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Autore: wolfymozart    21/08/2018    1 recensioni
La storia tra Anna e Antonio sarà messa a dura prova da scottanti questioni sociali e drammatiche vicende private che si intrecceranno in un inestricabile garbuglio nel quale ritrovare il "filo rosso del destino" non sarà affatto facile.
Per questo sequel è stato necessario forzare un po’ i tempi dell’ambientazione per motivi di ordine storico, viceversa non sarebbe stato possibile far incontrare la Storia con la storia. Lo slittamento temporale consiste in un lasso di una decina d’anni. Mi auguro che chi leggerà mi vorrà perdonare.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Ristori, Antonio Ceppi, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Un bussare convulso al portone lo svegliò di soprassalto, quella candida e gelida mattina. Colpi frenetici, quasi indispettiti dal non essere stati ascoltati e subitamente soddisfatti.

-Antonio! Antonio! Aprimi! – si sentì, poi, chiamare a gran voce. Antonio abbandonò a fatica il tepore delle coperte, scostandosi dolcemente da Anna che gli dormiva abbracciata. Si diresse assonnato verso la finestra, spannò con la mano il vetro e poté riconoscere in mezzo alla neve che gli lambiva i polpacci la figura dell’uomo che lo reclamava con tanta impazienza.

- Finalmente! Che diavolo stavi facendo? – domandò Jerome nell’anticamera semibuia, scrollandosi la neve di dosso e spogliandosi del pesante mantello guarnito di pelliccia. - Non mi dire che stavi ancora dormendo a quest’ora…Ha un’aria così sbattuta! – proseguì. Poi si fermò per un istante a osservare l’amico: notò la camicia indossata alla bell’e meglio e ancora aperta sotto il panciotto, i capelli arruffati, lo sguardo trasognato. In quel mentre Anna fece la sua comparsa nell’anticamera, stringendosi nel mantello per coprirsi a qualche modo la sottoveste.

- Che succede? Chi era…- domandava - Ah, siete voi! – esclamò sorpresa non appena vide Jerome e abbassò lo sguardo in evidente imbarazzo.

- Proprio come pensavo, allora! – ribatté con una certa amara soddisfazione Jerome: da quando aveva fatto recapitare quel biglietto ad Antonio, non aveva avuto dubbi sul corso che avrebbero preso gli eventi. – Benissimo, allora parlerò direttamente a voi, marchesa. –

Sentendosi chiamare in causa, Anna rialzò gli occhi e fissò con aria interrogativa Jerome che si sistemava il mantello ripiegato sul braccio, attendendo che lo facessero accomodare. Lui si accorse dello sguardo di cui era oggetto e ci tenne a precisare: - Ero sicuro che vi avrei trovata qui, da Antonio. In fondo è anche merito mio se vi ha ritrovata. –

- Che intendete dire? – domandò accigliata passando lo sguardo da lui ad Antonio.

- Ah pensavo sapeste, pensavo che Antonio ve l’avesse detto…-si meraviglio, o, forse, finse meraviglia.

- No, ecco, vedi, Jerome, non ce n’è stato il tempo…- intervenne Antonio come per giustificarsi di qualcosa di cui non si sarebbe certo dovuto scusare.

- Posso capire, non importa. Non mi fate accomodare? – si risolse infine a domandare, ponendo fine a quell’imbarazzante conversazione che non avrebbe portato a nulla: vi erano altre cose più urgenti da trattare. Antonio gli fece strada nella stanza che avrebbe dovuto fungere da salotto, per quanto spoglio e poco ospitale; Anna attese nell’anticamera ancora per qualche istante, pensierosa, tormentandosi le mani in cerca di una risposta, poi li seguì corrucciata e insospettita dalle parole appena ascoltate che accennavano ad un presunto ruolo di LeBlanc nella loro riappacificazione. Che cosa voleva ancora quell’uomo da loro? Che era venuto a fare? A mettere nuovamente zizzania?

