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Autore: Shi no hana    16/08/2018    0 recensioni
Noi siamo i fautori del nostro destino...
Sono nata libera e morirò così...

Un'antica lotta. Un ricordo sepolto nel tempo. Lacrime nascoste nell'anima.Una ragazza e il suo destino
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Enemies






Il dolce sapore acre del sigaro. Era questo quello che gli piaceva, perché ciò significava che era vivo.
Sentire il pizzicore in gola. Il sangue ritornare a scorrere veloce. Erano sintomi che la sua prigionia era finita.
Si guardò le mani e sorrise soddisfatto.
“Beh, sono mani umane! Ma che importa? Ora sono libero da quel maledetto limbo dove, mi rilegarono più di duecento anni fa!”.
Rimise il sigaro in bocca e riassaporò quella libertà tanto agognata. Fu facile soggiogare quella fanciulla, come anche quei due ragazzi. In fin dei conti la mente umana è debole e lui era un abile giocatore.
Sogghignò, mentre osservava un ragazzo, il suo pupillo, intento a camminare avanti e indietro.
Era nervoso e ripeteva come una sorta di litania.
“Inetti! Stupidi! Come ho potuto fidarmi di loro? Come? Maledizione!”.
Ringhiava, mentre lui sorrideva.
“Divertente. Molto divertente”.
Si sedette sulla poltrona accanto al balcone aperto dove, una dolce brezza marina lo stuzzicava.
Ma il suo sguardo fu rapito da un altro ragazzo, seduto davanti un tavolo intento a fare un solitario. Era serio e composto il contrario dell’altro, irritato da ciò che era capitato qualche ora prima.
“Stupidi! Maledetti idioti!”.
Continuava a ripetere, quando.
“Christopher smettila! M’irrita quel che stai facendo”.
Disse piatto l’altro ragazzo, mentre poggiava una carta sul tavolo.
“Ah, così t’irrito?”. Sbuffò.
Si avvicinò e batté una mano sul tavolo facendo volare le carte.
“Come osi dirmi queste cose, Massimo? Sai bene cosa succederà se sapesse che loro hanno fallito!”.
Urlò Christopher, mentre l’altro lo guardava serio. Due occhi dorati e freddi.
“Ne sono consapevole, fratellino”.
Sibilò.
“Per questo sarai tu a comunicarle la bella notizia della tua disfatta. Perché infondo, erano i tuoi uomini”.
Disse freddamente Massimo, mentre riprendeva le carte. Christopher si morse le labbra, sapeva che lei mai avrebbe accettato una sconfitta. Intanto, si era levata una risata di scherno.
Era un vero spasso vederli litigare.
“Tu! Che cos’hai da ridere?”.
Gli ringhiò contro provocando nell’uomo ilarità.
“Siete comici. Specialmente tu, caro Christopher”.
Calcò quel caro per farlo infuriare di più, cosa che avvenne. Infatti, si precipitò verso di lui. I suoi occhi castani lanciavano lampi di pura ira. Quell’uomo aveva la capacità di farlo infuriare.
“Tu, stupido essere inferiore!”.
“Mfh! Inferiore”.
Sghignazzò. Quel termine “inferiore” lo faceva ridere, come anche il viso furioso del ragazzo.
Era furioso contro lui. Contro i suoi uomini che avevano fallito…ma specialmente con se stesso perché, era consapevole che comunicarle la notizia avrebbe causato la sua ira.
Strinse i pugni e si allontanò da lui. Era tempo di andare a darle la “dolce” notizia.
Si allontanò da quell’uomo e si diresse verso i sotterranei della villa dove, vi era situata una pozza termale. Lei adorava stare lì. Era il suo piccolo rifugio dove, riusciva a restare calma.
Sospirò, mentre scendeva le scale. Che parole doveva usare? Quali?
Scosse il capo cercando di trovare delle parole adatte.
“Maledizione! Non dovevo fidarmi di quei due! Ormai il danno è fatto, sarà meglio comunicarle la notizia…con molta cautela…”.
Pensò mentre era difronte alla porta delle terme. Sospirò e alzò la mano per bussa alla porta quando, una voce femminile lo fece sobbalzare.
“Avanti entra Christopher, non avere timore non ti mangio mica”.
Una dolce voce lo scherniva. Che sapesse del suo fallimento? No, questo era improbabile, ma il tarlo del dubbio lo divorava.
Aprì la porta ed entrò. Un’ondata di caldo umido lo avvolse. Sbuffò, odiava quel luogo che la sua adorata sorellina amava.
“Come può amare questo luogo senza aria? Ma almeno qui frena i suoi poteri”.
Entrò sorridendo cercando di mascherare la sua inquietudine. La stanza era grande e di marmo candito. La nebbiolina rendeva il luogo etereo dove, una fanciulla era seduta sul bordo della piscina termale.
Una dolce melodia, anni venti riprodotta da un vecchio grammofono, rendeva il tutto surreale.
Avanzò con cautela verso di lei, che intanto giocherellava con l’acqua. Era una bella donna. Aveva la pelle nivea nascosta ad una veste di lino leggero. I lunghi capelli d’ebano, inumiditi dal calore, accarezzavano il corpo. Era meravigliosa, come le sue labbra rosse che erano piegate in sorriso di scherno.
Christopher si fermò di botto tremando.
“Che cosa c’è fratellino? Hai forse paura di me? Sono così orribile?”.
Lo schernì, mentre lo guardava. I suoi occhi dorati erano dolci, ma nascondevano un atroce segreto.
Rabbrividì.
“No…no…ma che dici…”.
Sbiascicò. Sì, aveva paura di quella donna.
Lei ridacchiò.
“E allora perché non ti avvicini? Hai forse timore di dirmi del tuo fallimento?”.
Christopher s’irrigidì. Deglutì, mentre la osservava alzarsi.
“Myra…io…”.
Lei sorrideva, mentre si alzava e si avvicinava.
“Chris, so del fallimento dei tuoi uomini. Ma non temere non sono furiosa…anzi, è meglio così”.
Si avvicinò e abbracciò il ragazzo che la guardava stupito.
Lei sapeva dell’accaduto? Ma come?
“Tu come lo sai? Chi ti ha informato?”.
Lei si alzò sulla punta dei piedi e avvicinò le sue labbra a quelle del fratello.
“Un dolce uccellino”.
Finì la frase baciandolo. Christopher rimase di stucco.
Ma poi rispose a quel bacio sensuale e avvolgente. Sua sorella aveva il dono di mandarlo in tilt.
Si staccò da lei e le sorrise.
“Myra sicura di non essere furiosa?”.
Lei rise con dolcezza.
“Certo, mio caro fratello, mi sembra di averti già detto che è meglio così…che lei sia stata salvata da quella donnicciola che, si erige a divinità di pace e giustizia. E poi…”.
Si sciolse dall’abbraccio e ritornò sui suoi passi.
“…sarà uno spasso far soffrire la dolce Clarissa…”.
Finì la frase ridendo.



