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Autore: crazy lion    14/07/2018    4 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Mancano diversi mesi alla pubblicazione dell’album “Confident” e Demi dovrebbe concentrarsi per dare il meglio di sé, ma sono altri i pensieri che le riempiono la mente: vuole avere un bambino. Scopre, però, di non poter avere figli. Disperata, sgomenta, prende tempo per accettare la sua infertilità e decidere cosa fare. Mesi dopo, l'amica Selena Gomez le ricorda che ci sono altri modi per avere un figlio. Demi intraprenderà così la difficile e lunga strada dell'adozione, supportata dalla famiglia e in particolare da Andrew, amico d'infanzia. Dopo molto tempo, le cose per lei sembrano andare per il verso giusto. Riuscirà a fare la mamma? Che succederà quando le cose si complicheranno e la vita sarà crudele con lei e con coloro che ama? Demi lotterà o si arrenderà?
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Saranno presenti familiari e amici di Demi. Anche per loro vale questo avviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Joe Jonas, Nuovo personaggio, Selena Gomez
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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100. DIFFICOLTÀ E PASSI AVANTI
 
"Dio, mamma, mi fai venire l'ansia!"
Questo fu il commento di Madison mentre Dianna, da dieci minuti buoni, camminava avanti e indietro per il salotto.
"Scusa, è che oggi è una brutta giornata."
"Mi dispiace" mormorò la ragazza con dolcezza.
"Ti prego parliamo di qualcosa, qualsiasi cosa.”
“Tipo?” chiese l’altra, usando un gergo forse un po’ giovanile al quale Dianna, nata negli anni Sessanta, non era mai riuscita ad abituarsi.
“Tipo…” e si fermò perché le suonò strano dirlo, “cosa pensi di fare per il tuo diciottesimo compleanno?"
Madison si mise a ridere, ma era una risata amara, piena di dolore e di dispiacere.
"Niente" rispose poi e si sedette sul divano.
"Perché?"
"Beh, al lavoro non ho amici, intendo amici veri e sai com'è andata con i miei compagni di scuola."
Quando avevano saputo che non avrebbe fatto il college e che aveva sostenuto quegli esami che le avevano permesso di finire a diciassette anni la scuola, non erano stati contenti.
"Non pensi al tuo futuro?" le avevan ochiesto. "Lavorare è importante, ma lo è anche studiare."
Lei però non ne aveva voluto sapere; e così i pochi amici - se così si potevano definire - che aveva l'avevano lasciata sola. Madison si era sempre comportata come se non le importasse, ma non era affatto così. Un po' come quando Demi non aveva parlato per tantissimo tempo del bullismo che aveva subito, dopo quella brutta esperienza a causa della quale si era ritirata da scuola, pensò Dianna. Si era chiusa in se stessa e aveva mostrato quel bel sorriso che le illuminava sempre il volto, finché poi era esplosa. La donna era felice che Maddie avesse riso. Significava che forse si sarebbe aperta un po'.
"Immagino tesoro, non volevo ricordarti quel che è accaduto" le disse, appoggiandole una mano su una spalla.
"Non importa."
"Sì invece, importa" insistette Dianna. "Perché vuoi che nep arliamo?" sospirò la ragazza.
"Perché non puoi fare finta che non sia successo niente, che questa solitudine non ti faccia male."
"Beh, ho finito a giugno e siamo a novembre. Avremmo potuto parlarne prima, no?"
Era calma, non aveva alzato la voce nel dirlo. Si sentiva solo triste, tutto qui.
"Ah, certo. E cosa sarebbe successo se io ti avessi chiesto di dirmi come stavi, diciamo, tre o quattro mesi fa?"
"Che ti avrei mandata a cagare, probabilmente."
"Esatto. Quindi parlando con tuo padre ho preferito aspettare un po' per darti il tempo di calmarti."
La ragazza rimase in silenzio per qualche minuto, non sapendo né cosa dire, né che fare. Doveva cercare le parole giuste per non ferire la madre e al contempo dirle la verità. "Ascolta" iniziò, cercando di risultare il più dolce possibile. "Sì, ho sofferto quando quelle che ritenevo amiche mi hanno lasciata sola a causa della mia decisione, ma non tanto come credi. C'erano altre cose in ballo - Demi che stava male, per esempio, o Andrew in ospedale, le bambine di cui occuparsi - e tutto questo mi ha tenuta impegnata fino ad un certo punto, impedendomi di pensare a me stessa. Ma è stato un bene, perché altrimenti mi sarei lasciata divorare dai dubbi e dalla tristezza. Invece sono rimasta salda sulle mie convinzioni e ho iniziato a lavorare, ed è stata la cosa migliore per me. Recitare è davvero quello che voglio fare nella vita, mamma! L'ho sempre saputo, fin da quando ho fatto il provino per "Desperate Housewives"."
Dianna sorrise.
Nelle parole della figlia leggeva tutta la passione che le bruciava dentro come fuoco vivo, la stessa che aveva portato Dallas e Demi dov'erano ora e la medesima che, da giovane, aveva sentito anche lei. Era felice di averla trasmessa alle sue ragazze.
"Quando ho avuto tempo di concentrarmi su di me, mi sono sentita molto sola" ammise Maddie. "Adoravo le mie amiche, lo sai, alcune le conoscevo da una vita e non averle più al mio fianco, sapere che non avevano accettato la mia decisione e si erano allontanate da me, mi ha fatta sentire come…"
Le mancò il fiato e alcune, silenziose lacrime le rigarono il volto.
"Piccola!" Dianna le fu subito accanto e la strinse in un forte abbraccio, uno di quelli meravigliosi e rassicuranti che solo una mamma riesce a dare. "Posso capire come ti sei sentita, molto più di quanto immagini."
"Lo so."
"Il rapporto con i miei genitori, da quando ho deciso di andarmene per inseguire il mio sogno di cantare, lasciando la casa in cui ero nata e cresciuta e nella quale i miei volevano che restassi, è stato difficilissimo. Soprattutto perché loro non hanno mai accettato realmente la mia decisione, e anche se in certe occasioni ci siamo riavvicinati, beh, alla fine ci siamo persi di vista."
"Devi esserti sentita persa" constatò Madison. Sia lei che le sorelle sapevano della complicata situazione che la madre aveva dovuto affrontare eppure, ogni volta che lo sentivano, ne soffrivano più della precedente. "Io non so cosa farei senza di te o papà."
La mamma le diede un bacio in fronte.
"Sì, è stato orribile. Nonostante i nostri forti contrasti volevo loro un bene infinito, e anche ai miei fratelli e alle mie sorelle che per me in pratica non ci sono stati poi così tanto, come sai. Infatti non li avete quasi mai visti, tu e le tue sorelle. Non so nemmeno se ve li ricordate."
"Io no."
"Immaginavo. Eri piccolissima quando ti ho portata da loro l'ultima volta. Dopodiché mi sono stancata di cercarli. Se non c'è la volontà, da entrambe le parti, di ricucire un rapporto, allora per quanto sia difficile e doloroso non vale la pena di tentare di riparare il danno, di rattoppare quello strappo. Si spreca solo tempo e le speranze che si hanno alla fine risulteranno vane e si starà peggio."
