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Autore: Enchalott    02/09/2018    9 recensioni
Pianeta Namekk. Bulma si sta amaramente pentendo di essere partita con gli amici per cercare le Sfere del Drago originali. Troppi nemici, troppi esseri mostruosi con poteri sovrumani, troppi interessi in gioco. Sola e indifesa, si aggira sul pianeta, cercando di salvare la pelle.
Vegeta desidera le Sfere, desidera vendicarsi di Frieza e desidera sconfiggere Kakarott. Ma deve giocare bene le sue carte e scegliere con cura i suoi eventuali alleati, per evitare di rimetterci la vita.
Che cosa accadrebbe se, diversamente dall'originale, i principe e la scienziata si incontrassero e si parlassero già in quest'occasione?
"Qualcosa le piombò addosso con la rapidità del pensiero, inchiodandola alla roccia con una forza disumana, tappandole la bocca e impedendole qualsiasi reazione. Non ebbe neppure il tempo di trasalire.
“Non un fiato…” ringhiò Vegeta, trattenendola saldamente e continuando a premerle sulle labbra con la mano, il viso a un centimetro dal suo.
Bulma si irrigidì, pensando di essere giunta alla fine dei suoi giorni. Serrò gli occhi, terrorizzata e rassegnata a subire quella sorte terribile.
Non successe nulla."
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! ^^ Innanzitutto, grazie a coloro che mi hanno lasciato un commento. Questa è una storia "fresca" e, in qualche passaggio, ho temuto di non essere stata profonda come avrei voluto. Invece, le vostre recensioni mi hanno regalato la sicurezza che cercavo. Siete stati davvero deliziosi. :)

Possibilità

Il Saiyan aveva una ferita lungo la schiena. Era quella che prima le aveva bagnato le dita di sangue. Lui non se ne curava affatto, però.
Era incredibilmente affascinante. Il suo viso, imbronciato e malinconico, era attraente, ora che si era tolto di dosso la sporcizia.  Bulma non aveva mai incontrato un uomo del genere, tanto pericoloso e misterioso. Una calamita letale e priva di umanità.
 
Ricordati che lui ha massacrato i tuoi amici, Bulma… non è da ammirare…
 
Vegeta riguadagnò la calma e si sfilò i guanti. Faceva caldo là sotto e si sentiva sempre più fiacco. Avrebbe dovuto approfittare dell’immobilità forzata per riposare un po’. Certamente, perdere il controllo come prima non era stato d’aiuto. Dannazione. La terrestre era dotata di una lingua inclemente e riusciva a fargli salire il sangue alla testa. Le sue frecciatine gli erano scivolate addosso da quando aveva deciso che non sarebbero state quelle a condannarla a morte… anzi, forse avevano contribuito a tenerlo sveglio.
La sua compassione no. Quella lo aveva mandato fuori dai gangheri insieme con l’allusione alla sua razza ormai quasi estinta. Lei non poteva saperlo, ma aveva toccato un nervo scoperto e lui non poteva affatto permettersi di mostrare il fianco. Mai. Non lui, che era un guerriero privo di altruismo, insensibile e refrattario. Era stata quella ragazza, con la sua cortesia, con la sua sconsiderata fiducia nei suoi riguardi, con quello sguardo pregno di pietà a farlo sentire sporco, solo e terribilmente, odiosamente umano.
 
Maledizione, Vejita! Perché ti infastidisce tanto che quella donna mostri empatia per te?
 
