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Autore: martaparrilla    23/07/2018    1 recensioni
"Aveva degli occhi davvero davvero scuri. Non li aveva mai notati. Come diavolo aveva fatto a non averlo mai notato? Andava a incasinarsi con persone che abitavano dall'altra parte del mondo quando ne aveva uno italiano a portata si mano: i casini italiani erano i migliori!
«Dove vai?» chiese incerto se sorridere o offrirgli il suo aiuto prima che potesse far qualche danno.
La mente di Flavio, completamente annebbiata dall'alcool, era immersa in una tempesta di pensieri assolutamente impropri e, invece di dar loro una voce, rimase in silenzio, cercando di capire cosa volesse fare.
«Ricordi il numero della tua camera?» chiese alla fine.
«Forse 118?»
Scoppiò a ridere e Luca lo seguì a ruota, un po' perché era brillo, un po' perché non avrebbe mai immaginato che uno come Flavio potesse perdere il controllo."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Accettò l'invito a quell'evento con un po' di titubanza. Aveva da poco ritrovato il suo equilibrio e ritrovarsi in mezzo a due fuochi non gli avrebbe fatto bene, ne era consapevole.

Aveva cercato di evitarli entrambi quasi come fossero peste, risultando talvolta sgradevole e sgarbato, ma se voleva cantare bene non avrebbe dovuto incrociare quel sorriso che lo avrebbe fatto letteralmente sciogliere. Lo sapeva, sapeva come avrebbe reagito, era già capitato e le condizioni del suo stomaco dopo non sarebbero state a posto per l'esibizione sul palco.

Il suo ex invece... bé, lui era tutta un'altra questione. Lui faceva in modo di incontrarlo, sembrava lo seguisse in stile stalker e si stava veramente stancando di quegli appostamenti a tradimento, tanto che aveva pensato di segnalarlo alla polizia.

Mentre si malediceva per la sua pessima decisione, si destreggiava tra i vari corridoi cercando di ritrovare il suo camerino. Molte persone avevano provato a fermarlo ma con mille scuse diverse era riuscito a schivarli tutti. Tutti tranne lo stalker, di cui sentiva la voce stridula in lontananza. Quando vide la sua ombra all'angolo dell'incrocio tra due corridoi, aprì la prima porta disponibile e vi si lanciò dentro.

 

Era sempre un piacere per Flavio tornare in Italia e partecipare al festival estivo dove poteva rincontrare tanti colleghi di vecchia data. La sua carriera era iniziata da soli tredici anni eppure aveva il rispetto di tutti i grandi della musica italiana. Questo lo rendeva parecchio lusingato e per uno con l'autostima sotto i piedi come la sua, non poteva fare che bene.

Tra le mani stringeva il suo diario, fedele compagno su cui scriveva prima di ogni esibizione. Fuori dal camerino regnava il caos e un tonfo attirò la sua attenzione: solo in quel momento si accorse che non aveva chiuso la porta a chiave. Si alzò per farlo quando qualcuno piombò nel suo camerino senza nemmeno bussare.

«Mi dispiace essere piombato in questo camerino, chiunque tu sia, non volevo vederti nuda, sto solo fuggendo da una persona che non voglio vedere per cui permettimi di rimanere solo qui dentro, non mi girerò nemmeno una volta!»

Luca rimase fermo con le mani che stringevano la maniglia, col fiato corto e gli occhi chiusi, pronto alla sfuriata del secolo da parte di chiunque fosse l'occupante di quel camerino.

Flavio squadrò le spalle di quel ragazzo e quando arrivò al sedere, non ebbe alcun dubbio.

«Luca?!»
Questa non era una buona giornata, Luca se n'era reso conto dal primo istante in cui era arrivato in città quella mattina, troppi imprevisti, troppe cose da sistemare oltre che gente da evitare.

Luca si voltò piano, sperando che la persona che aveva pronunciato il suo nome in modo così sensuale avesse tutti i vestiti addosso. Se una maglia bianca aderente e semi trasparente poteva considerarsi un capo d'abbigliamento allora sì, era vestito.

Deglutì a vuoto.

«Scusami.» disse quasi in un sussurro.

