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Autore: PrincessintheNorth    11/08/2018    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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KATHERINE

 

Mi svegliai che era notte fonda, con la luce della luna che inondava la camera della locanda. Evidentemente, ci eravamo addormentati per terra (altrimenti la sensazione che il mio sedere avesse improvvisamente cambiato forma non si spiegava).

Ad ogni modo, mi svegliai con una fame e una sete tremende, come se non mangiassi da giorni, cosa non vera, perché avevo dimezzato le nostre scorte di carne salata solamente durante l’ultimo pranzo, perciò mi alzai, ricordando che la locandiera (che sarà stata quattro volte me) aveva detto di aver lasciato il nostro pasto in cucina. 

-        Katherine … 

Murtagh, tra le sue molte qualità, ne aveva una particolare, una che avrei pagato oro pur di ottenerla pure io: spesso riusciva a svegliarsi bello e fresco come una rosa, con tanto di capelli spettinati ad arte e voce per nulla impastata annessi. 

Quella notte però la sua mitica capacità di essere sempre bello e perfetto non lo aiutò, perché aveva i capelli in disordine (e non in modo artistico), gli occhi gonfi dal sonno e la voce rauca. 

-        Che c’è? 

-        Dove vai? – fece, stranito. 

-        A mangiare. Ho fame. 

-        Dubito che sia rimasto qualcosa … 

-        Ma l’ostessa ha detto che era pronto, giù. 

-        Sì, ma è notte fonda, amore, l’avrà messo via. Dovremmo avere qualcosa qui, credo … forse. 

-        È un modo gentile per dirmi che devo tenermi la fame, vero? 

-        No … adesso guardiamo. 

Andò a prendere le bisacce che avevamo lasciato dall’altra parte della stanza, tirandone fuori pane, carne secca e la mia borraccia d’acqua. 

-        Visto? – ridacchiò, porgendomi il mio spuntino, che ovviamente divorai in meno di un minuto, nonostante iniziasse ad essere un po’ stantio, oltre che scarseggiare. 

-        Domattina dobbiamo fermarci a prendere delle provviste … 

-        Non serve. Secondo Castigo ci sarà parecchio vento, fortunatamente nella nostra direzione. Dovremmo arrivare a casa per cena. – mi rassicurò, stringendomi a sé e dandomi un bacio sui capelli. 

-        Nel dubbio prendiamole. 

-        Nel dubbio o nella certezza che le divorerai tutte durante il viaggio? – mi prese in giro. 

-        In entrambi i casi … e poi, come fa Castigo a sapere che domani farà vento? 

-        Non chiederlo a me. Ha detto che sono cose da draghi.

-        Allora non dobbiamo assolutamente farci i fatti loro. 

Ormai, nonostante sapessimo benissimo che il viaggio del giorno dopo sarebbe stato lungo, eravamo entrambi completamente svegli, e incapaci di riaddormentarci. 

Perciò continuammo a parlare, e quando non ci furono più argomenti, come per magia, tirò fuori le carte da gioco. 

-        Hai pensato proprio a tutto, vedo … 

-        Pur di tenerti buona e farti smettere di spettegolare … - ridacchiò. 

-        Io non spettegolo! Guarda che quello che lo fa di più, tra noi due, sei tu! 

-        Io?! – fece, sconvolto, ridendo. 

-        Chi è che viene sempre a dirmi delle scommesse degli altri? 

-        Ma è diverso, non … 

-        È spettegolare, Murtagh. Sei un pettegolo. 

-        Io non … 

-        Pettegolo. Comare. E in ogni caso … ho vinto. 

Misi giù la mano vincente, e dovette cedermi tutti i suoi ceci, dato che non stavamo giocando con soldi veri (idea sua: l’ultima volta ero arrivata a tanto così dal prendermi tutta Lionsgate, che lui aveva scommesso, e ora non voleva più rischiare). 

-        Non mi va bene questa cosa che tu vinca. – sbuffò divertito. – A Ilirea il gioco d’azzardo è ben più tollerato e praticato che a Winterhaal, a rigor di logica non dovresti essere poi così brava, eppure vinci quasi sempre tu. 

-        Fortuna dei principianti. – ridacchiai. 

