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Autore: crazy lion    23/08/2018    5 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Mancano diversi mesi alla pubblicazione dell’album “Confident” e Demi dovrebbe concentrarsi per dare il meglio di sé, ma sono altri i pensieri che le riempiono la mente: vuole avere un bambino. Scopre, però, di non poter avere figli. Disperata, sgomenta, prende tempo per accettare la sua infertilità e decidere cosa fare. Mesi dopo, l'amica Selena Gomez le ricorda che ci sono altri modi per avere un figlio. Demi intraprenderà così la difficile e lunga strada dell'adozione, supportata dalla famiglia e in particolare da Andrew, amico d'infanzia. Dopo molto tempo, le cose per lei sembrano andare per il verso giusto. Riuscirà a fare la mamma? Che succederà quando le cose si complicheranno e la vita sarà crudele con lei e con coloro che ama? Demi lotterà o si arrenderà?
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Saranno presenti familiari e amici di Demi. Anche per loro vale questo avviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Joe Jonas, Nuovo personaggio, Selena Gomez
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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102. UN WEEKEND SEMPLICE, MA BELLO
 
Seduta sull’erba del grande giardino, Madison stava giocando con Hope. Aveva pensato di portarla un po’ fuori dato che era una bella mattinata. Lei e Mackenzie erano arrivate da un paio d’ore e la più grande si era addormentata sul divano, ancora stanca, mentre Hope non ne aveva proprio voluto sapere di riprendere sonno. Maddie aveva disteso una coperta sul prato e ora, con Hope accanto, stava giocando a fare finta di preparare da mangiare con tazzine e piattini. La piccola riempì un bicchierino con l’acqua che la zia aveva messo in una bacinella.
“Ecco” disse porgendoglielo.
L’altra fece finta di bere.
“Mmm, questo tè è delizioso!” trillò. “Grazie, Hope.”
Lei sorrise, non ricordando che parola bisognava usare in quel caso.
“No” disse poco dopo la zia, dato che Hope aveva preso una manciata di terra e voleva metterla nell’acqua. “È sporca, tesoro. Ora non mettere la mano in bocca, okay?”
“Okay.”
In quel momento Madison si sentiva serena. Non pensava più a ciò che aveva raccontato alla mamma qualche giorno prima, non era triste. Nessuno le avrebbe portato via la felicità che provava in quel momento. Stare con Hope era meraviglioso. Si sentì sopraffare da un’ondata di tenerezza più forte di quelle che aveva provato in precedenza, così la sollevò e se la strinse al cuore riempiendola di baci e coccole. Anche lei avrebbe voluto avere un bambino, un giorno.
“Zia!” esclamò la piccina. “Zia Maddie!”
“Amore, hai detto… hai detto il mio nome” sussurrò la ragazza, cercando di ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di cadere.
Erano di gioia, finalmente.
“Sì, Maddie, Maddie, Maddie!”
 
 
 
Mackenzie aprì gli occhi. Si era addormentata sul divano del salotto della nonna e caspita, era proprio comodo! Si passò le mani sul viso come a volte faceva per scacciare le ultime tracce di sonno e poi si mise a sedere.
“Buongiorno” la salutò il nonno.
Era seduto in poltrona, a poca distanza da lei e leggeva il giornale.
Mac gli sorrise e poi si alzò in piedi.
Posso stare in braccio? gli domandò.
“Certo, vieni pure.”
Eddie ricambiò il sorriso e lasciò che gli si sedesse sulle gambe, mise il giornale da parte, la strinse e cominciò a dondolarsi a destra e a sinistra.
Oggi pomeriggio devo andare in parrocchia da Padre Thomas.
“Già, speriamo ti dica qualcosa a proposito del battesimo.”
Sì. Mi auguro che io e Hope potremo battezzarci presto.
Tipico dei bambini voler fare le cose in fretta, ma Eddie sapeva che Mackenzie era molto matura e che avrebbe capito ciò che stava per dirle.
“Comprendo il tuo desiderio. La mamma mi ha parlato del fatto che hai una fede forte e che preghi ogni sera.”
Sì, nonno.
Mac si sentiva molto orgogliosa di questo e felice di credere in Dio, di poter trovare conforto in lui ogni volta che ne aveva bisogno.
“Brava, ma ricorda che se anche non lo fai sempre Dio ti ascolta e ti guarda lo stesso. E poi non importa se il battesimo sarà presto o tardi. Ciò che conta è che tu sia pronta a riceverlo, capisci? È un passo importante. Hope non lo comprenderà, come non lo capiscono i bambini che vengono battezzati anche quando sono più piccoli di lei, ma tu sei abbastanza grande e conosci l’importanza di questo sacramento.”
La mamma me ne ha parlato prima che iniziassi le lezioni. Voleva che ne fossi sicura e convinta. La bambina ricordava perfettamente le parole che Demi aveva usato, semplici ma efficaci. Non ho ancora saputo nulla riguardo la Passione di Cristo. In chiesa ne ho sentito parlare, ovviamente, ma non da Padre Thomas che mi ha detto di essere il tramite attraverso cui Gesù mi parla. È così, giusto?
“Sì, il Padre parla a tutti noi, ma lui è solo un mezzo attraverso cui Gesù ci comunica quel che vuole dirci.”
È una cosa molto bella.
“Già. Comunque, quel che voglio dire è che non importa se ci impiegherai altro tempo per terminare le lezioni. La cosa che conta è che tu stia facendo un cammino, un percorso per ricevere il battesimo.”
Mackenzie sorrise: aveva capito benissimo.
“Mi sono spiegato in modo troppo difficile?”
Eddie aveva dei dubbi. Temeva di aver usato parole complicate per una bambina di soli sei anni.
Lei fece cenno di no.
In quel momento arrivò Dianna e Mackenzie capì che era l’occasione giusta per chiedere ai due qualcosa. Ci stava pensando da un po’ ed era sicura della sua scelta.
Nonno, nonna, vorreste essere i miei padrini di battesimo?
Lo domandò così, senza preamboli, perché odiava girare intorno alle cose - se riusciva ad evitarlo ne era ben felice – e, soprattutto, voleva che Eddie e Dianna capissero che era seria e che per lei quella cosa era importante.
“Mac, sei sicura tesoro?” le domandò la nonna, commossa.
Sì.
“Mamma e papà sanno questa cosa?” chiese il nonno.
No, non ne ho ancora parlato loro. Credo che saranno d’accordo, comunque; e poi anche se non sono ancora grande penso di poter prendere questa decisione da sola.
La piccola era serissima. Li guardava senza sorridere un po’ perché non conosceva ancora la loro risposta, un po’ perché appunto teneva tantissimo a quell’argomento.
“Ciò che ci hai chiesto è molto bello, Mac. Non voglio farti stare sulle spine, ma perché hai scelto proprio noi?”
La voce di Dianna si ruppe e la donna cercò di non piangere.
Siete i miei nonni, vi voglio bene anche se non ve lo dico spesso e di questo vi chiedo scusa. Mi fido di voi e, beh, penso che siate le persone giuste. Mi piace stare con voi. Adoro parlare con te, nonna. Sei molto dolce e saggia come la mamma e tu, nonno, sei silenzioso ma sensibile. È per tutti questi motivi che vi ho scelti.
Mac sentì le sue gote andare in fiamme. Le era stato difficile trovare le parole adatte, eppure quando aveva iniziato a scrivere non era più riuscita a fermarsi. Adesso sentiva tutta la tensione accumulata nel chiedere e dire quelle cose, uno stress che non era ancora riuscita a mandar via.
Eddie e Dianna rimasero molto colpiti dalle parole della nipote. Non credevano che avesse una così alta considerazione di loro ed era la prima volta in assoluto che esprimeva tanto apertamente i sentimenti che provava per l’uno e l’altra. Fu lui a parlare per primo.
“Siamo felicissimi di essere i tuoi padrini, piccola!”
“E siamo anche emozionati” aggiunse Dianna cominciando a piangere di gioia.
L’abbraccio che seguì li unì tutti in una forte stretta che esprimeva l’affetto che provavano.
 
