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Autore: Ghen    23/07/2018    9 recensioni
Dopo anni dal divorzio, finalmente Eliza Danvers ha accanto a sé una persona che la rende felice e inizia a conviverci. Sorprese e disorientate, Alex e Kara tornano a casa per conoscere le persone coinvolte. Tutto si è svolto molto in fretta e si sforzano perché la cosa possa funzionare, ma Kara Danvers non aveva i fatti i conti con Lena Luthor, la sua nuova... sorella.
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Non solo quello che sembra! AU (no poteri/alieni) con il susseguirsi di personaggi rielaborati e crossover, 'Our home' è commedia, romanticismo e investigazione seguendo l'ombra lasciata da un passato complicato e travagliato, che porterà le due protagoniste di fronte a verità omesse e persone pericolose.
'Our home' è di nuovo in pausa. Lo so, la scrittura di questa fan fiction è molto altalenante. Ci tengo molto a questa storia e ultimamente non mi sembra di riuscire a scriverla al meglio, quindi piuttosto che scrivere capitoli compitino, voglio prendermi il tempo per riuscire a metterci di nuovo un'anima. Alla prossima!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ours'
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21. Ribellione 


Il cellulare non fece che squillare a vuoto e infine la chiamata si chiuse. James non si arrese e continuò, camminando avanti e indietro intorno al suo letto, dove aveva gettato la borsa a tracolla e la fotocamera che aveva portato con sé a National City. Era appena tornato a Metropolis e sapeva che era mattina molto presto, ma doveva parlare con Kara. Le aveva inviato dei messaggi ma non gli aveva risposto, e le chiamate andavano a vuoto. «Maledizione…», borbottò poi, staccando e decidendo di inviarle un nuovo messaggio:
Da Me a Kara D.
Kara, non so se tu abbia letto i precedenti messaggi, ma ho bisogno di parlarti, possibilmente faccia a faccia, è importante. Richiamami.
Si era seduto sul letto esausto, non aveva dormito nulla nel viaggio di ritorno e quelle foto… accidenti, le aveva riguardate spesso cercando una spiegazione diversa da quella ovvia, o magari che si fosse confuso e quella non era Lena Luthor, o l'altra non era davvero Kara, ma ogni volta, ogni volta aveva come la sensazione che la verità lo avesse colpito in pieno come un treno. La persona di cui si era innamorata era Lena Luthor? Oh, questa storia non sarebbe piaciuta a Clark, già lo sapeva; non piaceva a lui per primo. Riguardò il cellulare ma non c'era nessun segnale da parte sua, così sospirò, decidendo di andare a farsi una doccia, in attesa. Immaginò che fosse molto occupata.
«Non lo trovoooo», dichiarò Kara disperata, spostando di nuovo il materasso nella sua camera.
«Mi farai fare tardi a lezione», corse Megan, rientrando dal bagno. «Abbiamo guardato ovunque».
«Stupido cellulare», grugnì.
A un tratto Megan si fermò, colta da un'idea improvvisa: «Nella borsa? Ieri sei uscita e la borsa…?».
Kara aggrottò le sopracciglia e corse ad aprire il suo armadio e così la borsa. Poi, con vittoria, portò il cellulare verso l'alto. «Simba», esclamò, «Pensavo di averti perso».
«Vedi che succede a uscire con Lena Luthor, che poi dimentichi dove metti la testa», rise a braccia a conserte, godendo dello sguardo di Kara farsi imbarazzato.
«Beh… quando sono tornata ieri ero molto stanca», annuì, passandole avanti per sistemare il caos combinato in stanza alla disperata ricerca del cellulare.
«E pensa a quando finirete a letto insieme». Le lanciò un sorriso divertito e Kara spalancò la bocca per replicare, ma ci volle qualche secondo prima che dicesse qualcosa.
«Eh, sì… Ci stiamo provando, diciamo. E ho una discreta dose di ansia che tendo a soffocare quando sono con lei perché so che accadrà, e accadrà presto, e io lo voglio, ma…».
«L'ansia».
«Sì. S-Sto parlando di Lena Luthor», gesticolò nervosa, arricciando il naso. «Credo che la leggera sensazione di profonda fortuna che sento per averla al mio fianco non mi passerà mai».
Si prepararono, presero con loro borsette e libri e uscirono dalla stanza, chiudendo a chiave. L'una a fianco dell'altra, camminarono per i corridoi dello stabile, in mezzo alle altre studentesse. Di tanto in tanto salutavano qualcuna.
«Non avete ancora trovato un momento?».
«No», sbuffò distratta, controllando le varie notifiche al cellulare.
«Comincerei a preoccuparmi».
«Cosa?», si fermò di scatto, spalancando gli occhi.
Megan scrollò le spalle. «Dico che ormai state insieme da un po' e se non è ancora successo… potrebbe esserci un problema». A una seguente occhiataccia preoccupata di Kara, pensò di giustificarsi: «Alla nostra età è difficile che si aspetti un momento giusto», virgolettò con le dita, tenendo la borsa sottobraccio. «Le cose succedono quando devono succedere».
Ripresero a camminare e Kara sospirò pesantemente. «Ma noi vogliamo che succeda. Ieri, Lena non voleva lasciarmi tornare».
«Uh. Dimenticavo che voi avete un piccolo problema chiamato famiglia allargata», sorrise e insieme uscirono fuori, al sole che tiepido si affacciava sul parco del campus. «Allora dimentica ciò che ho detto prima. Soffrite di una condizione particolare. Se volete, posso tenermi impegnata il tempo che vi serve e la camera è vostra. Chiedo a John di uscire, ceniamo fuori, magari da lui», sorrise, «torno per il cambio di guardia, alle cinque e mezza, gli dico che mi sono chiusa fuori… Potrebbe andare?».
«No».
«Non vi basta?», ridacchiò, «Almeno per l'inizio delle lezioni devo essere al campus, ragazza».
Kara arrossì, cercando di non ridere. «Ma cosa hai capito?! È che pensiamo di non essere a nostro agio, in camera… e il letto di Lena è più grande», aggiunse velocemente. «Lascia perdere. Anche se non ci sarà un momento giusto, troveremo un momento. Succederà». Annuì e riprese il cellulare, intanto che camminavano fuori, salutando ancora qualcuno. «Mi ha chiamato James un sacco di volte…», mormorò perplessa, cominciando a leggere i messaggi. «Dice che è importante, ma mi vuole vedere faccia a faccia».
«Non lo hai visto ieri?».
«Sì, e se pensi che ci siamo visti dopo un bel po' che volevamo farlo, e alla fine non siamo neppure usciti perché, beh, lui aspetta a venire proprio il giorno in cui io e Lena avevamo un appuntamento, per vederci di nuovo ora ci vorrà davvero tanto… Che poi non posso ritagliarmi un attimo perché sono impegnata».
«E ricordati gli allenamenti».
«Appunto», alzò le spalle in segno di resa.
Provò a chiamare James, in cortile, intanto che Megan entrava nell'edificio. Dato che non rispondeva, gli lasciò un messaggio, sperando capisse.
Da Me a JamesOlsen
Scusami, James, ho avuto problemi con il telefono. Ti direi che possiamo vederci quando vuoi, ma purtroppo non posso, avrò tanto da fare con la scuola, il lavoro e lo sport. Sarò libera solo per il Ringraziamento ma lo passerò in famiglia. Mi dispiace, spero che qualsiasi cosa sia possa aspettare. Sentiamoci presto!
Le aveva risposto una mezzora dopo, insistendo per potersi vedere. Kara si chiese cosa ci fosse di davvero così importante che non poteva dirle ieri oppure per telefono, e alla sua risposta È meglio se ne parliamo a voce l'uno davanti all'altra le aveva messo addosso più perplessità del dovuto. Che volesse chiederle di uscire nonostante tutto? E perché tanto mistero? Infine, tra una lezione e l'altra, decise di lasciare lì il suo dubbio, poiché non poteva proprio accontentarlo.
Dopo le lezioni tornò in camera per sistemarsi e prendere ciò che le serviva, così uscì per dirigersi alla CatCo. Una volta fuori, intravide Mike con i ragazzi della sua squadra andare verso il campo di allenamento. La guardò imbambolato e sembrava volesse raggiungerla, ma lei non aveva tempo, così lo salutò solo con un cenno della mano e lui la seguì con lo sguardo fino al cancello.
«Oh, cielo», la ragazza si bloccò, spalancando gli occhi: parcheggiata a un fianco del cancello vi era una limousine e Lillian Luthor, con Ferdinand, erano lì davanti in attesa. Appena la vide, la donna sorrise e alzò una mano per salutarla, così Kara deglutì e la raggiunse col cuore in gola, camminando come se le gambe le fossero diventate di piombo.
«Kara, che piacere», l'abbracciò e la ragazza cercò di ricambiare. «Ti aspettavo. Hai un minuto per me?».
«Ah… veramen-», si schiarì la gola, «veramente sto andando alla CatCo, non-», la donna la interruppe:
«È perfetto. Ti diamo un passaggio, va bene?».
Kara capì che non avrebbe accettato un no come risposta, così, senza avere alternative, accettò e cercò un sorriso, entrando in auto davanti la portiera aperta da Ferdinand. Lillian si sedette davanti a lei in quella spaziosa limousine e si guardò intorno, grattandosi un braccio, decisamente a disagio.
