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Autore: PrincessintheNorth    16/08/2018    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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KATHERINE

 

 

Mi sarebbe piaciuto che quelle maledette contrazioni fossero più regolari.

Invece no.

Era impossibile sapere quando la prossima sarebbe arrivata, dato che ormai potevano passare ore senza che sentissi niente, e in mezz’ora arrivarne due.

Questo era problematico, perché non mi dava la possibilità di concentrarmi sulla gestione delle città portuali.

Dato che, mentre non avevo contrazioni, stavo piuttosto bene, mi ero fatta dare da Murtagh i vari documenti che non ero riuscita a guardare al Tridente, così da portarmi avanti con il lavoro.

Lui aveva giustamente obiettato che, nella situazione in cui ero, non doveva essere il lavoro la mia prima preoccupazione, ma almeno leggere ed evitare disastri internazionali mi teneva distratta e occupata, così che non avessi tempo di avere paure inutili e fare castelli in aria. In mancanza dei libri, mi dovevo far andare bene sentenze da firmare, contratti da concludere e operazioni di Marina da approvare.

Però almeno mi aveva dato una mano, e il mio appena conosciuto zio, Ragnvald, aveva pure scoperto, mentre discutevamo di un contratto strano, una bella fregatura che volevano rifilarmi.

-        È il caso che cerchi di dormire ancora un po’. – mormorò la zia, accarezzandomi i capelli.

-        E se poi ne arriva un’altra?

Qualche ora prima, ero crollata dalla stanchezza, contrazioni o meno, ma alla fine ero stata svegliata proprio da una di quelle. Murtagh era troppo stanco per continuare a portare avanti l’incantesimo che mi toglieva la gran parte del dolore, la zia aveva deciso di risparmiare quanta più energia possibile per aiutarmi nel parto, e ormai l’incantesimo che ci teneva tutti e quattro al caldo andava avanti grazie all’energia di Castigo.

-        Ci penserò io … - rispose Murtagh, ma era più stanco di me, e si vedeva che faceva una fatica enorme a restare sveglio.

-        Dormi un po’. – gli suggerii.

-        Stai scherzando? Stai partorendo … - commentò, ma era più uno sbadiglio.

-        Sì, e morto di sonno non sarai di aiuto a nessuno. Fatti una dormita, altrimenti quando nascerà la bambina non riuscirai neanche a vederla, crollerai di sonno. – lo stuzzicai.

Come prevedevo, sbadigliò e annuì, sdraiandosi sul pagliericcio e voltandosi dall’altra parte rispetto al fuoco fatuo che la zia aveva evocato. Pochi secondi dopo, era già nella sua versione ghiro migliore.

ovviamente, la nona contrazione arrivò a deliziarmi.

Se riuscii a trattenermi dal dire tutte le parolacce che Magnus mi aveva insegnato durante il mio anno da pirata, fu solo perché Murtagh aveva bisogno di dormire e lo shock nel sentirmi dire cose che nemmeno lui avrebbe mai detto l’avrebbe svegliato.

Perciò, me ne uscii con qualcosa di più delicato (anche se la mamma mi avrebbe comunque condannata a lavare tutti i panni sporchi di tutta Winter Manor per un mese se mi avesse sentita).

-        Oh, tranquilla. – ridacchiò la zia. – Ti direi di sbizzarrirti con le parolacce, dopotutto il parto è l’unico momento in cui a una donna sia consentito di comportarsi come un marinaio, ma ti consiglio di tenere le migliori per dopo.

-        Perfetto … - ora neanche potevo dire le parolacce che volevo.

Pochi attimi dopo, i rimasugli del dolore della contrazione scomparvero, e riuscii a respirare normalmente di nuovo.

-        E ora dormi un po’. – disse. – è inutile che tu stia sveglia, riposati il più possibile per quando dovrai già partorire.

-        Scusa, non lo sto già facendo?

-        Lo starai facendo dopo che ti si saranno rotte le acque, piccola. Fidati, dormi, ne hai bisogno.

Decisi di ascoltarla, e proprio come Murtagh mi bastò chiudere gli occhi per crollare.

 

 

 

-        Katie … amore, svegliati.

Sentire Murtagh che mi scuoteva e mi chiamava non fu la cosa più bella del mondo, specialmente perché sentivo che stava per arrivare una nuova contrazione.