 
 
“Andiamo andiamo andiamo!” esclamò Madison incitando Hope a correre.
Le aveva proposto di fare una gara a chi arrivava per prima in casa. Il percorso era dritto e non c’era nulla di pericoloso con cui la bambina avrebbe potuto farsi male. Erano l’una a fianco all’altra e, quando la zia diede il via, Hope cominciò a correre il più velocemente possibile. Madison andò piano, invece, per lasciarla vincere come spesso si fa con i bambini. Il sorriso che quel piccolo angelo aveva quando entrarono in casa valeva più di mille parole. Non appena vide la sorella più grande le si gettò fra le braccia e Mackenzie la abbracciò.
“Vi va di fare una torta, bambine?” propose la nonna.
Poco dopo erano tutte e tre in cucina mentre Madison salì a farsi una doccia. Eddie si sedette sul divano davanti alla televisione e Dallas era uscita con un’amica.
Hope e Mackenzie si divertirono a spezzettare i biscotti secchi e il cioccolato fondente e anche ad assaggiarlo qualche volta, mentre Dianna e Madison si occuparono degli altri passaggi per preparare il salame di cioccolato. Dopo averlo arrotolato nella carta da forno e messo in frigo, tutte si sentirono soddisfatte del loro lavoro. Era un dolce facile da preparare, ma è sempre bello sapere di averlo fatto insieme.
Speriamo sia anche buono commentò Mackenzie, ma dal profumo che aveva credo di sì!
“Voio mamma!” si lamentò Hope.
“Torna domani” le rispose il nonno che le raggiunse in quel momento.
“Io la voio ora!”
Siccome la bambina stava per mettersi a piangere, Madison decise di portare lei e Mac in camera a fare dei bei disegni in modo da distrarle e aiutare Hope a calmarsi. Ad ogni modo il suo comportamento era comprensibile: le piaceva stare lì, ma era spaventata perché sapeva che avrebbe dovuto stare senza la sua mamma per un giorno intero e poi era piccola, non aveva ancora due anni.
“Vediamo chi fa il disegno più bello, eh?” propose la ragazza mentre entravano nella sua stanza. “E poi vi prometto che li appenderò entrambi in camera mia.”
 
 
 
Nonna?
“Sì?”
E se mi dicesse che non mi posso battezzare?
Erano in macchina e si stavano dirigendo in parrocchia.
“Perché dovrebbe?”
Non lo so, ho una brutta sensazione.
Mackenzie non riusciva a spiegarsi, ma sentiva un gran peso gravarle sullo stomaco e sul petto e l’ansia non la abbandonava. Come aveva detto aveva una brutta sensazione e di solito, quando le capitava di stare così non sbagliava mai, purtroppo.
“Tesoro, calmati.” La nonna la osservò e le appoggiò una mano sulla spalla, poi ricominciò a guardare la strada. “Vedrai che andrà tutto bene. Ora tu hai scelto i tuoi padrini e dovremo chiedere alla mamma quali saranno quelli di Hope, poi noi e gli altri due dovremo fare un corso nel quale il Parroco ci spiegherà meglio il nostro ruolo, che è quello di starvi accanto e di guidarvi nel vostro cammino di fede, ma non durerà molto. Nel frattempo i tuoi genitori organizzeranno tutto, ma vi battezzerete presto, vedrai.”
Il nonno mi ha detto che non importa quando sarà ma se io mi sento pronta, e penso di esserlo. Ho solo paura che succeda qualcosa, ma non so nemmeno io cosa.
“Eddie ha ragione e sembra una frase fatta, ma andrà tutto bene, ne sono sicura. Mi fai un sorriso?”
Mackenzie sentì i suoi muscoli rilassarsi e l’ansia scemare un po’. Fu allora che sorrise.
“Brava! Mettiamo un po’ di musica?”
Okay.
La prima che sentirono era una canzone rock e cambiarono subito stazione.
“Mac, c’è la tua mamma alla radio” disse Dianna riconoscendo, solo dalle prime note del pianoforte, la canzone in questione.
Non appena udì la voce di Demi, la bambina rimase a bocca aperta.
I'm losing myself
Trying to compete
With everyone else
Instead of just being me
Don’t know where to turn
I've been stuck in this routine
I need to change my ways
Instead of always being weak
 
I don't wanna be afraid
I wanna wake up feeling beautiful… today
And know that I'm okay
‘Cause everyone's perfect in unusual way
So you see, I just wanna believe in me
La la la la la la la la
 