«Scusa se non ti ho avvertito prima che sarei passata, ma è stata un'idea dell'ultimo momento». Lillian le sorrise e la limousine partì. Kara continuò a grattarsi. «È passato tanto tempo dal nostro ultimo colloquio madre-figlia».
Kara si sforzò di annuire. «Sì, è vero».
«Considerando che abbiamo poco tempo», vide Kara guardare di sfuggita fuori dal finestrino e poi di nuovo lei, negli occhi, «non mi perderò in chiacchiere e andrò al punto. Cosa ne pensi del matrimonio tra me ed Eliza? Ne abbiamo parlato poco, con voi».
«V-Va bene», aggrottò le sopracciglia. Lillian la fissò, cercava come di scrutarla dentro e Kara si sentì in un certo modo violata. Non le disse altro, come se si aspettasse un approfondimento. «Mh… Magari, sì, è… è, diciamo, un po' una… novità?», chiese cercando di capire cosa volesse sentirsi rispondere e lanciò di nuovo un'occhiata fuori dal finestrino, tentando di riconoscere la strada e sperando di essere arrivata. «Ma sono felice per voi. Vo-Voglio dire, Eliza è una persona meravigliosa e si merita di essere felice e… e tu, sì, la rendi felice», si guardò di nuovo intorno, vaga, «quindi va bene». La guardò, cercando una conferma. Ricordava con malinconia i tempi in cui i colloqui madre-figlia con Lillian prevedevano che lei facesse domande e non ascoltasse le risposte, al contrario, ora si sentiva sotto esame e aspettava di sentirla parlare perfino troppo, come se la risposta non la soddisfacesse mai.
Lillian le sorrise e annuì brevemente, così Kara si mise in attesa della seconda domanda dell'interrogatorio.
«Cosa sei per mia figlia?».
Oh cavolo. Kara aprì la bocca lentamente ma dalle sue labbra non uscì alcun suono, prendendo tempo. Guardò di nuovo fuori, ma non riconosceva la strada. Stavano facendo il giro largo? Per un attimo, pensò di essere appena stata rapita.
«Siam-», sorrise, prendendo fiato, diventando paonazza. I suoi baci. Oh, i suoi baci. La sua lingua, le sue dita sulla pelle, l'alito caldo, i suoi sorrisi, come la stringeva a sé. Il suo seno. Oh, accidenti. Lei. Cos'era Lena per lei e lei per Lena? «Un'amica», deglutì. Lillian attese e Kara sentì improvvisamente caldo. «C-Cosa intendi, vo-voglio dire, è ovvio che siamo amiche, passiamo molto assieme e sì che all'inizio abbiamo avuto dei- mh, abbiamo avuto delle incomprensioni, m-ma è acqua passata, insomma, Lena ed io ci… divertiamo tanto, insieme». Sembrava che limousine prendesse altre strade apposta, pensò, guardando di nuovo fuori.
«Bene», emise aprendo appena la bocca, e anche lei diede un'occhiata fuori e poi al suo orologio. «Non voglio che tu faccia tardi. Mi chiedevo un'ultima cosa: Mike Gand. Non sapevo fosse il tuo ragazzo; adesso vi siete lasciati, non è così?».
«Sì». Non capiva dove volesse arrivare…
«Il ragazzo ha chiesto di te alla cena, l'altra sera», parlò con voce flebile, «Sembra intenzionato a riconquistare il tuo cuore. Pensi di dargli un'occasione?».
Non trattenne una piccola risata, guardando un punto lontano. «No. Mike ed io ne abbiamo passate tante, ma… no. Lui non-».
«Lena potrebbe aver detto che stai frequentando qualcuno», le mostrò un altro sorriso.
Arrossì, abbassando gli occhi. «Sì», gesticolò, «M-Mi sto vedendo con una persona-».
«Che non è Lena?!».
«C-Come?». La limousine si fermò e Kara guardò verso il finestrino d'istinto, capendo di essere arrivata. Quando si voltò a lei, Lillian si era accostata un po' e si allungò per prenderle una mano con le sue, incredibilmente fredde.
«Ti chiedo scusa se ti sono sembrata un'impicciona. Lena ha frequentato delle ragazze fino a non molto tempo fa e considerando il vostro rapporto ho pensato… male. È alla disperata ricerca di affetto; lo ha fatto in passato, pensavo lo facesse anche con te. È giusto che tu lo sappia, Kara».
«I-Io non-», scosse la testa, abbozzando un sorriso, «Lena ed io non- siamo amiche». Era riuscita a mentirle spudoratamente ancora non sapeva come.
«Dopo la morte di suo padre, temevo si sarebbe chiusa in se stessa. Ha lasciato le sue… amichette, chiamiamole, e il suo fidanzato. Poteva avere un buon futuro con lui e lo ha lasciato partire da solo… Lei e suo padre, dicevo, avevano un rapporto diverso, qualcosa che io non potevo capire, erano legati. Ho visto il baratro in cui si sarebbe lasciata cadere e anche se lei ed io non abbiamo mai avuto… quel rapporto», confessò, «è mia figlia, non volevo si lasciasse andare. Lionel non me lo avrebbe mai perdonato. Dunque sono contenta che lei sia felice, con te. Come amica».
Specificò all'ultimo e Kara non si mosse, tentando di non avere reazioni di nessun genere per non smentirsi: la sua bocca produsse saliva ma tentò di non deglutire con lei così vicina, di non avere sensibilità alle mani per non avere scatti bruschi; come con il corpo di gelatina, aveva iniziato a sentire prurito e non poteva grattarsi.
«Il vostro rapporto è meraviglioso, Kara. Parlo sul serio. Come amiche».
Il fatto che continuasse a ripeterlo le metteva ansia.
«Lo dico a te, perché lei non mi ascolterebbe: non darle la possibilità di innamorarsi di te».
Kara non riuscì a trattenersi: deglutì.
«Frequenta questa persona che dici di star frequentando, tieni Lena vicino se ti fa piacere, ma tienila distante dal tuo cuore. Lena si è affezionata, ma non sai com'è fatta… Di certo non siete fatte per stare insieme, ma temo lei non lo capisca».
«M-Ma…», barbugliò. Non sapeva cosa rispondere, lasciando la bocca aperta, aggrottando le sopracciglia.
«E ricorda che Eliza ed io ci sposeremo, siete le nostre figlie, avremo questa nuova famiglia tutti insieme e sarà meraviglioso così», la guardò con intensità, negli occhi, mentre le carezzava la mano che aveva nelle sue. «Sono felice che siate tanto unite ed è questo ciò che conta».
La lasciò andare e Kara non seppe cosa replicare, continuando a guardarla. Aveva il respiro mozzo, accidenti. Aprì lo sportello e mise un piede all'esterno che Lillian colse un nuovo momento per parlare:
«Ricordati che siamo una famiglia, Kara. Ci proteggiamo a vicenda, non è così?».
Appena la limousine partì, sentì finalmente di poter respirare di nuovo, guardandola allontanarsi. Entrò nel complesso della CatCo con più pensieri di prima. Lena bisognosa d'affetto. Non faticava a crederlo, ma da come lo aveva detto Lillian, sembrava qualcosa da cui stare alla larga. Non sapeva com'era fatta: certo, stando a quanto detto da Lena più volte, era lei a non sapere com'era fatta sua figlia. Lo disse come se poi, dopo aver avuto il suo cuore, si sarebbe stufata di lei. Si sarebbe stufata di lei? Sapeva che Lena aveva avuto altre storie e non le interessavano; stava con lei, adesso, e si sarebbe preoccupata solo di ciò che sarebbe successo tra loro. Da tutto quel discorso, infine, una cosa era ormai sicura: se mai avessero deciso di uscire allo scoperto, Lillian sarebbe stata contraria.
Telefonò a Lena una volta uscita dalla CatCo. Le avrebbe risparmiato i dettagli, ma doveva sapere che sua madre sospettava qualcosa.
«Ho avuto un incontro ravvicinato del terzo tipo, dal campus alla CatCo, oggi».
«Mia madre ti ha dato un passaggio?».
«Come hai fatto a indovinare?», abbozzò una risata. «Pensa che tu provi qualcosa per me e… non è felice, Lena. Se non altro pensa che stia frequentando una persona che non sei tu».
«Dovremo stare molto prudenti al nostro comportamento, tra pochi giorni. Il fatto che saremo tutti sotto lo stesso tetto per due giorni sarà… complicato».
«Decisamente», concordò Kara ed era felice di sentirglielo dire: avrebbero dovuto comportarsi non certo in modo freddo, ma più composto, felici ma non troppo, vicine ma non troppo, parlare tra loro ma non troppo, non isolarsi, restare concentrate e non esplodere, assolutamente, nei loro momenti di passione incontrollata. Perché se non avevano potuto stare insieme fino a quel momento, di certo non potevano farlo con madri e sorella a casa. E forse Lex, ma non erano sicure si sarebbe fatto vedere. «In ogni caso, tua madre è una donna spaventosa».
