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Autore: A_Typing_Heart    04/08/2018    1 recensioni
* in corso di revisione * L'Uomo in Blu è una leggenda moderna, un uomo misterioso che appare in un paesino del Sorrentino per rendere omaggio a una lapide senza nome né fotografia. Circolano infinite voci su di lui, sulla sua origine, e sul perché visiti una tomba avvolta dai segreti. Ma nessuno sa la verità, e le motivazioni dell'Uomo in Blu sono radicate al tempo in cui il futuro boss Sawada Tsunayoshi fu ferito in un attentato. Un momento che cambiò la vita del giovane e di chi gli stava accanto per sempre.
Genere: Drammatico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Enma Kozato, Mukuro Rokudo, Tsunayoshi Sawada
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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*** Avviso:  il seguente capitolo contiene elevati livelli di violenza che possono disturbare i lettori. Se siete sensibili alle scene crude vi invito a non proseguire oltre il primo capoverso. I fatti che accadranno saranno ripetuti successivamente nei capitoli seguenti per permettervi di seguire la trama. ***


La notte di sabato sul lago di Como era incantevole, con i riflessi di una splendida luna sulle acque scure, o meglio lo sarebbe stata se solo Mukuro e Giulia fossero stati abbastanza sobri da notare lo spettacolare panorama notturno. Ma dopo una cena al ristorante e una prosecuzione in un sofisticato piano bar il tasso alcolemico era un tantino troppo alto per consentire loro di usare al massimo la vista periferica, la ragione e il buonsenso, difatti Giulia seguiva barcollando Mukuro verso la porta della casa che avevano affittato sulle rive. Mukuro però non era una grande guida, infatti incespicò sul primo gradino e fu con poca grazia che si appoggiò contro la porta.
-Hai le chiavi?-
-Ma certo che ho le chiavi, a che serve la borsa se no?-
Giulia ridacchiò e frugò la pochette per un tempo eccessivamente lungo in relazione alle dimensioni dell'accessorio, ma poi recuperò le chiavi. Si avvicinò alla porta e si incollò alla bocca di Mukuro con tale enfasi che fu sorprendente che in tale condizione riuscisse a centrare la serratura. Un momento dopo il guardiano della nebbia dei Vongola si sentì mancare l'appoggio e cadde di peso sulla schiena nell'ingresso della casetta, sbattendo la nuca. Gemette e si portò le mani nel punto in cui aveva impattato il pavimento di parquet.
-Oh... credevo di aver chiuso con due giri! Stai bene, tesoro? Fatto male?-
-Eh... insomma... stavo meglio prima...-
Davanti alla faccina arrossata di Giulia non riuscì a non sorridere nonostante il colpo doloroso, e lei fece una risatina isterica e un po' alcolica, prima di buttarsi in ginocchio accanto a lui.
-Lo facciamo qui?-
-Qui dove?-
-Qui nell'ingresso, non è eccitante?-
-Giulia, Giulia... mi hai fatto promettere tu stessa che sarebbe stato un week end romantico.- la rimproverò Mukuro cercando di mantenersi serio. -Mi hai fatto promettere solennemente, e adesso tu te ne esci con delle perversioni?-
-A te piacciono queste cose...-
-Oh, mi conosci bene... ma l'ingresso può aspettare.-
-Aspettare cosa? Mh?- fece lei, sorridendo vispa. 
-Domani, stasera è la tua sera speciale.-
-Lo è?-
-Certo.-
Mukuro si mise seduto e appoggiò la mano su qualcosa. Dovette scrutarlo per qualche attimo per capire che si trattava di un cioccolatino dalla carta rosa. Il pavimento era pieno di piccoli cioccolatini e caramelle incartate, e apparentemente erano tutti dolciumi usciti dalla borsa di Giulia, che era aperta e abbandonata a terra.
-Tesoro... perchè la tua borsa vomita cioccolato?-
-Oh, me li ha dati Anna, tutti questi!-
-Perchè tua sorella ti riempie di caramelle?-
Mukuro prese una pralina a forma di ovetto al cioccolato e la scartò mangiandola. Il ripieno sapeva di mandorle. Giulia, tutta corrucciata, iniziò a raccogliere tutti i dolcetti e a riporli nella borsetta. Solo in quel momento lui si chiese perchè portarsi decine di cioccolatini in una borsetta da sera, ma per qualche motivo decise di non farle quella domanda.
