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Autore: carachiel    26/08/2018    3 recensioni
E' noto che fare patti con qualsivoglia creatura non umana porta solo che a grandi macelli.
Ma se proprio bisogna aprire il Vaso di Pandora delle recriminazioni, beh...
“Non è attestato quanta energia contenga in totale il corpo umano, ma dalle nostre indagini è venuto alla luce che sarebbero comunque livelli altissimi.”
“Quindi sarebbe possibile?”
“Sì. Il sacrificio volontario permetterebbe in passaggio tra le due energie, essendo esse di matrici opposte. Inoltre, ma credo che tu lo sappia, è necessaria una buona intesa fra donatore e ricevente.”
“…Sulla Terra lo chiamiamo trapianto.”
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Byron Arclight/Tron, Christopher Arclight/ Five, Michael Arclight/ Three, Thomas Arclight/ Four
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Impulso–verse'
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Santa Rita: Fui l’unica a restare*
 
 
 
“Encore une fois j’ai dû disparaître
Des fois je t’aime, des fois je te hais
Pour ne pas dire que j’ai tout donné”**
Maitre Gims, Brisé
 
Four si svegliò dopo neanche sei ore, con un mal di testa martellante, mentre tutto a lui cercava di riprendere forma e consistenza.
Sbadigliò rauco, aveva la gola secca, per poi stendersi per cercare di svegliarsi.
“Diamine, ieri sono arrivato proprio alla frutta…” pensò mentre lanciava un’occhiata intorno, bloccandosi non appena notò che suo padre si era addormentato sulla poltrona in un’angolo della stanza.
Sospirò rabbiosamente, a stento riusciva a sopportare la presenza di quell’uomo nella stessa casa, il fatto che ieri sera l’avesse aspettato ancora non gli andava proprio giù.
“Merda… A che è valso crescere da solo se tanto ancora mi tratta come se avessi dieci anni?” imprecò tra sé per poi alzarsi.
 
In quel momento fece capolino anche Three dalla porta.
“Buongiorno!”
“Buongiorno un cazzo, pulce.”
L’altro sbuffò “Su su, parli così solo perché non ti ho ancora preparato il mio rimedio antisbornia!”
“Quel coso che puzza di uova marce? Ne faccio volentieri a meno, piuttosto mi tengo il mal di testa!”
Mentre parlavano loro padre si era svegliato e si era avvicinato.
“Thomas, vedo che stai meglio.”
“Levati dal cazzo!” scattò Four non appena lo vide entrare nel suo campo visivo, prendendolo per i polsi e sbattendolo al muro.
In quel momento si era dimenticato di essere stanco morto, si era dimenticato di essere solo un ragazzo contro un uomo che era molto più alto di lui che, se avesse voluto, lo avrebbe mandato al tappeto senza troppi sforzi.
“Fermi!” esclamò Three allarmato “Possibile che non riusciate a parlare civilmente?” aggiunse, la voce che si faceva pericolosamente acuta
Byron sospirò “Io…”
“Non frega un cazzo a nessuno di quel che hai da dire! E tu, pulce, piantala di frignare!” ringhiò Four guardando di traverso le lacrime negli occhi socchiusi di Three, ma senza lasciare la presa sul padre.
Padre che al momento per lui valeva quanto un sacco della spazzatura.
 
“Allora è vero… Allora Five non si doveva sacrificare per me.” mormorò l’uomo dopo una manciata di secondi di silenzio
“N-No!” esclamò Three guardandolo attraverso le lacrime “Per favore Four…”
Four non lo lasciò ma si rilassò, poggiando la testa sul petto dell’uomo, le gambe stese.
“E’ bizzarro,” considerò Byron “è come se si stesse reggendo a me”
E chissà perché, l’idea non lo confortò affatto.
Poi, gradualmente, la presa attorno ai suoi polsi si rilassò e Four gli crollò addosso
“Ehi…” mormorò mentre lo prendeva
Three, che si era immobilizzato, si riscosse e gli fece segno di volerlo aiutare. L’altro negò e gentilmente portò Four fino al letto.
                 