Lena sorrise. «Però, ci hai messo solo dei mesi a capirlo». La sentì ridere e così anche Lena non perse il suo sorriso. «Sono in laboratorio, ti devo lasciare. Ci sentiamo questa sera?». Vide Winn piantonato davanti alla porta, cartella tra le braccia, così lo invitò a raggiungerla con un gesto, annuendo. «Certo. Certo, a presto». Chiuse la chiamata e il ragazzo la fissò.
«Nuova fiamma?», rise, avvicinandosi al bancone dove lei stava lavorando. «Sguardo sognante, signorina Luthor». A una sua occhiata si schiarì la voce, cercando di tornare serio. «Non-Non dovevo permettermi, emh, chiudo la bocca».
«Allora?», lo incitò a parlare, sistemando sulla fronte gli occhialini protettivi.
«Oh, sì». Guardò la cartellina in modo distratto. «Ho controllato il numero di serie della microspia e appartiene niente popò di meno che al Department of Anti-Terrorism Operations, anche detto D.A.O.. Posso risalire all'indirizzo a cui vengono inviati gli audio, se mi dà l'autorizzazione a procedere».
«Procedi».
Lui esultò senza parlare, stringendo gli occhi e alzando un pugno per aria. «Sono eccitato! Spaventato, si sta parlando del D.A.O. e se scopre cosa stiamo facendo passeremo dei guai, ma eccitato». Così si accostò a lei, che aveva rimesso gli occhialini e si era avvicinata a un microscopio, trafficando con alcuni arnesi. «Ha sistemato, signorina Luthor?».
Lei non rispose subito. Chiuse lo sportellino di un piccolo aggeggio usando fini attrezzi, poi si tirò di nuovo sulla fronte gli occhialini protettivi, sollevando il suo lavoro per mostrarlo all'assistente. «Grazie per il tuo aiuto, poco fa. L'installazione è avvenuta con successo: ora potrò disturbare il segnale della microspia».
Lui esultò di nuovo e alzò una mano per battere il cinque ma, quando vide che Lena non ricambiava, la abbassò pacatamente. «Emh. Fantastico! Non ricordo dove mi ha detto di averla trovata…?».
«Non l'ho detto». Ricontrollò il suo lavoro e lui annuì, stringendo le labbra, così uscì.
Era già strano pensare che qualcuno avesse lasciato una microspia nella sua camera da letto, ma il D.A.O.? Da quando il D.A.O. le stava dietro? Per via di suo padre e dei genitori e zii di Kara? Non era quello a sorprenderla, l'esplosione della casa degli El era stata definita un atto terroristico ed era felice di sapere che a dispetto da ciò che si sapeva notoriamente stavano ancora lavorando sul caso, ma come aveva fatto il D.A.O. ad inserire una microspia non solo nella sua abitazione, ma addirittura nella sua camera? E perché proprio nella sua e non in quella di Lillian? Era indiscutibilmente strano. O meglio curioso. Loro non erano mai state delle sospettate e quella era senza dubbi un'invasione della privacy; dunque l'aver lasciato quella microspia non doveva essere parte di un'operazione ufficiale dell'agenzia governativa. Inoltre, sarebbe stato incredibile per qualcuno senza gli strumenti adatti, che non aveva per via dell'inufficialità dell'operazione, entrare a villa Luthor con i vari allarmi di cui disponeva. Ad aver lasciato la microspia doveva essere qualcuno che era entrato in casa con loro. E poiché dubitava fortemente che sua madre stesse collaborando con qualcuno e che Eliza fosse a conoscenza di un qualsiasi dettaglio, a restarle era Alex. Alex Danvers e il D.A.O.? Solo Winn avrebbe potuto confermarglielo.

I pochi giorni che le separavano dal quarto giovedì del mese passarono in fretta, o meglio per Kara e Lena. Eliza e Marielle trascorsero i loro in fila nei supermercati, alla ricerca di occasioni ghiotte per portarsi a casa quanto più cibo riuscivano: latticini, verdure, carne di prima qualità, la frutta in occasione, e naturalmente tutto l'occorrente per la preparazione di dolci. Per ultimo, dal macellaio di fiducia passarono a prendere la portata principale: il maxi tacchino che avevano ordinato. Eliza si era lasciata convincere a farsi aiutare e lei e Marielle passarono le ore del giorno prima sotto con i fornelli. Riempirono le zone frigo della cucina di cibo e imbandirono la tavola in salone. Poiché Marielle avrebbe avuto il giorno libero, Eliza le regalò uno dei dolci da portare a casa con sé, intanto che Lillian si metteva d'accordo con un'agenzia per avere due dipendenti alla loro porta in tempo per la festa.
Alex e Maggie, con la piccola Jamie che faceva i capricci di prima mattina, furono le prime ad arrivare. La televisione in sala da pranzo trasmetteva in diretta la parata di Metropolis e Lillian, al telefono in biblioteca, discuteva a voce alta con il figlio.
«Inutile che ti dica quanto io non apprezzi questo tuo comportamento. Sei stato al fidanzamento, ci mancherebbe, ma gradirei la tua presenza anche in altri momenti della nostra vita e il Ringraziamento si passa in famiglia».
Lena la sentì, consapevole che suo fratello cominciava ad esagerare e che stare via per il Ringraziamento appariva come una ripicca verso la loro madre. Chiuse la porta già socchiusa, decidendo di raggiungere Jamie davanti la televisione.
Avrebbe voluto parlare a quattrocchi con Alex, soprattutto dal momento che Winn le aveva fornito l'indirizzo di cui aveva bisogno che coincideva con quello dell'appartamento della ragazza, ma voleva che si potesse trascorrere il Ringraziamento in serenità, soprattutto dal momento che era già Lex a portare problemi. Lei e Kara avevano accolto Alex nelle loro indagini, eppure lei non sembrava fidarsi, oppure sospettava che non fossero completamente sincere. Di certo, avevano rischiato che fosse scoperta la loro relazione. Per un attimo si chiese se già non lo sapesse, non sapendo quando esattamente aveva posizionato la microspia, ma decise di tranquillizzarsi, poiché se Alex lo avesse saputo, di certo ne avrebbe parlato.
Tra Lillian che le stava addosso e Alex che pareva nascondere più segreti di loro, lei e Kara avrebbero dovuto star maggiormente attente, e lontane. O sarebbe stato troppo rischioso.
E ci aveva creduto. Quando lo pensò, era davvero convinta che fosse la cosa migliore da fare. Però, quando Kara suonò al campanello e andò ad aprirle e così la vide, l'unica cosa a cui pensava, era che avrebbe voluto portarla con sé nella dependance e chiudersi lì con lei per delle ore. Ansimò, quando si baciarono sulla guancia per salutarsi ed entrò in casa. A quel punto, Lena immaginò che quelli sarebbero stati due lunghissimi giorni.

Alla fine, come pronosticato, Lex non si presentò per pranzo. Lillian pareva piuttosto indisposta e mangiò appena, mentre Eliza tentava di farle assaggiare quante più cose possibili. Jamie lasciò nel piatto le cose meno interessanti ma si spazzolò le patate di contorno. Maggie e Alex risero tanto, tra loro, ritrovandosi spesso a parlare come se non esistesse nessun altro. E così, anche Kara e Lena si sentirono un po' sole. Erano strano sapere di essere una coppia in un tavolo di coppie ed essere le uniche a non potersi comportare da coppia. O era così fintanto che nessuna poteva vederle. Vedere le loro espressioni, i loro gesti, come si cercavano e sorridevano, come Lena passava la sua mano su una coscia di Kara…
Cosa? Lei scattò, spalancando gli occhi. «Ehi! Cosa fai?», le soffiò appena, quasi senza usare la voce. Diventò rossa, ricercando gli sguardi delle altre, ma nessuna si curava a loro.
Lena le sorrise con malizia, alzando la mano quando dietro di loro passarono i due ragazzi dell'agenzia per sparecchiare e portare le altre pietanze. Poco dopo le si avvicinò e, portando le sue labbra sull'orecchio sinistro di lei, pensò di rimetterle anche la mano sulla coscia, premendo appena. «Sai di cosa avrei voglia, adesso?».
Kara arrossì maggiormente, adocchiando Alex che si era girata nella loro direzione. «Smettila», sibilò a denti stretti.
«Di mandarino. Me ne potresti passare uno, per cortesia?», disse a voce alta di colpo, indicandole la cesta di frutta dall'altra parte del tavolo.
Kara ne prese uno e glielo servì, intanto che Lena le sorrideva soddisfatta.
Bisognosa d'affetto. Di tanto in tanto, quelle parole le ritornavano in mente, non riusciva a farsele scivolare via. Era perché erano vere, sapeva che lo erano, e ogni volta il comportamento di Lena lo confermava. Ma il tono in cui Lillian glielo disse continuava a infastidirla da giorni. La inquadrò con lo sguardo, dura e indisposta mentre al fianco Eliza si era messa a parlare con Maggie. Tutte chiacchieravano, scherzavano, e Lillian era sola, distante non tanto con il corpo quanto con la testa. Isolata, si versò da bere e sorseggiò dapprima piano, poi buttò giù tutto d'un sorso. Scorse Eliza mentre le allontanava la bottiglia, inconsapevole, in quel modo, di fare un favore ad Alex che si versò due bicchieri uno dopo l'altro. Maggie se ne versò uno per lei e dopo spostò anche lei la bottiglia, finendo davanti a loro. Lena si allungò per prenderla quando Kara l'anticipò e, veloce come un fulmine, gliela sottrasse. Si alzò, portando via la bottiglia della discordia.