A Maddie quella metafora piacque moltissimo. Prese la mano di sua madre e proseguì:
"In pratica è la stessa cosa che è capitata a me. Ci ho sofferto molto, come ho detto, e sbagliando ho deciso di chiudermi in me stessa." Dianna non l'aveva mai vista piangere in quei mesi, anche se aveva notato la sua sofferenza e il nervosismo che aveva cercato di nascondere. Dolore e rabbia si erano mescolati in lei creando una vera e propria tempesta nel suo cuore. "Tuttavia, alla fine mi sono resa conto che loro erano solo delle stronze. Gli amici dovrebbero starti accanto anche se non condividono le tue scelte, ma se non ce la fanno allora bisogna lasciarli andare. Se io avessi preso una decisione complessa e dolorosa anche per loro allora okay, avrei potuto capire e perdonare il loro allontanamento; ma distaccarsi da me solo perché non volevo più studiare, perché non avevo intenzione di andare al college mi pare una stupidaggine. Insomma, mi hanno trattata male, hanno cercato in tutti i modi di farmi sentire sbagliata e inferiore, e alla fine mi sono resa conto - e anche loro l'hanno confermato - che almeno da quando eravamo entrate nell'adolescenza mi erano state vicino solo perché ero famosa e popolare e non perché mi volevano accanto davvero."
"Che?"
Dianna era sbigottita. Conosceva anche lei quelle ragazze e non avrebbe mai detto che Chanelle, Eleonor ed Amy fossero state capaci di tanto.
"E per rispondere alla tua prossima domanda, che intuisco: sì, sono sicura di quello che sto dicendo. Da tempo continuavano a chiedermi cose come:
"Allora, com'è essere famosa?"
"Mi fai un autografo?"
Ed io non mi rendevo conto che si comportavano in tal modo solo perché si vantavano di avere un'amica come celebrità. Credevo che lo facessero per parlare, così, come si fa tra ragazze, anche se dato che io ero famosa trattavamo quel tipo di argomenti. Forse avrei dovuto capirlo prima, mamma. Mi sento davvero sciocca. Un giorno le ho udite parlare con un ragazzo di cui non ricordo il nome. Ero in centro e loro erano lì in quello stesso negozio, ma non eravamo insieme. Comunque, dicevano che era bellissimo avere un'amica famosa e che avrebbero tanto voluto essere al mio posto, e che interessavo loro solo per questo. Io non volevo crederci, non potevo. Le conoscevo da così tanto tempo che mi sembrava impossibile come cosa! Dopo qualche giorno abbiamo parlato, ho detto loro che avevo sentito e lì ho rotto definitivamentecon tutte e tre. Tanto qualcosa si era già spezzato quando avevo detto loro di non voler più studiare, ma non è stata quella la goccia che ha fatto traboccare il vaso."
La voce di Madison non aveva mai tremato in tutto quel tempo, ma bastava guardarla in viso per accorgersi del suo pallore. Dianna le portò un bicchiere d'acqua e poi la fece sdraiare sul divano.
"Perché non me ne hai mai parlato?"
"L'hai intuito anche tu: non ero pronta."
"E quindi ti sei portata dentro tutto questo peso da sola?"
"S-sì."
La ragazza si portò le mani al petto, investita da un acuto dolore che le mozzò il respiro. Parlarne le aveva fatto bene e male allo stesso tempo, ma era felice di essere riuscita a trovare la forza di aprirsi e di averlo fatto con sua madre, con la quale non si era mai sfogata molto nella vita.
“Va tutto bene, piccola.”
Dianna continuava ad accarezzarle la schiena, poi si accomodò sul divano e le fece segno di tirarsi su e di sedersi sulle sue gambe. Non la prendeva in braccio da molto, ma non importava che Madison fosse grande: sarebbe sempre stata la sua bambina.
“Grazie, mamma. Stavo pensando, per il mio compleanno, che forse potremmo fare una cena tutti insieme, magari andare a mangiare una pizza anche con Andrew e le bambine ovviamente, e Selena visto che mi sta molto simpatica.”
“Sei sicura che ti basti? Non vuoi una festa con le candeline e tutto il resto?”
“Se ti va di fare una torta ne sarò felice, ma non è necessaria. Non mi importa cosa facciamo. L’importante è stare con la mia famiglia. A proposito, sai cosa vorrei adesso?”
“Dimmi.”
“Un tatuaggio!” esclamò la ragazza, entusiasta. Notando che la madre non rispondeva le domandò: "Disapprovi?"
"No, solo che non avevi mai accennato di volerti fare un tatuaggio e quindi sono un po' stupita, tutto qui."
"Ho iniziato a pensarci qualche settimana fa e ci ho riflettuto bene prima di decidere, perché volevo essere sicura al cento per cento."
"E cosa ti vorresti tatuare?"
"Il simbolo dell'infinito."
Le spiegò che aveva letto su internet che simboleggiava l'amore eterno e la famiglia e che per lei quelle due cose erano importantissime. Voleva tatuarsi qualcosa che avesse un significato come aveva fatto sua sorella Demi.
Si diressero ad un vicino studio che Dianna conosceva e attesero nella piccola sala antistante le stanze dove i tatuatori facevano entrare i clienti.
"Nervosa?" chiese Dianna alla figlia, che intanto continuava a sfregarsi le mani sui pantaloni e sudava.
"Abbastanza."
Madison avrebbe voluto chiamare Demi perché lei la rassicurasse, o per chiederle di venire lì a sostenerla, ma le pareva una cosa stupida. Insomma, chiedere sostegno per paura di farsi un tatuaggio? Era assurdo! Non voleva sembrare una bambina piccola. Tuttavia ne parlò con Dianna.
"La paura è una cosa strana" disse la donna. "Se non hai mai fatto qualcosa, è ovvio che tu ne sia spaventata. La prima volta che sono salita su un aereo mi stava venendo da vomitare."
"Ma io devo farmi un cavolo di tatuaggio, non è nulla di che."
"Forse è vero, ma temi comunque di provare dolore."
"Sì."
"Se pensi che questo ti farebbe sentire più tranquilla, prova a chiamare Demi. Magari una chiacchierata con lei potrebbe calmarti."
Madison sorrise alla madre.
Aveva pensato che la donna avrebbe riso di lei, del suo timore, invece era successo il contrario: aveva affrontato seriamente la questione e la ragazza le era grata per questo.
Maddie uscì. Nella sala d'attesa c'erano tre ragazzi, probabilmente un gruppo di amici, che parlottavano tra loro e lei non se la sentiva di rimanere lì dentro e confessare il proprio timore davanti a loro. Fece partire la chiamata e il telefono squillò una, due, tre, quattro, cinque volte. Stava per mettere giù, sconfortata, quando Demi rispose.
"Pronto?"
Sembrava irritata. Forse stava lavorando o facendo qualcosa di importante e la ragazza si affrettò a scusarsi dopo averla salutata.
"Non preoccuparti, cara, per te ho sempre tempo. Il fatto è che… oh, non importa. Non voglio rovinarti la giornata."
"Stai piangendo. Dem?"
La voce della sorella, notò Maddie, era roca e tremava.
"Un po'."
"Oddio, ma perché?"
Ora la ragaza era preoccupata. Che sua sorella si sentisse male?
"Non importa" ripeté l’altra. "Volevi parlarmi?"
"Sì."
Le spiegò la situazione, e mentre lo faceva ricordò una cosa.
 
