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Autore: Enchalott    27/08/2018    7 recensioni
Pianeta Namekk. Bulma si sta amaramente pentendo di essere partita con gli amici per cercare le Sfere del Drago originali. Troppi nemici, troppi esseri mostruosi con poteri sovrumani, troppi interessi in gioco. Sola e indifesa, si aggira sul pianeta, cercando di salvare la pelle.
Vegeta desidera le Sfere, desidera vendicarsi di Frieza e desidera sconfiggere Kakarott. Ma deve giocare bene le sue carte e scegliere con cura i suoi eventuali alleati, per evitare di rimetterci la vita.
Che cosa accadrebbe se, diversamente dall'originale, i principe e la scienziata si incontrassero e si parlassero già in quest'occasione?
"Qualcosa le piombò addosso con la rapidità del pensiero, inchiodandola alla roccia con una forza disumana, tappandole la bocca e impedendole qualsiasi reazione. Non ebbe neppure il tempo di trasalire.
“Non un fiato…” ringhiò Vegeta, trattenendola saldamente e continuando a premerle sulle labbra con la mano, il viso a un centimetro dal suo.
Bulma si irrigidì, pensando di essere giunta alla fine dei suoi giorni. Serrò gli occhi, terrorizzata e rassegnata a subire quella sorte terribile.
Non successe nulla."
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Forzata convivenza

“Qui non c’è nessuno!”
“Abbiamo rilevato il ki di qualche altro animale, è l’unica spiegazione!”
“Frieza sarà molto seccato per questo!”
“Già, se non gli portiamo quel bastardo traditore, se la prenderà con noi!”
“Quello sporco Saiyan non deve essere lontano, ho perso la sua traccia in questa zona!”
“Sì, ma è furbo, starà trattenendo l’aura!”
“L’imperatore non si accontenterà di questa scusa…”
“Dannazione, non ci voleva!”
“Ragazzi, accampiamoci qua fuori e vediamo se riusciamo a individuarlo. Ci conviene aspettare, piuttosto che rientrare alla base a mani vuote!”
“Potremmo anche catturare uno dei terrestri o un mistico namekiano…”
“Bah, a quest’ora saranno tutti morti… la Ginyū Tokusentai non ha mai fallito una missione”.
“Io non credo, secondo me daranno del filo da torcere…”
“Basta così! Montiamo il campo e vediamo che succede!”
“Agli ordini, capo!”
 
Gli occhi scuri di Vegeta scintillarono nella penombra della caverna, rabbiosi e terribili. Aveva ascoltato lo scambio di battute, dal quale si evinceva chiaramente che i suoi inseguitori non se ne sarebbero andati tanto presto. Era bloccato laggiù, senza poter utilizzare l’energia spirituale, con il rischio di perdere la sua occasione, di non riuscire a radunare le Sfere. Invece, non avrebbe dovuto attendere troppo o tutti i suoi piani sarebbero andati all’aria. Avrebbe dovuto presto ricorrere ai suoi poteri, se solo non fosse stato così debole, così…
“Ah…”
Scivolò lentamente a terra, strisciando contro la roccia e lasciando dipinta dietro di sé una visibile scia di sangue, facendo precipitare al suolo anche la ragazza.
Non c’era spazio in quella frattura angusta ed erano appiccicati l’uno all’altra in una stretta che lui non si decideva ad allentare per evitare inconvenienti. Il petto della terrestre si alzava e si abbassava più velocemente del normale contro il suo, regalandogli una sensazione incomprensibile. La sentì stringere le dita sulle sue spalle e trattenere il fiato, in attesa di un segnale di riconoscimento dall’esterno. Come se cercasse la sua protezione e non fosse solo una prigioniera. Ancora quella che sembrava fiducia. Assurdo.
Un grosso sasso piombò a terra di botto e lei trasalì, abbracciandolo letteralmente e affondandogli il viso nel collo.
Il principe smise di ascoltare i rumori dei soldati: tentò di recuperare la concentrazione, ma non gli riuscì, distratto dal respiro di lei all’orecchio e dal pulsare furibondo del cuore… No, non era quello della terrestre. Irrazionale. Illogico, paradossale e insensato… ma era il suo a battere così furiosamente.
 