Uscendo per tornare in salone, uno dei ragazzi addetti al pranzo la guardò male per averla portata in cucina, come se essersi alzata fosse stato un affronto al suo lavoro. Lasciò la bottiglia sul lavandino che due braccia l'avvolsero sulla pancia, attirandola verso di sé.
«Sai di cosa avrei voglia, adesso?».
«… di un mandarino?».
Lena rise, lasciando che la ragazza potesse voltarsi verso di lei, pur senza lasciare l'abbraccio.
«Non ho un mandarino, ora. Però ho un bacio», la guardò negli occhi, «Lo vuoi un bacio?».
«Penso di potermi accontentare».
Si scambiarono un veloce bacio e Kara guardò dietro la ragazza, per assicurarsi che nessuno avesse visto.
«Ci scopriranno», sussurrò, «Avevamo promesso di starci attente». Si separò da lei e Lena si morse un labbro.
«Hai ragione. Proverò a starti lontana». Le sorrise e Kara le suggerì di tornare lei per prima. Lena fece due passi e poi tornò indietro di colpo, le morse scherzosamente intorno a un orecchio e così sparì verso il salone, mentre Kara avvampava.
Si passò una mano sull'orecchio interessato e sospirò, capendo che avrebbero dovuto provarci molto meglio di così.

Poco più tardi, proprio quando se ne andarono i due addetti al servizio, Maggie e Jamie le lasciarono per andare dalla famiglia di lei, anche se non ne era entusiasta, mentre Jeremiah arrivò pochi minuti dopo, affermando di essersi perso, per portare via con lui Alex e Kara e passare del tempo assieme. Fecero merenda fuori, passeggiando per le vie piene di persone in festa, parlarono della relazione di Eliza e Lillian perlopiù, poi delle partite di lacrosse, del lavoro di Alex in boutique e del suo rapporto con Maggie. Assisterono insieme alle prime dei fuochi d'artificio e Jeremiah le riportò a villa Luthor-Danvers quando già si era fatto buio. A Lillian parve essere tornato il buon umore e disse loro con dispiacere che Lex si era dovuto trattenere poco e che lo avevano mancato solo per qualche minuto. Kara si sorprese di sapere che era passato ma che anche questa volta non era riuscita a conoscerlo; perfino Maggie, tornata prima di loro, aveva potuto salutarlo.
Si ritrovarono fuori tutte insieme per il secondo round dei fuochi d'artificio e là, dove i palazzi sembravano stare tanto lontani, tutto apparve ancora più grande, colorato e luminoso. Alex dovette prendere in braccio Jamie per farla sentire al sicuro quando i primi fuochi iniziarono a far troppo rumore e lei e Maggie si strinsero per mano. Anche Lillian ed Eliza si tennero vicine, mentre la seconda indicava i fuochi e rideva e Lillian, erano davanti a loro e Kara la vide, guardava la donna al suo fianco.
Anche Lillian Luthor era bisognosa d'affetto. Che ipocrita la donna, pensò, che si sarebbe presto sposata con chi amava ma non voleva che Lena potesse innamorarsi di lei.
Sentì le dita di Lena cercare le sue e, anche se erano al fianco di sua sorella, gliele strinse. Anche lei meritava di essere felice. «Torno subito», le disse accostandosi a un orecchio e sparì dentro. Amava Lena. Forse Lena non doveva innamorarsi di lei e lei di Lena, ma il tono di Lillian in limousine era stato troppo. Sapeva che Lena chiudeva camera sua quando lei non c'era, fortunatamente l'aveva vista conservare la chiave e, prima di tornare in casa, gliela aveva sottratta, quando si era avvicinata, da una tasca della giacca che aveva addosso. Salì al piano di sopra, aprì la sua camera e ci si chiuse dentro, adocchiando il blocchetto giallo dei post-it.
Dopo cena, la piccola Jamie fu a prima a crollare, stanca; la lasciarono sul divano, intanto che loro si intrattenevano con qualche gioco di società. Era da quando Lillian lo propose a casa Danvers-Luthor per far andar d'accordo Lena e Kara che non giocavano; sembrò ieri, eppure tante cose si erano fatte diverse da allora. Lena vinse, ma non si stupì nessuno a parte Maggie che aveva tenuto duro per non lasciarsi sopraffare, finendo per arrendersi. Quando si fu fatto tardi ed Eliza e Lillian andarono a dormire, Maggie prese in braccio la figlia ancora addormentata e lei e Alex andarono di sopra. Avevano aggiunto un letto matrimoniale e un lettino singolo nella sua nuova camera, così avrebbero potuto dormirci tutte insieme.
Rimaste sole al piano di sotto, Kara e Lena parlarono un po', intanto che la prima finiva qualche dolcetto. Più tardi decisero che era arrivata l'ora di andare a dormire e salirono di sopra, lasciando la tavola com'era.
«Buonanotte». Lena le sorrise e si appoggiò alla porta di camera sua, inserendo la chiave nella toppa.
«Tutto qui?», borbottò Kara per non fare troppo rumore. La guardò e alzò un poco le braccia in segno di resa, sentendo l'altra sogghignare. «Stai ridendo? Per cosa stai ridendo?», aggrottò le sopracciglia, «Lo so cosa ci siamo dette, ma o-ora non c'è nessuno, pare, siamo sole qui, e vorrei, anzi pretendo una buonanotte decente da parte della mia ragazza segreta». Si fermò sui suoi passi e si portò le mani contro i fianchi, in attesa.
La porta della camera di Lena si aprì e lei si voltò, pur senza avvicinarsi. Alzò un sopracciglio. «Ragazza segreta?». La vide annuire, senza scomporsi. Avrebbe voluto accendere la luce solo per godere appieno del suo viso farsi rosso. «Troppo rischioso».
«Troppo?».
«Eccome», trangugiò saliva.
«M-Ma io voglio la buonanotte».
«Non se ne fa niente».
Kara gonfiò le guance e a quel punto capì che doveva pensarci da sola: con coraggio, si accostò rapidamente e la trattenne al viso con la mano destra su una guancia, portando la bocca alla sua. Approfondirono il bacio subito; Kara l'avvicinò con la mano sinistra su un fianco e Lena le passò le mani dietro la testa, passando le dita fra i capelli. Si lasciarono andare con un pesante sospiro da parte di entrambe, cercando di scrutare nei loro occhi nel buio. «Va meglio», annuì, tornando indietro di un passo, poi un altro, un altro, fino a quando non toccò la parete e si spaventò, emettendo mezzo grido.
Lena rise, scuotendo la testa. «Buonanotte, Kara».
Col cuore che batteva forte e veloce come non aveva mai fatto, tutte e due le ragazze si chiusero nelle rispettive camere, spogliandosi, entrando sotto le coperte. Sia l'una che l'altra, a pancia in su, non riuscivano a calmarsi. Né a provare a dormire.
Lena alzò la testa verso l'arazzo quando vide che c'era qualcosa incastrato tra quello e il muro. Allungò la mano, sembrava un biglietto, e lo acchiappò.
Ti amo
Lena arrossì inevitabilmente, leggendo l'inconfondibile scrittura di Kara. Non sapeva come aveva fatto, ma era la cosa più carina che… ne vide un altro, dall'altro lato, e lo prese.
Ti amo
Sorrise, decidendo di rialzarsi. Accese la luce della stanza battendo le mani due volte e ne trovò uno attaccato al comodino, di lato verso il suo letto. Camminò scalza fino all'armadio e tirò il post-it giallo incastrato tra due ante. Uno era attaccato sullo stipite della porta del bagno. Si girò, adocchiandone uno sulla bacheca dei trofei, uno stava sul lato della scrivania e un altro attaccato al compattatore della carta. Uno lo schiacciò poiché era su un tappeto e così, inchinandosi, ne trovò un altro attaccato da quella parte del letto. Ne trovò un altro, un altro ancora, perfino in un angolo di una finestra, sotto una sedia, e un altro ancora dietro un cuscino, una lampada. Finì per contarne trentadue; doveva averle finito il blocchetto in uso e pensò si fosse fermata per quello, ridendo. Non riusciva a scrollarsi di dosso quel sorriso, e le guance rosse, sorpresa di cosa avesse fatto per lei.
Nel frattempo, ancora senza riuscire a calmarsi, Kara provò a girarsi da una parte del letto all'altra, ma non c'era nulla da fare. Era troppo agitata e così, con il pigiama e le ciabatte ai piedi aprì la porta di camera e scese al piano di sotto per bere un bicchiere d'acqua. Fino a quel momento, non aveva mai fatto caso al fatto che non ci fossero interruttori per la luce e che quella, al piano di sotto, si accendeva con i suoi passi.