 
Era piccola, avrà avuto sei anni. Quella notte c'era un terribile temporale e aveva anche grandinato. Madison si era spaventata molto durante la grandine, ma mamma e papà l'avevano rassicurata finché aveva preso sonno. Tuttavia, la piccina si era appena svegliata a causa di un incubo e anche di un tuono così forte che aveva fatto tremare i vetri. Il vento ululava minaccioso e sembrava uno di quei lupi cattivi dei quali si raccontava nelle favole. La bimba saltò giù dal letto e camminò a piedi nudi, tremando a causa del contatto con il pavimento freddo. Non ricordava dove aveva messo le ciabatte. Probabilmente erano finite sotto il letto. Uscì dalla stanza e bussò alla porta di quella vicina.
"Che c'è?" chiese Demi con voce assonnata.
Sembrava arrabbiata e infastidita e Madison aspettò qualche secondo prima di abbassare la maniglia ed entrare, mentre il cuore le batteva all'impazzata.
"D-D-Demi?" domandò balbettando.
Temeva di disturbarla o di farla arrabbiare ancora di più.
Sua sorella era distesa sul letto con un iPod lì vicino e delle cuffiette nelle orecchie. Appena vide Madison lo spense e lo mise sul comodino.
"Dimmi. E perché balbetti?"
"I-io ho fatto un b-bruttissimo sogno. Posso dormire con te?"
"Sei venuta qui solo perché hai avuto un incubo?"
"S-sì. Ho paura. Altre volte mi hai fatta stare con te quando facevo brutti sogni. Perché questa sembri non volerlo?"
A quel punto la ragazza scoppiò a ridere. Era una risata terrificante, non sembrava nemmeno la sua. Lei non pareva nemmeno più la stessa Demi. Era spaventosa, o almeno Maddie ne ebbe paura. La vide pallida, con gli occhi rossi per il pianto, e con delle bende ai polsi.
"Cosa ti sei fatta?" gridò in preda al panico.
"Niente, è stato un incidente. Sono una sciocca. Non dirlo a nessuno okay? Non è importante."
"D'accordo."
Madison non l'aveva fatto e anzzi, aveva presto dimenticato quel che aveva visto. Le era tornato in mente anni dopo, quando Demi era entrata in rehab.
"Comunque, riguardo quello che mi hai detto" proseguì la ragazza, "la vita è un incubo. Non lo è solo quando vai a letto. Nel momento in cui ti svegli, è ancora peggio. Ormai sei grande per dormire con me. Quindi cerca di crescere ed esci. Via!" disse a voce alta.
Non era la prima volta che Madison si sentiva dire cose del genere da Demi. La maggior parte delle volte era buona, dolce e gentile con lei, altre invece si comportava molto male e le diceva cose brutte.
La bambina usò tutta la sua forza per mettersi sul letto di Demi, che era piuttosto alto e poi la abbracciò, ma la ragazza la spinse via e le fece sbattere la testa sulla testiera.
"Oh Dio!" esclamò quando capì ciò che aveva fatto. "Piccola, mi dispiace. Non volevo farti male, io…" Maddie scese e stava per correre via piangendo, quando Demi la raggiunse. "Aspetta, devo metterti del ghiaccio!"
"Non voglio" si lamentò la bambina, liberandosi dalla stretta della sorella.
"Ti verrà fuori un bernoccolo! Maddie, perdonami. Non volevo!"
"Lo dici ogni volta che mi tratti male. Tu sei cattiva!"
Detto questo corse fuori dalla stanza e chiuse la porta con tutta la forza che aveva e poi sentì Demi che si dirigeva nel bagno che aveva in camera e che, prima di chiudere la porta, esclamava:
"Quanto odio questa maledetta vita!"
Maddie non capì il senso di quelle parole. Sentiva solo un forte dolore alla testa, così corse dai genitori.
 
 
"Cara, sei ancora lì?"
La voce di Demi la riportò al presente. Aveva finito di parlare da un paio di minuti e non se n’era nemmeno resa conto.
"Sì, ci sono."
"Bene. Stavo dicendo, tranquilla, non è niente di che. Non credo sentirai molto dolore. E poi sarai molto contenta quando vedrai il tatuaggio che ti sei fatta. Per me è stato così. Certo la sofferenza è soggettiva, ma cerca di stare calma. C'è qualcuno lì con te?"
"La mamma."
"Allora mentre ti fanno il tatuaggio continua a guardare lei. Non osservare il resto. Fingi che non stia accadendo nulla, anche se è difficile."
"Uscirà molto sangue?"
Madison ne era terrorizzat.. Una volta dopo un prelievo era svenuta. Il solo odore di quella sostanza le dava il voltastomaco.
"Un po'."
"Potresti venire qui?"
"Non me la sento, piccola, scusa. Ho appena litigato con Mackenzie."
"Ecco perché piangevi. Come mai?"
"Mi sono arrabbiata quando non avrei dovuto. Te ne parlo un'altra volta. E comunque, Maddie, ti chiedo ancora scusa per la miliardesima volta per come mi sono comportata tanti anni fa, quella notte. Ci stavo pensando proprio ora."
"Anche a me è tornato in mente" sospirò la ragazza.
“Telepatia!” esclamarono in coro e poi scoppiarono a ridere.
"Ti ho detto delle cose orribili!"
"È vero."
"Sono stata una vera stronza, eh?"
"Abbastanza. Non temere: ti ho perdonata molto tempo fa."
"Ti ho fatto uscire un bernoccolo orribile spingendoti via. Il ghiaccio che ti hanno messo i nostri genitori non ha fatto molto."
"No, ma non importa."
"Importa a me. Se per caso ti fossi tagliata la fronte…"
"Non è successo. Dem, ti prego, non sentirti in colpa. È passato."
Maddie era tranquilla, così la ragazza si calmò.
"Okay, hai ragione. Scusa. È una giornata complicata, questa."
"Sì, lo immagino. Posso aiutarti in qualche modo?"
"No, purtroppo."
"Okay." Madison era triste. Odiava sentire la sorella così giù. "Ti voglio bene, Demetria" disse, sperando di tirarla su almeno un po'.
"Anche io, principessa."
Stava sorridendo, Madison ne era sicura e ne fu felice.
"Torno dentro. Grazie di tutto."
"Di niente, ciao."
"Ciao."
Il tatuatore fu in grado di mettere Maddie a proprio agio. Quando seppe che era il suoprimo tatuaggio cercò di farla rilassare con qualche battuta e seguendo le istruzioni della sorella la ragazza provò dolore, sì, ma cercò di non farci caso. Alla fine, dopo essere uscita con la mamma, guardò meglio il risultato e sorrise. Era perfetto!
 
