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Autore: Silice    08/07/2009    5 recensioni
Una gita, una missione. I loro destini si incrociano. Un’avventura per entrambi, lei trascinata in un mondo misterioso e sconosciuto, lui nell’universo degli adolescenti. Riusciranno a uscire indenni da questa avventura? Ma soprattutto, i loro destini rimarranno legati? La guardò negli occhi. “Ti odierò per sempre” Silenzio. “Anch’io"
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ehiehiehi!!! non mi sembra vero di aver postato il primo capitolo della mi fanfiction... e mi sembra ancora meno reale il fatto che sto per postare il secondo!!!! ahaha... dunque, vediamo: se qualche sfigato ha letto il primo capitolo, avrà di certo notato che non ho messo commenti o altro. Ciò è stato causato dal fatto che dovevo precipitarmi dal dentista, ma soprattutto dal fatto che fra 2 giorni parto per the other side of the world, perciò non credo che avrò il tempo di postare un bel niente per ben tre lunghissimi mesi... perciò eccovi spiegata tutta questa fretta!!
Ho come l'impressione di star scrivendo un pò a me stessa, perchè sono convinta che nessuno possa essere così masochista da leggere il primo cap, figurarsi il secondo!!! dunque, vi auguro una sincera buona lettura, e se qualcuno ha avuto il coraggio di arrivare fin qui lo ringrazio (e gli suggerisco un buon reparto psichiatrico...) kisses!!

ps il titolo del primo capitolo è una frase tratta dalla famosissima canzone:  "somewhere over the rainbow" di harold arlen...


Diana era stata da poco assunta nell’hotel come receptionist. Di solito era indaffaratissima con il lavoro, sempre lì a scribacchiare sui fogli, digitare sulla tastiera del computer o a rispondere al telefono. Quella, però, era una serata tranquilla: pochi clienti avevano progettato di fermarsi a dormire quel weekend, così come pochi avevano chiamato per prenotare. In quel momento esatto Diana era seduta dietro il bancone, limandosi le unghie e sbadigliando distratta. Gettò un’occhiata all’orologio: le dieci. Decise di farsi un caffè, lasciò la postazione e si ritirò attraverso una porticina che portava alle cucine. Accese svogliatamente la macchinetta del caffè, quando udì un rumore di un campanello all’ingresso. Borbottando raggiunse la reception ancora con una cialda in mano. Al di là del bancone si trovava un ragazzo, che non doveva avere più di 16 anni, ma che dava la sensazione di essere diverso da un adolescente qualsiasi, a partire dall’abbigliamento, decisamente curato: camicia bianca, che si intonava perfettamente ai pantaloni color cachi e alle Camper che indossava. Ma non era solo questo: la carnagione, pallidissima, era in netto contrasto con i capelli neri, abbastanza lunghi che, anche se spettinati, avevano l’aria di essere molto curati. Il suo viso, contratto in una smorfia di impazienza, aveva qualcosa di particolare: negli occhi gli si poteva leggere un misto di preoccupazione, tristezza, ma anche un fuoco e una vivacità incredibili. Ma soprattutto ti davano l’impressione di non essere a conoscenza di qualcosa di importantissimo, un segreto che, per i semplici umani, era inaccessibile.
Con le dita lunghe e affusolate come quelle di un pianista si scostò una ciocca di capelli dalla fronte, corrugata per una preoccupazione  indefinita. Diana si avvicinò,e chiese con voce sommessa: -Posso fare qualcosa per te?-
Capì subito di aver fatto la domanda sbagliata, e si morse la lingua per non aver usato il Lei. Il ragazzo le lanciò un’occhiata di disprezzo, come se neanche valesse la pena di discutere con una come lei.
-Desidero prenotare due stanze, comunicanti, letti singoli. Entrambe devono affacciarsi sul porto- Se era straniero faceva di tutto per limitare l’accento. La sua voce era decisa, autoritaria, sebbene non ancora da uomo.
-Certo. Controllo subito- Diana digitò velocemente sulla tastiera. –Bisogna essere maggiorenni per prenotare- alzò la testa, scostando i capelli tinti dalla fronte, e fissò il ragazzo negli occhi. Tutt’un tratto rabbrividì: avrebbe giurato che fossero di colore diverso, uno azzurro e uno nocciola, ma entrambi freddi e impassibili. Il ragazzo si accorse della sua reazione e spostò lo sguardo.
-Mio zio, il Signor Korchov, sta scaricando le valigie. Le chiedo solo di darmi le chiavi, poi lui si occuperà dei nostri dati.