-Dice che deve mettersi a dieta... che vuole mettere un vestito molto femminile per il matrimonio.-
-Oh, tua sorella si sposa? Con chi?-
-Ma no, il nostro matrimonio!-
Mukuro sbattè gli occhi più volte, in silenzio. Deglutì l'ultimo sentore di fondente e guardò la sua ragazza senza aver capito nulla di quello che gli aveva detto.
-... Il matrimonio di chi, scusa?-
-Il nostro.-
-Quale? Quando?-
-Il mio e il tuo, stupido!- esclamò lei. -Quando ti deciderai a chiedermelo!-
-Chi ti ha detto che lo farò? Non è detto che lo farò.-
Avrebbe potuto risultare una cosa molto sgarbata da dire a una ragazza, specie a quella la cui famiglia accettava già senza riserve la relazione, ma forse complice l'alcol lui non si accorse della mancanza di tatto e lei non sembrò prendersela per questo. Anzi, sorrise e si sporse stampandogli un bacio sulla bocca.
-No, non l'hai detto, ma so che lo farai.-
-Ne sembri sicura...-
-Sono sicura... ma so anche che aspetterai l'autunno.- disse lei, con uno sguardo dolce, lo sguardo di una ragazza innamorata. -Mi hai detto che ti ricordo le giornate limpide d'autunno... so che aspetterai una giornata limpida in autunno per chiedermelo.-
-Non ci avevo pensato... è una bella idea, sai?-
Anche questo avrebbe potuto essere un commento di poco tatto, ma anche questo gli fu perdonato senza punizione. Giulia ridacchiò allegra.
-Regalami un anello blu, lo sai che mi piace tanto.-
-Regali blu e fiori rosa, no?-
-Mi conosci davvero bene!- disse lei sospirando rapita. -Sembra che ci conosciamo da tanto, tanto tempo, vero?-
-Forse ci siamo conosciuti in un'altra vita...-
-Oh, cielo, Mukuro... no, questo da te non me lo sarei mai aspettato... sei passato da super scapolone sciupafemmine al tipo di uomo che parla di destino e fili rossi?-
Mukuro divenne un po' più colorito sul viso e distolse lo sguardo. Certo aiutato dall'alcol era più naturale lasciarsi prendere da questi romanticismi spontanei quanto ovvi, ma era più facile non pentirsene se lei rispondeva a tono e non lo prendeva in giro. Giulia rise e gli scompigliò i capelli, cosa che sapeva accentuare il suo disagio.
-Il mio scricciolino romantico!-
-Non farmi arrabbiare, Giulia.-
-Il mio scricciolino arrabbiato e romantico!-
-Non farmi arrabbiare, Giulia, o sarà peggio per te.-
-E perchè? Cosa mi farai? Mi torturerai soffiandomi bolle di sapone sui capelli?- domandò lei, ridendo. -Mi picchierai con le margherite? Tu non sei mai stato violento con me, non fai paura!-
-Perchè se non la smetti mi riprenderò il mio regalo.-
-L'orologio?-
-Il regalo che non ti ho ancora dato.-
-Un regalo? Dove?-
Giulia, sorridendo come faceva sempre alla menzione di un qualsiasi regalo, cominciò letteralmente a perquisirlo, anche in parti dove non si sarebbe mai sognato di infilare un qualsiasi genere di corpo estraneo, figurarsi un regalo per una donna. Le bloccò i polsi e lei finalmente gli prestò di nuovo attenzione.
-In camera c'è un regalo per te.-
Giulia diede in uno strilletto emozionato, si alzò oscillando pericolosamente e chiuse la porta dell'ingresso con un colpo di fianchi. Tornò da lui e lo strattonò per il braccio cercando di alzarlo di peso, cosa ben difficile a farsi anche in condizioni di massima sobrietà. Mukuro si rialzò con cautela, dato che tutto ondeggiava un po' troppo per fingere che fosse cosa trascurabile, e accompagnò la ragazza alla camera da letto.
-Oh mio Dio...- commentò Giulia con un filo di voce.