“Riuscirà mai a perdonarlo?” si domandò Three mentre guardava Four che, con fievoli proteste, si lasciava mettere a letto. Quando sentì di essere sull’orlo delle lacrime scappò a cercare l’unico porto sicuro che avesse mai avuto. Five.
La verità è che in cuor suo provava ancora troppo timore per il padre per permettersi di cedere davanti a lui.
Trovò Five seduto in salotto, e fu grato del fatto che per una volta questi non gli domandò nulla quando lo abbracciò, piangendo silenziosamente.
Solo quando lo ebbe lasciato sfogare e il respiro del fratello minore si fu regolarizzato si azzardò a domandare “C’entra quell’uomo, non è vero?”
Three, il viso sprofondato nel tessuto dei suoi abiti, annuì.
“Lo immaginavo…” mormorò Five, carezzando con fare incerto i capelli del fratellino.
E fu una fortuna che in quel momento nessuno dei due potesse vedere che Byron era sulla soglia del soggiorno e li aveva sentiti.
 
Adesso gli appariva spaventosamente chiaro quanto potessero odiarlo, se non riuscivano nemmeno a chiamarlo per nome, figurarsi “padre”.
E allora, perché, perché Five aveva insistito per riportarlo indietro? Era orribile e non giovava a nessuno, tantomeno a lui stesso.
Si asciugò distrattamente una lacrima e sospirò. Erano anni che non si sentiva così male.
Forse… solo dalla sua morte. Sì, era stata l’ultima volta che si era sentito così terribilmente solo.
 
 
Più tardi Four raggiunse i fratelli per il pranzo, storcendo il naso quando vide che c’era anche il padre a tavola, tuttavia non fece commenti. Solo alla fine del pasto si lasciò sfuggire un’inevitabile, salace domanda.
“Perché lo hai fatto?” il commento era indirizzato a Five, ma lo disse guardando dritto il padre
Five sudò freddo ma rispose, non avrebbe avuto senso mentire “Per avere davanti agli occhi, sepppur metaforicamente, il fatto che nulla era cambiato. Che potevamo ancora ricostruirci una vita su ciò che era stato.”
“Non si può costruire su macerie.” mormorò Byron in tono amaro.
E a quella frase, Five sentì che tutte le sue illusioni erano andate in frantumi.
Improvvisamente si rese conto del male che aveva fatto a suo padre per un’azione che, in fin dei conti, era dettata da semplice egoismo. Loro non sarebbero mai più stati quelli che erano prima e neanche lui sarebbe mai riuscito a guardarli nello stesso modo senza avere davanti agli occhi, ogni secondo, l’orribile spettro dei danni fatti.
Velocemente si alzò e si eclissò in direzione della propria stanza.
Four, rimasto per un istante scombussolato, si morse il labbro e scomparve anche lui con una scusa.
Three, rimasto solo a tavola col genitore, mormorò “Rivelare segreti è sempre stato un modo per iniziare conversazioni… non importa quanto disastrose.”
L’altro annuì senza parlare, sentiva un groppo in gola, tale che se avesse provato a parlare sarebe scoppiato in lacrime.
Respirò, cercando di incamerare quanta più aria possibile per non crollare, il tempo che sembrava passare troppo lentamente, ogni secondo che gli bussava prepotentemente sulle tempie.
 
“Per favore, vai via. Non restare.”
 
E quando aprì bocca, non riconobbe neppure la sua voce.
Gli occhi erano chiusi, non gli serviva aprirli per sapere di quel che vedeva.
“Sai cosa mi ha sempre annoiato di questo mondo? Il fatto che il cielo, il meteo, il tempo che passa, sono sempre uguali. Mi sento… imprigionato, in un mondo dove la meteorologia non consiste, e lo stesso vale per il tempo che passa, non lo si riconosce. Ti addormenti in un momento e, quando ti risveglierai, non saprai quanto avrai dormito. Potresti cadere, gentilmente scivolare in coma e risvegliarti come se nulla fosse successo. La tecnologia può pure cambiare, la popolazione, le persone care… sono così volatili.
Ma in questo mondo non può cambiare nulla. O meglio… non ancora.
Intanto il cielo è sempre color ruggine. Le solite nuvole violacee sfilacciate. Vento, crudo e secco, spazza questa landa desertica. Niernte piante, niente insetti. Solo il suolo che si estende per kilometri.
E una luce fioca che non conferisce differenza ad alba e crepuscolo, una luce ferrigna che non ha senso…”
 
