» le disse.
Ladybug continuò a dibattersi tra le sue braccia, si aggrappò a lui, agitò le gambe e scosse le spalle per costringerlo a fermarsi, mugolò tremando contro il suo petto per diversi minuti, ma lui non la lasciò andare finché le sue dita non si fecero molli e scivolarono via dai suoi polsi, dove aveva disperatamente cercato di costringerlo a mollare la presa. Solo quando la testa di lei iniziò a ciondolare contro la sua spalla e fu certo che non respirasse più si permise di lasciarla andare. Il suo corpo cadde a terra a faccia in giù, ma invece che quel sollievo che Adrien si aspettava e che tanto bramava, la vista del suo cadavere riverso sul pavimento avvolto in quel familiare completo rosso lo nauseò.
Trattenne i conati e continuò a fissarlo, la necessità di vederla svanire davanti ai suoi occhi lo soffocava ogni secondo che passava, ma quella visione non accennava a dissiparsi ed i graffi delle sue unghie sulla pelle bruciavano.
Poi la voce dalla porta lo colse di sorpresa, così come lo sguardo inorridito di Carapace.
«Amico... Cosa diavolo hai fatto?»
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: WhiteLight Girl