Capitolo 10
Nel pieno della notte il telefono a casa Charming suonò. Snow e David
sussultarono e il secondo si lamentò di chi potesse chiamare a quell’ora, ma si
affrettò a rispondere pensando al fatto che una chiamata a quell’ora poteva
indicare solo una cosa. Qualcosa era successo.
Dall’altro capo del telefono infatti vi era Killian, che, allarmato, chiedeva il loro aiuto.
Svegliarono Alice e Neal e subito i Charmings si recarono a casa Swan-jones.
“Papà!” urlò la bambina abbracciando l’uomo, ma
appena vide la madre sdraiata sul divano domandò “Perché la mamma dorme qui e
non nel suo letto? Avete litigato?” chiese la bambina, ricordandosi di quando Killian si ritrovava sbattuto sul divano quando i suoi
genitori litigavano.
“Killian, cosa è
successo?” chiese Snow, avvicinandosi la figlia e
tastandole la fronte per assicurarsi che non avesse la febbre. Vedeva la
smorfia sul suo volto e una domanda le sorse spontanea “Perché si trova qui?
Non dovrebbe essere in ospedale?”
“Il dottor Frankestain
ci ha letteralmente buttati fuori e non mi sembrava il caso di riportarla lì,
con il rischio che non la curasse a dovere!” disse Killian
“è svenuta all’improvviso. Eravamo qui che stavamo parlando e poi è caduta. Non
ci sono stati segnali che mi hanno anticipato un suo malore e…non lo so, non
sono bravo in questi cose, ma i soliti metodi per far rinvenire qualcuno non
funzionano, forse sbaglio qualcosa!”
“Ora capisco!” disse David, abbassandosi
all’altezza della nipote e chiedendole “Tesoro, puoi con i tuoi poteri controllare
che la mamma non sia ferita?”
Alice guardò il nonno confuso e poi il padre
“La mamma sta male? Whale non l’ha guarita?”
Killian serrò la mascella nel vedere il suo sguardo
impaurito. Non voleva far preoccupare la figlia e cercò un modo per farla sentire
meglio “vogliamo solo essere sicuri che Whale l’abbia
curata a dovere. Sai la magia è più efficace della medicina. è solo una
precauzione. Ti senti di farlo?”
La bambina non ci pensò nemmeno un attimo. Non
era praticissima con gli incantesimi di guarigione, ma qualche volta era
riuscita a nascondere ai suoi genitori di essersi sbucciata le ginocchia dopo
che le avevano ripetutamente detto di non correre, curandosi autonomamente. Si
avvicinò al corpo immobile della madre, ma Snow la
fermò.
Durante la sua fuga dalla regina cattiva, aveva
avuto a che fare con il popolo, che l’aveva aiutata a nascondersi e alcuni di
loro, le avevano insegnato qualche base sulla medicina e su come riconoscere
certe malattie attraverso i sintomi e poteva affermarlo con certezza “Credo non
ci sia da preoccuparsi. Sta solo dormendo!”
Killian aggrottò le sopracciglia “Non c’è da
preoccuparsi? La gente non si addormenta così di botto mentre è intento a fare
qualcosa. Neanche i colpi di sonno sono così
improvvisi. Quindi se sta davvero dormento, vuol dire che c’è nuovamente
di mezzo il solito sogno, il che spiegherebbe perché si fa fatica a svegliarla,
ma il modo in cui si è addormentata è…”
“Sono giorni che non dorme come si deve, forse
il suo modo di addormentarsi non è poi così assurdo!” disse Snow
non credendoci poi più di tanto.
“Se l’avessi vista cadere non lo diresti!”
disse Killian convinto e quando vide Emma cominciare
ad ansimare e agitarsi, riconoscendone i
sintomi, aggiunse “L’incubo ha inizio!” disse Killian,.
Emma
era terrorizzata a quanto gli si presentò ai suoi occhi. Roni
era stata appena afferrata da quelle ombre. Ebbe la tentazione di usare la sua
magia per colpire le ombre, ma temeva di colpire Roni.
La
vide alzarsi sempre di più in alto e la salvatrice si rivolse a Lucas “Questa è
opera tua. Tu hai chiamato la salvatrice in questo luogo e con me è stata
trascinata anche lei. Devi farci svegliare!”
“Non
posso, questo non dipende da me. Ma se anche quella bambina è una salvatrice è
meglio che tu riesca a salvarla prima che sia troppo tardi!” disse Lucas
preoccupato, non staccando gli occhi da quelle ombre che via via, si
allontanavano sempre di più.
Emma
si rassegnò. Nel bene o nel male la sua magia, anche colpendo Roni, sarebbe stato meno doloroso di qualsiasi cose quegli
esseri avrebbero fatto alla bambina. Si concentrò e dopo alcuni tentativi
andati male, colpì l’ombra che aveva afferrato la bambina. Ci fu un gridò da
parte di quell’essere, seguito da quello di Roni, che
precipitò nel vuoto.
Emma
urlò “Roni svegliati!”
Snow e Killian si
trovavano nella stanza di Alice, mentre tentarono di rimettere a dormire i
propri figli.