Lena uscì dalla sua camera e batté le mani due volte per avere la luce in corridoio. Guardò verso la nuova stanza di Kara e la porta era chiusa, così prese le scale per scendere al piano di sotto: doveva bere un po' d'acqua per calmare la tachicardia o non avrebbe preso sonno. La luce in sala da pranzo era già accesa e si sporse, trovando lei. E anche lei la trovò, voltandosi per tornare indietro. Lena le sorrise ma non disse nulla; così, stringendo le labbra, le si avvicinò e si versò da bere.
«Anche tu non riesci a dormire?».
Lena scosse la testa, ingoiando l'acqua. Lasciò lì il bicchiere e salirono di nuovo insieme le scale, in silenzio. Davanti alla porta di camera sua, Lena la fermò ad un polso, prima che se ne andasse. «Mi fai un po' compagnia?».
Fu in quel momento che Kara capì che essere andata a bere acqua non avrebbe aiutato il suo cuore a calmarsi: il modo in cui la guardò, e la invitò ad entrare, erano solo l'inizio.

Lena si diresse subito verso i trofei e fece qualcosa che Kara non riuscì a notare, né a vedere per via del buio, poi si sedettero entrambe su un tappeto e la prima appoggiò la schiena contro il letto, fissando lei così tanto che per poco non sbatteva le ciglia. Kara si guardò attorno e anche se l'unica luce che avevano era quella delle stelle fuori dalle finestre, sembrò a metà tra lo cercare qualcosa e il disperato tentativo di dissimulare imbarazzo e ambientarsi.
«Sai-». Lena spezzò il pesante silenzio tra loro e Kara sobbalzò, portando una mano verso il petto solo per assicurarsi che non sarebbe morta, quella notte. «Prima cercavo di dormire, poi ho alzato la testa e ho trovato un post-it», socchiuse gli occhi chiari guardandola ancora con attenzione, tentando di abituarli al buio.
«Un post-it?».
«Sì. E la cosa bizzarra, è che ce n'erano tanti altri. Trentadue post-it gialli con su scritto ti amo».
Kara rise, avvicinandosi. «D-Dici davvero? Beh… è una cosa piuttosto strana».
«Tu non ne sai nulla?».
«Pff, no, per niente».
«Alex», disse Lena con decisione, «Lo sapevo che era lei! A volte mi guarda in modo un po'… ambiguo».
Kara scoppiò a ridere e Lena le sussurrò di fare più piano, trattenendo un sorriso. La prima si avvicinò maggiormente e deglutì, per poi mordersi il labbro superiore. Aprì la bocca piano, raccogliendo tutto il suo coraggio. «T-Ti amo». Vedendo che l'altra era rimasta ferma e senza parole, si lasciò andare: «Ti amo, Lena». Anche nel buio riuscì a vedere i suoi occhi grandi quasi sorpresi, come se ascoltare quelle parole fosse tutta un'altra cosa. Le prese il viso con i palmi delle mani e si scambiarono un bacio, prima piccolo, intenso ma breve, si guardarono e Lena si raddrizzò sul posto a sedere, sfilando la sua vestaglia e alzando la maglia del pigiama di Kara che, aiutata da lei, le passò dalla testa per gettarla a terra. Le loro labbra si ritrovarono subito, spalancando la bocca, assaggiandosi, trattenendo il fiato. Lena le passò le mani sui fianchi, strinse e abbassò la testa per baciarla sulla pancia, così salì fino al seno e, alzando lo sguardo verso il suo, si perse nei suoi occhi. Kara trattenne il fiato, abbassandosi il tanto giusto per baciarla ancora. Annuì in un sorriso e Lena ricambiò, lasciandole un altro bacio, e un altro, un altro.
Si alzarono dal tappeto e Lena la accompagnò sul letto; sistemandosi sopra di lei non perse tempo, baciandole intorno l'ombelico e premendo con i polpastrelli la sua pelle tonica, far diventare bianca la zona intorno alle sue dita, lasciarla e stringere ancora. Kara chiuse gli occhi e sospirò rumorosamente quando sentì le sue labbra calde salire sul proprio corpo. Per un attimo ebbe i brividi e la sua pelle cambiò, facendo sorridere Lena. Si baciarono con passione, senza respiro, e Kara tentò di tirarle giù le spalline della camicetta da notte, finendo per incastrarsi tra una di quelle e un'ascella, non riuscendo a liberare le dita intanto che si baciavano. Lena dovette lasciare le sue labbra per ridere piano e Kara fu sul punto di capire se avrebbe dovuto nascondersi per la pessima figura o esserne lieta, perché così vicino a lei, mentre rideva, illuminata dalla flebile luce della notte, era la visione più bella della sua vita, tanto che avrebbe voluto immortalare quel momento nei suoi occhi, se avesse potuto. Decise di imbronciarsi, diventando terribilmente rossa. Lena avrebbe potuto prenderla in giro, non sarebbe stata la prima volta, invece la baciò. Era un bacio caldo, lento, che sapeva di parole non dette, mentre la teneva dalla nuca sopra il collo e la mano libera le spostava i capelli biondi dal viso. Quando si allontanò da Kara per mettersi seduta, fu lei a tirarsi sulla testa la camicetta scura e a lanciarla via.
All'altra mancò il fiato, deglutendo, stringendo le labbra; sentiva il viso farsi bollente e il cuore, già veloce, pareva minacciarla di scoppiarle in petto: Lena Luthor era su di lei con il solo intimo di pizzo addosso, i capelli lisci che le scendevano sul seno, in una situazione decisamente intima, che avrebbe richiesto una reazione controllata e altrettanto intima. Ecco perché dalla sua gola, ancor prima che potesse aprire bocca, scaturì un soffocato cigolio di profonda agitazione molto più simile al verso di un animale strozzato, temendo in altro modo che avrebbe urlato; sperò con tutta se stessa che lo non avesse sentito. Prese respiro e Lena fu di nuovo su di lei, baciandola, tirandole via un labbro, dopo scese sul collo, facendola sospirare.
«S-Sai a cosa stavo pensando…?». Sentì Lena riderle con l'alito caldo sulla pelle e poi baciarla ancora.
«Deve essere importante, se non può proprio aspettare».
Con una mano, le tirò l'elastico dei pantaloni del pigiama e Kara sobbalzò. «N-No, è che… pensavo a questo».
Lena si fermò e, spostando i capelli da un lato, alzò gli occhi verso di lei, inarcando un sopracciglio. «Pensi a questo mentre lo facciamo?».
«No», emise, mordendosi un labbro. «Penso a questo perché ci pensavo da quando sono qui, oggi. Pensavo che avremmo passato la notte insieme da quando sono arrivata».
Lena le strinse una coscia e si tirò su, guardandola in faccia. «E lo stare attente? Lo stare lontane?», bisbigliò, osservandola ridere, sotto di lei. Le spostò un capello dal viso e si fermò per carezzarle una guancia, lentamente.
«Beh, sì, pensavo anche a quello. Ma è tipo come quando la testa ti dice di fare una cosa ma tu la ignori e non fai che pensare di farla, di farla e basta. U-Una cosa così. Come una ribellione a te stessa».
«Conosco quella sensazione».
«Sì?».
«Anche io pensavo a questo da quando mi sono alzata questa mattina. Sapevo che sarebbe successo. Volevo che succedesse».
Kara le sorrise e la baciò. Un bacio veloce, furtivo e, con una mossa rapida degna di un ninja, l'avvolse con le braccia e capovolse la situazione, facendole segno di tacere dopo averla sentita mugolare di sorpresa. Rise e Lena, in segno di protesta, infilò le mani sotto il pantalone del suo pigiama, stringendole le natiche. «Ehi».
«Shh».
Si baciarono ancora. Lena riuscì a toglierle il pantalone e Kara la baciò intorno ai seni, diventando paonazza quando trovò la forza di sganciarle il reggiseno. Quella ragazza era la perfezione. Restò a godere della sua immagine quasi completamente nuda sotto di lei e dopo si abbassò per prenderle un seno con la bocca, sentendola gemere piano, intanto che sentiva sotto di lei la sua bocca dello stomaco abbassarsi e sollevarsi per via del cuore affannato. Kara capì che non era la sola ad agitarsi in quella situazione e che per quanto potesse imbarazzarsi, quello aveva effetto anche su Lena. Sapeva che la ragazza aveva più esperienza di lei, eppure le sembrava così sotto pressione… Le passò le mani sul busto, carezzando ogni curvatura, i fianchi, piano, sfiorando la sua pelle appena per sentirla deglutire e farlo ancora, poi, quando prese l'altro seno e concentrare la mano destra su quello che aveva lasciato. Le baciò la pelle intorno. Temeva a stringere troppo e pensò solo di sfiorare, toccare, sentire. Quando alzò gli occhi la vide accennare un sorriso e si alzò per baciarle quelle labbra ingrate, che l'accolsero come se fosse questione di vita o di morte.
«Ridi…?!», sussurrò, rossastra, contro le sue labbra mentre Lena continuava a sorridere, catturandola col suo sguardo e intrecciando una ciocca dei suoi capelli con un dito.
«No. Mi piace».
«Ti piace?». La vide annuire e diventò ancor più rossa, perfino sulla punta delle orecchie. La baciò di nuovo e decise di scendere ancora sui suoi seni, ma Lena fu veloce a sganciarle il suo, facendole cenno di fare silenzio, sollevandola.