Three con gli ultimi rimasugli di coraggio gli si avvicinò, rimasto per un attimo congelato da quella voce stridente, così dissonante con la persona che gli stava vicina e lo scosse gentilmente.
Lo guardò per un attimo sbattere le ciglia, mentre gli occhi perdevano quella sfumatura allucinata, il dorato delle sue iridi che affogava nel verde usuale, mentre rimanevano solo poche bolle in superficie, presto disperse.
“Perdonami…” si poggiò i palmi sugli occhi, pregando di dimenticare quei momenti di miraggio. “Ti prego, perdonami…”
“E’ tutto okay” replicò il ragazzino, rassicurante “Ma ti prego, non guardarmi come se non avessimo risolto nulla… Tu sei qui con me, sei vivo… E non sei sotto un pezzo di legno storto conficcato nel terreno. Ed è più che abbastanza, papà.”
A quelle poche parole quel poco che rimane integro del suo cuore si spezzò.
Three lo abbraccia, e quella stretta gli ricorda terribilmente la vicinanza che un tempo li legava e risente di colpo il peso del sangue, del cuore che li lega, che rivive ogni istante in quegli occhi color dei prati. Innocenti, nonostante tutto.
“Stasera, parlagli. Non vogliono altro.”
“Michael… Forzarli a passare del tempo con me non farà alcun bene. Anche se mi dovessi scusare per un migliaio di volte e più…”
“Provaci, per favore.”
“D’accordo.” lasciò passare qualche secondo per poi domandare “Perché sei così irrimediabilmente sicuro che io possa essere cambiato? Davvero, Michael… Alcune persone non cambiano. Oppure non vogliono cambiare… O ancora, hanno fatto così tanto danno che devono essere tenuti lontani dalla società perché non c’è prova tangibile che torneranno alla normalità o che possano fare ammenda per le loro azioni. So che il figlio di Kazuma sostiene il contrario…. Come del resto, suo padre. Irrimediabili ottimisti. Ma purtroppo la vita non è sempre così gentile.”
“Perché se tu non fossi voluto tornare alla normalità non si saresti opposto quando Five te l’ha proposto. Pensavi che era la tua punizione. E allo stesso modo, era un modo per fare ammenda con te stesso, vivere il resto in quel modo. Io non so bene cosa ti sia successo nel mondo Bariano, ma so una cosa: se non fossi voluto tornare, non importa in quale forma, non l’avresti fatto.”
“Vuoi davvero sapere quello che mi è successo?” gli si avvicinò fino a che i loro visi quasi non si sfiorarono, gli occhi fissi sul figlio
“Ne ho bisogno. Per capire. Per non temere.”
L’uomo rimase qualche secondo in silenzio come a cercare di riassemblare i propri ricordi per poi iniziare:
“Da quel che mi ha raccontato quel bariano che mi ha… riassemblato, quel Mizael... Ecco, in pratica il mondo Bariano strappa via dagli organismi tutto quel che non è necessario. E’ come se qualcuno pian piano ti levigasse l’anima fino a trovare la ragione stessa per cui vuoi tornare. Ecco il perché del mio aspetto bambinesco.”
“E la tua ragione per tornare era la vendetta…” mormorò Three in tono amaro
“Purtroppo. Ma spesso le ragioni più distruttive sono le più durature.”
Il ragazzino lo guardò con aria di rimprovero, per poi concludere “Ci vediamo a cena.”
 
