Osservavo gli addetti alla cucina con grande attenzione, come temendo che potessi coglierli mentre versavano gocce di arsenico nel mio piatto di pasta, spostandomi da un lato all'altro mentre erano di schiena, per controllarli meglio.
Non mi fidavo comunque, tanto da scambiare il cibo del mio vassoio con quello dei miei amici che, sempre più perplessi, mi guardavano storto perché comunque non volevo prendere neanche le pietanze dal loro piatto.
E se fossero stati d’accordo con gli inservienti per fare in modo che, sapendo che avrei scambiato il cibo, avessero avvelenato il loro al posto del mio?
Quindi non potevo parlarne nemmeno con loro, perché se loro avessero saputo che io sapevo, sapevo che volevano uccidermi, avrebbero tentato di raggirarmi in modi ancora più contorti.