 
 
Mackenzie aveva provato a riposare ma senza successo. Le parole dei bulli echeggiavano ancora nella sua mente ed erano come un coltello che qualcuno continuava a girarle e a rigirarle nella mente. Dio, quanto faceva male! Avrebbe voluto pensare ad altro, per esempio al bel pomeriggio passato con Elizabeth il giorno prima, ma non ci riusciva. Ci provava, si sforzava, ma alla fine tornava sempre lì, a quelle parole e al fatto che iniziava a pensare che i bambini che la prendevano in giro avessero ragione. Si alzò dal letto, si accomodò alla scrivania, prese il diario e iniziò a scrivere.
 
Caro diario,
oggi mi sono successe delle cose brutte. L’interrogazione di geografia è andata malissimo e poi dei bambini mi hanno presa in giro in maniera piuttosto pesante. Uno mi ha anche tirato i capelli. Hanno detto che siccome non parlo non sono intelligente e mi hanno fatta sentire sbagliata.
 
Poi proseguì raccontando meglio quanto accaduto e aggiungendo i particolari e le emozioni che aveva provato.
 
Forse hanno ragione a dire che c’è qualcosa che non va in me. Ho sempre pensato di non essere a posto da quando ho smesso di parlare. Non è solo per il fatto che ho questo problema. È anche perché non ricordo ancora tutto quel che è accaduto e quindi è come se mi mancasse un pezzo di me. È una brutta sensazione e soprattutto è orribile conviverci giorno per giorno. Cerco di non pensarci, ma la sera quando sono sola lo faccio e sto malissimo. E di certo il fatto che quei bimbi mi prendano in giro non migliora affatto le cose. Non voglio parlarne e non posso. Ho paura. Molta. Penso che sarà sempre così. D’altro canto vorrei che qualcuno se ne accorgesse, che capisse come sto e quel che vivo; mia mamma secondo me ha compreso qualcosa. E adesso sono anche terrorizzata che lei scopra tutto perché temo che quei bambini potrebbero farmi qualcosa di peggio. Non so come comportarmi, sono così confusa! Ho solo voglia di piangere e la testa mi scoppia.
Vorrei raccontarti cose più allegre, ma per adesso non ne ho. Spero che in futuro riempirò queste pagine di avvenimenti lieti, come ho fatto raccontandoti la bella giornata vissuta ieri. Visto quanto accaduto stamattina, mi sembra che quelle ore spensierate siano lontane anni luce, come se fossero accadute anni fa.
E poi c’è la questione di Catherine e del fatto che non riesco a ricordare più niente. Mi sembra di star sprecando tempo. Non vorrei arrendermi, ma non so se vale la pena continuare. La mamma sta spendendo soldi per farmi andare e se la situazione non migliora… Insomma, mi sento anche in colpa. Dovrei fare di più, ma non so cosa. Vorrei parlarne con lei, ma mi vergogno e non so nemmeno perché. La mia testa è un casino e non riesco a gestire questa mole incredibile di pensieri ed emozioni. Desidero che tutto si fermi anche solo per un po’, ma non succede mai. Prima o poi esploderò come è successo mesi fa quando ho avuto quel crollo. Che Dio mi aiuti!
 
Dopo aver finito di scrivere rimise tutto a posto e si sdraiò di nuovo a letto. Non dormì nemmeno in quel momento, ma aveva bisogno di riposare il corpo e la mente perché li sentiva stanchi. C’erano anche altre parole che le venivano in mente: quelle della mamma. Era stata cattiva con lei. Si era arrabbiata perché non voleva aprirsi, perché non ci riusciva. Mac in parte la capiva. Lei aveva avuto un passato difficile, non era affatto una bambina dal carattere facile, anzi e quindi comprendeva che a volte gli altri potessero perdere la pazienza. Tuttavia non aveva mai visto la mamma così arrabbiata e la cosa l’aveva spaventata non poco.
“Sembrava… sembrava lei.”
Scacciò subito quel che si era appena detta. Demi non assomigliava affatto alla loro prima mamma affidataria, della quale Mac temeva anche solo di pronunciare il nome. Non era davvero cattiva, non lo era stata neanche in quel frangente; e soprattutto non avrebbe mai fatto del male a nessuna di loro due. Lei e la nonna ci avevano già ragionato tempo prima, ricordava bene la loro conversazione. Ma le parole che Demi le aveva rivolto erano state così piene di impazienza, di dolore e di furore che la bambina iniziò a piangere; perché se il rapporto con la mamma si era incrinato era soltanto colpa sua e del fatto che, dannazione, era sempre più chiusa.
Stupida, stupida e stupida che non sei altro!
 
 
 
Dopo che Hope si era addormentata, Demi era andata davanti alla camera di Mackenzie e aveva bussato varie volte, ma nessuno aveva aperto. Se lo aspettava. Si era comportata malissimo con lei e Mac aveva tutte le ragioni per essere arrabbiata e stare male. Quella reazione l’aveva solo fatta soffrire, quando già la piccola non aveva avuto una giornata facile. Demetria si diresse in mansarda e si sedette davanti al pianoforte. Voleva cantare una canzone leggera, non triste, sperando che questo la aiutasse a sentirsi meglio e a distrarsi. Nel 2016 ne aveva registrata una, che poi non aveva inserito in nessun album, che parlava di una relazione appena iniziata: il corpo della ragazza le dice di buttarsi, ma la sua mente la blocca. Era un brano un po’ esplicito, ma ai suoi fan era piaciuto. Tamburellò con le dita per darsi il ritmo e poi cominciò.
If I had it my way, I would take you down
If I had it my way, I would turn you out
And if my body had a say, I would come again
Scared of what I might say, ‘cause I’m at the edge
 
And our eyes are crossing paths across the room
There’s only one thing left for us to do
You can touch me with slow hands
Speed it up, baby, make me sweat
Dreamland, take me there ‘cause I want your sex
If my body had a say, I wouldn’t turn away
Touch, make love, taste you
If my body told the truth, baby I would do
Just what I want to
 