Flavio sorrise constatando quanto col tempo Luca diventasse sempre più bello. Insomma erano colleghi di lavoro e poteva affermare che un collega fosse bello, no?

«Non credo che si azzarderebbe a entrare in tutti i... »

Dal corridoio, la voce acuta di Nick si avvicinava sempre di più e Luca, terrorizzato, prima chiuse la porta a chiave per poi spegnere la luce e zittire l'inquilino del camerino mettendogli una mano sulla bocca per impedirgli di parlare.

«Shhh... »

Poteva sentire il suo profumo.

Poteva sentire chiaramente i suoi pettorali e poteva vederli, anche se nella penombra.

Ma soprattutto poteva sentire il battito del suo cuore aumentare di frequenza dopo il loro contatto fisico.

A Flavio cadde il diario dalle mani. Affermare che fosse carino era una cosa, trovarselo appiccicato con la mano sulla bocca e il suo respiro sul petto era un altro paio di maniche.

Sentì il cuore accelerare e non poté far nulla per fermarlo. Per un secondo i loro sguardi, a pochi centimetri di distanza, si incontrarono. Luca pensò di morire quando, allentata la presa sulla bocca, Flavio gli regalò uno dei sorrisi più belli che gli avesse mai visto fare.

«Mi dispiace... »

Ripeté Luca, che tornò indietro di un passo. Flavio era emozionato e divertito.

«Smettila di scusarti, tutti abbiamo degli ex scomodi.»

«Lui non è un mio ex... »

Flavio alzò le sopracciglia in segno di disappunto.

«Ok, lo è.»

«Il fatto che non sia dichiarato non significa che la gente non lo sappia. Solo che, non sapendo, spesso si inventa delle cose e questo può far male se non sei pronto.»

Flavio ne era molto cosciente. Per molto tempo il mondo esterno lo aveva definito in un modo in cui nemmeno lui era mai riuscito e questo era stato motivo di enorme sofferenza per il cantautore.

«La vita privata non è un affare degli altri.»

Rispose secco il giovane, incrociando le braccia al petto

«È vero. Infatti lo rispetto. Ma lui è un tuo ex comunque.»


Continuò a fissare il suo profilo mentre faceva tintinnare il ghiaccio dentro al bicchiere. Era il suo quinto cocktail e avrebbe giurato di aver visto degli strani omini verdi passeggiare accanto al tavolino alla sua sinistra, poco prima.

Ma di sicuro erano gli effetti della sbornia ed era sicuro anche di un'altra cosa: non avrebbe mai avuto il coraggio di provarci. Era così, era sempre stato così, piuttosto che esporsi e prendere una legnata preferiva bersi dieci cocktail e vomitare per i successivi due giorni.

Luca, circondato da colleghi e nuove conoscenze, aveva deciso di dare le spalle al bancone del bar dell'albergo così da averlo sempre sott'occhio. Non aveva nulla da perdere, non lo aveva avuto mai, con lui. Eppure lo aveva capito nel momento in cui, prima di salire sul palco, gli aveva sorriso. Un sorriso sincero, quasi di riconoscenza per tutti gli anni in cui, Flavio, lo aveva ispirato non solo per la scelta delle canzoni da interpretare, ma anche per vivere la sua vita.

Non l'aveva mai guardato in quel modo, non era mai capitata l'occasione ma da quando gli aveva sorriso prima di salire sul palco una strana sensazione allo stomaco si era impossessato di lui e a niente era servito l'alcool che aveva usato per domare la stretta alla bocca dello stomaco.

Un'altra cosa non lo aiutava: Luca continuava a voltarsi e a cercare il suo sguardo, come se volesse parlargli, come se volesse dirgli "Hey, mi piaci, sono qui, vieni a prendermi".

Sospirò. Essere ubriaco non gli faceva bene. Non era vero che attutiva i sentimenti anzi, li amplificava e tutti i suoi tentativi di controllarli risultavano vani.

Ecco perché, da persona saggia quale era, decise di alzarsi e tornare nella propria camera, fortunatamente sita al sesto piano dello stesso albergo.