The mirror can lie
Doesn't show you what's inside
And it, it can tell you your full of life
It's amazing what you can hide
Just by putting on a smile
[…]
Ma la parte che le piacque di più fu verso la fine, dopo la ripetizione del ritornello.
I'm quickly finding out
I'm not about to break down
Not today
I guess I always knew
That I had all the strength to make it through
“Bella, vero?”
Mackenzie annuì.
Non l’aveva mai sentita ma le era piaciuta tantissimo. Il pianoforte era sempre presente e scommetteva che era stata proprio la mamma a suonarlo mentre cantava. Comunque, quello strumento si armonizzava benissimo con la sua voce angelica. Aveva ascoltato tante sue canzoni dal vivo, ma quella era senza dubbio la più bella dopo “Skyscraper” e “Warrior”. Se la sarebbe fatta cantare dal vivo uno dei giorni seguenti. Voleva che la ascoltasse anche Hope ed era sicura che entrambe si sarebbero emozionate. Inoltre, le piaceva moltissimo il significato. La mamma ne aveva passate tante, anzi troppe, eppure era riuscita a combattere i suoi demoni e a rialzarsi. E lei? Cosa stava facendo? Sarebbe riuscita a fare progressi, a guarire e a ricordare tutto per rimettere insieme i pezzi di quell’intricato puzzle? Avrebbe creduto in se stessa come diceva quella canzone? Lo voleva, certo, ma non ci era ancora riuscita. E poi rifletté anche su un’altra cosa. Non sapeva se era perché si sentiva cresciuta e più matura, ma da quando era con Demi e ascoltava una canzone, sua o no, questa la colpiva sempre in modo particolare lasciandole sempre qualcosa di positivo o di negativo.
“Mac?”
Cosa?
“Cara, siamo arrivate. È la terza volta che te lo dico. Stai bene?”
La macchina era ferma, lei non se n’era nemmeno resa conto e la nonna la guardava preoccupata.
Sì, sì. Stavo solo pensando.
Una volta entrate, Padre Thomas le raggiunse e salutò entrambe con calore.
“E così oggi sei qui con la nonna. La mamma non c’è?”
È andata via con papà per un paio di giorni.
“Capisco. Allora devo parlare con te, Dianna.”
“Dimmi.”
A Mackenzie girò la testa. Il Parroco era serio e non capiva se avrebbe detto una cosa bella o brutta. Strinse le mani a pugno e cercò di non andare in iperventilazione. Trasse profondi respiri per calmarsi ma non ci riuscì un granché.
“Insomma, questa è l’ultima lezione e dobbiamo iniziare ad organizzarci per il battesimo.”
Grazie Gesù! Grazie a Giuseppe, a Maria, a Dio e a tutti gli angeli del Paradiso pensò Mackenzie.
Forse era stata esagerata, ma aveva davvero avuto paura. La tensione provata fino a poco prima si sciolse in un solo istante. Fu come se qualcuno l’avesse liberata da una catena che l’aveva tenuta imprigionata. Il sollievo fu enorme.
“Certo, Padre” rispose la nonna.
“Bene. Demi ha deciso chi saranno i padrini di Hope?”
“Non me ne ha ancora parlato.”
“Dille che me lo comunichi il prima possibile.”
“Lo farò. Mackenzie invece li ha scelti.”
Saranno i miei nonni annunciò la bambina.
“Tu ed Eddie avete fatto la Confessione e ricevuto l’Eucarestia?”
“Sì.”
“Perfetto!”
Confessione ed Eucarestia?
Mackenzie non era riuscita a non intromettersi. Sapeva che cos’erano, ma Padre Thomas non le aveva mai spiegato come poterle prendere. Erano cose importanti e forse lei era piccola, ma le sarebbe piaciuto potersi confessare e poi ricevere il corpo di Cristo.
“Sì, avrei voluto parlartene proprio oggi Mackenzie” cominciò l’uomo. “Dopo che ti sarai battezzata potrai frequentare delle lezioni di catechismo con altri bambini e tra un paio d’anni fare la prima Confessione e nello stesso giorno la Comunione. Bisogna fare un cammino per arrivare a quel punto, capisci? Per questo ci vuole tempo. Ovviamente non è obbligatorio. Se non vuoi…”
No no. Lo voglio! Davvero, lo desidero tantissimo, Padre! scrisse, emozionata e felice.
Si sarebbe messa a saltare ma capì che non era il caso.
“Sei sicura?”
Certo!
Non aveva bisogno di pensarci nemmeno per un secondo. Ne era convinta.
“Va bene.”
Sarà lei a farci lezione?
“No, ma verrò a trovare te e i tuoi compagni di classe. Delle catechiste vi seguiranno in questo percorso e vi insegneranno. Sono delle signore molto gentili che fanno questo servizio come volontarie. Le lezioni sono cominciate a settembre, ma non mi pareva il caso di farti iniziare anche quel percorso. Inoltre, prima di esserti battezzata non avresti potuto confessarti o ricevere l’Eucarestia e credevo che due lezioni, una in gruppo e una individuale, ti avrebbero confusa. Ne avevo già parlato con tua madre e lei è stata d’accordo.”
Era vero. Ne avevano discusso a lungo prima dell’inizio delle lezioni.
E perché non avete chiesto a me cosa volevo?
Mackenzie abbassò lo sguardo. Non era arrabbiata, solo molto infastidita. Come mai l’avevano tagliata fuori da quella decisione importante?
“Tua mamma ti aveva già fatto scegliere se battezzarti o no e, dato che in quel periodo non stavi bene, ha ritenuto più saggio non darti altre decisioni da prendere per non stressarti.”
Nessuno era nella sua testa, nemmeno Demi, ma forse non avevano avuto tutti i torti lei e Padre Thomas. Gli ultimi mesi non erano stati affatto facili e in fondo lei aveva solo sei anni ed era vero, non era stata affatto bene. In quel periodo l’ansia era stata la sua compagna e, purtroppo, lo era ancora visti gli ultimi avvenimenti, ma almeno avrebbe voluto sapere prima come poter ricevere la Comunione e fare la prima Confessione. Non importava più ormai. Lo voleva comunque e non avrebbe lasciato che la rabbia le rovinasse la giornata.
D’accordo, posso cercare di capire scrisse infine.
“Sono contento, ma comunque hai ragione ad essertela presa Mackenzie, e credo che dovresti parlarne anche con tua madre.”
Sì, lo farò.
“Ad ogni modo poi il percorso continua, perché alla fine delle medie riceverai lo Spirito Santo con la Cresima. È anche quello un passo estremamente importante.”
Certo, immagino.
In realtà no, non ne capiva veramente il significato, ma sentiva delle scosse elettriche percorrerle tutto il corpo e forse stava iniziando a parlare a sproposito.
“Quindi non ti dispiace fare lezione con altri bimbi? Hanno iniziato a settembre, ma ho già parlato con le catechiste e hanno detto che, se vorrai partecipare, loro ne saranno contentissime. Inoltre sarai avvantaggiata: i tuoi compagni non hanno fatto molte cose che tu invece hai già imparato con me, ma le capirai ancora meglio quando sarai là.”
No, non mi dispiace. Lei è il miglior insegnante del mondo, Padre, ma credo che anche le altre non saranno male.
“Mi fai arrossire, Mackenzie. Ti ringrazio.”
La bambina sorrise.
“Spero solo che i miei compagni di catechismo siano gentili e di non ritrovarmi i bulli anche in quella classe” si disse. “Immagino che alcuni dei bambini che vedo tutti i giorni faranno anche catechismo.”
La sola idea le fece venire voglia di rinunciare a tutto, ma voleva davvero continuare con il proprio cammino di fede e non si sarebbe lasciata fermare da nulla. Dopo aver parlato ancora un po’ del battesimo e Padre Thomas propose l’unica data disponibile al momento, il 10 dicembre, nella quale sarebbe stato battezzato anche un altro bambino, Dianna si accomodò su una sedia mentre Mackenzie seguì Padre Thomas nella solita stanza.
“Pronta per la tua ultima lezione?”
Prontissima.
Quel punto fermo e non un punto esclamativo alla fine della frase e il fatto che la bambina non sorridesse fecero capire al Prete che c’era qualcosa che non andava.
“Ehi, che succede? E non dirmi che non è niente perché non ti credo.”
