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Autore: wolfymozart    09/08/2018    1 recensioni
La storia tra Anna e Antonio sarà messa a dura prova da scottanti questioni sociali e drammatiche vicende private che si intrecceranno in un inestricabile garbuglio nel quale ritrovare il "filo rosso del destino" non sarà affatto facile.
Per questo sequel è stato necessario forzare un po’ i tempi dell’ambientazione per motivi di ordine storico, viceversa non sarebbe stato possibile far incontrare la Storia con la storia. Lo slittamento temporale consiste in un lasso di una decina d’anni. Mi auguro che chi leggerà mi vorrà perdonare.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Ristori, Antonio Ceppi, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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-Anna! Non volevo spaventarti. – si sentì dire.

Non riuscì a rispondere alcunché. Respirava affannosamente, vuoi per la corsa, vuoi per quell’improvvisa emozione così forte da stravolgerla.

-Ti sto cercando da ore. Le duchesse mi hanno riferito che te n’eri andata all’improvviso. Ho immaginato che fossi venuta a cercarmi e allora…-

Non ascoltò più le sue parole. Scorgeva a malapena il suo volto, grazie al riverbero della neve che rischiarava l’oscurità e alle rare luci delle torce di un vicino caseggiato, ma poteva intuirne perfettamente l’espressione dalla voce ansiosa ma insieme sollevata, dal tono carezzevole, scevro da ogni rancore, da ogni rivalsa. Pur di fronte a tutto questo, dopo lunghi mesi di separazione, il fantasma di quella serva di cui Jerome le aveva accennato, le balenò per la mente. Ma, guardandolo negli occhi vividi e lucenti di immutata devozione, ebbe da sola la risposta che con tanta pena cercava.

-Perdonami! – ruppe dopo qualche istante il silenzio gettandogli le braccia al collo e stringendolo con tutte le forze che le restavano. – Perdonami! – ripeteva tra le lacrime, accarezzandogli i capelli.

- Ti ho già perdonato. Ora sei tu che devi perdonare me. Ho sbagliato a fuggire da te. Non ti lascerò più, mai più! – le rispose Antonio, prendendole il viso tra le mani, asciugandole le lacrime, anch’egli sull’orlo del pianto. -Se penso ai rischi che hai corso per arrivare da me, in questo quartiere, ringrazio il Cielo che non ti sia accaduto nulla di male! – le sussurrò ad un orecchio mentre la cullava fra le braccia, nascondendo il viso nelle pieghe del suo mantello. Aveva passato momenti angoscianti da quando aveva lasciato il palazzo e non gli sembrava vero, dopo tanto vagare, di averla ritrovata sana e salva e di poterla di nuovo riabbracciare.

Poi, dopo averle scoperto il capo, con delicatezza e non senza esitazione le sfiorò le labbra con le sue, aspettando un suo cenno d’assenso a quella riappacificazione. Anna chinò la testa. Assorta, sembrò titubare; Antonio trattenne il fiato per qualche istante. Che cosa le passava per la mente? Aveva detto o fatto qualcosa di sbagliato? C’era dell’altro che lei ancora non gli aveva detto? Temette irrazionalmente un suo diniego: la fissò con sguardo trepido e interrogativo, in attesa. Anna, dopo istanti che sembrarono eterni, rialzò il viso, gli accarezzò dolcemente le guance e infine lo baciò con ardore, con trasporto, con assoluta dedizione. Si erano fatti del male, ma quel bacio li ripagò di tutte le amarezze, di tutti i rimorsi di tutte le bassezze a cui avevano assistito e di cui si erano resi complici. La neve che cadeva sempre più abbondante li proteggeva, trasportandoli in una dimensione altra, cui loro due soli avevano accesso e dove i rumori del mondo e le sue malignità giungevano ovattati, senza nemmeno lambirli.

Tutto assunse un’altra colorazione, nuovi contorni. Quel bugigattolo, umido e freddo, invaso dagli spifferi, in cui sei era ritirato da mesi, gli parve in quel momento più accogliente di una reggia. Anche il fuoco, acceso dopo alcuni tentativi, gli sembrò più caldo, più vivo, più allegro che mai. Si fermò per qualche momento a contemplarne le faville che salivano gioiose fin al cielo, rincuorando la notte nevosa con il loro scintillio. Era sommamente felice. Sospirava, sorridendo di un sorriso aperto e sincero: dal petto gli si era levato un macigno, il cuore si era spalancato a una gioia da tempo dimenticata e ora finalmente ritrovata. Infine Anna lo distolse dalla contemplazione rapita del fuoco richiamandolo a sé. E lui la raggiunse immediatamente, le si abbandonò fra le braccia ricoprendola di baci e ricevendone altrettanti. Di come fossero giunti a casa di Antonio avevano ricordi vaghi e confusi: stretti l’un l’altra, avvolti nei mantelli, avevano percorso le vie del quartiere, deserte e bianche, segnando la neve con le orme dei loro passi impazienti. Ma poco importava, in fondo.