-        Giochiamo da quando ci conosciamo, Kate, non puoi più usare quella scusa. 

-        Allora sarà la bimba che mi porta fortuna. O forse è che sono semplicemente più … merda. – d’improvviso, un forte dolore al bassoventre mi fece piegare in due, per quanto il pancione consentisse. Più per la paura che per il dolore, persi un momento la lucidità, ma non appena tornai in me, la consapevolezza di che cosa lo avesse provocato fece persino più paura. – Murtagh, credo … 

-        Sta arrivando. – concluse lui, la voce stranamente ferma e tranquilla. Per mesi, avevo creduto che sarebbe stato lui quello che si sarebbe spaventato di più, vista anche la sua reazione quando, pochi giorni prima, avevo finto di avere le contrazioni, che ora erano reali … ma in fin dei conti, Murtagh sorprendeva sempre. 

E grazie agli dei era calmo, perché io non lo ero affatto. 

-        Ma … non può ora … - ansimai. – Non può … doveva nascere a … a casa … 

-        Katie, non possiamo farci niente. – mormorò, abbracciandomi, mentre grazie ad un suo incantesimo il dolore iniziava a svanire. – Adesso ne veniamo fuori. 

-        Non l’hai detto davvero … 

-        Amore, va tutto bene. Andrà tutto bene. Adesso chiamo l’ostessa, starà qui cinque minuti con te, il tempo che trovo una levatrice, va bene?

-        Ma … dobbiamo andare a casa … 

-        Non possiamo volare. C’è troppo vento ed è nella direzione contraria. Mancano poche ore all’alba, non appena il vento sarà favorevole andremo, ma per ora dobbiamo stare qui, e nel frattempo farò in modo che tu e la bambina abbiate le cure necessarie. 

Detto questo, tirò il cordone che serviva a chiamare oste e moglie, e mentre aspettavamo che ci raggiungessero mi strinse a sé, lasciandomi qualche bacio rassicurante sui capelli e accarezzando il pancione, che presto non ci sarebbe più stato. 

-        Come ti senti? Hai paura? – mormorò. 

-        Sai com’è, l’unico modo perché io e la bambina sopravviviamo al parto è con un sacco di incantesimi, non … dei, sono felice che stia arrivando, finalmente, ma … se non dovesse andare bene …

Solamente l’ombra dell’idea che la mia bimba non potesse farcela mi provocò un terrore ancora più grande di quanto non me ne facesse già la paura di morire io stessa. 

Mi sentivo letteralmente morire all’idea che la piccola stesse correndo un rischio, riuscendo a sentire ogni battito del mio cuore e con la vista che si annebbiava. 

Non lei … mia figlia non doveva morire. 

-        Lo so, amore. – sussurrò. – Ma devi cercare di stare il più possibile tranquilla, o potresti compromettere la nascita. Senti che arriva qualche contrazione? 

-        No … 

-        Bene. Allora … 

-        Santo cielo, è buona educazione non svegliare le persone che dormono, non … - gridò l’ostessa, spalancando la porta con tanta forza da romperne la maniglia, che cadde a terra con un tintinnio, forse atterrando su qualche moneta persa dalla nostra vicina di stanza, una ragazza di compagnia. Tuttavia, non appena ci vide, intuì che forse non l’avevamo chiamata solamente per sfizio, e annuì tra sé e sé. – Il tuo bambino sta arrivando? – mi chiese, sedendosi accanto a me. 

-        Così sembrerebbe … 

-        Va bene. Non preoccuparti, vedrai che andrà tutto bene, piccola, ci prenderemo cura di te. – sorrise delicatamente. Forse, in un’altra situazione, sarei rimasta sconvolta da come quella donna, da burbera che era, fosse diventata così gentile e pacata, ma in quel momento avevo ben altre cose per la testa che i cambi d’umore degli altri. – L’importante è che respiri profondamente e ricordare che, nonostante possa sembrarti insopportabile, il dolore passerà e ti lascerà uno splendido regalo. Hector, accompagna il ragazzo dalla levatrice, prima che si perda … 

L’oste, un uomo basso e tarchiato come una botte di vino e con un’ispida barba rossa, annuì in fretta, e fece cenno a Murtagh di seguirlo. 