È un brutto periodo, Padre cominciò la bambina. Non riesco a ricordare più nulla, Hope ha rischiato di annegare qualche giorno fa e la mamma si è gettata in acqua per salvarla, a scuola ci sono dei bulli che mi fanno del male… Insomma, uno schifo.
“Hope che cosa?” Il tono della sua voce si alzò di alcune ottave. “Scusa, non volevo spaventarti” aggiunse l’uomo, vedendo che la bambina era diventata immobile come una statua. “Ti va di parlarne?”
Lei annuì e gli raccontò tutto, anche se non fu facile.
“Mi dispiace per quello che è successo. Il Signore ha vegliato su di voi, come sempre e ha fatto sì che non succedesse nulla di grave, ma posso solo immaginare lo spavento che hai provato. Per quanto riguarda i tuoi compagni, il bullismo è sempre una brutta cosa per chi lo subisce. Per ciò che concerne chi invece lo mette in atto, spesso i bulli hanno problemi in famiglia, genitori poco presenti o divorziati.” Mackenzie scattò in avanti e stava per replicare chiedendo a Padre Thomas se per caso stava difendendo quei bambini, ma lui capì e la fermò. “Aspetta. Calma. Non li voglio giustificare, anzi. Non lo farei mai e non sto nemmeno dicendo che, se quei bambini avessero delle problematiche, tu dovresti perdonarli o avere meno paura di loro. Vorrei solo farti capire che i bulli, in generale, si credono forti ma in realtà non lo sono poi tanto, anche se forse ne parlerete meglio a scuola.”
Grazie di avermelo detto, Padre. Ci rifletterò.
Per il momento Mac non sapeva cosa pensare. Provava paura anche solo quando le venivano in mente i nomi dei compagni che l’avevano ferita e sapere di doverli affrontare di nuovo lunedì le faceva venir voglia di vomitare.
“Di nulla. Iniziamo?”
Sì.
“Prima di parlare della Passione devo fare una premessa. La Settimana Santa è quella che inizia con la domenica delle Palme, in cui si festeggia l’entrata di Gesù a Gerusalemme della quale abbiamo già parlato e termina con la sua Resurrezione il giorno di Pasqua. In questo periodo di tempo si ricordano dunque anche il tradimento di Giuda e la morte di Gesù.” Le descrisse più nel dettaglio cosa si ricorda in ognuno di quei giorni. Per Mackenzie non fu noioso, anzi, la aiutò a capire meglio. “Ora leggerò qualche passo del Vangelo di Luca nel quale si parla della Passione. Non te lo spiegherò tutto perché sarebbe troppo lungo e poi comunque lo sentirai in chiesa l’anno prossimo, se non questo un altro, e lo capirai ancora meglio. Partiamo con la prima stazione: Gesù nel Getsemani.”
La ascolto, Padre.
La bambina mise le mani sulle ginocchia, come a volte faceva quando era concentrata ma allo stesso tempo rilassata. Aperto un cassetto il Parroco ne estrasse il Vangelo, lo aprì ad una pagina di cui Mac non riuscì a vedere il numero e cominciò a leggere.
Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul
luogo, disse loro: "Pregate, per non entrare in tentazione". Poi si allontanò da loro quasi un tiro di
sasso e, inginocchiatosi, pregava: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia
fatta la mia, ma la tua volontà". Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. In preda
all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano
a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E
disse loro: "Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione".
Lasciò che la piccola riflettesse per qualche momento. Lei, dal canto suo, avrebbe voluto scrivere qualcosa ma non lo fece. Non ci riusciva, un nodo allo stomaco glielo impediva.
“Tutto bene?” le domandò Padre Thomas preoccupato.
Sì, è che Gesù è molto angosciato e non posso non starci male.
“Ah, che bella la sensibilità dei bambini” disse l’uomo fra sé, poi si rivolse a Mackenzie. “Hai ragione: è angosciato. Sa che presto verrà ucciso, ma dice comunque a Dio, che chiama Padre, di fare la sua volontà ovvero ciò che recita il Padre Nostro. Anche qui dimostra la propria umanità proprio grazie all’angoscia, alla paura che ha. Ma non solo. Gesù è anche preoccupato per i discepoli e, di conseguenza, per noi. Sai, spesso le persone anche se sono battezzate cadono in tentazione, ciò significa che perdono la fede. Per questo Gesù sveglia quelli che sono con lui, perché non pecchino essendo attirati dalle tentazioni e poi fa una richiesta: “Pregate.” La preghiera è il bene, l’aiuto, la salvezza, dimostra la nostra vicinanza a Dio se fatta con l’anima, la mente e il cuore e ci salva dalle tentazioni. Hai domande?”
Quindi se non prego ogni sera sono una cattiva persona?
Mac non voleva esserlo, non voleva! Pregava molto spesso ma a volte se ne dimenticava e il suo cuore perse un battito dopo aver posto quella domanda. E se scordandosene avesse fatto un madornale errore? E se il nonno avesse avuto torto?
“No cara, non volevo dire questo. Dimenticarsi tali cose, anche se sono importanti, è umano. Semplicemente, non perdere mai la tua fede. Se per sfortuna dovesse succedere, ricorda che Dio ti perdonerà comunque e sarà felice di riaverti fra le sue braccia se tu gli permetterai di stringerti di nuovo.”
La bambina sorrise.
Il Parroco le riassunse la seconda stazione per poi passare alla terza.
“Questa si intitola Gesù è catturato e arrestato.
Pietro lo seguiva da lontano. Siccome avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti
attorno, anche Pietro si sedette in mezzo a loro. Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva
fissandolo disse: "Anche questi era con lui". Ma egli negò dicendo: "Donna, non lo conosco!". Poco
dopo un altro lo vide e disse: "Anche tu sei di loro!". Ma Pietro rispose: "No, non lo sono!". Passata
circa un’ora, un altro insisteva: "In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo". Ma
Pietro disse: "O uomo, non so quello che dici". E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo
cantò. Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli
aveva detto: "Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte". E, uscito, pianse amaramente.
Perché fa questo? chiese subito Mackenzie, scioccata. Come si permette di dire che non lo conosce? Non è vero!
Era quasi sconvolta. Ciò che aveva letto Padre Thomas l’aveva sorpresa non poco.
“Hai ragione a reagire in questo modo. A prima vista è vero, tutti diremmo che Pietro sta mentendo, ma in realtà lui non conosce quel Gesù. Sa benissimo chi è il Gesù dei miracoli, quello che parlava alle folle e che insegnava loro, ma il Gesù deriso, umiliato, che al momento sembra così fragile, non sa chi sia. Tante volte anche a noi nella vita capita di provare una sensazione del genere, per esempio quando soffriamo, o ci ammaliamo gravemente e non troviamo più Gesù, ci sentiamo soli e pensiamo che ci abbia abbandonati. È come dire:
“Non lo conosco.”
Ma c’è dell’altro. Pietro rinnega anche di far parte dei dodici, quindi è come se dicesse che gli altri non sono suoi condiscepoli. Infine, in questo passaggio:
"In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo". Ma
Pietro disse: "O uomo, non so quello che dici"
l’apostolo rinnega anche se stesso. Non sa più chi sia, è in uno stato di confusione totale. Pensava che non avrebbe mai rinnegato Gesù e invece l’ha fatto per ben tre volte, come lui gli aveva predetto.”
Mac rimase molto colpita dalle parole appena ascoltate, così tanto che non seppe cosa dire. Il Parroco era stato molto profondo e pensava che quella spiegazione non avesse bisogno di ulteriori commenti da parte sua.