-Avresti potuto riscaldare queste tre misere stanze, si muore dal freddo! – bofonchiò in tono di finto rimprovero Anna, mentre lui le sfilava l’abito lasciandole nude le spalle. Rabbrividiva dal freddo e dall’emozione, mentre liberava anche Antonio dai vestiti e se lo trascinava a sé, sotto le pesanti coperte; il fuoco unico testimone muto del loro ritrovato amore.

-Mi sei mancato, Antonio. – gli sussurrò a mezza voce, accarezzandolo, sopraffatta dai suoi baci sul collo, sul viso, sul petto, che non le davano un attimo di tregua. Un desiderio incoercibile di averla sua e sua soltanto, si era impadronito di Antonio che non lesinava baci e carezze, che la stringeva disperatamente a sé, come se qualcuno, da un momento all’altro, gliela potesse portare via di nuovo. Quest’impeto sorprese piacevolmente Anna, la quale si lasciò trasportare dal momento in un turbine di emozioni mai provate prima d’allora con tale intensità. La paura di perdersi aveva accesso il fuoco della passione che aveva preso il posto della consueta tenerezza, tiepida e rassicurante, che colorava da sempre i loro incontri. Quella notte non c’era posto per consuetudini e tepidezze: la bruciante passione era l’unico mezzo che potesse rassicurarli e riscaldare i loro cuori, dopo il gelo profondo che vi si era insidiato per lungo tempo, per poter lenire quelle ferite lancinanti che si erano procurati l’un l’altra. Tutto perdeva significato, tutto si scoloriva nel grigio indistinto dei ricordi, tutto diventava innocuo, inoffensivo, insignificante: il resto del mondo non contava più nulla, non contavano le ribellioni, non contavano i soprusi, non contavano le ipocrisie e gli intrighi, non contavano le parole taglienti del rampante avvocato ora deputato; Parigi svaniva e con lei la Storia, il tempo che i grandi uomini riempiono delle loro imprese. E di tutto questo restarono loro due soli, sfiniti, sconvolti, turbati ma felici, abbracciati tanto stretti da non potersi separare mai più.

- Avevo pochissime speranze, ma non mi rassegnavo all’idea di averti perso per sempre. Non sarei stata in grado di vivere senza di te. – disse lei, quando l’impeto della passione si fu un po’ acquietato, quando i loro sensi appagati permisero loro di ritornare al pensiero, alla ragione, alla parola. Antonio seguitava a stringerla a sé, cingendole la vita, appoggiandole la testa su di una spalla nuda, che di tanto in tanto ricopriva di baci.  

- Anche tu mi sei mancata, non immagini nemmeno quanto. Eri nei miei pensieri ogni giorno, ogni notte. Ho creduto di impazzire. – le rispose, infine, senza smettere di abbracciarla. Una strana inquietudine gli impediva di allontanarsi anche per un solo attimo da lei, tutto il suo corpo era teso a restarle ancorato, come presagisse chissà quali altre dolorose separazioni.

- Ti chiedo perdono, Antonio. – proseguì lei e pronunciò quel nome con tutto il pentimento e la dolcezza che possedeva.

- Shht. – la zittì dolcemente lui, baciandole i capelli sciolti, sfiorandole delicatamente le spalle.

- Se solo potessi tornare indietro, cancellerei quella notte... –

- Basta, Anna, basta tormentarci con quello che è successo. – la fermò Antonio, mentre le dita sul collo, sulle spalle. – Non si può tornare indietro, ma non mi importa più nulla, ormai. Conta solo averti ritrovata, sapere  che sei venuta fin qui a cercarmi,  che non ti sei dimenticata di me. –

- Come avrei potuto? Come avrei potuto dimenticarmi di te? Di te che amo più di me stessa? – ribatté lei, come offesa dalla presunta dimenticanza che le veniva attribuita. Si voltò lentamente verso di lui, fissandolo con occhi lucidi attraverso la penombra a cui il fuoco, affievolendosi a poco a poco, li stava abbandonando.

- Ripetilo. – le chiese con un sorriso.

- Che cosa, amore mio? –

- Che non ti sei scordata di me, che mi ami. –

- Ti amo, Antonio, mi è insopportabile la vita senza te. – lo accontentò lei, prendendogli il viso fra le mani e baciandolo lentamente, con dolcezza. – E tu? Tu ami me?-

- Anna, unica ragione della mia vita, ti amo come non mai amato nessun’altra cosa al mondo. – le rispose sorridendo e strappando un sorriso anche a lei, che gli si accasciò sul petto per farsi abbracciare.

Si persero per qualche istante a fissare fuori dal vetro della finestra la neve che scendeva silenziosa e leggera, rivestendo la città del suo manto. Tutto intorno taceva, nella stanza fredda, solo la legna novella scoppiettava di quando in quando, sempre più debolmente man mano che il fuoco andava spegnendosi.