Avrebbe solo dovuto cercare l'ascensore ed era molto convinto di averlo visto a destra nella Hall. In quel momento però la Hall era diventata tonda e Flavio non era molto sicuro di riuscire nella sua impresa.

Girò su se stesso diverse volte finché qualcuno non lo afferrò per un braccio.

«Ti senti bene?»

Flavio chiuse gli occhi, cercando di mettere a fuoco la persona che aveva davanti.

Merda.
«Luca, anche tu qui? Che coincidenze.»

Aveva degli occhi davvero davvero scuri. Non li aveva mai notati. Come diavolo aveva fatto a non averlo mai notato? Andava a incasinarsi con persone che abitavano dall'altra parte del mondo quando ne aveva uno italiano a portata si mano: i casini italiani erano i migliori!

«Dove vai?» chiese incerto se sorridere o offrirgli il suo aiuto prima che potesse far qualche danno.

La mente di Flavio, completamente annebbiata dall'alcool, era immersa in una tempesta di pensieri assolutamente impropri e, invece di dar loro una voce, rimase in silenzio, cercando di capire cosa volesse fare.

«Ricordi il numero della tua camera?» chiese alla fine.

«Forse 118?»

Scoppiò a ridere e Luca lo seguì a ruota, un po' perché era brillo, un po' perché non avrebbe mai immaginato che uno come Flavio potesse perdere il controllo.

«Volevo tornare nella mia camera ma questa hall è diventata improvvisamente tonda e si sa, gli ascensori tondi non esistono, quindi forse è meglio fare una passeggiata fino a che le stanze non riprenderanno le loro forme originali.»

Si accasciò letteralmente su una poltroncina di fianco a lui e rischiò di buttar giù un enorme vaso con delle rose bianche se solo Marco non fosse intervenuto a salvarlo.

«Non credo sia il caso che tu esca in queste condizioni.»

Aggiunse infatti, con ancora il vaso tra le mani.

Flavio ridacchiò prima di poggiare le mani sulle ginocchia pronto a rialzarsi e far qualche danno.

«Allora vieni con me così potrai controllare che non faccia danni.»

Rise senza controllo e lo stomaco di Luca sussultò letteralmente. Si guardò intorno per accertarsi che nessuno stesse guardando o peggio, ascoltando. In queste situazioni era meglio andar cauti e cercare di non assumere atteggiamenti ambigui che avrebbero potuto creare una marea di voci impossibili da zittire. Fuori dalla porta dell'albergo una marea di ragazzi e ragazze vocianti e iperattive attendevano invano che qualcuno si mostrasse loro e non aveva le forze per affrontare quella folla malefica, non in quel momento, non con Flavio completamente ubriaco e a quanto pare, fuori controllo.

«Credo che là fuori i fan ci assalirebbero» infilò le mani nelle tasche prima di proseguire «c'è una bellissima terrazza all'ultimo piano, con un panorama altrettanto bello. C'è abbastanza aria per riprenderti, là sopra.»

«E terrazza sia! Però» portò il dito indice sul naso, come a volerlo mettere in guardia «credo debba guidarmi all'ascensore perché non ho idea di dove sia!»

«Non ti lascerò cadere, stai tranquillo.»

Flavio pensò che quella frase fosse un pezzo di qualche canzone, ma era troppo confuso per riuscire a ricordare. Barcollante lo seguì, stupendosi ancora una volta di come quella stanza potesse essere così ovale.

Era decisamente ubriaco.

In ascensore poggiò la testa su una parete e non si accorse nemmeno quando arrivarono al piano. Luca lo guidò fino a un enorme divano di un grazioso salottino esterno, addobbato con fiori e candele. Aveva un non so che di romantico.

«Wow» esclamò Flavio alla vista di quella terrazza.

«Dimmi che non avevi preparato tutto questo per qualcuno e che non ti ho rovinato i piani, non me lo perdonerei mai!»

Luca sorrise notando la preoccupazione del ragazzo più grande di lui.

«Non ho preparato nulla per nessuno, questa terrazza è sempre sistemata così, dicono che magari possa servire a qualcuno desideroso di conquistare qualche ragazza, ma solitamente non passano mai da qui e le portano direttamente in camera. Il romanticismo ormai non esiste più. Stai meglio con l'aria fresca?»

