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Autore: PrincessintheNorth    08/08/2018    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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DUE GIORNI DOPO

 

MURTAGH

 

 

Ormai eravamo quasi a metà strada per Winterhaal, e tutto era andato per il verso migliore che potessi sperare.

Il tempo era splendido, non faceva né caldo né freddo, c’era abbastanza vento favorevole alla nostra direzione perché Castigo e Antares volassero più veloci del solito facendo meno fatica, Katherine stava benissimo e la piccola anche.

Katie aveva smentito completamente tutte le teorie fatalistiche di Jasper riguardo a parti precoci dovuti ai decolli, con la nanetta che, giusto per non smentirsi, aveva continuato a darle tutti i calcetti possibili e immaginabili.

-        Quanto mancherà a casa? – chiese Katie, mentre si prendeva una mela dalle bisacce.

-        Non più di un giorno, se andiamo avanti così.

-        Allora tu resisti ancora un pochino. – commentò rivolta al pancione. Che poi, parlare di pancione era esagerato. Audrey, con Susie, ne aveva molto di più. – Poi potrai saltare fuori … ma stasera ci fermiamo, vero?

Per accorciare ancora di più i tempi, per gli ultimi due giorni avevamo volato anche di notte: fosse stato per me, avrei fatto una tirata unica fino a Winter Manor, ma Kate aveva bisogno di riposare.

Perciò, resi invisibili i draghi, dato che avevo impedito a Katie di fare qualunque magia per evitare di stancarsi e causare problemi come parti prematuri (prematuri mica tanto, dato che la signorina era in ritardo: però era il caso che ritardasse ancora un po’, il tempo di arrivare a casa) o altro, e atterrammo circa trecento, forse trecentotrenta iarde fuori le mura della città, cercando di fare meno casino possibile.

Non fu esattamente facile, anche perché né Castigo né Antares erano più cuccioli, e quando volavano, decollavano e atterravano … beh, si facevano notare e sentire.

Dopo essere sceso raggiunsi Antares, dato che per Katie scendere da lì con l’ingombro del pancione, corredato dalla bimba che scalciava, non era la cosa più semplice del mondo (e rischiava di infilzarsi su qualche punta dorsale, ma questa era una delle cose da non dire in presenza di Antares se non volevi ritrovarti mutilato), e le diedi una mano a scendere: ovvero, la feci volare con la magia, mentre lei faceva la sua tipica espressione “comunque non ce n’era bisogno”, per poi scaricarla a terra.

A quel punto, ci avviammo verso la città, anche perché il sole stava calando e presto avrebbero chiuso i cancelli.

Solo che, a metà strada, Katherine si fermò, sciolse parzialmente l’acconciatura piena di trecce che si era fatta per evitare di rovinarsi i capelli durante il volo e prese ad armeggiare con il suo mantello.

-        Che stai facendo?!

-        Se non dobbiamo farci riconoscere per ingannare sicari o soggetti poco raccomandabili, non credi che i mantelli della fattura migliore di tutto il regno lascino poco spazio ai dubbi? – fece retoricamente. – Se li mettiamo al contrario dovremmo riuscire a passare per mercanti, o al massimo nobili della campagna, gente che di solito non viene disturbata.

Dato che così stupida non era, decisi di seguire il suo esempio, e mi tolsi il mantello per metterlo al rovescio.

-        Oh, e aspetta … vieni qua.

-        Cosa c’è? Guarda che rimaniamo fuori, se non ci sbrighiamo.

-        Tu non preoccuparti …

Si mise ad armeggiare nella sua borsa, per estrarre poi un pennellino sottile, della cera parzialmente sciolta e una boccetta di polvere biancastra.

-        Katherine, non mi sembra il momento di mettersi a fare i trucchi …

-        Aspetta!

In mezzo secondo, prima che potessi anche rendermene conto, mi aveva disegnato una cicatrice che partiva dalla mia fronte per scorrermi lungo la tempia e arrivarmi a metà guancia, per poi renderla più realistica con la magia, fregandosene del fatto che le avessi chiesto di non usarla.  

-        E secondo te ora sarei irriconoscibile?!

-        Grasvard non si aspetta che ci fermiamo a dormire, soprattutto qui. Nel caso in cui ci siano sicari mandati da lui, non saranno certo i migliori, e non è che sei andato a stringere le mani ad ogni soldato del suo esercito. Se già non sanno di preciso che faccia hai, una cicatrice li confonderà.

-        E va bene … adesso però muoviamoci.

Tra lei che faceva fatica a camminare e io che dovevo aspettarla, arrivammo ai cancelli proprio mentre li stavano chiudendo.

-        Aspetti! – urlò lei.

La guardia si fermò, fissandoci stranito. 

-        Identificatevi, stranieri. – fece, masticando le parole come se fossero rape.

Ecco.

L’unica cosa a cui non avevamo pensato erano dei nomi falsi.

Però almeno ci aveva scambiati per viandanti: se fossimo assomigliati a dei nobili non si sarebbe mai sognato di chiamarci “stranieri”.

Feci per parlare, però Kate mi precedette.