Sedute al centro del letto, Lena le passò la lingua sotto il collo e Kara tirò indietro la testa, socchiudendo gli occhi. Quando le sfiorò il seno fu sul punto di lasciarsi cadere.
«Come la vaniglia…», le soffiò con un sorriso, assaggiando la sua pelle delicata e schiudendo le labbra.
Col fiato corto, non disse una sola parola intanto che Lena si prendeva cura di lei, capendo solo in quel momento quanto, accidenti quanto, le piacesse quando la chiamava così. Poco dopo la fece sdraiare di nuovo e, col suo aiuto, sfilò le mutandine, calciandole via.
Si guardarono negli occhi e Kara ingurgitò saliva. Non fu difficile intuire per Lena che l'ansia della ragazza crebbe a dismisura in quegli ultimi secondi. Cercò di non ridere seppur la trovasse incredibilmente adorabile perché non voleva irrigidirla o farla imbarazzare; il suo compito ora era quello di farla sentire bene, tranquillizzarla. La baciò e Kara ricambiò; si accarezzarono a vicenda e, per non farla sentire in svantaggio, arrotolò i suoi slip e li allontanò coi piedi. Spostò una gamba di Kara e tra le sue ci lasciò cadere il ginocchio destro, passando su di lei, guardandola negli occhi. Oh, per un attimo pensò che l'idea di mettersi nuda non aveva giovato sull'agitazione di Kara: sentiva il suo cuore battere nel petto molto più veloce del proprio, già discretamente provato, ma, soprattutto, pareva che non riuscisse più a scendere lo sguardo oltre il naso, immobile come una scultura di pietra. «Kara, puoi guardare», sorrise, non riuscendo a farne a meno. «Credimi se ti dico che sono davvero molto nervosa, in questo momento», annuì, spostando i capelli corvini da un lato. Kara la aiutò a farlo, acchiappando quelli erano rimasti indietro. «Siamo noi e lo vogliamo entrambe… Arrivate a questo punto, vergognarsi del nostro corpo sembra un po' sciocco, non trovi?».
Kara le passò una mano sul viso e ne carezzò le forme, prima che entrambe si accostassero per portarsi via un bacio. Poi la guardò, attentamente, da capo a piedi come la posizione le permetteva, imporporata di un rosa acceso sulle gote. «Sei bellissima».
Lena trattenne un sorriso e abbassò la testa su una sua spalla, diventando rossa. «È un colpo basso, Kara Danvers. Ti ho già detto di essere nervosa».
«Non credevo che la verità arrivasse a bloccarti».
«Oh, stai zitta», arricciò il naso e la baciò con passione. Mentre Kara l'abbracciava e piegava la gamba lasciata libera dal corpo di Lena, quest'ultima si insinuava con la mano destra sul suo corpo disteso, tastando lungo il cammino, lasciando la sua bocca per baciarle il collo, sentendola prendere un grosso respiro e muovere il bacino, sotto di lei, quando arrivò al punto desiderato tra le sue gambe. La voleva, lo sentiva. Giocò un po', lasciando che arrivasse a desiderarla e dopo interi minuti di sospiri e respiro corto in cui Lena le ricordava di fare silenzio, infine entrò in lei, piano, guardandola mentre apriva la bocca e tratteneva il fiato. Non si sarebbe persa quel momento. La baciò, muovendosi in lei e con tutto il corpo, i propri seni sui suoi turgidi, e la guardò negli occhi tanto a lungo che Kara arrossì lentamente, girando lo sguardo. Ma non le disse nulla; non aveva il fiato né le parole. Lena capì che doveva essersi sentita a disagio almeno un po' e si scusò lasciandole un bacio sul collo, leggero, e un altro, fino a quando, con un sospiro strozzato, non si fu di nuovo girata e Kara attirò quella bocca sulla sua.
Entrambe in movimento, Kara la strinse sulle spalle e Lena si buttò con tutto il corpo su di lei, mordendole il collo, scendendo e baciandole il seno, tapparle la bocca con un bacio quanto la sentì irrigidirsi, restandole vicino, fissandola. «Shh», bisbigliò contro il suo orecchio destro, appena. Le sorrise dopo che la sentì venire e prendere aria. La baciò su una guancia, sul collo, sul petto, poi sulla fronte e sulle labbra, portando via le dita da lei, lentamente e accarezzandola, continuando a baciarla.
Si scambiarono un bacio e Kara non riuscì a non mantenere un sorriso sulle labbra.
Lena le accarezzò il viso rosso, continuando a non farsi mancare un suo solo movimento di ciglia.
Kara sospirò, ricercando i suoi occhi. «Mi guardi…», aggrottò le sopracciglia.
«Scusami», le disse, appoggiandosi di più verso il materasso senza toglierle occhio, allungando una mano per accarezzarle una guancia e, col dorso, scendere su una spalla, e sfiorarle la pelle a cui venne qualche brivido, lungo il corpo nudo. «Non potevo non farlo, avrei rischiato di perdere qualcosa. Non era mia intenzione metterti in soggezione».
Lei abbozzò un sorriso, poi alzò gli occhi e nascose il suo viso contro una spalla dell'altra. «Non mi hanno mai guardata così».
«Allora hanno perso una Kara bellissima diventare raggiante».
Kara rise. «Lo dici perché vuoi continuare a fissarmi senza che dica niente».
«In parte», rise appena anche lei, «Ma se non fosse vero, perché guardarti?». Rialzò il viso e lei ne approfittò per regalarle un bacio. «Durante l'orgasmo, il cervello rilascia il cosiddetto ormone della felicità e tu ti abbandoni completamente…», lasciò la frase a mezz'aria e Kara si morse un labbro, per poi sorriderle, sospirando ancora.
«Voglio fare anch'io un esperimento, signorina Luthor».
«Mi piacciono gli esperimenti. Sentiamo».
Kara la baciò con un gesto veloce e, con un sorriso divertito, la spinse schiena contro il materasso. Lena inarcò un sopracciglio e lei deglutì, tentando di frenare l'ansia, baciandole di nuovo i seni e scendendo verso il basso cautamente.
«Mi piacciono molto gli esperimenti, voglio dire», ripeté col fiato corto.
Kara rise, continuando a baciare il suo corpo nudo sotto il proprio. «È-È la prima volta per me con una donna e non sono affatto sicura, per niente sicura di riuscire a fare ciò che- che hai fatto tu, ma…», le aprì le gambe stringendole le cosce e Lena chiuse gli occhi d'istinto, trattenendo il fiato. Il cuore di Kara palpitò forte quanto quello dell'altra; d'altro canto, ora che si trovava lì, l'ansia era cresciuta esponenzialmente. Non sapeva se lo avrebbe fatto bene o meno, aveva un'unica certezza: non poteva entrare nel panico in quel momento. Lena era lì ed era lì per lei; e voleva farla sua più di qualunque altra cosa. Le strinse di nuovo una coscia e portò la bocca nella sua zona più sensibile, già umida; a Lena mancò il respiro e Kara la sentì muoversi contro di lei, mentre stringeva il lenzuolo. Era sua. La strinse come non l'aveva mai stretta, morbida, calda, aprendo e schiudendo la bocca, lasciando che la lingua la esplorasse. La sentì gemere, seppur piano, e alzò la testa il tanto giusto per sussurrarle di fare silenzio; soddisfatta che ora potesse dirlo a lei. All'improvviso sentì una mano di Lena sui capelli, il suo corpo che rispondeva a ogni suo tocco, respiro, movimento, finché non la sentì cambiare, fermarsi, stringerle i capelli, irrigidirsi contro di lei e poi lasciarsi andare senza un fiato, se non un mugolio, nel silenzio della stanza. Kara le lasciò un bacio e spalancò gli occhi, diventando rossa, incredibilmente meravigliata di ciò che era appena successo. Risalì il suo corpo lasciandole dei baci, non riuscendo a guardarla negli occhi subito, li chiuse e la baciò sul collo e così la sentì prenderle il viso, catturandole le labbra con le proprie, la lingua. La lasciò e lei, ancora imbarazzata per ciò che aveva fatto, cercò di nascondere il viso sui suoi capelli, se non fosse che Lena glielo teneva ancora fermo verso il suo.
«Ti amo». Fu allora che Lena la vide riaprirli lentamente, grandi, mentre deglutiva e fremeva su di lei. «Ti amo anch'io… Scusa se… non riuscivo a dirlo». Kara alzò una mano e gliela portò su una guancia, baciandosi ancora.
Avevano cominciato a sentire freddo, poco più tardi, e si erano tirate su le coperte. Pancia in su, Kara la strinse tra le sue braccia ed entrambe restarono così un po', non sapevano quanto, ascoltando l'una il respiro e il cuore dell'altra. «Mi sta venendo fame…», ruppe il silenzio e Lena rise, così rise anche lei.
«Sai, non ti ho mai detto una cosa», sussurrò Lena. «Non ti ho mai detto quanto stretta tra le tue braccia», fece una pausa, il rossore perpetuo sulle gote, «io mi senta al sicuro». Kara sorrise ma la lasciò parlare; la ragazza aveva il viso mezzo schiacciato contro il suo petto. «Come quando quella volta scendemmo dal materassino», confessò. «Già allora sapevo che saresti stata un bel problema, per me».