Mentre Antonio gli porgeva una rozza sedia di paglia, Jerome vagava con lo sguardo per la stanza e osservava le pareti spoglie, scrostate in più punti e macchiate dall’umidità, il pavimento in terra battuta, il mobilio frusto tra il quale, era certo, si dovevano annidare i topi.

-Sapevo che avevi preso la decisione di condividere in tutto e per tutto le sorti del popolo, ma mai avrei immaginato che ti fossi ridotto in queste condizioni! – esclamò, infine, con aria schifata, sedendosi sulla sedia, non senza averne prima spazzato la polvere dal sedile con la mano per non rovinarsi i calzoni scuri di pregevole fattura.

- E’ quello che sono riuscito a trovare. Senza dover chiedere favori a nessuno. – ribatté con un certo orgoglio Antonio dopo che ebbe fatto accomodare Anna su di una sorta di poltrona scalcinata.

- E così costringerai anche la marchesa a stare in questo buco squallido e malsano? Si merita certamente di meglio!–

- Non vi preoccupate, avvocato, io ci sto benissimo, e poi si tratta solo di qualche giorno. – intervenne Anna in difesa di Antonio, che era rimasto in piedi, appoggiato allo stipite della porta.

- Bene. Vi starete chiedendo il motivo della mia visita. Ecco, marchesa, è a voi che mi preme fare sapere una notizia. – esordì con tono saccente, tenendo i due volutamente sulle spine.

- Non mi fate preoccupare. Dite! – lo spronò Anna, dai suoi occhi trapelava l’ansia.

- Sta’ tranquilla, Anna. – la rincuorò Antonio prendendole premurosamente la mano.

- Ricordate quel che vi ho raccomandato quando siete venuta nel mio studio? – domandò.

- Non capisco a che cosa…- cercò di raccapezzarsi Anna.

- Mi riferisco a vostra figlia. O per meglio dire al collegio del Sacro Cuore. Come vi dissi, per giorni abbiamo tentato di venire ad un accordo con le monache, ma non ne hanno voluto sapere di sgomberare l’edificio. Hanno messo in mezzo anche il priore, minacciano di ricorrere al re, a Sua Santità...Insomma, le monachelle non ci hanno lasciato altra soluzione. Il collegio verrà sgomberato con la forza. Domani o al massimo fra due giorni la Guardia Nazionale farà irruzione. Quel che si teme è che le spose di Cristo, tanto pie e devote, pur di non cedere alla volontà empia del popolo bue, si mettano a fare barricate. Ne sarebbero capaci, ve lo dico io! Sono capaci di tutto queste invasate. –

- Ma che dite?! Vergognatevi dei termini che utilizzate a proposito di donne consacrate! – lo interruppe   indignata Anna, facendosi un rapido e nervoso segno di croce e baciando il crocefisso che teneva appeso al collo.

- Allora non volete capire! Vi sto dicendo che vostra figlia è in pericolo! Dovete portarla via al più presto, perché noi non abbiamo intenzione di lasciarla vinta alle monache: verranno sfrattate e l’edificio verrà messo sotto sigillo. Con o senza il loro consenso. –

- Credi che sia davvero il caso di usare la forza, di far del male a delle innocenti, di mettere in pericolo le ragazzine che lì studiano? – domandò perplesso Antonio, con una vena polemica nei confronti dei metodi della Costituente.

- Non lo so, Antonio. – rispose Jerome lasciando ricadere pesantemente il pugno sul rustico tavolo.  – Ma una cosa è certa: se si arriverà a questo punto, non saremo stati certamente noi a volerlo. – concluse puntando l’indice contro di lui.

- Devo portare via Emilia al più presto, non c’è tempo da perdere, Antonio! – gli rivolse uno sguardo angosciato.