If I had it my way, I would take the lead
And if I had it my way, I would take you deep
If my body had a say, I’d get it off my chest
Show you all the red lace underneath this dress
[…]
Alcune grosse lacrime cominciarono a rigarle il viso. Non si era affatto calmata, anzi, forse ora stava peggio. Si sentiva come Andrew quando le aveva detto che, nel momento in cui pensava a qualcos’altro che non fosse sua sorella, provava un insopportabile senso di colpa. Per fortuna ora lui stava meglio, e certo la sua situazione era diversa, non l’avrebbe mai paragonata alla tragedia vissuta dal fidanzato.  
“Perché l’ho fatto?” si chiese. “Perché mi sono comportata in questo modo con lei?”
La sua preoccupazione si era trasformata in rabbia. Iniziò a suonare alcune note a caso, non sapendo bene cosa cantare, poi le parole le uscirono da sole sgorgando come acqua limpida da una sorgente.
Made a wrong turn
Once or Twice
Dug my way out
Blood and fire
Bad decisions
That's alright
Welcome to my
silly life
Mistreated
This place
Misunderstood
Miss knowing it's all good
It didn't slow me down
Mistaken
Always second guessing
Underestimated
Looking I'm still around
 
Pretty pretty please
Don't you ever ever feel
Like you're less then
Fuckin' perfect
Pretty pretty please
If you ever ever feel
Like you're nothing
You're fuckin' perfect to me
 
You're so mean (You're so mean)
When you talk (when you talk)
About yourself
You were wrong
Change the voices (Change the voices)
In your head (in your head)
Make them like you
Instead
So complicated
Look how we are making
Filled with so much hatred
Such a tired game
It's enough I don't know
How I could think of
Chase down all my demons
I've seen you do the same
(ohh ohhhhhh)
[…]
Le pareva una canzone adatta per quella situazione. Avrebbe voluto che Mac la sentisse ma… Si girò udendo un rumore e la vide. Era lì, dietro di lei.
Hai sempre una voce molto bella, mamma  iniziò la bambina e Demi le sorrise.
"Grazie."
Anche Mac si sforzò di fare un sorriso, ma non ci riuscì.
Sei ancora arrabbiata con me?
Le gambe le cedettero e crollò a terra. Non le piaceva discutere con la mamma o che lei si arrabbiasse, le faceva provare una terribile sensazione di pesantezza al petto e di solitudine.
Demi si alzò e la raggiunse.
"Alzati" mormorò con dolcezza, ma dato che la bimba non accennava a muoversi fu lei a tirarla su. La strinse e, dopo qualche secondo di esitazione, Mackenzie ricambiò l'abbraccio. "Mi dispiace per come mi sono comportata, tesoro. Scusa il linguaggio, ma sono stata una vera stronza con te, prima. Mi dispiace così tanto! Mi sono arrabbiata solo perché ero preoccupata per te, e a volte capita che purtroppo i grandi trasformino la preoccupazione in rabbia senza volerlo. Ti assicuro che non ti farei mai del male."
Lo so.
"No no, aspetta, voglio che tu lo capisca sul serio. Non mi comporterei mai come ha fatto quella donna, Mackenzie. E se capiterà che darò a te o a Hope uno schiaffo, sarà solo perché ogni tanto ai bambini serve per imparare quando sbagliano a fare o a dire qualcosa… anche se cercherò di non comportarmi in quel modo, dato che so chedopo mi sentirò un vero schifo. Mia madre l'ha fatto due o tre volte con me, quindi pochissime, ed io non ho nessuna intenzione di comportarmi diversamente da lei. Spero di essere una brava mamma come la mia lo è stata per me. Capisci quel che voglio dire? Comprendi la differenza tra le due cose? Io non sono una persona cattiva, te lo assicuro."
Mackenzie annuì e stavolta sorrise: era un sorriso sincero, di quelli che le illuminavano il volto rendendola ancora più bella.
Era contenta che la mamma le avesse parlato spiegandole tutte quelle cose e aveva capito benissimo.
Demi, dal canto suo, per un momento era stata indecisa, non sapendo se parlarle del fatto che uno schiaffo può essere dato per insegnare e non per picchiare e fare male poteva essere una buona idea. Raccontarlo a Mac avrebbe potuto sbloccarla e rilassarla oppure allontanarla ancora di più, ma quando la vide sorridere si rese conto di aver fatto la cosa giusta.
"Non avrei dovuto urlare in quel modo. Solo, vorrei capire che cosa ti sta succedendo. Se ci sono dei bambini che ti prendono in giro, o che ti fanno del male, me lo devi dire tesoro."
Mac era sempre più tentata di raccontare tutto. La mamma aveva capito, quindi a cosa sarebbe servito tenersi ancora una volta ogni cosa dentro? Prima o poi l'avrebbe scoperto comunque, e conoscendola, ciò sarebbe accaduto molto presto. Eppure, le parole e le minacce di James le sembravano ancora così reali che ricordandole pensò per un lungo, interminabile momento che fosse ancora lì a dirle quelle cose orribili: che la prossima volta le avrebbe fatto più male, se avesse detto quel che era accaduto.
Quella canzone era per me? chiese la bimba per provare a cambiare discorso.
"Sì, per dirti che sono infinitamente dispiaciuta. Te l'avrei cantata più tardi, quando ti fossi calmata, ma visto che sei arrivata beh, sono felice che tu l'abbia sentita. Non è mia, ma di una cantante che si chiama Pink. Vuoi ascoltare la sua voce?"
Sì, volentieri.
Scesero in camera di Demi e la ragazza tirò fuori da un cassetto del comodino il computer e i cavi. Li portò di sotto e li mise sul tavolo del salotto.
Potrei lasciarli qui anziché tenerli chiusi là dentro, tanto comunque mi servono per scrivere le canzoni pensò.
Chissà perché non l'aveva mai fatto prima.
Collegò tutto, poi andò su YouTube e cercò la canzone. A Mackenzie piaceva molto la voce di Pink: era dolce ma al contempo potente e la catturò fin da subito. Quando "Fuckin’ Perfect" terminò, la bambina guardò la mamma e disse:
La tua versione  e la tua voce sono più belle.
"Ti ringrazio. Allora, puoi perdonarmi? Per favore!"
Lo sguardo di Demi era carico di dolore, tristezza e speranza.
Sì, ti perdono.
Mac le gettò le braccia al collo e le due rimasero strette per alcuni minuti, godendosi quelle tenere coccole.  Quando si sciolsero Demetria le domandò:
"Mi vuoi raccontare cosa sta succedendo?"
Non voleva rovinare quel momento, ma la salute di Mackenzie era altrettanto importante.
Non… non posso. Non ce la faccio, o almeno non adesso. Mi dispiace.
"Non mi è possibile aiutarti molto se non mi dici cosa c'è che non va."
Non parlò in tono accusatorio, ma sempre comprensivo e Mac si domandò se anche la mamma avesse vissuto qualcosa di simile a ciò che stava capitando a lei. Sperava con tutta se stessa di no, ma il dubbio le rimase come un chiodo fisso. Tuttavia non se la sentì di chiederlo. Non voleva toccare tasti dolenti o riaprire vecchie ferite, perché sapeva benissimo che parlare di certe cose fa tanto, troppo male.
Lo so, ma non sono pronta.
"Mac, senti." Le prese le mani e gliele strinse, poi continuò: "Io sono tua madre e non posso permettere che tu soffra. Ti prego, non nascondere il tuo dolore. Io…" Demi pensò di raccontarle quel che le era accaduto da piccola, ma poi si disse che forse avrebbe dovuto prima parlarne con Andrew. Non sapeva se fosse una buona idea. "No, niente" proseguì, facendo un gesto con la mano come per scacciare un fastidioso insetto. "Voglio solo dire che non ti devi nascondere. Se non vuoi, non raccontarmi quel che ti succede, almeno non adesso. Ma almeno ti supplico, di imploro, dimmi se sei vittima di bullismo, se ci sono dei bambini che da tempo ti prendono in giro, ti offendono, ti dicono cose brutte e ti fanno stare male. Ho bisogno di saperlo."
Beccata.
Mackenzie si sentiva in trappola, anche se non avrebbe dovuto, e provava la sensazione che tutta quella situazione fosse iniziata per colpa sua.
"Non sentirti in colpa" disse ancora Demi. "È facile farlo, credimi, ed è difficilissimo pensare di non aver commesso nessuno sbaglio, ma è così, Mac. Tu non hai fatto niente di male; o se c'è una colpa, sicuramente non la si può attribuire solo a te. Se hai risposto a tono, se hai provato a difenderti, allora sei stata molto coraggiosa. Tanti non ci riescono perché hanno troppa paura."
"Come me" stava per dire la ragazza, ma si interruppe, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.
Il respiro di Mackenzie era accelerato e il cuore le batteva tanto forte da farle male. Che cos'avrebbe dovuto fare, ora? La paura la paralizzava, era vero, ma il cuore le sussurrava di dire qualcosa alla mamma. Era un mormorio quasi impercettibile rispetto a tutti i pensieri che sembravano tante voci che le urlavano nella mente, ma c'era. Mac non seppe dove o come riuscì a trovare il coraggio che le ci volle. Non capì perché fece quello che fece. Nonostante la paura e il fatto che, se James avesse scoperto qualcosa, avrebbe potuto ferirla, scrisse:
Sì. Sì, io sono…
 