Padre Thomas preferì non leggere le stazioni successive, soprattutto quelle riguardanti Gesù preso in giro e deriso dai soldati. Mac ne aveva già passate tante, e anche se prima o poi avrebbe comunque ascoltato quelle parole, non era il caso di turbarla adesso. Gliele riassunse come aveva fatto prima e la bambina fu scossa da alcuni tremiti venendo a conoscenza delle violenze a cui Gesù fu sottoposto. Grosse lacrime le rigarono il volto, ma non riuscì a dire niente. Il suo cuore era pieno di tristezza e di dolore, una sofferenza diversa da qualsiasi altra, più profonda, più devastante. Una rabbia incredibile le montò dentro. Non sopportava i soldati, né la folla che aveva deciso di liberare il bandito Barabba al posto di Gesù. Sapeva già come sarebbe andata a finire, ma non riusciva a non farsi sommergere dalle emozioni che parevano un mare in burrasca. Non scrisse, ma a Padre Thomas bastò guardarla per capire e non le chiese nulla.
“E quindi siamo arrivati all’undicesima stazione, dal titolo Gesù promette il Regno al buon ladrone.
C’era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei. Uno dei malfattori appesi alla
croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!". Ma l’altro lo rimproverava:
"Neanche tu hai timore di Dio, benché condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché
riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male". E aggiunse: "Gesù,
ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". Gli rispose: "In verità ti dico, oggi sarai con me nel
Paradiso".
Mackenzie era basita.
Il ladrone si è convertito?
Era incredula. Le pareva di averne sentito parlare in chiesa, ma ora non rammentava con esattezza.
“Esatto. Luca non ci dice come mai, ma possiamo supporre che sia stato il comportamento di Gesù a far questo: la sua calma, il silenzio di fronte agli insulti, agli sputi e alle domande. Proprio quando Gesù sta per morire, nel momento in cui tutto sembra perduto, il ladrone fa una semplice richiesta e Gesù gli dice che sarà con lui in Paradiso. Riconosce quindi la fede dell’uomo, il fatto che crede e il fatto che si è aperto alla bontà. Il ladrone, prima, ha anche risposto all’altro riconoscendo la propria colpa e l’innocenza di Gesù. Quindi le tenebre sembrano vincere, ma ancora una volta la fede è più forte.”
Questa stazione è molto bella.
Mac non sapeva se avrebbe potuto preferirne una alle altre, ma se qualcuno gliel’avesse chiesto, avrebbe risposto che almeno per il momento era l’undicesima.
Le altre tre stazioni colpirono molto la bambina, soprattutto quando il Parroco le disse che la parola “spirò”, usata nel Vangelo alla morte di Gesù, poteva significare sia “morì”, sia “soffiò”, ovvero “diede la vita per salvare noi”. Le ripeté, come aveva già fatto in passato, che Gesù era morto per salvare gli uomini. Mac per un attimo si sentì mancare. Strinse così forte il tavolo che le dita le fecero male e impallidì. Il suo respiro tremava, ma non aveva intenzione di andare in panico in quel momento, così fece uno sforzo immane per provare a controllarsi. Era possibile provare una sofferenza tanto grande? Mackenzie se lo chiese, ma la domanda era retorica. In fondo, un dolore simile era quello che sentiva lei ogni singolo giorno quando pensava che i suoi veri genitori non c’erano più, che non avrebbe più potuto abbracciarli, farsi coccolare, sentire il profumo fresco e delicato della mamma, svegliarsi udendo la sua voce. Le mancavano così tanto! Certi giorni riusciva a rinchiudere quella sofferenza in un profondo recesso della sua mente, a segregarlo come in una prigione e andando a scuola, giocando, distraendosi, si sentiva abbastanza tranquilla. Ma altre volte era diverso. Il dolore era ancora lì. presente e terribile. Non se ne sarebbe mai andato e il solo pensiero portò la bambina a mettersi automaticamente una mano sul petto come per provare a mitigarlo. Le capitava di stare male soprattutto la sera, quando si ritrovava a letto, sola con i suoi pensieri. Sapeva che avrebbe potuto correre da Demi per farsi rassicurare, ma si fermava sempre quando ne sentiva il bisogno. Una parte di lei voleva vivere quella sofferenza anche da sola.
È ingiusto, Padre commentò. Quello che gli hanno fatto, intendo. E anche ciò che è successo ai miei non è giusto. Nessuno di loro meritava di morire.
“Hai ragione.”
Entrambi serissimi e tristi, si guardarono per qualche istante senza aggiungere altro. Il Parroco portò a Mac un po’ d’acqua e lei gli fu molto grata. Dopo aver bevuto si sentì subito meglio. Respirava bene, almeno.
Grazie.
Cercò di sorridere, ma fece solo una smorfia.
“Figurati. Comunque, tesoro, volevo dirti una cosa importante: io prego ogni giorno per te, Hope, i tuoi genitori e anche Andrew e Demi.”
Questo mi conforta. È bello sapere che qualcuno prega per noi.
Fu in quel momento che si rese conto che aveva smesso di tremare. Le parole del Parroco le avevano scaldato il cuore aiutandola a calmarsi.
Stavolta anche lui le sorrise, ma con calore, con affetto, e dopo averle preso una mano mormorò:
“Ricordati che un giorno, quando meno te l’aspetterai, Dio darà a te e a Hope qualcosa di meraviglioso. Ve lo meritate. Non so cosa sarà, né quando ciò accadrà, ma succederà. Ne sono sicuro.”
Mackenzie gli strinse la mano più forte che poteva. Voleva credere alle sue parole con tutta se stessa.
Possiamo continuare, sto meglio. Grazie di avermi aiutata in questo momento difficile.
“L’ho fatto con il cuore. Dunque, il suo ultimo gesto è stato il perdono verso coloro che gli hanno fatto del male, che è forse l’atto d’amore - se così si può definire - più grande di tutti.”
Per un attimo la bambina rifletté sulla sua situazione: sarebbe mai riuscita a perdonare James e i suoi amici? Era la seconda volta che se lo domandava e ancora non parve avere una risposta. Dopo aver sentito quel discorso una parte di lei l’avrebbe veramente voluto, ma un’altra, quella ancora ferita e impaurita, la bloccava.
“So a cosa stai pensando, figliola.”
La voce di Padre Thomas la fece sussultare. Come aveva fatto a leggerle nel pensiero?
“Ci vuole tempo per il perdono. Non avere fretta. Ti hanno spaventata e fatto del male nel profondo, non puoi perdonarli da un giorno all’altro. Dai tempo al tempo.”
E se non riuscissi mai a farlo?
Dubitava che ne sarebbe stata capace. Non era forte come Gesù.
“Allora, fa’ solo attenzione a non odiarli. Prova dolore, ma non lasciare che questo ti confonda troppo i pensieri. Non odiare, perché l’odio ti avvelena e annebbia il giudizio. Scusa, forse ho usato termini troppo difficili.”
Ho capito.
“Sul serio?”
Lei annuì.
Non riuscirò mai a perdonare l’assassino dei miei genitori, Padre.
Mentre lo diceva era triste più che mai. Deglutì per ricacciare indietro le lacrime. Quell’uomo aveva cambiato la sua vita e quella di Hope per sempre, dando loro un dolore che non se ne sarebbe mai andato.
“Lo capisco, Mackenzie.”
Non aggiunse altro. Sapeva che farle un discorso sul fatto che dovremmo essere in grado di perdonare tutti sarebbe stato inutile e l’avrebbe fatta, giustamente, arrabbiare.
Nonostante avessero anche parlato della Resurrezione di Gesù, Mackenzie raggiunse la nonna sentendosi ancora male. Il viaggio fino a casa fu tranquillo. La donna intuiva il motivo per cui la nipote stava male, ma dopo un po’ di insistenza e visto che Mackenzie non se la sentiva di parlare, la lasciò tranquilla. Dal canto suo, anche se avesse voluto, Mac non avrebbe saputo come spiegarsi.
 