La sentì trafficare con quelle capsule esplosive e si voltò nella sua direzione. Per il caldo, si era sfilata la casacca gialla ed era rimasta inguainata nella tuta spaziale nera, che aderiva voluttuosamente alle sue forme, togliendo ogni dubbio sul fatto che, come gli aveva garantito prima, non era affatto una mocciosa. Vegeta non riuscì a staccarle gli occhi di dosso. Era aggressiva, sfacciata e… davvero bella.
“Hai fame?” gli domandò, rimboccandosi le maniche.
Il principe si riscosse e rimirò la quantità assurda di cibo sbucata da una di quelle portentose hoi-poi. Avrebbe voluto rifiutare sdegnosamente, ma i morsi implacabili che sentiva allo stomaco fecero prevalere un brusco cenno d’assenso. Inoltre, sarebbe stato opportuno rimettersi in forze in vista dello scontro ormai prossimo: aveva perso il conto dei giorni da cui era completamente a digiuno.
Si avvicinò e prese con altezzosa riluttanza il piatto che lei gli stava porgendo.
“Spero che la mia cucina ti vada a genio. Sono certa che sia meglio dell’eventuale arrosto di rettile namekiano, comunque” rise.
Hah...” rispose lui distrattamente, riempiendosi la bocca di deliziosi chicchi bianchi cotti e di quella che, forse, era verdura terrestre.
Divorò tutto d’un fiato, senza declinare la seconda offerta e neppure la terza. Era tutto incredibilmente squisito e la ragazza non sembrava sorpresa dal suo appetito formidabile. Forse perché era amica del maledetto Kakarott, che sicuramente era un Saiyan almeno nello stomaco, e preparava quelle ottime pietanze anche per lui.
 
Sapessi quanto ti detesto, Kakarott!
 
Un sorriso, fugace come un battito di ciglia, gli era balenato sulle labbra alla sua battuta culinaria. Gli aveva illuminato il volto e quegli occhi neri e spietati si erano inondati di uno splendore completamente diverso, di un calore che aveva avvolto e intaccato quello strato algido e terribile che era sua caratteristica. Un centesimo di secondo, forse meno. Poi la luce era sparita, restituendo il dominio alla tenebra che lo ammantava.
Probabilmente, non si era neppure reso conto di aver ceduto a quel riflesso incondizionato. Ma Bulma era rimasta folgorata. In primis, dalla sua espressione, che le si era marchiata a laser nel cuore. Poi, la sua agile mente di scienziata aveva pensato, nel più basso istinto di autoconservazione, che quella poteva essere la chiave per non farsi ammazzare.
 
Andiamo, Bulma… tu vuoi che lui sorrida ancora, perché hai visto un’altra persona e ti illudi di poterla tirare fuori da lì dentro, non per salvarti la pelle…
 
Lo osservò ripulire tutto con voracità, mentre gli spiegava che cosa fosse ciò che stava ingoiando tanto rapidamente, ma il Saiyan non era certo schizzinoso e faceva onore alla tavola. Anche Goku ingurgitava cibo come un’idrovora, ma lei pensò che non fosse una buona idea fare il paragone tra i due, visti i rapporti eufemisticamente poco cordiali.
“Scusami, ma da quanto tempo non mangiavi?”
Vegeta la guardò, terminando anche l’ultima portata, indeciso se alterarsi per quella che suonava come una domanda compassionevole. Ma non era così. Gli occhi della donna non mostravano pietà per lui, solo quell’eccessiva curiosità di cui aveva già dato prova in precedenza.
“Ho perso il conto…” mormorò a disagio.
La terrestre incrociò le gambe e consumò la propria parte, aggrottando le sopracciglia.
“Certo che quel Frieza è davvero un ignobile tiranno! Ma vedrai che Goku lo farà pentire di essere nato!”
Il principe sollevò uno sguardo di fuoco, evidentemente incollerito e contrariato.
“No, beh… ecco, volevo dire… Potresti essere anche tu a dargli una bella lezione invece, sei così forte, sì sì… ma intanto che sei chiuso qui, lui potrebbe… ehm…”
“Dacci un taglio” borbottò lui “Lo so che Kakarott possiede un’energia spropositata, per essere solo un combattente di infimo livello. Però sarò io ad ammazzare Frieza, alla fine. Avrò la mia vendetta. Faccio parte dell’élite e non esiste nessuno che mi sia superiore!”.
 
Sono io il predestinato… sono io il super Saiyan della leggenda!
 