«Sarei stato meglio se avessi bevuto meno, maledetto alcool.»

«Fai dei bei respiri, sembri già più lucido.»

Il profilo di Luca era perfetto. Assolutamente perfetto. Così come il suo fisico e la sua età.

Giovane e bello, irraggiungibile come gli altri, insomma.

«Anche tu sei ubriaco?»

«Non quanto te, riesco ancora a distinguere le mie mani.»

«Be, anche io ho due mani» se le guardò per essere sicuro della cosa «ma non sono sicuro del numero delle dita presenti.»

Il numero andava da dieci a quindici e, impegnandosi, probabilmente avrebbero raggiunto le venti unità.

«Non hai mai letto i miei libri? È il mio passatempo preferito quando ho bisogno di perdere il controllo, ma le conseguenze non sono mai buone.»

Luca pensò di non aver capito perché Flavio biascicava e si mangiava le parole trovando comunque sempre le forze per sorridere socchiudendo gli occhi. In quei momenti, Luca desiderava ardentemente essere etero.

«Posso farti una domanda?»

Luca, nonostante fosse lucido, si fece contagiare dall'ebrezza di Flavio, sperando di non fare troppi danni.

«Spero di riuscire a rispondere seriamente e in un italiano corretto.»

Rispose lui, sorridendo e poggiando la testa sulla poltroncina. Luca lo raggiunse, si sedette accanto a lui e ruotò un poco il torace prima di asciugarsi le mani visibilmente sudate sui pantaloni.
«Perché cavolo tutti gli uomini con cui sei stato ti hanno lasciato? Nel senso, tu hai sempre lasciato trasparire che fossero gli altri a lasciarti, un po' per le tue canzoni e un po' per le tue parole nelle interviste e giuro che... cioè, come si fa a lasciarti? Lo trovo una cosa talmente assurda che non sono mai riuscito a trovare una spiegazione logica.»

Luca aveva iniziato a parlare e parlare, aveva tolto il freno a mano e deciso che avrebbe svuotato in quel momento tutti i suoi pensieri impropri perché sapeva che lui si sarebbe dimenticato di tutto o quasi e l'imbarazzo, il giorno dopo, non sarebbe stato così insopportabile. Gesticolava, e Flavio faceva fatica a seguire il suo discorso, le sue mani e il movimento della labbra del suo interlocutore che si muovevano in modo alquanto affascinante.

« ...e ho anche pensato che tu potessi essere una persona pesante o troppo gelosa ma poi mi sono risposto 'Perché diavolo uno che ama stare da solo dovrebbe essere pesante? Perché mai uno come lui dovrebbe essere così possessivo? Chi si sognerebbe di lasciarlo su due piedi? E poi ti lasciano e io davvero non capisco, quanto le persone possano essere così cretine.»

Col fiatone e gli occhi lucidi, Luca fissava gli occhi di Flavio aspettando una sfuriata di quelle con i fiocchi. Dopotutto non si conoscevano nemmeno, perché mai avrebbe dovuto rispondere a queste domande degne del miglior settimanale di gossip?

La dolcezza di Luca col viso spaventato raggiunse anche la coscienza, seppur annebbiata dall'alcool, di Flavio ma nessuna risposta sensata arrivò alla sua bocca.

Tutte le sue delusioni passarono davanti ai suoi occhi fulminei e un senso di freddo lo raggiunse, facendolo rabbrividire.

Luca, vedendo che Flavio non proferiva risposta, si alzò di scatto.

«Scusami, non avrei dovuto.» Si toccò i capelli nervosamente, scompigliandoli.

«Perché ti sei alzato?»

Chiese Flavio incerto, trovando le forze per mettersi in piedi e raggiungerlo.

«Ho pensato che non volessi rispondere e volevo lasciarti solo a smaltire la sbornia.»

«Volevi lasciare un uomo completamente ubriaco da solo? Mi sarei potuto buttare o sarei potuto cadere.»

Flavio perse l'equilibrio per un attimo e si portò una mano sulle tempie che pulsavano senza ritegno.

«Hai smesso di pensare che vorresti morire, non ci casco!»