 
 
“Ci hai preso gusto, vedo” commentò Dallas con un sorriso.
Madison camminava avanti e indietro per il salotto con Hope fra le braccia. All’inizio la bambina aveva voluto camminare al suo fianco a volte tenendole la mano, altre no, ma poi aveva preferito farsi prendere in braccio, trasportare e coccolare.
“Sai che mi piacciono i bambini” rispose Maddie.
“Sì, lo so.”
“A te non piacerebbe avere dei figli, Dallas?”
“Non mi sento adatta a fare la mamma. Ho molta pazienza, è vero, ma la perdo facilmente e soprattutto non penso ce la farei a stare dietro ad un bambino. Non ho mai sentito questo desiderio al contrario di Demi.”
Era stata sincera. Ricordava una conversazione avuta con Demetria molti anni prima durante l’adolescenza. Non rammentava che discorso stavano facendo, ma ad un certo punto Demetria aveva detto:
“Beh, magari tra dieci anni ci troveremo al parco con i nostri bambini”
e Dallas aveva replicato:
“Bambini? Non voglio avere figli!”
E infatti, nonostante gli anni passati, così aveva continuato ad essere.
“Non pensi che ti sentirai vuota senza un fidanzato e dei figli?”
“No. Sto bene così. Ho il mio lavoro e la mia famiglia e questo mi basta. E se mi fidanzerò, sarà il mio ragazzo a farmi sentire completa.”
Era serena mentre parlava. Madison rispettava le sue idee, ma non riusciva a capacitarsi del fatto che la sorella maggiore non provasse nemmeno un po’ di solitudine ogni tanto.
“Per me sarebbe brutto vivere così, senza farmi una famiglia” mormorò, pensierosa. “E se dovesse succedere? Se non diventassi mai madre?”
“Sei ancora molto…”
“Oh, Dallas!” esclamò infastidita. “Sono giovane, lo so, ma credo di essere parecchio matura. Non dico che sono pronta ad avere un figlio, ma ti prego, non chiudere il discorso parlando della mia età.”
Solo perché aveva diciassette anni non aveva il diritto di pensare alla maternità?
“Hai ragione, scusa. Madison, ascolta.” Le appoggiò una mano su una spalla. “Quando sarà il momento, sono sicura che avrai dei figli bellissimi e sarai una mamma premurosa.”
La ragazza sorrise.
“Grazie.”
“Figurati! E, se per sfortuna non dovesse succedere, ci sono tanti modi per essere madre, anche se i figli non sono biologicamente tuoi.”
“Per esempio l’adozione?”
“Sì, oppure il volontariato. Ci sono dei gruppi parrocchiali con animatori molto giovani, qui. Organizzano tante attività per i bambini, per stare con loro e far imparare loro qualcosa.”
“È una grande responsabilità, ma potrebbe essere un’esperienza. In questo periodo sto lavorando molto e devo concentrarmi su quello, senza contare che spesso mi tocca andare in studio anche il sabato e la domenica. Ma più avanti potrei pensarci. Sarebbe bello.”
Si domandò come mai non fosse venuto in mente a lei e avesse dovuto aspettare che fosse sua sorella a suggerirglielo. In fondo tutta la famiglia andava in chiesa molto spesso, aveva già sentito parlare di quei gruppi. Ormai era andata così.
“Oppure parlando più in grande potresti andare all’estero, in Madagascar per esempio. Okay, in quel caso daresti una mano come faceva Carlie, insegnando l’inglese ai bambini, ma intendo dire che si creerebbe un rapporto di fiducia molto intenso e bello, almeno credo. So che non è la stessa cosa, non è come diventare mamma, ma aiutare dei bambini in difficoltà, insegnare loro qualcosa per far sì che abbiano un futuro migliore è un gesto bellissimo. Darebbe tanto a loro, ma anche a te. Saresti una guida per quei bambini, in un certo senso.”
“Capisco quel che vuoi dire. Carlie ha fatto una cosa stupenda, ma ha avuto anche tanto coraggio. Io non so se ne sarei capace. Al solo pensiero di lasciarvi mi sento già male.”
I suoi occhi si riempirono di lacrime e un nodo le serrò la gola.
“Ehi, non ho detto che devi farlo.”
“No, lo so.”
“Era solo una riflessione.”
Madison si schiarì la voce.
“Grazie, Dallas.”
“Smettila di ringraziarmi. Ti sto solo aiutando, a questo servono le sorelle.
Hope le aveva guardate tutto il tempo senza fiatare e adesso i suoi occhietti cominciavano a chiudersi.
“Hai sonno, eh?”
In risposta la bambina sbadigliò e appoggiò la testolina sulla spalla della zia.
“Vado a metterla nel lettino.”
Finalmente Dianna si era decisa a comprarne uno come quello che aveva Demi. Madison tirò giù le coperte, poi appoggiò la bambina sul materasso e la coprì piano. Le tirò via una ciocca di capelli che le ricadeva sulla fronte e le diede un bacio, infine chiuse le imposte facendo il minimo rumore.
“Sì, sei davvero brava.”
Sussultò sentendo la voce di Dallas che, si rese conto, l’aveva seguita e osservata restando sulla porta. Entrambe lasciarono la stanza e tornarono in salotto.
“Perché mi hai guardata?”
“Mi fa tenerezza vederti con lei. Sai, è vero che Demi non viene qui molto ma anche noi dovremmo andare a trovarla. Passiamo poco tempo con lei e con le bambine.”
“Già, dovremmo vergognarcene.”
“Rimedieremo, vedrai.”
“Dobbiamo.”
Poco dopo tornarono Dianna e Mackenzie. La bambina abbracciò le zie come se non le vedesse da chissà quanto tempo e poi chiese a Madison di aiutarla con i compiti di francese. Aveva solo quelli per lunedì.
“Certo che ti do una mano!” esclamò entusiasta la ragazza.
Le era sempre piaciuta quella lingua. L’aveva studiata alle medie e alle superiori. Mackenzie la adorava. Aveva un suono dolce, sembrava una musica.
Devo ascoltare un dialogo sul CD e riscriverlo.
“D’accordo.”
I miei compagni lo leggeranno ad alta voce in classe, io ovviamente no, ma lo scriverò alla lavagna tenendo il libro vicino.
Madison sorrise.
La maestra di Mackenzie aveva trovato un buon modo per includerla in quell’attività.
“Bene, allora dammi il CD.”
Dopo aver controllato il libro nel quale era scritto il numero della traccia, la giovane la cercò e poi iniziarono ad ascoltare. Il dialogo era incentrato su due bambini che si presentavano chiedendosi reciprocamente il nome, l’età e se avevano fratelli o sorelle. Dopo averlo sentito un paio di volte Mac riuscì a scrivere qualche riga ricordandosela a memoria, poi per farla allenare di più la zia le ripeté il resto con lentezza e lei, ascoltando la pronuncia, fu in grado seppur con qualche difficoltà di scrivere il testo quasi perfettamente. Rifecero l’esercizio tre volte e alla fine Mac non commise più errori.
“Brava, tesoro!”
Grazie.
Mac alzò le mani in segno di esultanza. Era molto fiera di se stessa e soprattutto di non essersi arresa o lasciata abbattere quando aveva sbagliato qualcosa.
“Devi fare altro?”
Scrivere da chi è composta una famiglia, per esempio mamma, papà ecc.
Madison dette un’occhiata all’unità del libro che trattava l’argomento.
“Li avete fatti tutti? Anche padrino e madrina?”
Sì.
“Wow, la tua insegnante va veloce!”
Non così tanto.
Mac non aveva alcuna difficoltà a seguire le due ore di francese che aveva alla settimana. Anzi, al contrario. Josephine, così si chiamava la maestra, era molto buona e paziente, andava piano in modo che tutti potessero seguire e la lezione successiva chiedeva sempre:
“C’è qualcuno che non ha capito qualcosa della scorsa volta? Se volete posso rispiegare.”
Non alzava mai la voce e quando un alunno non riusciva a dire o a scrivere qualcosa lo incoraggiava.
“Io detto e tu scrivi, okay? O vuoi rileggere il libro prima?”
No, li ricordo tutti.
“Bene.”
All’inizio tutto procedette senza problemi, ma ad un certo punto Macsi fermò.
Zia, mi sa che ho sbagliato qualcosa.
Le passò il quaderno e Madison cominciò a leggere.
“Ah sì, ecco l’errore. Hai scritto cuisine, cioè cucina, anziché cousine, ovvero cugina. So che sono molto simili, ma la pronuncia è leggermente diversa.”
Me le ripeti piano così capisco meglio, per favore?
“Certo.”
La bambina sbuffò. Odiava essersi bloccata su una cosa così stupida.
“Ehi, va tutto bene. Davvero, non è successo niente. Anch’io ho sbagliato all’inizio e credimi, ho fatto errori più gravi dei tuoi” la confortò la zia.
Andarono avanti così per un’altra mezzora, poi una volta finiti i compiti scesero in salotto a
giocare. 
Dopo cena tutti assaggiarono la torta.
“È ottima!” esclamò Eddie.
Era così buona che l’avrebbero finita tutta, ma ne avanzarono la gran parte per il giorno successivo, così anche Demi ed Andrew avrebbero potuto mangiarla.
“Sono stata a controllare Batman e Danny oggi pomeriggio” li informò Dallas. “Stanno bene. Avevano finito l’acqua e i croccantini e ho rimediato, poi ho portato fuori il cane per una passeggiata.”
 