“Infimo livello?” chiese lei interessata.
Vegeta posò il piatto e accettò la bevanda tiepida e profumata che lei gli stava tendendo. Decise di risponderle, per chiarire definitivamente il suo pensiero su quell’idiota.
“Al momento della nascita, ad ogni Saiyan viene misurata l’energia e in base ad essa il bambino finisce in una determinata categoria. Kakarott, che era ridicolmente debole, in quella più bassa”.
“Ma… ma com’è possibile!?” esclamò lei incredula “Sei sicuro che quell’aggeggio non fosse rotto, quando avete esaminato Goku?”
Chi!”
Vegeta la fissò stranito, come se quella soluzione buttata lì fosse effettivamente la spiegazione ad un’anomalia evidente come quella della straordinaria potenza del suo rivale.
“E’ escluso. Non è stato l’unico ad essere vagliato quel giorno, credo…” replicò piccato.
“E gli altri dove sono finiti, scusa?”
Vegeta quasi si strozzò con l’acqua calda.
“Come faccio a saperlo!!” sbottò “Non ero certo lì a guardare tutti i mocciosi della giornata! Io sono il principe, non un misero addetto alla nursery!”
“Che tristezza, però…” sospirò lei, portandosi il bicchiere alle labbra “Etichettare così una persona al suo primo respiro… Non è affatto giusto! E’ come negarle il ventaglio delle possibilità che si presentano nella vita”.
Una ruga profonda si disegnò sulla fronte del Saiyan e i suoi occhi luccicarono d’ira e di dolore. Fissò il liquido ambrato per un lungo istante, perdendosi nuovamente nelle riflessioni, in quel modo che lo rendeva distante e isolato dal resto del creato.
 “Che cosa vuoi saperne tu…” ribatté sprezzante.
“Beh!” riprese lei “Non sono aggiornata sugli usi e costumi dei Saiyan, ma con Goku avete certo preso una bella cantonata! Oppure è la dimostrazione vivente del fatto che chiunque, anche il più piccolo o il più debole o il più sfortunato può decidere cosa fare di se stesso. Cambiare il proprio percorso e dimostrare che non esiste nulla di prescritto. Migliorarsi, con la sola forza di volontà, con l’affetto e la fiducia di chi lo ama. Goku ce la mette sempre tutta, darebbe l’anima per le persone a cui vuole bene. Questa è la vera forza. Quella che conta!”
Vegeta spalancò gli occhi e avvertì chiaramente un’incrinatura nel petto. Il suo cuore prese a battere più forte, come se quelle parole avessero risvegliato in lui un’emozione.
Possibilità.
Il termine gli era saettato nel cervello come una luce improvvisa, una luce che non aveva mai avuto occasione di sperimentare nella sua esistenza. Prendere un’altra strada… ma perché mai avrebbe dovuto? Lui era venuto al mondo per combattere, per dominare! Per avere quella vendetta che gli si gonfiava dentro sin dal giorno in cui era stato costretto ad accettare di lavorare per Frieza. Riscattare il proprio onore o morire in quel tentativo, quella era la sua via, la sua possibilità. E poi sfidare Kakarott e farlo annegare nel suo stesso sangue, quello che aveva rinnegato con la sua stupida bontà e la sua patetica generosità di matrice terrestre.
La vera forza è data dall’affetto e dalla fiducia di chi ci ama? Ridicolo!
“Stai dicendo delle assurdità!” saettò iroso.
“Non pretendo che tu sia d’accordo, visto il tuo modo di agire. Ma se ci pensi bene, non puoi darmi torto!”
Il principe iniziò a ridere sommessamente, scuotendo la testa e ficcandole in faccia due occhi terribilmente scuri.
“Rispondi a questa semplice domanda, allora. Quello di cui parli con tanta convinzione è servito a salvare la pelle ai tuoi amici, quando si sono scontrati con me sulla Terra?”
Bulma deglutì, rivangando le terrificanti immagini della morte di Yamcha, di Ten-Shin Han e di Jao-zi. Rivivendo lo scontro violento e disperato con i Saiyan invasori, sperimentando ancora la sensazione di devastante impotenza davanti a quei poveri corpi senza vita, sentendo le lacrime pungere atrocemente.
Lui sogghignò spietato, osservando la reazione emotiva e viscerale che aveva provocato in lei.
Hah, la tua espressione la dice lunga! Puoi anche non rispondermi”.
La ragazza sollevò il viso, adirata e decisa.
“No.” ribatté senza tremore nella voce.
“Parli a vanvera, al solito! Io vi compatisco!” aggiunse lui tra i denti.
“E’ servito a te!”
Vegeta spalancò gli occhi e sussultò, stringendo istintivamente la mano per non far cadere il recipiente. Uno schiaffo di una potenza incredibile. Quelle parole, pronunciate con sicurezza, lo colpirono al petto. Nell’orgoglio. Nella sua intera essenza.
“Cosa…?!”
L’esclamazione gli uscì strozzata dall’incredulità e dalla collera, che iniziò a montare come un’onda incontrollabile.
“Hai sentito benissimo. Se Goku non fosse stato retto e altruista, non avrebbe impedito a Krilin di ucciderti. Ti ha percepito come un avversario dignitoso e ammirevole, non come un verme da schiacciare. Come un fratello e per questo ti ha dato una possibilità. Se il piccolo Gohan non avesse voluto bene a suo padre, non sarebbe intervenuto a difenderlo, lanciandosi addirittura contro di te, incurante della propria incolumità! E se io non amassi i miei amici, non starei qui a cercare le Sfere di Namek per riportarli in vita! Per riaverli con me a tutti i costi!”
 