Tempi bui mi attendevano.
Chi voleva farmi soffrire? E per cosa poi?
Il tempo avrebbe risposto alle mie domande…




“Ora basta Saint di Gemini!”.
A parlare era stata quella donna dai lunghi capelli viola. Infatti, si era alzata e stringeva nella sua mano quella sorta di scettro, intanto l’uomo si era inginocchiato di fronte a quel richiamo.
Rammento ancora il rumore del metallo della sua armatura, mentre si piegava, come anche il frusciare della veste di quella donna che loro chiamavano Athena.
Ma chi era in realtà quella donna? Perché asserviva di essere una Dea? E perché definiva anche me un’antica Divinità?
La vidi scendere con calma i dodici gradini, mentre gli uomini posti ai suoi lati si inchinavano in segno di rispetto.
Assottigliai lo sguardo, mentre la guardavo scendere.
“Quella donna mi ricorda qualcuno? Ma chi?”.
Pensai, mentre si avvicinava a me.
Fu un lampo. Sgranai gli occhi.
“Tu…”.
Sibilai, mentre dalle nebbie dei ricordi riaffiorava il suo viso. All’epoca era una ragazzina di quattordici anni.
Strinsi i pugni, mentre una rabbia crescente si impadroniva del mio corpo. Mai avrei creduto di rivederla dopo tanti anni.
Ora lei era difronte a me e mi sorrideva amorevolmente.
“Perdonate le maniere brusche del cavaliere, non voleva essere scortese nei vostri confronti”.
Socchiusi gli occhi e mi morsi le labbra dalla rabbia, ma poi mi decisi a risponderle. Aprii gli occhi di scatto.
“Scortese! Dici? Qui si rasenta il ridicolo!”.
Quasi urlai. Ero davvero frustrata da quella situazione assurda. Intanto un nuovo vociare si era alzato, ma fu sedato dal battere a terra dello scettro della donna.
Io guardai in direzione della scalinata e sorrisi, ma poi mi concentrai di nuovo verso la donna che avevo riconosciuto. Infatti, la guardai con risentimento. Un vecchio e doloroso ricordo.
Lei mi sorrideva.
“Comprendo il vostro smarrimento, ma non temete tutto ciò che vi stato detto è la pura verità”.
“Mfh! Verità, dici?”.
Scossi il capo, mentre lei annuiva amorevolmente. Quel suo modo di fare mi irritava molto. Era possibile che in questi anni fosse cambiata? Che fosse divenuta una donna dolce e gentile? No, non era possibile.
“Smettila di fare la commedia come! Mia cara Saori Kido!”.
Sibilai, mentre lei mi guardava interrogativa. Cosa che mi face ridere. Tutta quella situazione era davvero ridicola.
Intanto il vociare era ripreso. Io stavo offendendo la loro adorata Dea con il mio comportamento.
“Mia cara Saori non mi riconosci vero?”.
Le domandai seria. Lei annuì.
“Certo Clarissa Prospero”.
Mi rispose con calma.
“Il mio cognome non ti ricorda nulla? Non rammenti la convention di vini di dodici anni fa che, si tenne in Toscana?”.
Lei sgranò gli occhi senza comprendere a cosa mi riferissi.
Che l’avesse dimenticato? Che non ricordasse più cosa avvenne quell’anno? Domande che presto avrebbero trovato una degna risposta…



Continua…



_____________
Ritornare a scrivere dopo anni di assenza è dura. Grazie per chi leggerà il nuovo capitolo.
Un mega bacio e a presto.

   
 
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