- Tutto si risolverà, non ti preoccupare. Andrai a parlare con la direttrice ed Emilia potrà partire al più presto. – le fece coraggio, avvicinandosi a lei, le mani sulle sue. Tutt’un tratto ebbe una sorta di mancamento, si dovette sedere su bracciolo della poltrona; ma né Anna né Jerome si accorsero di nulla, troppo presi dalla tesissima conversazione che avevano intavolato.

- Non sarei dovuto venire qui a dirvelo. Fate come se non vi avessi detto nulla, sono informazioni riservate. Ma con una scusa o con l’altra, portate via vostra figlia prima della sera di domani. – la esortò Jerome, alzandosi in piedi per congedarsi, senza curarsi del fatto che, incalzandola in tal modo, non faceva altro che accrescerne la già grande inquietudine.

Anna era ancora molto scossa quando si alzò per salutarlo.

-Arrivederci , Jerome. – concluse Antonio rialzatosi a fatica, gocce di sudore freddo gli imperlavano la fronte.

Con un mezzo inchino Jerome si congedò da Anna e si vestì del mantello ma, proprio mentre stava indossato il tricorno, la donna esclamò:

-Non ti preoccupare, Antonio, lo accompagno io alla porta. –

Antonio, disorientato da questo gesto, acconsentì annuendo in silenzio, ma nei suoi occhi spaesati si poteva leggere il disappunto e forse una punta di gelosia. Si lasciò cadere sulla sedia. Ma non solo lui parve sorpreso. Jerome, sbalordito, fissava ora l’uno ora l’altra, chiedendosi in cuor suo dove volesse andare a parare la marchesa: era certo che dietro a quell’affermazione si celasse il desiderio di un colloquio privato. Tuttavia l’avvocato non disse nulla, si limitò a salutare Antonio con un cenno del capo e a seguire Anna giù per le scale.

Il portone spalancato fece entrare nell’atrio buio il candore luminoso della neve insieme ad una sferzata di aria gelida. Anna si strinse nel mantello rabbrividendo; Jerome si attardava sulla soglia, come attendendo che lei gli svelasse la ragione di quella mossa.

-Vi avverto, LeBlanc: se questa è un’altra delle vostre trovate per mettervi in mezzo tra me e Antonio, la pagherete a caro prezzo. Ho conosciuto diversi notabili in questi mesi e mi basterebbe una sola parola per mettervi fuori dai giochi. State lontano da noi. – lo ammonì Anna, fissandolo con sguardo severo: i suoi occhi scuri si erano rianimati e brillavano di una luce di sfida, parevano essere disposti a tutto pur di difendere quel ritrovato amore. Jerome si incantò per qualche istante a contemplarne il viso dall’incarnato pallido, aggraziato e dolce, in netto contrasto con quanto esprimevano le sue parole e la sua voce, ferma, severa.

- Vi assicuro, marchesa, che non è così. Non ho secondi fini. – si difese dalle insinuazioni di lei dopo qualche istante di silenzio. Si calò sul capo il tricorno e fece un passo fuori dal portone, ma la voce di Anna lo fece arrestare:

- Non mi fido di voi. In passato l’ho fatto, ora non ci ricadrò più. – gli rinfacciò seguitando a fissarlo dritto negli occhi, senza imbarazzo alcuno, uscendo anche lei dalla porta. Il vento le scompigliò i capelli, facendole ricadere una ciocca sul viso.

- La vostra diffidenza non mi rende giustizia. Ero venuto qui soltanto per aiutarvi, mettendo a rischio la mia reputazione di deputato, per giunta. Pensatela come volete, ma fate quel che vi ho consigliato. – ribatté.

Poi fece un passo verso di lei, fissò gli occhi nei suoi e aggiunse: - Arrivedervi, Anna. – scostandole con una carezza i boccoli che le ricadevano sul viso. Immediatamente si voltò e si allontanò a passo svelto in mezzo alla bufera di neve, lasciandola sbalordita e confusa sulla soglia.

   
 
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