Per te, non lo farebbe nessuno, Vejita. Nessuno piangerebbe per te…
 
Non riuscì più a controllare la forza e il bicchiere esplose in schegge.
“Tu… tu credi che io sia felice di essere stato risparmiato!?” tuonò al colmo della furia “Voi ve ne pentirete! Tutti, fino all’ultima, amara lacrima! Io non vi lascerò in vita e non sarà certo il Drago di questo insulso pianeta ad aiutarvi a tornare dall’altro mondo, quando avrà esaudito i miei desideri! Kakarott morirà… e come lui il suo inutile figlio mezzosangue!”
“E dopo?” ribatté Bulma, asciugandosi una lacrima indisciplinata, prima che potesse scorrerle lungo il viso ed essere notata da lui “Che cosa faresti?”
Vegeta la fissò sconcertato. La domanda non aveva senso. Aveva già risposto in precedenza a quell’insolente terrestre: avrebbe regnato in un cosmo a lui sottoposto, sarebbe stato il primo, l’essere più potente del creato, si sarebbe trasformato in super Saiyan e a quel punto nessuno avrebbe mai osato sfidarlo e…
“Non sono affari tuoi!” ringhiò astioso.
“Lo sono, invece! Ci abito anch’io in questo universo! E se devo morire, voglio sapere almeno il perché, dato che non ti ho fatto nulla!”
Il Saiyan imprecò mentalmente. Quel battibecco lo innervosiva, lei era eccessivamente petulante e non riusciva a tenere chiusa quella boccaccia… Maledizione!
 
No, Vejita… la donna sta centrando esattamente il punto… e ascoltarla ti sta facendo uno strano effetto…
 