-        Torno subito, amore. – mormorò. 

-        Con i rinforzi? 

Per fortuna, riuscii a fargli fare un mezzo sorriso. – Con i rinforzi. Tu cerca di stare calma e di resistere fino all’arrivo della levatrice, Katherine. Ti amo, piccola. 

E uscì, dopo avermi dato un bacio frettoloso, chiudendo la porta dietro di sé. 

Fu in quel momento che mi accorsi dello sguardo sconvolto dell’ostessa, che saettava da me al … al mio mantello, mi resi conto, appoggiato sull’unica sedia presente nella stanza. 

Audrey e io, per puro caso, recentemente ci eravamo fatte confezionare un mantello ciascuna con la stessa stoffa, e avendo entrambe circa le stesse misure, spesso le lavandaie li confondevano. Riuscivamo, noi due, a distinguerli perché, ovviamente, il mio era più corto, ma alla fine mamma li aveva presi e aveva ricamato sull’orlo interno i nostri nomi, così che nessuno avesse più dubbi circa l’appartenenza dell’indumento. 

E l’ostessa fissava prima me, e poi la scritta “Katherine S. K.”, abbreviazione di Shepherd Kirk, il tutto con un’espressione sconvolta. 

-        Sta … sta bene? – mi venne da chiederle.

Quella mi fissò ancora un po’ in quel modo, per poi chinare la testa disperata. 

-        Altezza, perdonate … non vi avevo riconosciuta … e vi ho dato della rovinafamiglie … 

-        Non preoccuparti, non è successo niente … anzi, il tuo errore è stato provvidenziale, io e mio marito ci stiamo nascondendo, per ora … 

-        Oh, cielo! Il Cavaliere, ho insultato! Due Cavalieri e la Principessa! Argetlam, Altezza, Comandante, mia signora … sono così dispiaciuta … 

-        Calmati … Katherine è abbastanza, e non devi dispiacerti di niente, va tutto bene. Non ti processerà nessuno. 

Non appena dissi quelle quattro parole, la donna tirò un sospiro di sollievo. 

-        In ogni caso, mi dispiace … Roseanne, Alt … Katherine, per servirvi. 

-        Più che altro ora mi servirebbe che mi aiutassi a partorire … 

-        Non temete, faremo sì che questo bambino nasca sano e forte. – sorrise stringendomi la mano. 

Forse fu il fervore nelle sue parole, o l’avere accanto qualcuno che mi aiutasse, in particolar modo una donna, una che sapesse cosa stavo passando, che avesse già provato quell’esperienza e potesse aiutarmi ad affrontarla, forse Antares che, non appena aveva sentito con me la prima contrazione, aveva subito iniziato ad infondermi tranquillità e sicurezza, o forse fu solo l’amore per la mia bimba, fatto sta che non potei non crederle. 

La mia bambina sarebbe venuta al mondo, viva, sana e bellissima: non avrei accettato niente di meno, a qualunque costo. La mia vita, che fino a quel momento avevo considerato come sacra, passò all’ultimo posto nella lista delle mie priorità, mentre quella stessa lista si riduceva, fino a contemplare un unico punto: la nascita e la salvezza della piccola. 

Ormai era quella la mia unica priorità: farla nascere era ciò che dovevo e volevo fare, e dei, se avevo sconfitto una flotta di pirati grande tre volte la mia, sarei riuscita a dare alla luce mia figlia. 

Ora ti riconosco, piccola, fece Antares, la voce venata sì di orgoglio, ma anche di preoccupazione: in effetti, se fossi morta, lei mi avrebbe seguita. Ah, sappi che da questo parto dipendono almeno otto vite, ovvero la tua, quella della bambina, la mia e quelle dei miei cuccioli. Vedi di fare la Katherine Shepherd anche ora. 

Alla fine l’hai ammesso che sei incinta, eh? 

Che ci posso fare, devi pur essere consapevole della responsabilità che hai in questo momento, scherzò. Stai tranquilla. Non sei da sola, Katie. L’affronteremo come abbiamo affrontato ogni altra sfida, insieme, e tra poco conoscerai la tua bambina. 

Poco dopo, sentii il ventre stringersi nella seconda contrazione.

   
 
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