Per tutte le galassie, Vejita!
 
La ferita alla schiena gli inviò una fitta spasmodica e lui gemette impercettibilmente.
“Vegeta, stai…”
“Non una parola!”
Bulma osservò il cunicolo semibuio, che si inoltrava nel ventre della montagna, perdendosi in tetri meandri, privi della debole luce che filtrava dall’esterno. Gli alieni non li avevano trovati e quello era già positivo, ma erano chiusi dentro quel buco e lei certamente non sarebbe stata in grado di far saltare la frana che aveva ostruito l’uscita. Forse aveva qualcosa di utile alla fuga nella scatoletta delle capsule hoi-poi che teneva in tasca, ma quei mostri l’avrebbero udita produrre anche il minimo rumore.
Il Saiyan non sembrava in forma. Si era seduto pesantemente e respirava con fatica, anche se la stava ancora trattenendo.
Realizzò di essere incollata a lui e che, in realtà, era lei che non lo lasciava andare in quel momento. Si sentì stranamente in imbarazzo e si scostò quanto poté.
“Smettila di strapazzarmi!” gli gridò irritata “Non vedi che non possiamo andare da nessuna parte?”
Lui abbandonò la presa a sua volta e si asciugò il sudore dalla fronte, con un’espressione sofferente e adirata. Borbottò qualcosa nella sua lingua e iniziò a studiare l’ambiente con lo sguardo di un predatore in trappola. Ostinato e insopportabilmente presuntuoso!
“Fammi il favore di chiudere la bocca” sibilò risoluto “Non so quanto ossigeno abbiamo qui sotto e certamente non mi va di fare la fine del topo per le tue inutili lamentele!”
“E’ solo colpa tua se siamo qui!” replicò lei piccata “Se tu non avessi… oh… beh… che cos’hai combinato per farli arrabbiare così?”
Vegeta si voltò e le piantò addosso uno sguardo bieco. Sogghignò crudele.
“Ho fatto saltare in aria l’ammiraglia di Frieza e tutte le capsule di rigenerazione… così ora non sono più in grado di curare i feriti e non possono ripartire. Moriranno tutti qui…”
Bulma sgranò gli occhi e lo fissò: quel ragazzo non aveva esitato a voltare faccia e a ritorcersi contro quelli che erano i suoi… No, un momento. Lui aveva detto che gli invasori non erano affatto suoi amici, quindi doveva avere una ragione personale per essersi comportato così nei loro riguardi. Facendo bene i conti, aveva anche preferito stringere una sorta di sodalizio con Krilin e Gohan, piuttosto che stare alle direttive di Frieza. Il Saiyan non era uno sprovveduto e anche in quel momento stava certo elaborando una strategia. Era sicuramente abbastanza forte da aprire un varco nella roccia, ma aveva già chiarito che non aveva intenzione di farsi individuare, quindi avrebbe atteso il momento propizio per uscire allo scoperto. Sarebbe stata costretta a rimanere lì con lui, finché non avesse deciso cosa fare di lei. Accidenti, che situazione!
“Ma così, anche tu non potrai curarti…”
Vegeta la osservò con attenzione, cogliendo una nota di preoccupazione nelle sue parole. Alzò le spalle e ridacchiò freddamente, pensando di essersi sbagliato.
“Se temi di restare chiusa qua dentro, fatti passare la tremarella. Non morirò di certo per un graffio e quando quelli là fuori si leveranno dai piedi, farò saltare come niente i sassi e uscirò in un baleno” rispose duramente “Se proprio vuoi farti venire l’ansia per qualcosa, pensa a te stessa e alla tua debole esistenza: non so quanto riusciremo a respirare ancora e se proprio sarò costretto a scegliere, indovina chi di noi due sarà il primo a rimetterci…”
Bulma si innervosì più che spaventarsi.
“Parli sempre di uccisioni e massacri! Non sai dire altro!”
“E’ per ricordarti come stanno le cose!”
“Non ho necessità dei tuoi promemoria! Penso solo che potremmo venirci incontro e darci reciprocamente una mano…”
“Hahaha!!” proruppe lui “Io non ho bisogno di nessuno! E se anche fosse, che cosa potresti fare tu, una debole terrestre?”
“Sei davvero indisponente!”
“Ti ho già detto di moderare i termini, altrimenti…”
“Oh, ma se non riesci neppure a stare in piedi!” constatò lei con un sorrisetto ironico.
Il principe scattò in avanti e la afferrò senza che lei potesse distinguere il movimento, il viso a pochi centimetri dal suo, lo sguardo furente, il respiro affaticato.
“Rispetto a te” mormorò terribile “Sarei in vantaggio anche da moribondo…”
La scienziata trattenne il fiato, ma più per la vicinanza che per lo spavento.
 