-Mmm… perfetto.- Diana diede un’occhiata alla porta. Si poteva sentire il rumore delle valigie che venivano scaricate dalla macchina. –Sei sicuro, cioè…- spostò lo sguardo imbarazzata –E’ sicuro di non volere una camera con due letti, uno grande e l’altro più piccolo? Ne ho una proprio qui, disponibile,e costa meno…-
Il ragazzo sorrise. Diana pensò che più che a un sorriso assomigliava ad una smorfia, che aveva un che di sarcastico, o di crudele.
-Le sembro un bambino?- Sembrava divertito, ma il suo sguardo non tradiva emozioni.
Diana balbettò qualcosa che assomigliava a un “no, certo che no” e gli porse le chiavi. Il ragazzo, con una camminata leggera, ma decisa al tempo stesso, si avviò verso l’ascensore. La donna lo seguì con lo sguardo, e si augurò con tutto il cuore di non dover parlare più con quello strano ragazzo.

Lily stava trascinando la valigia attraverso il lungo corridoio di moquette. Era contenta: lei, Ari, Sissi e Milla erano in camera assieme, e avevano pure un balcone che si affacciava sul porto. Tutti i loro compagni si trovavano nelle stanze vicine, e si erano già accordati per ritrovarsi quella sera nella camera delle 4 ragazze, la più grande in realtà formata da due stanze comunicanti. Mentre seguiva Ari nel corridoio, trascinando il suo trolley, le ragazze vennero raggiunte dalla receptionist, una finta bionda dall’aria un po’ stralunata. Lily guardò la targhetta appuntata sulla sua camicetta: “Diana, receptionist”. Con la voce rotta dal respiro affannoso le chiamò.
-Ragazze, mi dispiace, ma vi abbiamo cambiato di stanza. La vostra è 2 piani più su- disse sporgendo una chiave con una mano e aprendo l’altra per afferrare le due che stringeva Ari.
-E perché?- chiese Sissi, con un’aria un po’ scocciata.
-Ci sono dei clienti che hanno chiesto espressamente queste stanze. Mi dispiace, ma se per voi non è un problema…-
Le quattro si guardarono, poi Lily alzò le spalle e, con voce rassegnata, disse: -Ok, non importa. Andiamo su- e iniziò a spingere la valigia nella direzione opposta.
-Ma come??! Non è giusto!! Abbiamo preso le stanze prima noi…- ribatté Sissi, mettendo le mani sui fianchi in un’espressione inferocita.
Lily si rivolse a lei con una voce pacata e rassicurante: -Dai, Sissi, non è così tragica la situazione. È solo per qualche giorno. E poi, è solo per dormire, il resto del tempo lo passiamo in camera degli altri- detto questo, guardò le altre due ragazze, che avevano assistito alla scena in silenzio. Avevano un’aria dispiaciuta più che arrabbiata. –Andiamo?- L’esortazione dava l’idea di non poter ammettere una risposta negativa. Lily era così: una volta che prendeva una decisione, era irremovibile.
Salirono dunque per altri due piani, raggiunsero la loro stanza ed entrarono: l’arredamento era alquanto spartano, composto da quattro piccoli letti, un armadio e due sedie. Non c’era neanche la televisione, e il bagno era minuscolo. Sissi, dopo aver gettato un’occhiata piena di disprezzo alla stanza, borbottò: -Perfetto-, e si gettò sul letto accanto all’unica, piccola finestra.
Lily, dopo aver posato la valigia sul pavimento, si stiracchiò e si sdraiò mollemente sul suo letto, il più vicino alla parete bianca e scrostata. Era incredibilmente stanca, ma aveva ancora voglia di fare qualcosa assieme ai suoi compagni. “Che adrenalina…” pensò, sogghignando. Non era abituata a sentirsi così euforica e volenterosa. Si girò verso le altre, che erano a loro volta sdraiate sui letti.
-Che cosa facciamo?-
-Beh, qua abbiamo della roba da mangiare.- Ari si sedette a gambe incrociate e cominciò a tirare fuori dal suo zaino una serie di pacchetti e pacchettini. –Vediamo… Abbiamo Pringles, M&M’s, strani cracker di riso per Milla…- lanciò una busta azzurra in direzione della ragazza, colpendo i suoi capelli ricci e marroni. –Caramelle… Più o meno questo-.
Sissi era a bocca aperta. –Scusa ma… da quando vai in giro a comprare queste cose?? Sei magrissima!- Lily era perfettamente d’accordo con Sissi: Ari era davvero magra, slanciata, aveva un fisico perfetto, mentre lei faticava a mantenere la linea,e la sua statura non molto alta di certo non aiutava.