-        Cinque minuti … - lo pregai comunque, anche se sapevo che il dolore che presto sarebbe arrivato mi avrebbe svegliata completamente.

-        Siamo arrivati, piccola.

-        Si sono già rotte le acque?

-        No. – questa era la zia. – E comunque ti saresti svegliata se si fossero rotte.

In lontananza, o forse perché ero ancora un po’ intontita dal brusco risveglio (ed eccola, la cara contrazione), sentii la vedetta della Porta Ovest di Winterhaal gridare di aprire il cancello. Sapevo che era la Porta Ovest perché la vedetta la conoscevo, era Harvey Carstensson, e per un paio d’anni era stato la mia guardia del corpo.

-        Chiamate subito il re! – un altro gridò, ma stavolta non lo riconobbi.

-        Non ce n’è bisogno.

La voce di papà però sì che la riconobbi.

In meno di mezz’ora, il tempo che arrivassimo nel cortile del castello, eravamo circondati da tutta la non trascurabile massa di genitori, fratelli, zii, nipoti.

La prima a scendere dal carro fu la zia che, senza neanche dare mezzo secondo di cura alle espressioni attonite di tutti, che la fissavano increduli, iniziò a dettare ordini.

-        Derek, prendila in braccio e portala in camera sua. – fece. – Ragnvald, precedilo e aprigli le porte. Miranda, tu e la ragazzina con la bambina – indicò Audrey. – Andate a prendere dei panni puliti, possibilmente in lino. Alec, tu va a prendere dell’acqua bollente per sterilizzarli. Jasper, tu sta calmo, per l’amor degli dei, e va a prendere tutto il necessario per farla partorire. Murtagh e Sìgurd, andate a cercare Harald, il figlio dei locandieri di Auckerley, e riconsegnate il carr …

-        Non esiste. – sentenziò Murtagh, a braccia conserte. – Lei è mia moglie, sta partorendo, io resto con lei.

Mai mettersi contro zia Sienna. Soprattutto a braccia conserte.

Mai.

-        Tu, ragazzino, andrai a riconsegnare il carretto, con l’altro ragazzino tuo amico.

-        Ho già detto … - continuò lui, imperterrito.

-        Non sei un guaritore, perciò ti mando a far qualcosa di utile.

-        Non è che … - feci per parlare, ma mi zittirono.

-        Tu pensa a partorire. – fece la zia.

-        Può farlo Sìgurd. Io Katherine non la lascio. – ringhiò Murtagh.

-        Sienna, lascia stare. – ridacchiò papà. – è inutile, è un mulo come Katie.

-        Io non … - e Murtagh riprese a protestare.

-        Alec, vai con Sìgurd a ridare il carro. – fece mamma. – Murtagh, tu va a prender l’acqua.

Io ci provai, a trattenermi.

Davvero.

Ma l’ennesima contrazione venne a salutare, e mi uscì una parolaccia … che forse era meglio non dire in presenza di April e Annabeth, non perché le avrebbe traumatizzate, ma perché avrebbero iniziato a ripeterla a tutto spiano.

E fu proprio quel che accadde.

-        Però le parolacce gliele insegniamo io e Murtagh. – sbuffò Alec.

-        Certo. – commentai. – è colpa vostra sempre.

-        Katherine Shepherd … - iniziò Murtagh, che ormai non sapeva più se ridere o minacciarmi.

-        Cosa? Io sono una sorella minore, posso dare la colpa a chiunque io voglia. – lo presi in giro, anche se, onestamente, non so come feci, dato che la contrazione ancora mi lasciava intontita dal male.

-        Va bene, va bene. Ecco, la porta è questa. – fece papà.

Ragnvald aprì la porta e mi ritrovai subito nell’accogliente atmosfera della mia stanza: e a pensare che, a breve, nella camera accanto (la mia vecchia camera da letto) ci avrebbe dormito la mia principessa, sentii la gioia e l’eccitazione di conoscerla salire ancora di più.

-        Torno subito, amore. – mormorò Murtagh una volta che, tolte tutte le coperte e messi i teli bianchi per evitare di sporcare di sangue piumini e pellicce, mi lasciarono salire sul letto.

-        Prima che nasca?

-        Non può nascere se non ci sono io, giusto? – ridacchiò, per poi uscire.