 
 
Vista la giornata impegnativa, soprattutto per Mackenzie, Dianna mandò tutti a letto presto.
“Mamma?” chiese Hope quando andò in camera con i nonni.
La nonna la tenne stretta a sé e si sedette sul letto.
“Torna domani, piccola” le ripeté. Stanotte dormirai qui con me e con il nonno.”
La bambina annuì.
Ma non aveva capito bene ciò che Dianna voleva dire e, quando si rese conto che i genitori non sarebbero venuti a prenderla, cominciò ad agitarsi. La donna l’aveva messa a letto e le cantava qualcosa per addormentarla, ma Hope non ne voleva sapere. Si girava e rigirava fra le coperte, le spingeva via con le manine e i piedini e poi cercava di coprirsi senza successo, e allora la nonna o il nonno dovevano aiutarla. Cominciò a lamentarsi e poi scoppiò a piangere.
“Su, calmati piccola.”
Dopo aver parlato, Eddie si alzò e si avvicinò al lettino, muovendolo a destra e a sinistra. Aveva le ruote quindi era facile spostarlo e sapeva che un movimento lento di solito fa addormentare i bambini e li calma. Hope, però, non riusciva ancora a prendere sonno. Le piaceva ciò che il nonno stava facendo, ma continuava a dire che voleva la mamma.
“Che dici, la chiamiamo?” propose Dianna.
Piuttosto che vedere la piccola stare così…
“Tesoro, sono le dieci di sera. Anche se partissero adesso arriverebbero alle cinque di domani mattina, non certo tra mezzora o un’ora.”
“Hai ragione.”
La donna scese a preparare per Hope un biberon di latte che lei bevve quasi tutto d’un fiato e una ninnananna contribuì a rilassarla. Voleva ancora la mamma, ma essere coccolata dai nonni non era poi male e la faceva sentire bene.
“Non me la sento di rimetterla nel lettino. So che ha quasi due anni, ma è la prima notte che dorme qui e penso sia meglio che la passi fra di noi” suggerì Dianna.
Eddie annuì e sorrise.
Quando la piccina fu in mezzo a loro, ricordarono ancora meglio quando Madison era piccola e facevano così per calmarla, anche se ben presto l’avevano abituata a dormire da sola e in un’altra stanza e rammentarono anche le volte nelle quali, durante un temporale o dopo un incubo, Demi era corsa da loro spaventata e in lacrime in cerca di rassicurazione. Dopo poco si addormentarono tutti e tre.
 
 
 
Quella notte, forse perché la giornata era stata nel complesso bella e tranquilla, Mackenzie dormì benissimo. Non fece nessun sogno, il che le risultò strano ma non le importava. Ciò che contava era non avere incubi, né pensieri che la agitavano. Non ci fu nulla di tutto questo e la mattina dopo la bambina ringraziò Dio per averle dato almeno una notte di pace. Per alcuni poteva sembrare una cosa da niente, una semplice nottata nella quale si dormiva bene e basta, ma per lei valeva tantissimo. Non solo il suo corpo e la propria mente erano riposati, ma si sentiva più forte, non aveva ansia, non c’era nulla che la preoccupava e sperò che quelle sensazioni sarebbero durate almeno fino al giorno successivo.
 
 
 
Quando aprì gli occhi quella mattina a Demi non ci volle nemmeno un secondo per ricordare quanto era successo e dove si trovava. Lo fece immediatamente e si sedette sul letto a guardare Andrew che dormiva ancora. Era così bello osservarlo. Era sereno, finalmente. Certo, Demi non attribuiva il suo stato solo alla notte passata, anzi. Farlo sarebbe stato assurdo. Il suo ragazzo aveva lottato tanto nei mesi precedenti, nonostante tutto quello che gli era successo stava comunque cercando di andare avanti ed era una battaglia continua, giornaliera, che lui portava avanti con perseveranza. E la stessa cosa valeva per Mackenzie, che era ancora in piedi anche se aveva vissuto cose alle quali una bambina non dovrebbe nemmeno pensare. Demi era fiera del fidanzato e davvero tanto orgogliosa delle figlie.
Si accoccolò più vicina a lui ed Andrew, sentendo il calore del corpo di Demetria, la strinse con un braccio.
“Ciao” mormorò ancora assonnato.
“Shhh, continua a dormire. È ancora presto.”
“Non ho più molto sonno.”
“Bugiardo.”
Sbadigliarono entrambi.
“Okay, forse un po’ ne ho e anche tu.”
“Direi.”
Dormirono per un altro paio d’ore, poi si alzarono e fecero colazione. Avrebbe voluto prepararla lui, ma alla fine cucinarono insieme.
“Dato che tu mi hai cantato una canzone ieri sera, penso che ora sia il mio turno” gli disse lei.
“Me ne hai dedicata una?”
“Un pezzo di una e un’altra.”
“Oh, quindi quasi due. Ora sono curioso! Sentiamo.”
Demi si alzò in piedi, trasse un profondo respiro, lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e cominciò a cantare.
I’ll wake you up with some breakfast in bed
I’ll bring you coffee with a kiss on your head
And I’ll take the kids to school
Wave them goodbye
And I’ll thank my lucky stars for that night
When you looked over your shoulder
For a minute, I forget that I’m older
I wanna dance with you right now
Oh, and you look as beautiful as ever
And I swear that everyday you’ll get better
You make me feel this way somehow
 
I’m so in love with you
And I hope you know
Darling your love is more than worth its weight in gold
We’ve come so far my dear
Look how we’ve grown
And I wanna stay with you until we’re grey and old
Just say you won’t let go
Just say you won’t let go
 