-Guarda che non è tutto per me!!- rispose Ari con una risata squillante –Ho preso tutta questa roba perché sapevo che l’avrebbero mangiata anche i maschi, soprattutto Giova…-
-A proposito degli altri… Cosa pensate che facciano stasera?- chiese Lily.
-Ah sì, io ho parlato con loro prima- rispose Sissi, con un’aria dubbiosa –Se non sbaglio, avevano detto di metterci in pigiama e scendere da loro più o meno alle…- guardò l’orologio –Beh, più o meno cinque minuti fa- disse infine alzando le spalle.
Lily si alzò di scatto. –E non potevi dircelo prima?- la rimproverò con un sorriso. Sissi, la solita sbadata. –Dobbiamo lavarci, cambiarci…- si guardò intorno come se stesse cercando qualcosa, -Chi si prende per prima il ba…-
-Io, io, io!!- Ari scattò in piedi e, con una velocità degna di un’atleta si fiondò in bagno, afferrando il suo beauty.
-Ihih, lo sappiamo che non puoi resistere dieci minuti senza uno specchio e le tua creme…- commentò Sissi, sarcastica.
Milla non aveva ancora detto una parola. Lily la guardò. Stava fissando insistentemente il soffitto, incurante dello scompiglio attorno a sé.
-Mill, tutto bene?- domandò preoccupata.
La ragazza, attraverso i suoi lunghi capelli castani, spostò lo sguardo verso l’amica. -Certo- rispose con un sorriso, ma poi continuò –Solo che… beh, ci sarà anche Liuc, e io…-
Lily si sedette accanto a lei sul letto, e le avvolse le spalle con un braccio. –Non ti preoccupare, ok? Vedrai che ci divertiremo- affermò con un sorriso. Riuscì a sembrare più rassicurante di quello che avrebbe creduto. –Goditi la gita e non pensarci- concluse in tono un po’ più brusco.
Non era mai stata così gentile e comprensiva con le sua amiche come in quei giorni. Di solito, tutti le perdonavano i toni un po’ acidi e sarcastici, sapendo bene che Lily, in fondo in fondo, era l’amica più dolce e paziente che si potesse avere, e che spesso i suoi silenzi valevano più di mille consigli.
-Grazie Lily- rispose Milla con un sorriso. Le quattro si cambiarono in fretta. Lily si mise una camicia da notte blu con le spalline, si sistemò i capelli con una pinza e infilò le pantofole azzurre. Era pronta.
-Allora, andiamo?-chiese con aria impaziente, mettendosi le mani sui fianchi e iniziando a battere un piede per terra.
-Si, si… però avrei bisogno di una mano- Ari aveva le braccia stracolme di roba da mangiare. Era pazzesco: anche nel suo pigiama rosa e con i capelli sciolti e un po’ disordinati riusciva a sembrare una diva.
-Dammi un po’ qua- Sissi invece indossava una canottiera e shorts gialli, che ben si intonavano alla sua pelle abbronzata. Solo Milla non era ancora pronta; dopo che ebbe indossato il suo pigiama viola, le quattro uscirono dalla stanza. Lily chiuse a chiave la porta, si infilarono nell’ascensore e schiacciarono il pulsante che portava al primo piano. Lily guardò l’orologio: le 10.40. Raggiunsero la stanza dei ragazzi e bussarono alla porta. Venne ad aprire Liuc, estremamente carino con i capelli disordinati. Lily gettò un’occhiata a Milla, che fissava il pavimento, ma non riusciva a nascondere il lieve rossore sulle guance.
-Ari, ragazze, entrate pure- Naturalmente Liuc non aveva occhi che per Arianna, seguendo con lo sguardo ogni movimento della ragazza, che però sembrava non accorgersene. Milla, invece, ci aveva fatto caso, come notò con dispiacere Lily.
La loro stanza era molto più accogliente: Lily individuò subito il letto più grande, e non esitò a buttarvicisi sopra. Peccato che fosse già occupato da Giova.
-Scusa, ma che ci fai qui?- chiese lui, cercando di spostare la ragazza.
-Eddai, fammi un po’ di spazio!- pregò lei con un sorriso.
-Beh, se me lo chiedi così… No.- i due migliori amici iniziarono a lottare e, come sempre, Lily finì dritta sul pavimento. Alla fine però Giova le concesse di coricarsi vicino a lui.