Lui era aggressivo e spietato: ricordava perfettamente la disumana indifferenza con la quale aveva spezzato la vita ai suoi amici, sulla Terra. Era un uomo ambizioso, che percorreva un sentiero fatto di distruzione e di violenza e camminava da solo, senza curarsi di chi stava calpestando. Il Saiyan non provava pena per nessuno, neppure per se stesso e per lui la vita e la morte, forse, non avevano significato a fronte del fine che si era posto.
Eppure, i suoi occhi erano così tristi, così pieni di tormento… quella solitudine auto imposta gli stava divorando l’anima, se ancora ne possedeva una. Era così giovane, così misterioso dietro all’aspetto di belva priva di sentimenti. Lo osservò bene: aveva la chioma corvina e il naso all’insù e una ruga espressiva tra le sopracciglia ed era affascinante e terrificante allo stesso tempo…
 
Per tutte le stelle, Bulma, non intenderai sedurlo…
 
“Lasciami, se vuoi sapere quanto ossigeno ci resta!”
Vegeta digrignò i denti e la spinse via, aggrottando la fronte per via dell’ultima osservazione.
“Sei un’indovina?” saettò caustico.
“No. Una scienziata, te l’ho detto. Vedo che sei tu a necessitare di promemoria!”
Chi!”
 
La terrestre era quanto di più inspiegabile gli fosse mai capitato. Anziché disperarsi per la sua sorte, non cercava neppure di tenerlo a distanza e addirittura gli aveva proposto di collaborare. Lo guardava dritto in faccia e non rinunciava a rispondergli per le rime, nonostante le minacce. Avrebbe dovuto farle realmente male, per le galassie!
Così si sarebbe convinta del fatto che quello non era uno scherzo! Invece, non aveva intenzione di nuocerle per qualche recondito motivo. Non perché era una donna. Forse perché avrebbe potuto essergli utile. C’era qualcosa in lei, qualcosa che lo aveva colpito, qualcosa che emanava interiormente, che lui avvertiva inconsciamente e che lo richiamava. La ragazza aveva degli assurdi capelli blu e la carnagione candida; se non fosse stato per i suoi strani colori e per l’assenza di coda, sarebbe potuta essere benissimo una Saiyan con quel caratterino… dopotutto le due razze non erano così differenti e incompatibili: la prova era che Kakarott aveva dato un figlio a una terrestre… Lei era incredibilmente sfrontata e attraente…
 
Si vede che non stai bene, Vejita… farti passare certi pensieri nella mente…
 
Bulma si infilò una mano in tasca e ne trasse fuori una custodia di plastica bianca di forma rettangolare. L’aprì e scorse le capsule numerate che alloggiavano all’interno.
Il principe seguì attentamente le sue mosse, rimanendo sul chi vive.
“Non sono armi, non ti preoccupare…” lo punzecchiò lei, scegliendo uno dei contenitori.
“Se possiedi anche un solo granello di intelletto…” commentò lui di rimando.
“Così mi offendi. Io sono geniale! Anzi, la più geniale di tutti!” precisò la ragazza, pigiando il bottone della capsula e lanciandola poco distante.
L’oggetto cadde a terra in un rumoroso sbuffo di fumo.
Vegeta trasalì e saettò alle sue spalle in un baleno, impedendole qualsiasi ulteriore movimento, minaccioso e innervosito dall’azione inconsulta.
“Ma che cosa… per tutti i pianeti!” esclamò poi, sbarrando gli occhi.
Il diradarsi del vapore aveva lasciato il posto a quello che aveva l’aspetto di un piccolo computer portatile, materializzatosi chissà come.
“Insomma!!” sbottò lei seccata “Certo che a non fidarsi mai di nessuno, si vive davvero male! Sei teso come una corda di violino! Smettila! Te l’ho detto che non era un’arma!”.
“Come hai fatto?”  domandò Vegeta, ancora incredulo.
“E’ una mia invenzione” affermò lei orgogliosa “Mia e di mio padre. Si chiama hoi-poi e può contenere qualsiasi cosa. Utile, vero?”
“Non pensavo che voi terrestri possedeste una tecnologia così avanzata…”
“Umpf!” si imbronciò lei “Non è certo un’esclusiva di voi alieni! Anche noi ce la caviamo!”
 