 sono vittima di bullismo, mamma.
Detto questo la bambina si avvicinò al divano e vi si buttò a peso morto, troppo stanca per dire altro. Dopo aver ammesso tutto ciò ogni cosa le appariva ancora più reale e spaventosa; e soprattutto, raccontarlo era stato difficilissimo.
"Dovrò parlare con una delle tue insegnanti e dirle di tenere d'occhio la classe. Non posso ignorare quel che mi hai appena detto, capisci?"
Demi voleva essere onesta con lei e spiegarle come avrebbe agito. Non aveva intenzione di nasconderle nulla.
No, ti prego!
“Perché no? Nonpossiamo non dirglielo. I bulli potrebbero fare di peggio, e poi…”
Lo faranno se parlo. James me l’ha giurato.
Ecco, aveva detto troppo. Ora non sarebbe più stato possibile tornare indietro.
"James è uno dei bambini che ti prende in giro?"
Mi vergogno a parlarne, mamma disse la bambina e arrossì.
"Lo so."
Come fai a saperlo?
"Ecco…" E adesso? Avrebbe dovuto dirle tutto o accennare solo alla cosa? Oppure non raccontarle proprio niente? Optò per la seconda. "È successo anche a me. Quando ero piccola sono stata vittima di bullismo anch'io."
Mackenzie la osservò con gli occhi sgranati.
Tu?
"Già, per questo ti dico che capisco. Ti ricordi Denise e il fatto che ti ho detto che mi aveva offesa?"
Ah, sì.
"Ecco, lei era una delle persone che mi dicevano cose molto brutte."
Ora ricordo il momento in cui l'hai incontrata. Mi avevi detto che lei ti faceva stare male, ma non immaginavo fosse osì grave e non conoscevo ancora la parola “bullismo”. Mi dispiace.
“Tranquilla.”
Non mi hai mai spiegato nel dettaglio quel che lei e gli altri ti dicevano.
"Erano cose molto cattive che una bambina della tua età non deve sentire. Te lo spiegherò quando sarai più grande."
Va bene. Mamma?
"Sì?"
È per questo che ti sei fatta le cicatrici che hai sui polsi?
Demi avvertì un fortissimo dolore che, partendo dal cuore, si propagò in tutto il suo essere ad una velocità impressionante. Nonostante gli anni passati era sempre difficile parlarne e ricordare. Se lo diceva ogni volta, e quella successiva se lo ripeteva.
“Sì, è per questo.”
E sei stata anoressica e bulimica per lo stesso motivo?
Le domande dirette della bambina la lasciavano senza respiro.
"Sì. Avevo undici anni quando mi sono fatta male la prima volta. Pensavo di essere io quella sbagliata, una ragazza che non meritava nulla se non il dolore.”
Anch’io credo di esserlo intervenne Mac. Loro mi fanno sentire così.
“Non lo sei, piccina! Sono loro a commettere degli sbagli.”
Demi avrebbe voluto dire altro, ma non ci riuscì. Non sapeva cosa aggiungere che non risultasse scontato e sperò che Catherine sarebbe riuscita ad aiutare meglio Mackenzie.
Poi cosa ti è successo? le chiese la figlia.
“Ho iniziato un giorno facendomi un solo taglio, il problema è che poi diventa una specie di dipendenza. Non puoi più farne a meno. Ho detto tutto a tuo papà un anno dopo e gli ho fatto giurare di non raccontare niente a nessuno.  Il che è stato un errore, ma lui  l’ha fatto pensando di aiutarmi e nessuno dei due si rendeva conto che stavamo sbagliando. Quindi, a diciotto anni sono andata in un posto dove delle persone mi hanno aiutata a iniziare a stare meglio.”
E tu ti sei tenuta dentro tutto quel peso per anni?
“Già.”
La voce di Demi era sul punto di spezzarsi, ma si impose di non piangere. Era difficile scavare nel passato, ma Mac aveva il diritto di sapere.
E come hai fatto?
“Non lo so” ammise. “Pensavo che fosse la cosa giusta e mi sono comportata di conseguenza, ma sbagliavo. Tenersi le cose dentro non è mai la soluzione.”
E papà si è tagliato perché stava male per la zia o c’era qualche altro motivo?
Forse Mac avrebbe dovuto parlarne con lui, ma Demi si disse che Andrew non ci sarebbe rimasto male se fosse stata lei a dirglielo.
“Intendi quando ha tentato…”
Il suicidio, sì.
“Lo faceva già da prima, Mac; solo, non andava così tanto in profondità come invece è successo mesi fa. Per rispondere alla tua domanda no, non c’era nessun altro motivo. Lo faceva perché stava malissimo per lei.”
E tu lo sapevi?
“No, me l’ha detto tempo dopo, quando aveva smesso.”
Prima di…
“Sì, molto prima.”
Era difficile per Mackenzie assimilare tutte quelle informazioni. In fondo, per quanto matura fosse, era ancora molto piccola e non conosceva bene l'autolesionismo, la bulimia e l'anoressia. Il fatto che la mamma fosse stata vittima dei bulli la rattristava tantissimo, ma in un certo senso le dava anche sollievo perché ora sapeva che lei la capiva benissimo. La piccola tremò un po’ e poi abbracciò sua madre, cercando protezione e conforto. Non sarebbe riuscita a trattenersi dal piangere ancora a lungo.
Demi aspettò qualche minuto e poi chiese, di nuovo:
"È James che ti fa del male?"
Sì.
La bambina tremava, e nella speranza di tranquillizzarla Demi le prese una mano e gliela tenne stretta per qualche secondo finché smise di muoversi a scatti, poi abbracciò la figlia un’altra volta.
"Puoi dirmi tutto, Mac. Lo sai."
Sì lo so, ma ho paura.
"Non ti succederà nulla. Non lo permetterò."
Come puoi dire una cosa del genere? Non sei a scuola con me, non ti è permesso stare lì. In che modo riuscirai a proteggermi durante quelle ore?
Erano domande lecite.
proprio per questo che vorrei parlare con la tua insegnante!" Demi alzò un po’ la voce per dare enfasi alla frase. "In tal modo lei potrà controllare meglio la classe, capire la situazione e darti una mano."
E se non lo facesse? Se ai suoi occhi tutto andasse bene?
"Se succederà qualcosa di cui lei non si accorgerà dovrai andare a dirglielo, tesoro."
E se non mi credesse? Perché potrebbe capitare, vero?
Demi sospirò, affranta per la situazione.
"Credo che la tua maestra sia abbastanza intelligente da credere alle tue parole. Ma se non accadesse, ti prego, dimmelo e vedremo cosa fare. Okay?"
Okay.
"Come si chiamano gli altri bambini che ti fanno quelle cose?"
Brianna e Yvan.
"Solo loro?"
A volte anche altri compagni mi hanno fatto, ma per la maggior parte sono solo loro, sì. Sono amici e di solito sono insieme, ma stamattina dopo l'interrogazione di geografia James mi ha seguita.
E fu così che Mackenzie raccontò tutto alla mamma: del fatto che lei ed Elizabeth venivano sempre isolate dagli altri, delle offese che ricevevano dai tre bambini asserendo anche che tutti i compagni le avevano prese in giro perché stavano sempre insieme, dell'interrogazione di geografia andata male e di ciò che le aveva detto e fatto James, e infine del comportamento dei compagni prima che lei andasse via quel giorno.
Demi ebbe quindi la conferma che non si trattava di prese in giro occasionali - che comunque sarebbero state molto spiacevoli - ma di veri e propri atti di bullismo, resi ancora più gravi da quello fisico di James. La ragazza si domandò cosa lo portasse ad essere così. Forse i suoi erano divorziati o aveva altri problemi in famiglia. Comunque, qualsiasi fosse il motivo, ciò che faceva era sbagliato e il comportamento dei suoi amici non era da meno.
Il cuore di Mackenzie batteva all'impazzata quando finì il racconto, e una volta fatto scoppiò a piangere.
"Amore!"
Demi le portò un bicchiere d'acqua e le disse di bere piano e di fare respiri profondi, poi quando ebbe finito la prese fra le braccia e la cullò finché il respiro della piccola divenne più regolare.
Sono stanca disse la bimba.
"Immagino. E sei stata molto forte, sai? Non tutti riescono a parlare di queste cose, ma tu ce l'hai fatta. Ti ammiro per questo. Quando è capitato a me, non ho detto nulla per un bel pezzo."
Sono forte come te, mamma; e sono orgogliosa di essere tua figlia.
Demi si commosse e la baciò varie volte sulle guance.
"Ed io sono molto fiera di avere una bambina come te" le rispose.
Quando andrai a parlare con la maestra, dovrò venire anche io?
"Sì, sarebbe meglio. Qual è l'insegnante di cui ti fidi di più, tesoro?"
Chiedere un colloquio con tutte le maestre insieme sarebbe stato molto più difficile e avrebbe richiesto tempo. Era meglio dirlo solo ad una, per il momento e poi riferirlo agli altri e alla Direttrice che avrebbe preso provvedimenti a riguardo.
Beth, quella che ci fa italiano, storia e geografia.
"D'accordo."
Demi aprì il sito della scuola e andò nella sezione Colloqui, dove c'erano scritti i vari insegnanti e i giorni in cui erano disponibili a parlare con i genitori. Ma la giovane non voleva che fuori dall'aula ci fossero altre persone che avrebbero potuto sentire. Desiderava conferire con lei in privato, così chiuse tutto e decise di scrivere un biglietto.
 