La fatica che aveva fatto per impedire a Giulia di entrare nella stanza prima di uscire a cena era stata ripagata. Quel pomeriggio Mukuro si era adoperato in qualcosa che non avrebbe mai ritenuto nella sua indole, cioè rendere una serata estremamente romantica con le cose che più piacevano a una donna. Alla sua donna: aveva decorato la camera con mazzi di tulipani rosa, i suoi fiori preferiti, e aveva rifatto il letto con delle belle lenzuola nuove di colore azzurro intenso, il colore preferito di Giulia. Aveva anche posizionato strategicamente delle candele dal profumo floreale intorno, di modo che una volta accese avrebbero dato una bella luce soffusa e atmosfera al loro nido.
Giulia fu sopraffatta da quella vista, perchè probabilmente anche se aveva strappato a Mukuro la promessa di un week end romantico non si aspettava che l'avrebbe presa così letteralmente. Nonostante il disarmante cliché usato l'effetto sorpresa era stato quello voluto. Mukuro la lasciò sulla porta, con gli occhi lucidi, e le permise di asciugarsi le lacrime mentre impiegava più tempo del necessario per accendere le candele. Ne spostò qualcuna più in qua o in là, finse di rassettare un orlo del lenzuolo e di sistemare un vaso di tulipani prima di sedersi sul bordo del letto.
-Allora... che ne pensi?- le chiese infine, quando vide che era tornata in sè.
-È bellissimo...-
-Vero? Ti ho messo qui dentro tutto quello che ti piace di più. Me compreso.-
Giulia scoppiò a ridere, poi si lanciò addosso a lui sul letto con un po' meno delicatezza di quanta ne avrebbe voluta lo stomaco pieno di Mukuro.
-Sei proprio stupido...-
Del tutto senza preavviso, Giulia cominciò a piangere di nuovo, lasciando Mukuro interdetto. Non riusciva nemmeno a capire che cosa stesse farfugliando tra un singhiozzo e l'altro, così, senza capire che cosa avesse fatto di sbagliato, continuò ad accarezzarle i capelli e a darle delle pacchettine affettuose sulla schiena. Continuò a chiedersi che cosa diavolo fosse successo per almeno dieci minuti, e concluse che non si sapeva come la sua serata perfetta era sfociata in un clamoroso flop. Passarono altri tre minuti, poi Giulia tornò perfettamente in forma come se non fosse accaduto nulla. Addirittura rise rotolandosi sulle lenzuola. Mukuro non aveva mai incontrato una ragazza più difficile di lei da capire, ma proprio per il suo mistero incomprensibile la adorava.
Nella fase che seguì l'euforia fu ampiamente ricompensato dei suoi sforzi di precisione, sopportazione e comprensione. Si dimenticò del tutto di domandarle perchè si fosse messa a piangere e si addormentò stringendola, con il viso affondato nella massa ondulata e scurissima dei suoi capelli, ormai lontanissimo da tutti i problemi e i sospetti che aveva lasciato chiusi in un taccuino in una villa nei pressi di Sorrento.


Mukuro non capì che cosa esattamente lo portò a svegliarsi prima che albeggiasse. Si ritrovò assonnato ma insolitamente consapevole del proprio corpo scoperto per metà, poi si rese conto di avere freddo. Arraffò alla cieca un angolo di plaid per coprirsi e avvertì un tepore immediato e piacevole. Quando allungò la mano alla ricerca di un altro tipo di piacevole tepore, però, non lo trovò. Tastò il lato di Giulia senza trovarla e aprì gli occhi. La coperta era scostata e non c'era nessuna traccia della sua ragazza. Pensò che fosse al bagno, o che la serata movimentata le avesse fatto venire voglia di mangiare qualche dolce come già era capitato, così sorrise e si trovò una posizione più comoda per rimettersi a dormire.
Fu il vento a fargli spalancare gli occhi nell'oscurità. Le spalle erano rimaste scoperte e avvertì nettamente il vento freddo della notte che arrivava fino a lui. Improvvisamente privo della minima traccia di sonnolenza si alzò seduto, fissando un punto oscuro in cui sapeva esserci la porta della camera da letto.
-Giulia?-
Non ottenne nessuna risposta. Tese le orecchie al massimo, ma non percepì rumori d'acqua dal bagno o il classico acciottolio sommesso di qualcuno che traffica in cucina. Buttò all'aria la coperta e si alzò dal letto senza provare ad accendere la lampada. Strisciò lungo la parete, percependola con la mano, trovò la porta e si affacciò sul corridoio, buio come l'altra stanza. Aprì la bocca per chiamare di nuovo quando sentì un gorgoglìo sospetto. Gettò alle ortiche la prudenza, accelerò nell'oscurità e colpì violentemente uno spigolo della cassettiera con la gamba. Gemette senza fermarsi, raggiunse la cucina e accese la luce tastando spasmodicamente sull'interruttore.