Poco dopo, entrò Jasper, rovesciando su un tavolino coperto da un altro telo un’infinita serie di strumenti, ma alla vista dell’ultimo che uscì mi sentii mancare.

Un forcipe.

-        Quello mettilo via. – dissi in fretta, mentre mi sentivo gelare dalla paura che la mia bambina potesse nascere danneggiata da quello strumento. – Mettilo via.

-        Katie, se dovesse servire … - fece, parlandomi come si parla ad una pazza.

-        Mettilo via. – ringhiai a quel punto. – Non voglio che lo usi.

-        Sì, ma …

-        Se le cose si metteranno male c’è la magia. Quel maledetto affare non lo voglio vedere neanche da lontano.

Evidentemente capì che non era un capriccio, ma un ordine, perché senza dire una parola lo mise via.

-        Sei la sua ancella? – chiese la zia a Sheryl, che annuì in fretta. – Portale una cena, per favore.

-        Non siete riusciti a fermarvi? – fece la mamma, che da quando era entrata non aveva smesso di accarezzarmi i capelli e abbracciarmi per un secondo.

-        Le contrazioni erano troppo dolorose e irregolari, e il minimo ritardo poteva far rischiare. – rispose Murtagh, rientrando, seguito da almeno tre catini d’acqua bollente che svolazzavano alle sue spalle. – Però si è finita tutte le scorte del viaggio. Soprattutto quelle di carne salata, che erano mie. Questa non te la perdono.

Però mi diede un bacio, sedendosi accanto a me mentre mi aiutava a sistemare i cuscini. Alla faccia di chi non perdona …

Poco dopo, arrivarono le levatrici, seguite da Angela e un paio di maghi, che ovviamente iniziarono subito a profondersi in mille inchini e riverenze davanti a tutti noi, e avrebbero continuato se papà non li avesse minacciati di licenziarli se non l’avessero piantata.

-        Ascoltate. – fece. – Lei. – e indicò zia Sienna. – è il vostro capo, sì Angela, anche il tuo.

-        Ma, sire … - provò a dire la capolevatrice, che fino a quel momento era stata la persona designata ad assistermi, appena dopo Jasper.

-        Niente ma. Mia sorella fa la levatrice, è una maga, e il capo è lei. Jasper è d’accordo. Vero, Jasper?

Lo zio Jasper non sembrava molto d’accordo, ma d’altronde potevo capirlo: non vedeva Sienna da almeno venticinque anni, le sue visite erano state rare e lei, come me e Sìgurd, era tristemente nota in famiglia e a corte per i problemi a controllare la magia.

Però ci pensò la zia Alienor a fargli cambiare idea. – Jas, ha fatto nascere Sìgurd e Alec. Lo sai anche tu che è la migliore levatrice in circolazione.

Come m’immaginavo, la capolevatrice storse il naso: era stata, da quanto sapevo (quindi relativamente poco ufficialmente, ma abbastanza da spionaggi e ore passate a origliare), l’insegnante di Sienna, ed evidentemente odiava la consapevolezza di esser stata superata dalla sua allieva.

-        Non avete chiamato Selena? – chiese Sienna. – Mi sarebbe stata utile, con la sua magia e le sue capacità …

-        Selena e Morzan sono morti diciott’anni fa, Sienna. – fece papà.

L’espressione di dolore sul volto della zia … fu come se le avessero strappato dei fratelli, o quantomeno degli amici molto stretti.

D’altra parte, sapevo che papà era stato molto amico di Morzan, un tempo, quindi forse Sienna li aveva conosciuti.

-        Capisco. – mormorò. – Ne parleremo dopo … ora pensiamo a Katie. Come vanno le contrazioni?

-        Per ora, non ne ho avute altre …

Neanche finii di parlare, che ne arrivò un’altra, a pochissima distanza dalla prima.

-        Bene, ora dovrebbero essere a circa cinque minuti di distanza l’una dall’altra. – fece la zia. – Menomale che nelle ultime ore si sono regolarizzate …

-        Ma se ho dormito nelle ultime ore …

-        Ringrazia pure Castigo, che ha preso su di sé parte del dolore, così da non svegliarti.

Non eri tenuto a farlo …

Piantala, ragazzina-dei-draghi-di-legno. Il tuo cucciolo deve nascere e tu devi aiutarlo.

È il tuo modo di dire per “non c’è di che”?