Gentile signorina Rivers,
ho bisogno di parlare urgentemente con lei di una cosa che riguarda mia figlia. Desidererei farlo in privato e che ci fosse anche Mackenzie a quella riunione. Non ho messo il mio nome sui colloqui perché si tratta di una cosa piuttosto seria, che non riguarda l'andamento scolastico della mia bambina. Come e quando potremo parlare?
La ringrazio in anticipo per la sua disponibilità.
Cordiali saluti,
Demetria Devonne Lovato.
 
Lo rilesse un paio di volte e quando capì di essere soddisfatta lo consegnò a Mac, che lo lesse a sua volta.
"Conservalo con cura e consegnalo alla maestra il prima possibile."
Okay. Mamma?
"Sì?"
Sei sicura che stiamo facendo la cosa giusta?
Mackenzie era nervosissima. Non faceva altro che muoversi a scatti e respirare affannosamente.
"Sì, cara. Capisco la tua paura, ma io sono qui e ci sarà anche papà. Gliene parlerò al più presto. Andrà tutto bene."
Davvero?
"Sì, davvero."
Me lo prometti?
Aveva bisogno di cercare conferme, perché era spaventatissima all'idea di dover parlare ad un’insegnante di ciò che subiva. In fondo sapeva che era giusto, ma temeva le conseguenze e si domandava cosa le maestre e la Direttrice avrebbero fatto.
Demi, dal canto suo, sperava che le maestre avrebbero agito in qualche modo contro chi bullizzava Mackenzie. Tanti anni prima, quando era capitato a lei, si era ritirata da scuola e poi aveva saputo che nessuno era stato punito, cosa che l'aveva fatta incazzare non poco. Tuttavia, capì di dover rassicurare la figlia.
"Sì, te lo prometto."
A quelle parole la bambina si rilassò e poco dopo prese sonno. La mattinata era stata troppo piena di emozioni e il suo corpo non ne poteva più.
 