- Prima, là fuori, ho avuto paura. Hanno tentato di inseguirmi, dei popolani sguaiati e ubriachi; non so che intenzioni avessero, ma ho temuto il peggio. È un quartiere pericoloso, tutta la città di Parigi è pericolosa di questi tempi: il mondo sta cambiando, il popolo è fuori controllo. Vogliono la testa dell’aristocrazia e non si fermeranno di fronte a niente. Ti confesso che temo per le nostre sorti. – gli confidò Anna, infrangendo quell’atmosfera ovattata.

- Per l’amor del Cielo, Anna, che ti hanno fatto? Perché non me l’hai detto prima? – si spaventò Antonio sollevandosi di scatto sui gomiti: gli si poteva leggere l’angoscia nello sguardo. Le cercò la mano.

- Non è successo nulla, sta’ tranquillo, nessuno mi ha fatto nulla. Per fortuna eri tu quello che mi ha afferrato la spalla. Sei arrivato in tempo. – lo rassicurò lei con una carezza; si accorse dei suoi occhi turbati, quasi febbrili.

- Se ti fosse successo qualcosa, non me lo sarei mai perdonato. – le rispose con un profondo sospiro. – Non riesco nemmeno io a comprendere questi tempi. Non so più dove sia il giusto, dove arrivi il bene e dove incominci il male. È tutto così maledettamente confuso. Ho sempre pensato che il popolo dovesse reclamare i suoi diritti. Ma fino a che punto è lecito spingersi, Anna, fino a che punto? Non lo so più…- constatò amaramente lasciandosi ricadere sul cuscino, desolato e pensieroso.

- Torniamo a casa, Antonio. – disse lei, abbracciandolo nuovamente. – Ne ho abbastanza di questa città, dei pericoli, delle sommosse, di questa gente arrabbiata e violenta. Torniamo a Rivombrosa, tutti e tre, io, te ed Emilia. –

- Come vuoi, Anna, io andrò dove tu vorrai. – la baciò in fronte.

- Solo una cosa mi preoccupa: Emilia. Come posso portarla via così dal collegio, senza preavviso, senza un motivo apparente? Credi che mi faranno impedimenti? –

- No, non penso che opporranno resistenza. Che diritto avrebbero? –

- Ma lei? Lei di certo non vorrà ritornare a casa…come convincerla? Come fare? – si domandava ansiosa.

- La convincerai, non temere. – la rassicurò Antonio, accarezzandole i capelli.

- Tu non la conosci…E’ una tale testarda…-

-Da qualcuno avrà pur preso... – la provocò scherzando Antonio. Entrambi ne sorrisero.

- Che stai insinuando? – continuò il gioco, sollevandosi sui gomiti e fissandolo dall’alto in basso con aria fintamente minacciosa.

- Assolutamente nulla! – rispose lui alzando le mani in segno di resa. Per tutta risposta si guadagnò un bacio.

- Per fortuna non ha preso da quell’essere immondo di suo padre. – sospirò amaramente Anna, lo sguardo fisso davanti a sé.

- Non ci pensare, non pensare più a lui. – la blandì Antonio con una carezza. Lei si voltò e, guardandolo negli occhi con un velo di amarezza, gli confessò:

- Hai ragione. Ma quando penso a come tutto sarebbe stato diverso se fosse stata figlia tua…-

- Per me è come se lo fosse. È tua figlia e io le voglio bene come se fosse anche mia. – ribatté con un sorriso.

- Non stavo dicendo questo, non l’ho mai messo in discussione. Pensavo solo a come sarebbe stato. Avrei tanto desiderato avere dei figli da te, una nostra famiglia; è questo il mio più grande rimpianto.- gli confidò con gli occhi lucidi, mentre nella sua memoria ripercorreva tutti i momenti dolorosi che li avevano separati per anni, mentre nella sua mente si ribellava all’ingiustizia della sorte che non le aveva permesso il coronamento di quel suo grande amore giovanile. Antonio percepì tutto questo come se glielo stesse esprimendo a parole, tanta era la sintonia tra di loro. Percepì anche l’amarezza, la delusione, il muto rimprovero che gli muoveva con quello sguardo mesto. Non se ne adontò, anzi sentì un’immensa tenerezza invadergli il cuore a ripensare a quei ragazzi che erano stati e a cui non avevano saputo tenere fede.

- Non pensiamo a quello che è stato il passato, pensiamo piuttosto a quanti momenti felici ci attendono. – rispose. Poi la baciò con trasporto: voleva mettere a tacere la voce dei ricordi giovanili che li stavano tormentando. E ci riuscì. Dopo tutte le violente emozioni di quell’infinita giornata, si addormentarono felici, vincendo finalmente l’insonnia che aveva costretto entrambi a lunghe e angosciose veglie finché erano stati separati.

   
 
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