I ragazzi iniziarono a chiacchierare del più e del meno. Lorenzo e Liuc iniziarono subito a discutere su cosa era in programma il giorno dopo: il primo sosteneva che sarebbero andati tutti a Vulcano, il secondo invece era convinto che era prevista una passeggiata lì a Lipari. Anche Sissi e Ari parteciparono alla discussione, finché Milla non ebbe il buon senso di tirar fuori il programma della gita e dichiarare che avevano ragione Lorenzo e Sissi. Il tempo trascorreva piacevolmente, e fuori continuava a piovere, nonostante fosse molto caldo. Lily sorrideva ad occhi chiusi, ascoltando le voci dei suoi amici.

Artemis era disteso sul letto, e fissava il soffitto. Non c’era nulla da fare, non riuciva a mentire a sé stesso: lui, Artemis Fowl Junior, il più grande genio della generazione, se non di più, realizzatore di uno sterminato impero criminale che coinvolgeva più mondi, quello umano e quello elfico, aveva paura. Ripassò a mente tutte le sue mosse, calcolando le probabilità di successo, e si concesse un sospirò di sollievo. “I calcoli non sbagliano” pensò. Ma c’era comunque qualcosa che non lo convinceva. Si mise seduto sul letto e fissò la valigetta ai suoi piedi. Non doveva essere così difficile. Un semplice scambio. Una valigetta per una valigetta. In fondo, si era cimentato in prove molto più difficili, no? Ma allora perché era così agitato?
Si distese di nuovo sul letto, afferrò il telecomando e si mise a fare zapping alla tv. Aveva tutto il tempo del mondo: lo scambio sarebbe avvenuto la mattina seguente, nella piazza centrale di Lipari. Guardò l’orologio: Leale non aveva ancora finito di fare il check-in.
Aveva sete, e cercò con lo sguardo il piccolo frigorifero vicino al comodino. Di solito non beveva acqua comune, soltanto distillata e depurata, ma quella volta era costretto a fare un’eccezione. Si accovacciò di fronte al frigo, cercando dell’acqua tonica. Mentre era lì il suo sguardo si spostò per caso sul balcone oltre la porta vetro, che si affacciava sul porto. Nonostante fosse tardi, non era ancora eccessivamente buio, e fuori pioveva. Lo sguardo di Artemis vagò, poi si fermò paralizzato. Se il suo cuore non si fosse fermato, avrebbe sicuramente urlato o detto una parolaccia. In un punto del cielo la pioggia non c’era, e il cielo era limpido e scuro. Perfetto, ma non naturale. C’era qualcosa in quel punto, che si mimetizzava perfettamente.
-Leale- sibilò a denti stretti, prima di ricordarsi che la sua guardia del corpo era al piano inferiore.
Il suo cervello iniziò subito a pianificare, congetturare, e a calcolare quante probabilità ci fossero che la cosa, qualsiasi cosa fosse, che stava librando lì fuori fosse sua amica. Quasi pari a zero. Mentre cercava di stare concentrato e calmo, ma soprattutto di sembrarlo, le sue gambe dicevano altro. Alla fine, un unico pensiero, il più ragionevole, gli balenò nella mente.
“Fuggi”
Cercando di rimanere impassibile, per non attirare l’attenzione della cosa, afferrò la valigetta, si diresse lentamente verso la porta, uscì e la richiuse dietro di sé. A quel punto cominciò a correre a perdifiato. Doveva trovare Leale. Non aveva molto tempo, e non era molto veloce. Si pentì di aver sostituito il corso di ginnastica a scuola con uno di letteratura francese.
Si fermò in mezzo al corridoio. No, andare da Leale non era la mossa giusta. Se la cosa l’avesse visto lì alla reception, avrebbe facilmente capito i suoi propositi di fuga. Fece le scale, salendo di due piani. Prese il palmare e iniziò a scrivere un messaggio a Leale. “Terzo piano. Vieni subito”. Le sue gambe, intanto, non avevano intenzione di fermarsi. Imboccò il corridoio a sinistra del terzo piano senza neanche alzare lo sguardo. Fu così che sbatté su un qualcosa di veloce che stava venendo nella sua direzione. Si ritrovò improvvisamente per terra.

-Oh, cavolo- Lily si alzò di botto dal letto –avevo detto che avrei mandato un messaggio ai miei quando mi fossi sistemata in hotel- afferrò le chiavi della stanza che aveva posato su un comodino –vado su a prendere il cellulare e torno-.
Uscì dalla stanza e corse lungo il corridoio. Si precipitò nell’ascensore e aspettò che salisse di due piani, uscì e ricominciò a correre verso la sua stanza. Mentre correva lungo il corridoio si voltò. Avrebbe giurato di aver sentito un rumore di passi dietro di sé. Fu in quel momento che andò a sbattere contro qualcosa di molto duro, che stava correndo verso di lei. In un attimo si ritrovò distesa sulla moquette grigia.
  
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