-        Siamo mercanti provenienti da Northern Harbor. Sua Altezza Reale la Principessa Katherine ci ha affidato un carico da portare a Winterhaal entro dopodomani, come regalo di compleanno per il marito. – disse. – Jocelyn Harbardaughter, per servirla. Questi è mio cugino Herald Bjornsson, che ha servito per sette anni nell’esercito di Sua Maestà come sottotenente in Marina.

Non appena fossimo arrivati in una locanda, l’avrei strozzata. Ero un Cavaliere dei Draghi, per gli dei, e la mia falsa identità un sottotenente,peraltro suo?! Un dipendente di Katherine?

Potevo accettare di essere incluso in una frase che prevedesse il mio nome, dipendente e Katherine solo se tra questi ultimi due termini ci fosse stato da (e solo in certi ambiti, che di solito riguardavano lei a letto e i suoi vestiti da un'altra parte, così come i miei), e in ogni caso non era da pronunciarsi di fronte ad una guardia del cancello di una cittadina sperduta.

Ciò che fu peggio, fu che la guardia s’illuminò.

-        Ho servito anch’io in Marina! In che compartimento eri? Io il diciassettesimo, di stanza a Sevirya!

Maledetta Katherine Shepherd.

Io non ne sapevo niente.

-        Era nel ventiquattresimo, di stanza a Northern Harbor. – rispose Katie, senza battere ciglio. – Solo che durante una battaglia, per errore, la Comandante lo ha colpito in testa con la spada e ha perso la memoria e la capacità di parlare.

Altro che strozzata.

Di peggio, le avrei fatto.

Un sottotenente, suo dipendente, muto e senza memoria.

Perfetto.

Beh, almeno, seppur indirettamente, si era presa qualche colpa.

-        Ah, capisco. – sorrise la guardia. – Ma andate, ora, non voglio trattenervi oltre … soprattutto visto il suo stato, signorina Jocelyn. – e indicò il pancione.

-        Grazie … - fece Katie, fingendo una goffa riverenza.

Dato che, evidentemente, ero un muto smemorato, mi limitai ad annuire e a fingere un’espressione un po’ alienata, per poi proseguire per la nostra strada.

Ci volle un po’ a raggiungere l’unica taverna della città: Katherine non si fidava del governatore perché tempo prima lei aveva respinto la proposta di matrimonio di suo figlio, perciò ci saremmo dovuti accontentare di letti comuni e vasi da notte.

Al nostro arrivo alla locanda, la Fiocco di Neve (lì al Nord, in effetti, la maggior parte delle città e delle cose importanti avevano nomi che richiamavano l’inverno e il freddo, ora che ci pensavo), ci si presentò davanti una donna che era persino più alta di me.

Non capitava spesso.

Anzi, per la verità non mi era mai capitato di trovarmi di fronte ad una donna grande come le ante dell’armadio di Katherine, persino più grossa di me.

Del genere, non le ci volle molto ad intimidirmi.

-        I signori desiderano? – chiese, con una voce profonda ma tuttavia femminile.

-        Una stanza. – stavolta, precedetti io la simpaticissimaKatherine, prima che mi facesse fare altre figure poco degne del mio nome e del mio aspetto. – Non serve che sia particolarmente ricca, io e la mia sorellina ci fermiamo solo qualche ora per la notte.

La donna ci squadrò un po’, poi annuì. – Una stanza ce l’abbiamo, e anche da mangiare. – fece. – Ma che voi due siate fratelli non credo proprio, non vi somigliate neanche un po’. Tuttavia, se devi far partorire la tua amante, tua moglie non lo verrà a sapere. Ti costerà solo il doppio della tariffa normale.

Katherine fece per parlare, ma la zittii in fretta.

-        Grazie. – risposi. – Ve ne siamo molto grati.

-        Bene. – disse quella, e ci accompagnò fino alla nostra stanza. – La cena ve la potete venire a prendere tra mezz’ora.

E sbatté la porta con una forza tale che non ci sarei riuscito nemmeno io.

-        Perché non mi hai detto di avere una moglie, traditore?! – rise Katie, facendo la drammatica e fingendo di brandire una pentola.

-        E da quando io sarei tuo cugino, sordo e smemorato?! – la rimbeccai.

-        Beh, se guardiamo tutti i trascorsi delle nostre famiglie noi volendo siamo cugini. – commentò.

-        Non mi ci far pensare. Ho già visto abbastanza incesti a Uru’Baen e Aberon, non ho voglia di replicare l’esperienza con te. Mi fa schifo.

Con un po’ di difficoltà, Katherine si sedette sotto la finestra, togliendosi il mantello e il gilet di pelliccia.

-        Sai che lì c’è un letto, vero?

-        Sai che sarà pieno di cimici e formiche, vero?

Non aveva tutti i torti, perciò la raggiunsi lì.

-        È scatenata, stasera … - mormorò accarezzandosi il pancione, che in effetti faceva dei movimenti strani, come se la piccola ci stesse ballando dentro.     

-        Ma almeno va tutto bene. Pensi che reggerà ancora un paio di giorni?

-        Spero di sì. Altrimenti, sarà un bel casino.

-        Già.

Alla fine, neanche andammo a prendere il cibo: dopo due giorni di volo e niente riposo, crollammo addormentati contro il muro.

 
 
   
 
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