I wanna live with you
Even when we’re ghosts
‘Cause you were always there for me when I needed you most
I’m gonna love you till
My lungs give out
I promise till death we part like in our vows
So I wrote this song for you, now everybody knows
[…]
“È una canzone molto dolce, tesoro” mormorò, ancora intenerito da quelle parole e affascinato dalla bellezza della sua voce. “Parla di momenti quotidiani e di piccole cose che, però, sono importanti. Grazie.”
“Grazie a te di amarmi così tanto.”
“Davvero mi porterai la colazione a letto la mattina come dice la canzone? Voglio dire, dovrei farlo io.”
“Faremo a turno. E poi, sai che sono una che non rispetta tanto le tradizioni. Chi ha proposto di fare l’amore ieri sera?”
“Tu, hai ragione; e infatti ti amo anche per questo, perché nessuno è come te.”
Si sporse per baciarla, ma lei lo fermò.
“Aspetta. Devi ancora sentire l’altra canzone. Sono sicuro che dopo il tuo bacio sarà ancora più intenso.”
“Dai, solo uno piccolo!”
“Dovrai attendere” gli rispose con un sorriso e scoppiò a ridere quando lui sbuffò facendo finta di essere offeso.
“Non puoi cantarmela un’altra volta? Insomma, una canzone mi basta, davvero. E poi voglio il mio bacio!”
“Sembri un bambino capriccioso.”
“Lo so, per questo non potrai resistermi.”
Demi rise di nuovo.
“Hai ragione. Ecco il tuo bacio.”
Catturò le labbra di lui fra le sue. Andarono piano, lasciando che le loro lingue si sfiorassero e poi si toccassero, unendosi infine in un  lento e appassionato
bacio.
Dopo aver mangiato uova e bacon, la ragazza gli chiese cos’avrebbero fatto quel giorno.
“Potremmo andare a sciare” propose Andrew.
“No, non ci penso nemmeno. Non lo so fare. E poi ho ancora i punti, ricordi? Se cadessi e prendessi una botta in testa potrebbe essere pericoloso.”
“Potrei chiedere che ti venga dato un casco… però hai ragione, in effetti sarebbe da incoscenti. Se non te la senti lo capisco. Anzi, perdonami se te l’ho proposto.”
“No, non importa. Sarebbe bello e chissà quando potrò rifarlo, ho solo paura.”
“Lo capisco, ma c’è sempre una prima volta. E poi, se non provi non saprai mai com’è” ribatté lui.
“C’è abbastanza neve per…”
La ragazza guardò fuori dalla finestra e vide che ne era caduta parecchia. Circa quindici centimetri di neve ricoprivano il terreno.
“Allora, lo facciamo?”
Demi gli domandò se lui avesse già sciato. A quel che ne sapeva no, ma Andrew sembrava così tranquillo e sicuro di sé che le sembrava strano il contrario.
“No.”
“E come fai ad essere così tranquillo?”
A lei il cuore aveva già iniziato a battere fortissimo e continuava a sfregare le mani sui pantaloni.
“Non ne ho idea. Lo prendo come un divertimento, tutto qui.”
Demi prese un profondo respiro e si disse che il suo ragazzo aveva ragione. Era normale avere paura, ma inutile agitarsi per una cosa del genere. In fondo erano lì per divertirsi, non per sostenere un esame.
Uscirono, camminarono un po’ godendosi lo scricchiolio della neve sotto i piedi e guardarono i rami degli alberi dai quali pendevano ghiaccioli formatisi durante la notte. Il lago era sempre ghiacciato e c’erano alcune persone che facevano ice skating.
“Non hanno paura che si rompa e di cadere nell’acqua gelata?” chiese Andrew con un brivido.
“Adesso chi è quello spaventato?” ribatté Demi di rimando.
“Io non sono… beh, forse un pochino, ma proprio poco eh.”
“Certo.”
Risero entrambi sapendo perfettamente che in realtà il ragazzo era terrorizzato.
Le piste da sci erano a circa duecento metri dal lago, su un grandissimo spiazzo dove solo gli sciatori potevano stare. Alcuni adulti stavano già sciando e Demi vide, più in là, dei bambini probabilmente alla loro prima esperienza seguiti da degli istruttori, ma anche un paio di persone più grandi avevano un maestro che le guidava.
La coppia si avvicinò ad un istruttore - lo riconobbero perché indossava una maglia gialla con scritto in grande Staff e gli chiesero se avrebbe potuto insegnare loro qualcosa.
“Certamente!” rispose l’uomo sorridendo e chiamò un altro collega.
I due dissero di chiamarsi Kevin e Steve. Erano giovani, sui trent’anni, alti e magri. Indossavano la tuta da sci e, dopo essersi presentati, si rimisero il cappuccio quindi né Demi né Andrew poterono notare più dettagli, a parte il fatto che erano entrambi castani, perché gli istruttori cominciarono a spiegare.
Demi spiegò ai due la sua situazione.
“Le sconsigliamo di farlo” disse Kevin. “Se cadesse la ferita potrebbe riaprirsi.”
Demi capì che sarebbe stato da irresponsabili non ascoltare il consiglio degli istruttori e guardò Andrew che annuì e si scusò di nuovo. Ormai erano maturi, avrebbero dovuto capire subito certe cose e si dettero degli idioti totali. Chiesero scusa a Kevin e Steve per aver fatto perdere loro del tempo e passarono circa una mezzora a lanciarsi palle di neve divertendosi e ridendo come pazzi. Quando uno colpiva l’altra o vieversa urlavano quasi selvaggiamente tanto che qualcuno li guardò stranito, ma a loro non importava. Fecero un grosso pupazzo di neve e ci misero un rametto al posto del naso.
“Guarda che carino!” esclamò Demi alla fine.
“Già, siamo stati bravi.”
Andrew si avvicinò a lei con cautela, stando attento a non cadere di nuovo e la baciò. Demi ricambiò più che volentieri.
“Siete una bella coppia” osservò Steve che passava per caso con l’altro istruttore proprio in quel momento.
“Si vede che vi amate” aggiunse Kevin.
I due sorrisero.
Dopo mezzora di giochi erano stanchissimi, così decisero di fermarsi. Tornarono a casa a bere un tè caldo.
“Mi è piaciuto tantissimo!” esclamò Demi felice.
“Sì, anche a me.”
“Torniamo a casa? Mi mancano le piccole!”
“Ma certo.”
Fu un viaggio lungo, ma i due erano così felici che non fu affatto stancante. Quando arrivarono Demi scese dall’auto e corse a bussare alla porta.
“Mamma!”
Hope era con la nonna e le si gettò tra le braccia.
“Ciao, piccola!”
Mackenzie arrivò poco dopo e, dopo che le bambine ebbero salutato calorosamente il papà, iniziarono a raccontare loro ciò che avevano fatto il giorno prima.
“Wow, il battesimo sarà molto presto allora! Dovrò chiamare Padre Thomas per saperne di più.”
“E poi bisogna organizzare tutto. Ce la faremo in un mese?”
“In qualche modo sì, Andrew, ma dovremo iniziare da domani.”
“Comunque volevamo dirvi una cosa” aggiunse l’uomo visto che Eddie, Dianna, Madison e Dallas erano presenti.
“Ovvero?” chiesero tutti insieme.
“Che la madrina di Hope sarai tu, Madison.”
“Oh mio Diooo!” La ragazza si alzò in piedi con il cuore che sembrava volerle uscire dal petto. Felice, si mise a saltellare. “Grazie, ragazzi. Ne sono onorata, non me l’aspettavo!”
“Figurati” continuò Andrew. “Ci abbiamo pensato attentamente e abbiamo capito che eri la persona giusta.”
Anche Dallas voleva bene a Hope, ma Madison aveva per lei un affetto ancora più profondo e particolare.
“E il padrino chi sarà?” chiese Dallas.
“Non ve lo diciamo, ma abbiamo già deciso.”
Mackenzie allora disse che aveva chiesto ai nonni e i genitori ne furono entusiasti.
“Hope ha avuto una notte un po’  difficile. Continuava a chiedere della mamma ieri e la sera ha avuto difficoltà ad addormentarsi” spiegò Dianna. “Alla fine l’abbiamo messa nel letto con noi.”
“Avete fatto bene, grazie mamma.”
Dopo aver assaggiato la torta e averla apprezzata moltissimo, Andrew e Demi bevvero un caffè con gli altri e chiacchierarono del più e del meno, poi decisero di tornare a casa.
Batman e Danny fecero loro le feste. Il gatto si sdraiò a pancia all’aria miagolando come un pazzo per essere accarezzato. Era sera tardi ormai. Andrew tornò a casa e Demi e le bambine andarono a dormire. Era stato un weekend semplice perché non avevano fatto cose molto particolari, ma anche bello perché tutti si erano divertiti, emozionati e, per quanto riguardava Mackenzie, aveva ricevuto buone notizie sul proprio battesimo e imparato tante altre cose.
 
 
 
credits:
James Arthur, Say You Won’t Let Go
 
 
Demi Lovato, Believe In Me
 
 
Vangelo secondo Luca, stazioni 1, 3 e 11
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
ciao a tutte! Eccomi tornataaaaaa!
Scusate se ci ho messo tanto. Sono stata in vacanza, poi internet non funzionava e in realtà non va benissimo nemmeno adesso e non capiamo il perché, il mio computer continuava a bloccarsi quando scrivevo in Word e anche quel problema non è stato sistemato. Inoltre, da scema ho cancellato la cartella che conteneva tutti i miei racconti e anche  le ricerche fatte. Non immaginate il panico! Fortunatamente nel disco esterno avevo la maggioranza delle cose salvate, anche se ho perso diverse ricerche e alcune cose importanti, ma almeno le storie ci sono tutte. Vorrei davvero avere una cadenza più regolare con gli aggiornamenti ma purtroppo non riesco. :(
Come avete visto, in questo capitolo si parte dal sabato quando Mackenzie e Hope sono dai nonni per poi arrivare alla domenica con Andrew e Demi. Che ne pensate? Vi è piaciuto?
Io inizierò subito a lavorare al prossimo capitolo, che sarà piuttosto complicato.
Ah, vi domando già una cosa: nel capitolo 104 parlerò del battesimo di Mackenzie e Hope. Potreste consigliarmi una lettura o un passo del Vangelo che potrei citare e su cui potrei poi scrivere una riflessione? Avevo preso appunti dato che ero stata a quello della bambina di mia cugina, ma purtroppo ho perso il file. Grazie infinite e ci vedremo più presto che potrò.
   
 
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