Lui le stava premuto contro la schiena, con il braccio sinistro contratto sul suo diaframma e il destro a bloccarle la spalla, in una perfetta posa da combattente.
Bulma si sentì stretta in una morsa formidabile: il Saiyan non aveva bisogno di ricorrere al ki, era di una forza spaventosa anche così. Stava guardando con curiosità il computer e il suo viso era quasi appoggiato sul suo omero. Percepiva addirittura i battiti del suo cuore in quel contatto. Avvertì un vuoto allo stomaco.
 
Che uomo sei, principe dei Saiyan…
 
Alla vista dell’innocuo aggeggio, Vegeta si rilassò sensibilmente, studiando con interesse la scatola che lei teneva ancora tra le mani. Il profumo della pelle della terrestre, a quella distanza ravvicinata, invase il suo olfatto sensibile e convogliò altrove i suoi pensieri, mentre ancora la tratteneva saldamente… e inutilmente, perché lei non gli aveva mentito. La sentiva respirare in quella prigionia fatta di carne, priva di opposizione. Non sembrava atterrita e… aveva un buon odore.
 
Non domanderai il suo nome, Vejita, perché smetterebbe di essere un tuo ostaggio e avrebbe il tuo rispetto…
 
Mollò la presa e la lasciò andare, turbato da quella percezione estranea.
Bulma accese il portatile, agganciandolo al generatore, e avviò un particolare programma.
“Ecco” disse sorridendo “Con questo eseguirò una scansione dell’ambiente con una sorta di ultrasuono, in questo modo mi sarà possibile calcolarne il volume e di conseguenza sapere quanta aria ci rimane”.
“Augurati che non venga captato dagli scouter di quelli là fuori…”
“Impossibile a questa frequenza. Non sono così stupida!”
Lui aggrottò la fronte a quel suo continuo auto elogiarsi, che tuttavia non lo infastidiva.
Lo schermo luminoso tracciò una mappatura tridimensionale della caverna, riversando velocemente i dati in forma numerica.
“Oh!” esclamò la ragazza “Guarda, se attraversiamo quell’anfratto, c’è una zona molto vasta! Sicuramente, se ci spostiamo correremo meno rischi e staremo anche più comodi. Per l’ossigeno non c’è problema, a quanto leggo”.
“Bene” commentò Vegeta secco.
“Così non sarai costretto a tenermi praticamente in braccio come prima!” ridacchiò lei maliziosa.
“Che… Sei davvero spudorata!” ringhiò lui, arrossendo nuovamente “Muoviti!”
“Aspetta, dammi il tempo di prendere la torcia! Non ho voglia di rompermi la testa contro qualche stalattite perché tu hai fretta!”
Il Saiyan sbuffò irato, rialzandosi con sforzo e seguì con lo sguardo il nuovo lancio di una capsula, da cui uscì una potente luce portatile, che illuminò il percorso.
Il passaggio era angusto, ma riuscirono ugualmente a superarlo, sbucando nella caverna precedentemente scansionata dal computer. In effetti, lì si respirava meglio e non era totalmente buio, poiché la luminosità del giorno riusciva a filtrare attraverso gli sporadici anfratti del soffitto.
Uno sciacquio leggero segnalò alle loro orecchie la presenza dell’acqua e il raggio della torcia si specchiò su un piccolo stagno trasparente al fondo della grotta.
“A quanto pare, oggi non morirai di sete, terrestre”.
“No di certo” replicò lei “E neanche tu” aggiunse, estraendo una terza hoi-poi dall’astuccio.
Le scorte d’acqua che apparvero con un “pop!” sarebbero state sufficienti almeno per un mese. Vegeta incrociò le braccia e osservò le bottiglie allineate difronte a lui.
“Prendine quanta ne vuoi” gli offrì lei gentilmente.
“Puah, io non ho bisogno di elemosina, posso benissimo farne a meno…”