Sghignazzò sguaiatamente in risposta.
“Effettivamente, potrei anche lasciarti respirare… sei comica in fondo!”
“Lo so! Sarebbe un peccato uccidermi, non solo perché sono terribilmente carina…” replicò lei senza scomporsi.
Il principe osservò con fastidio la sua espressione trionfante, che aveva sostituito il dolore momentaneo che l’aveva attraversata, e non ebbe neppure il tempo di interrogarsi in merito, perché lei riprese a parlare.
“Sono riuscita anche a farti sorridere! Credo che sia un record… o no?”
Lui spalancò gli occhi per lo stupore. Si era accorto di come aveva reagito: di cuore e non di rabbia e la sua pesante oscurità si era dissipata per un millesimo e…
“Questo non cambia le cose! Al contrario, io ti ho fatta piangere!”
Lei non replicò. Versò ancora della bevanda, lo sguardo celato dalle lunghe ciglia.
“Tieni. Si chiama cha… è fatto con particolari foglie essiccate al sole e fa molto bene…”
Vegeta bevve, domandandosi come mai lei fosse ancora in grado di conservare il buon umore e la cortesia nei suoi riguardi, dopo che lui aveva ribadito senza ritegno le sue efferate intenzioni. Dopo che l’aveva trattata con disprezzo. Dopo che le aveva già dimostrato di saper uccidere a sangue freddo. Dopo che era riuscito a farle interiormente male.
“Fa bene a cosa?” chiese guardingo.
Lei gli sorrise e quegli occhi turchesi, alla luce artificiale che rischiarava la caverna, luccicarono meravigliosi, straripanti di dolcezza e privi di umiliante compassione. Lesse una profonda tenacia, una sfacciataggine conturbante, una capacità di amare sconvolgente. Persino difronte a un assassino come lui erano limpidi e privi di paura.
“All’orgoglio ferito” sussurrò delicatamente.
Vegeta dovette ingollare due sorsi di tè e strapparsi un secondo di pausa. E poi buttare giù un altro goccio bollente. Per spingere in fondo all’anima e nascondere disperatamente il nodo che gli serrava implacabilmente la gola. Lo ricacciò giù mentre il cuore rallentava e la furia incontenibile che lo manteneva in piedi si disperdeva, rarefacendosi come ossigeno in alta quota. Sospirò, nello sforzo autoimposto di rimanere impassibile davanti a una realtà che gli scavava l’io interiore e che lo colpiva nel punto più vulnerabile.
 