 
 
Dopo quanto accaduto, Demi decise di chiamare l’unica persona che aveva voglia di sentire in quel momento. Certo, avrebbe desiderato telefonare anche ad Andrew, ma stava lavorando quindi pensò di non disturbarlo.
“Pronto?”
Tirò un sospiro di sollievo quando udì la voce dolce dall’altra parte.
“P-pronto, mamma?”
“Demi, tesoro! Come stai?”
“Io non mi sento molto bene” ammise.
"Che succede? Madison non mi ha detto nulla, ma quando è tornata dentro dopo la telefonata mi è parsa strana."
Demi le parlò di ogni cosa, non tralasciando nessun dettaglio.
“Allora i tuoi sospetti si sono trasformati in realtà.”
“Già.”
"Ti sei sentita già abbastanza in colpa," iniziò Dianna dopo essersi presa qualche momento per riflettere, "quindi non ti sgriderò dicendoti che hai commesso un grave errore. Sono felice che abbiate fatto pace."
"Sì, anch'io."
"Per quanto riguarda ciò che Mac sta vivendo, mi dispiace un sacco! Penso tu faccia bene ad andare a parlare con la sua insegnante. Speriamo faccia qualcosa e che le maestre di Mackenzie non si comportino come quel cretino del tuo Preside e i professori che hai avuto."
"Non permetterò che accada. Se non vverrà fatto nulla andrò a scuola e combinerò un casino!"
Aveva alzato la voce fino quasi ad urlare senza nemmeno rendersene conto.
"Su, calmati Demi."
Dianna aveva parlato con dolcezza, ma questo non aiutò per niente sua figlia.
"Calmarmi?"
“Sì, tranquillizzati. Respira. So che sembra una frase scontata e fatta, ma tutto si sistemerà. Hai combattuto molte battaglie, e lo stesso vale per Mac. Supererete anche questa e lo farete insieme."
"Sì, hai ragione. Tra madri e figlie non è sempre facile parlarsi, eh?"
"No, affatto. Visto che siamo in argomento, anch'io oggi ho fatto una chiacchierata con Madison. Non voleva aprirsi, ma non abbiamo discusso. Pian piano si è lasciata andare e ha iniziato a parlare."
"Cosa le è successo?"
"Immagino sia più giusto che te lo dica lei. È stata delusa da alcune persone tempo fa e ha sofferto molto."
"Oh."
Demi ci rimase male. Più volte Selena l'aveva delusa e immaginava che sua sorella doveva essere molto legata a chi le aveva procurato quel dolore. Le avrebbe parlato il prima possibile.
Poco dopo le due donne si salutarono con affetto e quando misero giù il telefono rifletterono sul fatto che quelle poche ore erano state piene di difficoltà, che per Demi e Mackenzie non erano ancora finite.
 
 
 
credits:
Demi Lovato, Body Say
 
 
Pink, Fuckin’ Perfect
 
 
 
NOTE:
1. in “Falling With Wings” Dianna ha spiegato che il rapporto con i genitori è diventato complicato da quando se n’è andata di casa per inseguire il suo sogno di cantare. Lei apparteneva ad una famiglia protestante (e non cattolica come invece ho scritto nella FanFiction) e suo padre avrebbe voluto che rimanesse a casa ad aiutarlo, dato che lui era un Pastore. Col passare degli anni si sono sentiti sempre e sempre meno, e quando lei si è lasciata con Patrick i genitori le hanno detto che sapevano che prima o poi sarebbe successo, perché siccome lui non era andato da loro per chiedere la sua  mano, per i due era come se quel matrimonio prima o poi fosse destinato a terminare. Anche il fatto che nessun professore abbia punito i compagni di Demi era scritto nel libro.
2. Non credo che Madison abbia tatuaggi. Su internet non c’è scritto nulla a riguardo, quindi ho aggiunto questa cosa del primo che si è fatta.
3. In un’intervista Demi ha rivelato di non essere stata la più carina delle persone durante l’adolescenza, per cui nel flashback ho voluto descrivere un momento inventato nel quale si è comportata male con la sorella.
4. Non ho idea di come si richieda un colloquio con un insegnante negli Stati Uniti. Ho fatto ricerche ma non ho trovato nulla a riguardo, quindi ho inventato. Chiedo scusa per questa mia mancanza.
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
ed eccomi tornata, prima di quanto pensassi! Perdonatemi se gli aggiornamenti sono più lenti, ma il lavoro mi tiene molto occupata e spesso la sera sono stanca, ritrovandomi quindi a scrivere solo nei fine settimana.
 
Innanzitutto, il concerto è stato fantastico. Demi aveva la sua solita voce stupenda, ci ha detto delle cose meravigliose ed io mi sono sbracciata, ho cantato e urlato e le ho gridato che mi ha salvato la vita (il che in un certo senso è vero). Poi ha cantato “Sober”. Vi consiglio di ascoltarla se non l’avete ancora fatto. Non è uscita ancora nessuna notizia ufficiale ma pare, ascoltandola, di capire che la ragazza sia purtroppo tornata a bere e forse a fare uso di droghe. Io ci sono rimasta malissimo, e forse sarò troppo sensibile, ma ho pianto per un quarto d’ora. Noi fan l’abbiamo applaudita e supportata e lei si è emozionata tantissimo. Ho scritto una OS che si intitola come la canzone, se vi va di leggerla.
 
Parlando di questo capitolo, beh, sono arrivata al cento! Al cento, vi rendete conto? Ancora diciannove capitoli e poi questa storia sarà finita, ma andiamo con calma. Non credevo sarei arrivata fino a qui, non so perché; ma vi assicuro che la passione che metto in questa storia non è mai scemata nemmeno per un momento, è forte e viva come quando l’ho iniziata poco più di due anni fa.
Ho dato spazio a Madison e a Dianna anche qui, e spero non vi dispiaccia. Non l’ho fatto per allungare il brodo, ma solo perché mi pareva giusto far capire qualcosa in più di loro e del passato di Dianna. Sono personaggi secondari, è vero, ma hanno comunque una loro storia.
E così, alla fine, Demi e Mac hanno fatto pace. Siete contente? E la bambina è riuscita a parlare del bullismo che subisce. Ve lo aspettavate? Cosa credete succederà adesso?
Tornerò il prima possibile. Grazie di cuore a tutte voi che recensite e che avete messo la storia nelle preferite/seguite/ricordate. Siete importantissime per me!
Giulia
   
 
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