Neal era confuso da tutto quel trambusto. Non
capiva il perché di quel continua andare e venire da casa sua a quella di sua
sorella e aveva cominciato a porre un sacco di domande. Neve rimaneva sempre
sul vago, non volendo allarmare il figlio, proprio come Killian
non voleva allarmare Alice. La differenza tra Neal e la sua nipotina era che il
primo non avendo a che fare con i sogni direttamente, credeva in qualunque cosa
gli si raccontasse, mentre Alice era più difficile da convincere che le cose
andavano bene. Snow intonò una ninna nanna, mentre Killian accarezzava i capelli della figlia, mentre la
osservava scivolare nel sonno e sorrise nel vedere quanto la sua bambina fosse
somigliante a Emma. Aveva la sua stessa espressione quando dormiva…certo,
quando la sua amata non era perseguitata da incubi.
Ci volle un po’ ma finalmente entrambi i
bambini caddero addormentati e Killian e Snow poterono chiudersi la porta alle spalle.
Sospirarono, prima di allarmarsi nel sentire
l’urlo di Emma.
Corsero subito nella stanza, dove videro David
gridare il nome della figlia, ma di lei non vi era traccia.
Regina e Robin e anche Roland, si precipitarono
nella stanza di Roni quando la sentirono urlare.
Regina le fu subito accanto e l’abbracciò
stretta a sé, mentre Robin le si sedette accanto.
“Cosa è successo?” chiese Roland vedendo la sua
sorellina spaventata per l’ennesima volta.
“Ha solo avuto un incubo!” disse Regina,
baciando la testa alla bambina.
“Si, certo! Non sono mica stupido. Ho capito
che sta succedendo qualcosa di strano. Qualcuno sarebbe così cortese da
spiegare anche a me?” chiese Roland, che ormai adolescente, non amava essere
tenuto all’oscuro non considerandosi più un bambino. Ma il ragazzo non ebbe
alcuna risposta, che una voce al piano di sotto attirò l’attenzione di tutti.
“Roni!” chiamò Emma,
comparendo poco dopo nella stanza della piccola.
Vide la bambina tra le braccia dell’amica e
subito appoggiò la schiena contro la parete e si lasciò scivolare a terra,
sentendo un enorme peso levarsi di dosso. La bambina si era svegliata in
tempo…era salva.
Roni però continuava a piangere e non poteva darle
torto. Regina continuava a strofinare la schiena della bambina cercando di
calmarla, ma volle assolutamente scoprire cosa fosse successo. Che ci fosse di
mezzo un altro incubo era palese, ma doveva essere successo qualcosa di
veramente grave se Emma era apparsa a casa sua terrorizzata che a Roni fosse
successo qualcosa.
“Cosa diavolo è successo?” disse lasciando la
bambina tra le braccia di Robin, con Roland,
che provava a consolare la sorella.
Emma era ancora seduta a terra. Si sentì
esausta una volta che l’adrenalina che l’aveva riempito le vene, svanì.
Si portò le mani alla testa e disse “C’è
mancato poco…davvero poco e io…non sono…”
“Cosa? Emma mi stai spaventando?” disse Regina.
Quel c’è mancato poco, non era per niente rassicurante.
“Mamma!” la chiamò Roland, facendo voltare la
donna e mostrandole il braccio della figlia.
Vi era una grossa scottatura che sembrava molto
dolorosa.
“Come diavolo se l’è procurata?” domandò Robin,
facendo alzare lo sguardo a Emma, che sbiancò alla ferita della bambina.
Regina sentì il cuore perdere un battito, ma
cercò di mantenere la calma per curare la ferita della sua bambina.
“Va meglio tesoro?” chiese la donna, dandole un
bacio sulla fronte.
Roni annuì.
“Voglio delle spiegazioni Emma, cosa è successo
questa volta?” disse Regina arrabbiata.
La salvatrice sapeva che la rabbia non era
verso di lei, ma verso quella situazione che causava dolore a sua figlia.
“Eravamo a Neverland
questa volta, nella sua versione infernale e delle ombre l’hanno catturata. Io
non sapevo che Roni fosse presente e quando l’ho
scoperto era troppo tardi ed era già stata catturata da delle ombre e…ho dovuto
usare i miei poteri per cercare di salvarla. Però non ho calcolato i rischi e
lei è precipitata nel vuoto!” disse Emma sentendosi mancare l’aria dai polmoni
“Se non si fosse svegliata in tempo…lei ora…lei sarebbe…” non riuscì a
terminare la frase che si portò le mani alla testa. Regina si sentì
improvvisamente debole e dovette sedersi sul letto per riuscire a digerire
quelle parole. Non importava che Roni fosse a casa sana e salva, la sola idea di perderla le
faceva stringere lo stomaco. Ora capiva cosa avesse provato Emma quando aveva
visto sua figlia morta nei suoi incubi.
“Quella bruciatura? Gliel’hanno fatta quelle
ombre?” chiese, stringendo i pugni.
Emma scosse la testa e Regina si sorprese,
convinta che la risposta fosse affermativa.
“Chi allora?” chiese spaventata che qualcos’altro si fosse
avvicinata a sua figlia.