Maledizione, donna…
 
“Anche se per te sono una creatura inferiore, non pensare che io non possa capirti, se tu decidessi di spiegarti in modo civile, Vegeta. Magari non ti approverei, ma…”
“Io non ho bisogno dell’approvazione di nessuno!” esclamò lui irato.
“Già…” mormorò lei.
Lui era pallido e si asciugava in continuazione il sudore dalla fronte. Faticava a tenere gli occhi aperti e stava seduto a terra davanti a lei, con la mano che tremava impercettibilmente. Era teso e stanco, ma forzava se stesso a non cedere, trincerato in quella caparbietà estrema che tanto lo rendeva simile a Goku. Però quello era meglio non farglielo notare.
Bulma aprì un’altra capsula e ne trasse l’attrezzatura per il pronto soccorso.
Il Saiyan gettò un’occhiata sul contenuto, inarcando un sopracciglio. Esaminò la terrestre con più attenzione e non gli sembrò ferita. Ma che diavolo… non poteva essere!
“Permettimi di medicarti” gli disse lei, sciogliendo tutti i suoi dubbi.
“Che…?!”
“Lo so che non ti va di accettare il mio aiuto, ma non arriveresti da solo a quella lesione neppure se fossi un contorsionista”.
“Bah!” grugnì lui, girandosi dall’altra parte, oppositivo.
“Hai detto che vuoi combattere, no? Da quanto ho dedotto, ti conviene essere al top della forma contro quel pazzo di Frieza…”
Il principe le lanciò uno sguardo in tralice, perseguendo nell’atteggiamento di rifiuto.
“A meno che tu non voglia lasciare la battaglia a Goku, perché stai troppo male…”
Colpito e affondato.
“Ma come osi!!”
Vegeta si voltò, furente, ma dovette ammettere che la ragazza non aveva tutti i torti. Se anche lei, che non era in grado di percepire il suo ki, era giunta alla conclusione che non si reggeva in piedi, doveva proprio essere visibilmente al limite della resistenza. Sarebbe stato illogico scartare quell’offerta per orgoglio.
“Non dirmi che ti vergogni perché sono una donna…”
Per tutta risposta, il principe le si avvicinò e le piantò in faccia uno sguardo infuocato.
“Io detesto essere toccato” ringhiò “Soprattutto se chi lo fa è un penoso, debole…”
“…terrestre!” concluse lei con un sospiro “Ho capito che non sono di tuo gradimento, ma qui hai solo me! E poi sei tu che mi sei piombato addosso per primo! Ci siamo già toccati abbastanza per mettere in campo tutte queste storie, non credi? Avresti dovuto pensarci anzitempo!”
“Sei davvero rozza!” gridò lui, avvampando.
“E tu sei un testone!”
“Che cosa!? Mi sto seriamente chiedendo che cosa mi trattiene dal farti fuori!!”
“Il fatto che ti debba curare la ferita?” propose lei con un sorrisetto.
“Oooh…” fece lui rassegnato, portandosi una mano alla fronte “Faccio fatica a capire…” si lasciò sfuggire in un brontolio.
“Se parli del motivo per cui ti sto aiutando, non sforzarti…” affermò lei.
Vegeta sgranò gli occhi e la fissò, mentre dalle sue iridi nere emanava un buio intenso, ma privo di ostilità. Solo terribilmente ostinato, come l’unica, l’ultima difesa contro la sofferenza.
“Non mi sottovalutare” affermò, stranamente pacato “Non sono un idiota. Me l’hai detto prima il tuo perché. Hai parlato di possibilità. Ma sbagli a pensarlo. Io non ti aiuterei, se tu fossi ferita. Semplicemente, non me ne importerebbe nulla. E non provare neppure a credere che io te ne possa essere in qualche modo grato!”.
Bulma socchiuse le palpebre e gli restituì uno sguardo privo di ombre. Gli sorrise lieve.
“Non ho mai messo in dubbio la tua intelligenza. Solo le tue ferree ed eccessive certezze. Che cosa faresti? Non puoi saperlo, finché non ti troverai dentro alla situazione che descrivi”.
Lui emise una breve, sarcastica risata.
“Lo so benissimo, invece. Come so che non risparmierò Kakarott solo perché lui ha deciso di lasciarmi stupidamente andare via vivo”.
La ragazza prese il fiato e abbassò per un istante le palpebre, come se stesse riflettendo. Poi sollevò il viso e lo guardò dritto in faccia.
“Sbagli” affermò categorica “Quando tu sei venuto sulla Terra e i tuoi Saibaimen hanno ucciso il mio ragazzo… e tu hai massacrato senza pietà gli altri guerrieri intervenuti in difesa del loro pianeta… io non avrei mai pensato che avrei condiviso il cibo con te in questo modo e neppure che avrei voluto curarti. E che ti avrei trattato con gentilezza e che avrei dialogato con te, come se quei fatti terribili non fossero mai accaduti. Invece… lo sto facendo…”.
Vegeta spalancò la bocca, ma la voce non gli uscì.
L’incrinatura dentro di lui si approfondì, come una lacerazione intensamente dolorosa. Il suo cuore perse un battito. Nessuna vendetta. Quelle poche frasi erano state pronunciate da lei con tristezza, ma senza alcun accento di rivalsa. Chi, meglio di lui, avrebbe potuto riconoscere il desiderio di rivincita in un altro cuore ferito? Ne constatò solo l’assenza. E per quale ragione la terrestre gli raccontava questo senza l’ira che si sarebbe aspettato? Non era possibile che lei fosse tanto… Com’era possibile che lei lo trattasse così… anche se lui… anche se… Perché!?
 
Ah, Vejita… questa è la possibilità…
 
“Non provo alcun rimorso, se è quello che vuoi sapere!” ribatté aspro, ma i suoi occhi si abbassarono a terra per un attimo, prima che tornasse a osservarla.
“Girati” rispose lei, indifferente alla dichiarazione ostile.
Chi! A chi credi di poter dare ordini?”
“A quello che non vuole farsi passare davanti da Goku per la seconda volta”.
“Ti pentirai di avermi aiutato!”.
“Sarà un problema mio”.
“Sei avvisata!”
   
 
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