Sulle labbra di Flavio comparve un sorrisetto compiaciuto.

«Allora hai letto i miei libri... »

«Tutti hanno letto i tuoi libri... » arrossì, voltandosi un attimo e riportando lo sguardo su quello dell'altro ragazzo. Flavio lo trovò dolcissimo.

«Nessun ragazzo. Mi correggo: nessun bel ragazzo era mai arrossito con me. Forse da ubriaco sono più attraente!»

Luca strinse le labbra in un sorriso. Non voleva pensare al fatto che l'avesse definito bello o che stesse pensando al fatto che si stavano corteggiando a vicenda senza accorgersene.

«Non hai risposto alla mia domanda.»

«Giusto» rispose Flavio «vediamo... le persone non sopportano il troppo amore. Che non significa essere asfissianti, significa fare progetti, crescere insieme. Mi piace amare forte e visto che non me lo permettono, lo scrivo sulle canzoni.»

«Che idioti.»

Lo disse senza pensare, facendo nascere sul viso del ragazzo più grande uno dei suoi sorrisi migliori.
«E tu?» rispose Flavio poco dopo. Ormai il discorso era nato e l'alcol lo aiutava a rendere il tutto meno imbarazzante. Nonostante tutto si rendeva conto di quanto Luca continuasse a umettarsi le labbra con la lingua in modo inopportuno.

«Io cosa?»

Rispose ingenuamente, non capendo davvero a cosa Flavio si stesse riferendo. Infilò le mani nelle tasche dell'abito.

«Tu come ami?» Sottolineò Flavio.

Luca sorrise imbarazzato, abbassando lo sguardo prima di iniziare a parlare.

«A me piace il troppo amore. Non solo amore in senso stretto ma anche in amicizia. Mi piace dare amore ma anche riceverlo, non ho conosciuto nessuno disposto a darlo con la mia stessa intensità. Infatti, chi mi sopporta, vive con me. Non amo stare solo, sono stato solo troppo a lungo, ora ho bisogno di avere amici che riempiono le mie giornate e il mio cuore.»

Perché si era ubriacato in questo modo? Voleva essere lucido, voleva ricordare ogni minimo cambio d'espressione del giovane e voleva baciarlo. Lo stomaco, la testa e il peso sul petto glielo stavano suggerendo da un po' e avrebbe tanto voluto che l'alcool non interferisse con la sensazione che più amava provare.

«Non l'hai mai conosciuto prima di oggi.» Sottolineò subito Flavio, sentendosi quasi offeso. Intanto, a piccoli passi, riduceva la distanza tra loro.

«Prima di oggi. Ma tu non hai mai fatto parte della folla. Ti rispetto troppo per farlo.»

«Troppo vecchio?» Azzardò a dire Flavio.

«Forse sono io troppo giovane per uno come te. Tu sei troppo e basta. Non credo che tu lo sappia, non credo te ne renda conto. Non che del mio parere te ne freghi tanto, potresti avere chi vuoi se solo... »

Cercò di trovare un modo non troppo esplicito per descrivere la sua poca fiducia nel genere umano. Assolutamente lecita tra l'altro.

«Se solo... ?»

«Se solo non nascondessi quello che sei a chi cerca di conoscerti davvero.»

Flavio era un libro aperto e quella frase lo offese perché lui non metteva alcun paletto con nessuno, stava però anche agli altri fare dei passi verso di lui. Complice l'alcol, si innervosì, rispondendo seccamente.

«Chi sarebbero queste persone che cercano di conoscermi? Non mi sembra di vedere nessuno!»

Allargò le mani come a voler dimostrare la sua dichiarazione.

Luca, colpito dal tono della voce dell'altro, si avvicinò, cercando di modulare il tono della sua di voce per risultare meno polemico. Il vento schiaffeggiò il volto di Luca insieme al profumo di Flavio e una fastidiosa morsa allo stomaco lo raggiunse. Dovette prendere un profondo respiro prima di aprire di nuovo la bocca.

«Oh credimi, c'è eccome!»

Flavio era rimasto quasi incantato dalla posizione che aveva assunto Luca con le mani dentro le tasche dei pantaloni, in una posizione da adulto. La luce fioca illuminava il lato destro del viso e gli occhi brillavano.