Riuscì solo a intravedere Giulia, stesa a terra che si muoveva appena, poi colse un movimento alla sua sinistra. Fece un passo indietro per sottrarsi all'attacco in arrivo, ma qualcuno gli era alle spalle e fece ostruzione impedendogli la ritirata. Un bagliore argentato precedette di un attimo un'esplosione di dolore come Mukuro ne ricordava una soltanto, una conseguente a una deflagrazione. Non riuscì a ragionare più, stordito da un dolore inconcepibile all'occhio destro, e si portò entrambe le mani a quel lato del viso mentre cadeva per terra gridando. Percepì subito il calore e la sensazione sgradevole e appiccicosa del sangue, seguita immediatamente dalla paura di aver perso la sua arma più efficace. Aveva perso il suo occhio destro, la fonte del suo potere più grande.
-L'anello, prendiglielo!- disse una voce artificiale, come filtrata da un distorsore.
Mukuro pensava soltanto a una cosa: l'unica possibilità che aveva era difendere l'anello, arrivare all'altra stanza dove teneva la sua box. Tentò di strisciare lungo il corridoio, ma un piede infilato in una calzatura pesante gli venne schiacciato con ferocia sulla schiena. Negli attimi che seguirono venne raggiunto da molti colpi, sulla faccia, sulla schiena e sulle braccia, fino a un calcio immensamente doloroso che gli spezzò il naso. Il sangue grondante gli impediva quasi di respirare, riusciva a malapena a restare presente a se stesso, figurarsi a contrattaccare in qualche modo.
Si oppose fiaccamente alla mano che gli aveva afferrato il polso destro e bastò un calcio al fianco perchè perdesse ogni forza residua. Sentì appena, sotto l'influsso del dolore pulsante di quello che restava della sua faccia, che l'anello dei Vongola gli veniva tolto. Per buona misura il suo misterioso aggressore gli schiacciò la mano rompendogli due dita. Il suo grido di dolore uscì gorgogliante e debole, producendo un'orrenda schizzata di sangue.
-Dobbiamo prenderlo?-
-Sì, sembra un anello di valore, se lo lasciassimo la rapina non sembrerebbe realistica.-
-Buttiamo per aria qualcosa?-
-Rovesciamo quei cassetti.- disse la persona con la voce più profonda. -Penseranno che hanno sentito i ladri e che sono stati aggrediti.-
-Sei bravo in queste messinscene.-
-Per questo Verde chiede a me e tu sei qui solo per fare numero.-
Mukuro tentò di muovere la mano, seppure riuscisse a stento a percepire le parti del proprio corpo con quel rimbombare di fitte atroci in ogni angolo del suo essere terreno. Trovò uno stivale e ne afferrò la caviglia, ma quello si sottrasse con facilità disarmante.
-Ammazzalo.-
Mukuro non ebbe tempo di provare paura per quell'ordine perentorio: una, due, tre, quattro volte la sua schiena fu colpita e penetrata da una lunga lama di coltello affondata senza esitazione fino al manico. Gridò, ma l'unico suono che scaturì dalla sua bocca fu quello di un liquido schizzato. Non ebbe più la forza di tenere su la testa e la lasciò cadere sulla pozza creata dal suo stesso sangue. Iniziava a sentire meno dolore e più sensazione di freddo, e davanti al suo solo occhio sano vedeva sfocata la propria mano che tremava convulsamente. Non riusciva a muoversi, nè a parlare, a fatica respirava aria. Aveva perso l'occhio del potere delle sei vie e non aveva più l'anello. Comprese immediatamente che sarebbe morto in poco tempo.
Sentì da una distanza chilometrica i passi degli aggressori e il rumore di soprammobili che cadevano. Le voci non le distinse più abbastanza da capire le parole, poi seguì il silenzio. Tentò un ultimo disperato tentativo di muoversi, di allungare un braccio, di fare qualsiasi cosa, ma non ottenne nulla.
-Mukuro... Mukuro!-
Mukuro cercò di alzare l'occhio rimasto verso il punto da cui gli sembrava provenire la voce e riuscì a mettere a fuoco il volto abbastanza da riconoscere Giulia. Era spaventata, piangeva, era sporca di sangue sul viso. Le sue mani tremavano incontrollabilmente, ma aveva il telefono.