«Un problema?!».
Alzò lo sguardo e la scrutò, trovando i suoi occhi azzurri mai tanto limpidi, abituate a focalizzare nel buio. «Guardaci ora: direi che il problema è evidente». La sentì ridere e fece sorridere anche lei.
«Allora dovremo buttarci ancora».
«Come?!».
«Su un materassino».
«Non pensarci nemmeno». Kara abbozzò una risata e si spostò; quando l'altra capì che stava preparando per andarsene, la trattenne subito. «Aspetta», la guardò grave, «Puoi restare ancora, è…», allungò lo sguardo verso l'orologio sul comodino che affacciava alla porta del bagno e deglutì alla vista delle 04:48 analogiche che luccicavano verdi nel buio. «Ancora pochi minuti?». Sapeva che non poteva farla restare, ma separarsi in quel modo sembrava così brutto dopo la notte che avevano trascorso; si sentiva leggera e fine senza il contatto della sua pelle contro la propria.
Per fortuna Kara ci ripensò e la prese ancora con sé, lasciandole un bacio delicato sulla testa. «Va bene: resto. Non piace neanche a me l'idea di andarmene…».
«Lo so».
«Sai a cosa pensavo?». Lena inarcò un sopracciglio e sollevò la testa, guardandola di sbieco. «Non a quello», rise diventando rossa, «Ma alla prima volta che ci siamo viste, sul treno».
«E?».
«Nulla. A quel momento. E capisco che era… perfetto». Si scambiarono un bacio, per poi restare in silenzio.
Kara la lasciò qualche minuto dopo le cinque. Dato che erano in festa, sapevano che avrebbero potuto dormire un po' di più, così le disse di restare sotto le coperte, con un ultimo bacio. Si rivestì in fretta, aprì la porta e la richiuse. Maggie. Kara spalancò gli occhi. Maggie spalancò gli occhi. Erano a pochi passi l'una dall'altra poiché la camera di Alex era dall'altro lato del corridoio a solo un metro di distanza. Le due si guardarono e poi si studiarono, socchiudendo gli occhi alle prime luci del mattino che entravano dalle finestre del corridoio.
Maggie piegò le labbra in una smorfia e poi annuì. «Stavo andando in bagno».
«Anche io», finse un sorriso divertito, «Ma ho chiaramen-ahah, sbagliato porta! Lena dorme, credevo di poter usare il suo dato che, insomma, ormai ero lì, ma non mi sembrava molto igienico, è-è il suo bagno privato, dunque sono… sono uscita». Ridacchiò ancora, piano per non destare sospetti, poi tornò seria di colpo e abbassò la testa, andando verso la sua camera. Si morse la lingua, tornando indietro dalla parte opposta per il bagno. Pesava di averla fatta franca, peccato che con la luce accesa del bagno, notò di avere la maglia del pigiama al contrario. Sbuffò arresa, sentendo ancora il sangue palpitare verso il basso ventre.


***


Pensavano che avrebbero potuto dormire un po' più a lungo. Invece no. Il risveglio arrivò alle otto del mattino meno qualche minuto, con Eliza che si impegnò a bussare porta per porta per farle alzare poiché era il Black Friday e lei non si perdeva mai un Black Friday. Al contrario, Kara la sentì dire ad Alex, alzata per prima, che era già tardi. Solitamente le due stavano al campus e a casa la notte prima del Black Friday e avevano piacevolmente dimenticato quanto la loro madre si eccitasse per queste cose.
«Alle dieci inizio il turno in boutique», le ricordò Alex in uno sbadiglio, lasciando il corridoio.
«Oh, figlia mia, tu sarai nel vivo del Black Friday».
«Voglio morire», urlò e poi Kara sentì dei piedini correre, sospettando fosse Jamie. La bambina si svegliava sempre molto presto, sapeva, e sapeva anche quanto Alex odiasse lavorare in boutique durante il Black Friday.
Si alzò con calma. Aveva dormito poco, ma non si sorprese di sentirsi già completamente sveglia. Aveva ancora i battiti del cuore accelerati e un sorriso felice, vide attraverso uno specchio. S'incantò, fermandosi a controllarsi il viso rosso, spingendosi le guance; oh, temeva che avrebbero notato la sua felicità a vista. Aprì quello scuro armadio che le avevano lasciato per mettere le sue cose e prese una camicia e una camicia. Chiuse. Riaprì. Scambiando una delle due camicie con un pantalone. Oh, era come se, da un momento all'altro, non capisse più niente. Si assicurò di avere davvero un pantalone e una camicia e, ciabatte ai piedi, prese l'intimo di ricambio e uscì in corridoio, chiudendo la porta. Scorse dalla quella socchiusa poco avanti che Maggie era ancora a letto e strinse i denti, passandole davanti a passo felpato. Sperava davvero che non si fosse fatta idee sbagliate. O meglio, quelle giuste. La porta della camera di Lena invece era chiusa e ci passò avanti, in ricerca il bagno. Allungò la mano per tirare la maniglia se non fosse che la porta si aprì e, prima che potesse farci caso, sbatté contro il suo naso.
Lena trattenne una risata e Kara la guardò, già vestita, capelli raccolti, che si tendeva verso di lei. La tirò dentro e chiusero la porta. Si baciarono, spingendosi contro il muro e urtando un mobiletto, e la roba che aveva con sé cadde ai loro piedi. Poi Lena non si trattenne e rise di nuovo, controllandole il naso. «Non ci credo che hai aspettato per venire in bagno proprio nell'esatto momento in cui stavo ormai per uscire». Era un po' rosso e si alzò in punta di piedi per baciarglielo.
«Maggie è a letto, tutti sono sotto e tu hai un bagno privato, perdonami se non immaginavo che… che eri qui». La sentì ridere di nuovo.
«Sei arrivata giusto in tempo».
«Non hai un bagno tuo?».
«Sì… e un giorno mi piacerebbe mostrarti la vasca».
«E allora cosa facevi qui?».
«Mh…», si morse il labbro inferiore, «Forse aspettavo te».
Si sorrisero e baciarono ancora, tenendosi vicine, le mani di Lena le scivolarono sotto il suo pigiama. Kara capì quali erano le intenzioni dell'altra e per quanto la prospettiva di replicare il piacere della notte appena trascorsa la stuzzicasse, sentire la voce di Eliza chiamarla l'aveva riportata tristemente alla realtà dove loro dovevano mostrarsi poco più che amiche. Si convinsero che era meglio sbrigarsi e Lena lasciò, seppur davvero dispiaciuta, che si lavasse da sola; accontentandosi di averla aiutata a spogliarsi almeno fino al seno, riempendole la pelle già accaldata di baci.
Quando scese al piano di sotto, disse ad Eliza che l'aveva vista entrare in bagno e che sarebbe scesa presto. Si scambiò uno sguardo con Maggie appena scesa, ancora sguardo assonnato, che le sorrise intanto che beveva la sua tazza di caffè macchiato. Lo scambiò con Alex ma non troppo a lungo; aveva spento il disturbatore del segnale della microspia quella mattina appena sveglia, ma non sapeva se avrebbe mai scoperto che gliel'aveva manomessa e non voleva che leggesse dal suo viso che le nascondeva qualcosa. Poi lo scambiò con Eliza che, eccitata per le spese del Black Friday, l'aveva abbracciata d'istinto. E Lillian. Lei era un fantasma di se stessa e guardò appena chiunque: troppo stanca dal giorno prima per svegliarsi tanto presto. Lena la vide farsi due tazze di caffè nel giro di dieci minuti. Jamie era incredibilmente felice: schizzava da una parte all'altra sventolando un suo cappellino come una bandiera, masticando biscotti. Non era la sola a essere così incredibilmente felice: Kara era un raggio di sole e sorrideva estasiata. Scese dalla scala con i capelli ancora bagnati e Jamie le corse incontro al grido di zia Kara. Alex alzò un dito per replicare e dirle di non chiamarla zia, ma lasciò subito perdere, troppo depressa per via del Black Friday per darci abbastanza importanza.
Kara la prese in braccio ed entrarono insieme in sala da pranzo.
«Perché così felice?».
Sia Kara che Lena lanciarono un'occhiata in direzione di Alex e la prima deglutì, mal nascondendo una chiara agitazione. «Cos- no-non sono più felice di altre volte. Ho dormito bene». Dannazione ad Alex e al suo occhio di falco.
Sua sorella aggrottò le sopracciglia, finendo il suo caffè. «Ti sei svegliata presto e non hai allenamento. Di certo non è normale». Passandole vicino le scombussolò i capelli.
Maggie invece si comportò come se non avesse davvero fatto caso a Kara che usciva alle cinque del mattino passate da camera della sua sorellastra ed entrambe tirarono un sospiro di sollievo, pensando di essere al sicuro, almeno per il momento.
«Siete pronte?», urlò a un certo punto Eliza, guardando una per una e mettendo ancor più in subbuglio l'animo della povera Alex. «Forza! Andiamo! In macchina, guido io, muovetevi». Tirò fuori dalla borsa un'agenda per tenere a mente le cose da arraffare in sconto e Lillian la seguì senza fiatare, a passo di zombie. Le costrinse a salire tutte in macchina per andare in centro e lasciarsi coinvolgere dal vortice delle spese pazze, mentre Maggie e Alex avevano la loro auto parcheggiata in garage dalla sera prima e tornarono da sole; e la seconda ne fu incredibilmente grata.