Emma la guardò con occhi colpevoli e Regina in
quel momento comprese.
La donna non sopportò oltre quella tensione che
sentiva crescere dentro di sé e uscì dalla stanza.
“Regina!” la chiamò Robin preoccupato, ma non
voleva nemmeno lasciare Roni che si era aggrappata
forte a lui.
Emma si morse il labbro e alzandosi seguì la
donna, al piano di sotto e la trovò in cucina che si stava riempiendo un
bicchiere con qualcosa di forte.
“Regina
io…mi dispiace!” disse Emma abbassando la testa.
Il sindaco inghiottì il liquore che si era
versata e poi, tenendo il bicchiere in mano disse “Accidenti Emma, non ce l’ho
con te per aver ferito mia figlia!”
Emma alzò lo sguardo perplessa.
“Davvero pensavi che mi sarei arrabbiata,
perché nel tentativo di liberarla, hai colpito anche lei? Era solo una
scottatura che è guarita subito e…”
“Avrei potuto colpirla in pieno e non sarebbe
stata una semplice scottatura!” disse Emma.
“Se ti vuoi colpevolizzare, fai pure, ma non
sarò io a fartene una colpa. Certo non sono felice che mia figlia sia tornata
da un sogno ferita, ma se l’eventualità erano peggiori allora…” Sospirò “No
Emma, non ce l’ho con te, ma con me stessa. Sono sua madre e non riesco a
proteggere mia figlia!” disse alzando la voce e lanciando il bicchiere di vetro nel lavandino e mandandolo
in frantumi.
Emma sussultò prima di dire “Regina, è qualcosa
a cui tu non puoi…”.
“Cosa? Non posso porre rimedio? Chiunque altra
madre, quando suo figlio è in pericolo sa come proteggerlo. Tu non sapevi come
prenderti cura di Henry e lo hai dato in adozione, i tuoi genitori ti hanno
mandato in questo mondo per proteggerti
e…” cominciò Regina.
“Per quanto i genitori possano voler proteggere
i propri figli, mandarli nell’ignoto non è sempre la decisione migliore!”
Regina la guardò stranita “Cosa vuoi dire con
questo? Hai voluto proteggere Henry e l’hai dato in adozione e anche se non
sapevi a chi sarebbe andato e io non sono stata un esempio di bontà nei primi
anni della sua vita, non è poi andata così male…” Emma la interruppe “Non ho
mai dubitato che tu sia stata la scelta migliore per Henry, con me non sarebbe
mai stato il ragazzo che è adesso!”
Regina la fissò stranita e notò che Emma
scappava al suo sguardo “Ti riferisci ai tuoi genitori e al fatto che ti hanno
messo nella teca, senza sapere dove saresti finita? Non ti hanno protetto come
pensavano di fare? È questo che stai dicendo?”.
Emma
scrollò le spalle, ma non aggiunse nient’altro.
“Volevano proteggermi da me e dal sortilegio!”
disse Regina confusa.
“Ho capito il perché della loro scelta,
ma…quello che voglio farti solo capire, che anche se i genitori vogliono
proteggere i loro figli, non sempre ci riescono. Spesso non sanno nemmeno cosa
fare, proprio come te in questo momento e a volte peggiorano solo la
situazione!” disse Emma nervosamente.
“Stai parlando di te? Cioè la scelta dei tuoi
genitori di mandarti qui, è stata una pessima idea?” chiese Regina sospettosa
“Cosa hai dovuto passare nella tua infanzia? Non ti stai riferendo solo al tuo
status di orfana vero?”
Emma scappò dallo sguardo di Regina e nervosamente
disse “Sto parlando in generale. Che non hai colpa se non riesci a proteggere tua
figlia da qualcosa di ignoto!” disse Emma abbracciandosi nervosamente.
“Perché se ne avessi, allora tu non avresti
potuto perdonare i tuoi genitori per averti abbandonato! Qualcuno ti ha fatto
del male quando eri bambina?” disse Regina spaventata all’idea di aver
condannato la sua amica a qualcosa del genere, anche se indirettamente. Non era
stata sua l’idea di abbandonarla, ma ne era stata la causa. Sapeva che aveva
avuto una vita difficile in quanto orfana, ma mai si era soffermata su cosa
realmente avesse potuto passare. Emma non aveva mai parlato della sua infanzia
e ora cominciava a pensare che nascondesse qualcosa di serio.
Emma fece esplodere la luce della cucina e
arrabbiata disse “Smettila, qui non stiamo parlando di me e della mia infanzia
chiaro!”
Regina sussultò a quella sfuriata e comprese
che non era il caso di parlare oltre di quell’argomento “Comunque sia, io
voglio fare di più. Non mi basta consolarla e curarla una volta che si sveglia.
Voglio prendere il suo posto in questi sogni ed evitare che ci finisca lei!”
Emma si rilassò vedendo che l’amica aveva
cambiato il centro dell’attenzione.
“e come vuoi fare? Diventare tu la salvatrice
al posto suo?”
Regina sgranò gli occhi e disse “Non sarebbe
una cattiva idea!”