A cena decise di mettersi ai fornelli lui stesso, con gran delusione di Three che era abituato a cucinare e scatenando le perplessità di Four e Five che, memori dei frequenti pasti carbonizzati dall’uomo quando erano ancora bambini, avevano qualche remora ad affidargli la cucina.
Ma questo non lo scoraggiò mentre si destreggiava con pentole e mestoli con indosso un improbabile grembiule con su scritto “Kiss the cook” che era appartenuto a loro madre.
 
“Cosa dite che combinerà?” domandò Four con un filo di ansia ai fratelli, guardando in direzione della cucina da cui erano stati scacciati con la scusa che detestava essere osservato mentre cucinava.
Anche se tutti e tre erano convinti che fosse per non farli assistere al suo ennesimo fallimento.
“Dai, nii-sama, se la caverà! …Credo.” replicò Three con un tono che voleva essere ottimista
“Ne dubito.” fece eco Five “Se ho visto bene non ha messo il giusto quantitativo di acqua nella pentola e….”
“Noiaaaa!” esclamò il roscio per fermare la spiegazione scientifica di – dubbia - utilità che stavano per sorbirsi.
 
Quattro ore dopo, innumerevoli botti e rumori vari dopo quando ormai la fame stava iniziando a farsi sentire, loro padre uscì con l’aria di chi aveva appena sostenuto una guerra “E’ pronto!”
“Meno male” esclamò Four “e perché non sento puzza di bruciato?”
L’uomo sbuffò divertito “Andiamo Thomas, tu e i tuoi fratelli potreste pure avere un po’ di fiducia nelle doti culinarie del vostro vecchio!”
“Non abbiamo fiducia in molte delle tue qualità, non solo in quelle culinarie…” sottolineò ma l’altro ignorò la provocazione e iniziò a portare i piatti.
 
“Allora, come vi sembra?” domandò
“Non so come tu abbia fatto, ma è buono.” rispose Five rigirando la forchetta in quello che sembrava essere un piatto di linguine al pesto
“Mhm!” confermò Four mentre divorava il tutto
Byron sorrise, suo malgrado, a quella scena che gli faceva sembrare come se nulla fosse successo. Come se potesse ancora farsi perdonare per le atrocità commesse.
“Vado a prendere lo stufato.”
 
“Ma quanto hai cucinato??” domandò Three quando ebbero svuotato un’enorme terrina tracimante insalata
“Concordo pulce…” mormorò Four “Groan. Sono satollo.”
“Beh, visto che non mettevo mano in cucina da un po’… Comunque gli antipasti, il primo, lo stufato, i contorni, l’insalata di rinforzo. Se avete ancora fame ci dovrebbero essere ancora delle uova, potrei…”
Lo sguardo di Five fu più che sufficiente a zittirlo.
“Effettivamente credo che basti così.”
“Volevi farti perdonare a tutti i costi, vero?” domandò l’albino in tono apparentemente casuale
“Scusate se faccio del mio meglio per rientrare nelle vostre vite!” eclamò, seccato del veder evaporare tutti i suoi tentativi di ricomporre la propria famiglia
“Perché tu non dovevi farlo! Non dovevi tornare!” esplose Four alzandosi in piedi “Non qui… non ora… Dio, perché!?”
L’uomo non rispose ma si alzò e lo abbracciò, sotto gli sguardi attoniti di Three e Five.
“Ma sono qua. E non so più come dirvi che vi voglio bene. Lo so, non merito di chiedervi perdono, non merito nulla se non il vostro disprezzo… Questo l’ho capito.” mormorò a voce malapena udibile
Five si alzò e dopo qualche secondo si unì all’abbraccio insieme a Three
 
“Adesso siamo fregati, vero?” mormorò Three stringendosi alla propria famiglia
“Decisamente” rispose laconico Byron
 

 
 
*il titolo si spiega considerando che Santa Rita da Cascia è la patrona dei casi impossibili, perché nell’ora della sua morte sarebbe scesa a fianco dei più bisognosi. E chi più dei nostri quattro sfigatelli?
 
**
Ancora una volta sono dovuto scomparire / Delle volte ti amo delle altre ti odio / Per non dire che ho dato tutto

 
   
 
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