C'era un po' di tensione nell'aria, la notarono tutte a parte Eliza, che non faceva che blaterare sulle cose che avrebbe preso, affidando la sua preziosa agenda alla futura moglie. Lei non ne capiva il senso, glielo aveva ripetuto più volte: quando voleva una cosa, bastava che andasse semplicemente a comprarla, che fosse a prezzo pieno o in sconto, senza dover certo litigare con qualcuno per averla. Ma l'altra non le dava retta. Senza contare che, di tanto in tanto, ricercava attraverso lo specchietto gli sguardi delle due ragazze ai posti dietro. Lena guardava fuori dal finestrino e Kara al suo telefono, leggendo altri messaggi e chiamate perse da parte di James Olsen. Erano silenziose, forse troppo, e non si sfiorarono se non a una curva, ritornando ognuna al proprio posto dopo un breve sorriso. Lillian si chiese se Kara non avesse parlato della loro discussione privata con Lena.
Eliza le trascinò in un supermercato e mandò avanti Kara per creare un varco tra le persone in fila ed entrare ad ogni costo. Si accorsero presto che per via del caos e delle grida e delle corse e delle tante persone ammassate tra graffi, spinte e, Kara lo subì in prima persona, morsi, nessuno mai là in mezzo avrebbe notato le Luthor. Riuscirono a prendere una televisione nuova che Eliza si combatté con una madre e due figlie, inviò Kara a rubare dei cuscini da un carrello e diede a Lena un lettore dvd lanciandola tra i leoni, «Quella si è presa l'ultimo lettore in sconto dell'ottanta per cento», in modo che potesse passare attraverso la gente distratta per recuperare dei titoli dagli scaffali quasi vuoti per completare le sue collezioni.
Kara arrivò in soccorso della sua amata che per paura lanciò la scatola del lettore per aria, rifacendo una scena del famoso film The Bodyguard in salsa sconti. La trascinò mano nella mano e risero come due bambine, finché non furono investite dalla massa e corsero in cerca delle loro madri in mezzo alla fetente guerra.
Quando uscirono dal supermercato, lo fecero a fatica mantenendo salde tra le braccia i loro affari. Erano stanche e provate a parte Eliza che considerava già dove mettere la televisione nuova e, a dispetto delle previsioni, Lillian, che manteneva un sorriso soddisfatto per aver portato fino alla cassa con successo un cellulare nuovo dopo aver litigato a spintoni con un gruppo di donne inferocite. Non si era mai sentita tanto appagata come nel vincere il comprare quel cellulare. Che non le serviva. Ma che aveva lottato con le unghie e con i denti per avere; capendo finalmente, secondo lei, i veri propositi di quella giornata nera.
«Lo rifacciamo?», domandò con eccitazione ed Eliza le strinse le mani, dopo aver sistemato tutto sul cofano dell'automobile.
«Abbiamo altre mete, non temere». Era commossa come se, per la prima volta, avesse davvero compreso quanto fossero anime gemelle.
«Noi possiamo andarcene?».
Kara ci tentò, ma Eliza la fulminò con lo sguardo, intimando alle due di entrare in macchina. «Siamo una squadra. Forza».
«Ci uccideranno», le bisbigliò Lena in un orecchio, aprendo lo sportello.
Kara sorrise e stava per raggiungerla quando sentì il cellulare vibrare. Ancora una chiamata di James e gli avrebbe risposto solo per dirgli di smettere, ma invece, con sua sorpresa, era suo cugino. Si allontanò per rispondere ed Eliza le suonò il clacson per dirle di fare presto.
«Ciao, Kal, sono contenta di sentirti», gli disse subito accettando la chiamata, «Mi spiace che tra una cosa e l'altra non abbiamo potuto sentirci ieri».
«Sì, dispiace anche a me, non preoccuparti, ma…». La voce di Clark Kent era flebile, quasi assente, non certo gioviale e sicura come suo solito. «Non ti ho chiamato per questo».
«Cos'è successo?».
«Dobbiamo parlare, perché sono abbastanza… confuso in questo momento, se non proprio…», lo sentì prendere fiato. Lei non capiva e lo lasciò parlare, mentre il suo cuore batteva a ritmi più forti. «Dobbiamo parlare di lei, di voi. Non va bene, Kara, non puoi avere una relazione con lei».
Deglutì, spegnendo il suo sorriso. «Di cosa stai…?».
«Lo so, Kara. So di te e Lena Luthor».



































***

Capitolo lungo, lungo, spero non vi siate addormentati a metà :P Anche se ne dubito per un particolare: finalmente le nostre due protagoniste sono riuscite ad andare a letto insieme! Non come avevano pianificato, la villa era piena di persone, ma sapevano che sarebbe successo e così doveva andare! E non di meno sono riuscite a dichiararsi a vicenda :) Ce ne hanno messo di tempo, eh? Ma alla fine, le cose succedono quando devono succedere! E forse Lillian, inconsapevolmente, ha aiutato. Anche se le sue intenzioni erano l'opposto.
Ricapitolando… James cerca disperatamente di parlare con Kara, ma vuole farlo faccia a faccia, dopo ciò che ha scoperto. Non riuscendo a parlare con lei, pare che abbia invece parlato con Clark, che ha subito chiamato la cugina: sembra proprio che non sia d'accordo sulla loro relazione. Lena ha capito, e poi le ha confermato Winn, che a mettere la microspia in camera sua è stata Alex; ora dovranno parlarne. Dicevo, Lillian parla con Kara perché ha intuito cosa sta succedendo a Lena e non vuole che si innamori di lei, consiglia alla ragazza di tenerla lontano dal suo cuore. Peccato che a quel punto sia Kara, come mossa proprio per via di queste parole, a fare qualcosa di decisivo: le dice di amarla. Trentadue volte su dei post-it gialli prima che a voce. E Lena la invita a stare in camera sua. È fatta! E poi aveva voglia… di mandarino, che capite?
Maggie però ha sorpreso Kara che usciva dalla camera! Ops. Avrà capito? In fondo può capitare di sbagliare porta, in una grande villa che ancora non conosce a fondo… Anche se Alex ha notato la sua felicità.
e ora?
Ricordatevi bene tutto quello che succede qui, perché il prossimo capitolo sarà uno stand alone che ci porterà ad ascoltare i pensieri, e a vedere le azioni, di un altro personaggio, e sarà l'ultimo capitolo prima della mia vacanza :) Ne ho parlato nelle note sullo scorso capitolo.

Piccoli appunti:
- Emh, io non sono per niente brava a scrivere, per non parlare di descrivere, certe scene XD A voi l'ardua sentenza!
- Quando iniziai a scrivere la fan fiction, era programmato che Lena e Kara finissero a letto insieme a Natale XD Olè, è accaduto un mese prima! Vai a fidarti dei personaggi, quando scrivi, che vogliono affrettare i tempi, ahah! Sono felice che sia successo prima; gli eventi si stanno incastrando meglio.
- “Cosa sei per mia figlia?”: è un rimando alla serie, seconda stagione. Era una cosa programmata fin dagli albori, questa battuta: doveva esserci.
- Forse dovevo scrivere questo sotto alle note del capitolo scorso ma lo avevo scordato. È un piccolo promemoria per chi si confonde nel leggere dei salti temporali: quando succede, cambio tempo verbale!
presente: Kara guardò il cielo.
passato: Kara aveva guardato il cielo.
Adesso sapete che se per caso c'è un personaggio che aveva fatto delle cose, e non che le fece, state leggendo di qualcosa accaduto nel passato :) Poi se ci sono tempi sballati da qualche parte è perché mi confondo e sbaglio; in quel caso chiedo scusa. Ci sono diversi modi per indicare una cosa successa nel passato, ogni scrittore ne usa uno diverso: chi lo mette virgolettato, chi in corsivo, io cambio tempo.
- Questo non ha a che fare con la mia fan fiction, ma in generale con EFP: state attenti perché si mangia le recensioni! O le risposte alle recensioni, in caso. Siccome sta capitando a molti, vi avverto: quando scrivete una recensione, o una risposta che sia, copiate il messaggio prima di inviare, perché non si sa mai, se poi non ve la pubblica o non la pubblica completa, che dobbiate riscrivere.
- Importante: sono ancora senza internet. A causa di problemi non so esattamente quando riavrò la linea, quindi scusatemi se non riesco a rispondervi alle recensioni! Preferisco portarmi avanti coi capitoli con il poco che mi resta; risponderò a voi appena potrò, spero presto :( Per ora dico solo GRAZIE a tutti **

Dunque, se tutto va come previsto, lunedì 30 avrete il prossimo capitolo, il 22, che si intitola: Le stelle! Avete capito di chi si parlerà? :) Con mia sorpresa, avrete a che fare con un certo personaggio un poco prima di quanto avessi pronosticato, anche se nel passato…


   
 
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