«Vuoi farmi qualche nome?» Lo provocò.

«Ti dimenticheresti, non avrebbe senso.»

Rispose Luca subito dopo lasciando Flavio divertito ma sul filo di un rasoio.

La distanza era davvero poca tra i due e la tensione era palpabile anche per loro che la creavano.

Luca fissava negli occhi l'altro uomo e pensò che per una volta poteva trarre qualche vantaggio da una sbronza, anche se il giorno dopo, verosimilmente, non si sarebbe ricordato nulla di tutto quello e forse era meglio così.

L'unico passo che li divideva fu percorso da Flavio che, con un'audacia mai provata afferrò la mano destra di Luca e la posò sul suo petto, stringendola forte.

Luca smise letteralmente di respirare. Il contatto col petto di Flavio lo annebbiò e dovette chiudere gli occhi per sopportare la vertigine.

«Mi sto maledicendo per non aver la mente lucida da ricordare con esattezza quello che sto provando ora.»

Luca continuava a fissare la sua mano poggiata sul petto dell'altro artista come se fosse un pezzo da museo. Non gli stava davvero stringendo la mano. Non lo stava toccando. Non stava dicendo cose che non riusciva nemmeno a ripetere.

«Luca... »

La voce di Flavio, quasi supplicante, non ammetteva una risposta negativa nonostante non avesse espresso nessuna richiesta. Il suo cuore martellava e Luca poteva sentirlo chiaramente. Sollevò finalmente lo sguardo verso Flavio, che teneva le labbra sottili lievemente dischiuse, in attesa di qualcosa che nemmeno lui riusciva a definire.

Si sporse un attimo e sentì chiaramente il suo respiro mescolarsi con l'altro. Bastò allungare il collo di qualche centimetro per toccare le labbra di Flavio. Aspettò qualche secondo prima di staccarsi e tentare di fuggire ma la mano libera di Flavio fece aderire prontamente i due corpi, mentre l'altra si spostava dal petto al viso. Studiavano il contorno delle labbra dell'altro con attenzione, quasi intimoriti dal volere di più da quelle bocche, da quel corpo. Fu il più grande a sfiorare il labbro inferiore dell'altro con la lingua, prima di ricordarsi della sbronza e dell'alito sicuramente poco piacevole che poteva avere. Si scostò un poco incontrando gli occhi di Luca.

«So di alcol, non deve essere piacevole.»

«Sai di buono e se mi dai il permesso, non avrai più modo di farti venire paranoie. Non con me, non mentre mi baci. Come hai detto tu mi dispiace solo che, passata la sbronza, avrai dimenticato tutto.»

«Non vorrei essere precipitoso ma dubito che riuscirò a dimenticare l'ultima frase che hai detto. Potrei rubartela e usarla in una delle mie prossime canzoni.»

Risero insieme. Era bello per Luca sentire quella risata sincera di Flavio, assolutamente priva di ogni preoccupazione.

«Voglio i diritti d'autore però!»

«Io invece voglio rivederti quando non so di alcool e la mia mente non vede venti candele invece di quattro.»

Luca sorrise apertamente sulle labbra di Flavio che per la prima volta non aveva attivato il suo controllo automatico post alcool.

Autocontrollo e timidezza di fronte a un uomo più grande di lui che aveva sempre stimato furono portati via dal vento, lasciando Luca spogliato da ogni inibizione.

Non era certo che Flavio si sarebbe ricordato di questo desiderio. Non era certo che avrebbe sopportato che lui si dimenticasse. Ma non avrebbe mai rinunciato a quell'occasione solo per paura di essere rifiutato in futuro. A pochi nella vita viene concesso di condividere spazio, tempo e labbra con chi ti piace da sempre. Quindi, quello che forse per Flavio era solo un bacio, per lui era una scommessa che aveva intenzione di vincere perché l'uomo che ora si stava lasciando andare tra le sue braccia meritava più di quello che lui stesso aveva creduto di poter avere e se mai avesse voluto avere una dimostrazione, avrebbe speso il suo tempo per dargliela.

  
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