Qualcosa del genere.

-        In ogni caso, le acque si romperanno presto, se sono a cinque minuti. – commentò mamma.

-        Allora posso … finire il contratto …

Nessuno si aspettò una spiegazione da me. Si voltarono tutti verso Murtagh.

-        La pazza ha deciso, mentre partoriva, di andare avanti con le scartoffie. – liquidò la questione.

-        Capisco. – fece papà. – Murtagh, prendile e nascondile.

-        Ma non ha senso! Posso ancora lavorare!

-        Amore, concentrati sul lavoro più importante che devi fare ora. – ridacchiò mamma. – Far nascere la tua bambina.

Tutti sapevano che non bisogna mettersi contro la Regina.

Io più di tutti.

Infatti me ne stetti zitta e obbedii.

-        Incredibile! Non protesta! – mi prese in giro Murtagh.

-        Se tu non la pianti io … - iniziai a minacciarlo, ma venni interrotta da un “VOSTRA MAESTA’!”

Ci girammo tutti verso la porta della camera: contro uno degli stipiti, una guardia ansimava per la corsa.

-        Maestà … - boccheggiò, tendendo a papà una missiva, che subito prese.

Il tempo di leggerla, ed un sorriso feroce gli aveva increspato le labbra.

-        C’è cascato. – annunciò. – Grasvard è ad Ekholis, a un giorno di viaggio da qui.

-        Prendo la spada. – sentenziò Alec non appena papà finì di parlare.

-        Non puoi andar … - iniziò Audrey, ma la interruppe.

-        Posso e devo, amore. E voglio. Fred, va a prendermi tutto il necessario. – chiese al suo servitore.

-        Sì, Alec.

-        Walden, anche per me. – fece papà.

-        Avevi detto che saresti rimasto! – stavolta protestai io. Me l’aveva assicurato, sarebbe rimasto ad aiutarmi e a far sì che alla bambina non sarebbe accaduto niente.

-        Ti ho promesso che avrei fatto sì che la bambina nascesse al sicuro. Ora come ora, questo è il modo in cui posso proteggere lei e te, BabyKatherine. – si chinò in fretta a darmi un bacio sulla fronte, e poi corse fuori.

Rimanevano Murtagh e Sìgurd: mio marito e il mio secondo in Marina, l’unico che potesse andare a sostituirmi in missione e in riunione, dato che Thornton si era dimesso completamente.

Sìgurd aspettava solo che Murtagh si decidesse, perché era evidente che era tremendamente combattuto tra il desiderio e la responsabilità di restare o di andare.

Non andare, non andare, non andare.

Ma il lungo sguardo che mi rivolse, sofferto e in qualche modo di scuse, mi fece ben capire cos’avesse scelto.

-        Murtagh, non …

-        Merk, prepara tutto. – gli chiese, la voce piatta.

-        Avevi promesso! – urlai a quel punto. Papà aveva solamente detto che ci sarebbe stato, ma Murtagh l’aveva promesso, dicendo che qualunque cosa fosse accaduta lui sarebbe stato accanto a me, ad aiutarmi.

E ora se ne andava.

-        Katherine …

-        Katherine un corno!

-        Amore, sarò più utile lì a catturarlo e ucciderlo che qui. È come su una nave. – mormorò, avvicinandosi e stringendomi la mano.

-        Non provare nemmeno a paragonare questa situazione al fatto che tu non sia un esperto di strategia navale, per tutti gli dei, avevi …

-        Lo so che te l’avevo promesso. – sussurrò. – Ma qui sarei solo d’intralcio.

-        Non è vero!

-        Katie, lui è qui, è a portata di mano. Andrò con tuo padre e Alec a prenderlo e ucciderlo, e poi finalmente la bimba potrà nascere al sicuro. Tu falla nascere. Io farò sì che lui non possa costituire un pericolo per lei, amore.

E nel frattempo, vendicherò George, te, April e Annabeth e chiunque abbia subito qualcosa da lui.

In un attimo, mi aveva stretta a sé e baciata. – Quando ci rivedremo saremo in tre, bella. Ti amo. Ah, e non lo dire, ora. Tienitelo per quando torno.

-        Idiota.

Un mezzo sorriso gli affiorò in volto. – L’unica cosa che volevo sentire.

E uscì.

 
 
   
 
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