-Chi... chiamo l'ambulanza! Non morire, ti prego... Mukuro, non morire!
Giulia gli strinse la mano sana, la sinistra, con vigore mentre chiamava l'ambulanza concitatamente, con la voce resa stridula dalla paura. Mukuro non riusciva a sentire altro che dolore dal corpo, ma la sua stretta così forte gli diede almeno la certezza che lei non fosse ferita, o almeno che non lo fosse in modo grave. 
La sua mente aveva raggiunto un incredibile stato di quiete considerando le sue condizioni. Senza più la paura di cosa fosse successo alla sua fidanzata riuscì a pensare a cosa fare, a quello che era successo. Era certo di aver sentito il nome di Verde, quei due uomini erano suoi sgherri. Non c'era dubbio che avessero preso di mira lui, deliberatamente, e che non volevano che il suo boss sapesse che era stato ucciso perchè uomo della mafia. Quindi era la prima cosa da fargli sapere. Il problema era come.
Mukuro fissò l'occhio superstite su Giulia, guardandola con il massimo dell'intensità che era in grado di metterci. Funzionò, perchè lei lo guardò, con il telefono ancora all'orecchio in attesa dell'arrivo dei soccorsi.
-Cosa...? Cosa c'è? Stanno arrivando, ti prego, resisti ancora un po'...-
Provò ad aprire la bocca, ad articolare una parola, ma ne uscì soltanto sangue. Frustrato arrivò a commiserare la propria umanità. In quel momento avrebbe voluto essere come Kozato, meno sensibile al dolore, con le braccia perfettamente reattive al comando della mente nonostante il sangue che si riversava fuori dal corpo. Strinse i denti, sfidò la tortura che gli infliggeva ogni minimo movimento. Allungò la mano e con il pollice, con fatica estrema, tracciò col sangue ciò che sperava fosse leggibile agli occhi di lei. Purtroppo lui non riusciva a vedere i segni che aveva disegnato.
-Cosa... non capisco...- disse lei ansiosa, e si sporse a guardare meglio. -Mille... è un mille, vero? Mille... e quello cos'è, non riesco a leggerlo! Non distinguo le lettere, non...-
Mukuro la fissò intensamente, ansimando. Doveva capire, era la sua ultima possibilità. Il tremore stava aumentando, non aveva più tempo nè energie.
-Non... è una parola? È un disegno? Un... fiore? Ah!- esclamò lei, e lo guardò. -Intendi Millefiore? La famiglia Millefiore? Che cosa vuoi che faccia... devo chiamarli?-
Nonostante la fitta che gli costò, Mukuro strinse forte la palpebra e la riaprì. Fu un enorme sollievo scoprire che lei aveva capito che stava cercando di darle una conferma. La vide alzarsi a fatica, con una macchia di sangue sospetta sul fianco, e zoppicare verso la camera da letto. Il freddo era ormai la sensazione dominante e non si sentiva più la parte inferiore del corpo. Tentò di resistere. Si disse che non poteva mollare. Era una situazione disperata, ma anche trovarsi un frammento di metallo lungo una spanna piantato nella tempia era stata una situazione grave. Era sopravvissuto. Lottò contro la sua razionalità, che gli stava mormorando che quella volta era una singola ferita, che aveva il suo occhio intatto nel suo potere, che indossava un potente anello capace di illusioni supreme. Avevano forse inscenato una finta rapina, ma gli stava venendo rubato qualcosa veramente: tutti i progetti e le possibilità di una vita vissuta pienamente. Combattè la subdola voce che gli diceva che aveva perso troppo sangue, che stava morendo. Non poteva ancora morire, aveva moltissime cose da fare. Doveva ancora raccontare che al ristorante avevano ordinato un risotto, lo stesso piatto che Tsunayoshi gli aveva cucinato la prima volta; il suo boss avrebbe voluto sapere quale dei due era più buono. Doveva passare ancora tanto tempo con Giulia, doveva provare e dire a Hibari come si sentiva ad avere un figlio. La sua mano si strinse a pugno. Sentì Giulia tornare al suo fianco, dirgli che stava squillando, ma non riuscì a sentirla parlare con qualcuno. Sprofondò nell'oblio.
 
   
 
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