“Oh, e perché mai dovresti sforzarti di resistere se c’è tutta l’acqua che vuoi? Piantala di essere così insopportabilmente orgoglioso! Non mi devi ringraziare, se ti pesa!”
Il principe la ignorò e si diresse verso la pozza d’acqua, accompagnato dagli aggettivi “altezzoso”, “testardo” e “indisponente” gridati rischiosamente al suo indirizzo. Sogghignò e non si adirò neppure, perché far incavolare la donna irrispettosa che si portava dietro stava diventando abbastanza soddisfacente.
Si abbassò sul bordo dello stagno e si lavò il viso, pulendosi dalla polvere e dagli schizzi di sangue che lo rigavano. Poi si sciacquò i capelli, che erano sporchi di terra a causa delle cadute che aveva subito durante gli scontri con i suoi nemici.
Chissà a che punto era la sfida per la conquista delle Sfere…
Percepiva alcune energie spirituali elevatissime: forse Kakarott era finalmente giunto a destinazione. Maledizione! Lui, per contro, era al punto di partenza e ribolliva per la voglia di andare a dare una lezione a quel Saiyan di bassa lega e all’insopportabile Frieza, invece… Invece era ferito e debilitato, quindi non avrebbe concluso nulla, se non si fosse prima ripreso a dovere.
Si sollevò in piedi, strizzandosi la chioma, e piantò gli occhi sulla ragazza, che lo squadrava seccata, con le mani sui fianchi, in attesa che la degnasse di una risposta. Vegeta si avvicinò a lei, prendendo una bottiglia e bevve tutta l’acqua in un fiato.
“Non so se la pozza laggiù è potabile” grugnì a fronte dell’ironia che le lesse in volto.
“Ma certo…” replicò lei divertita “E che cosa vuoi per cena, una di quelle lucertole viola che dimora qua sotto?”
“Piantala di prendermi in giro!” sbraitò lui “Sei maleducata e presuntuosa, non credere che io non sia capace di farti tacere!”
“Senti chi parla! Hai la testa più dura del granito e ti comporti da arrogante, anche se io sono stata gentile! Sono tutti superbi come te i principi saiyan?!”
Vegeta piantò un pugno contro una roccia, che andò in mille pezzi.
“Sta’ zitta!!!” tuonò esasperato, ansimando per la collera, gli occhi neri che luccicavano di furia incontenibile.
Bulma arretrò, temendo di aver fatto traboccare il già fragile vaso della sua pazienza, ma lui rimase fermo, trattenendo a stento l’energia e tremando violentemente nel tentativo di controllarsi.
“Io…” disse tra i denti, la voce che vibrava per la rabbia “Io sono l’unico. Mio padre era il re, io sono sovrano di diritto del mio pianeta! Lo sarei, se esistesse ancora! Ma questo non cambia nulla! Io sono il principe della stirpe guerriera! Io sono Vegeta!”
La ragazza spalancò la bocca, incredula. Il pianeta dei Saiyan, quindi, non c’era più… forse era quello il motivo per cui lui era così pieno di rancore e schiumante di odio. Chissà che cosa gli era successo, in quella circostanza. Che cosa era stato costretto a vedere, a subire. Quella tristezza immensa… quello sguardo così intenso, forse era perché… Almeno un aspetto le divenne chiaro. La sua non era semplice arroganza: era fierezza guerriera, portata con estremo orgoglio e sostenuta da un senso dell’onore profondamente radicato nel sangue. Un sangue che aborriva la resa e l’umiliazione più della morte. Lei aveva girato il coltello in una piaga aperta e dolorosa.
“Mi… mi dispiace…” mormorò contrita.
Lui socchiuse le palpebre, ma non fornì neppure un indizio sul suo reale stato d’animo. Si limitò a darle le spalle e a sistemarsi poco distante, chiuso nelle sue elucubrazioni, con il mento appoggiato sulla mano.
   
 
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