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Autore: PrincessintheNorth    03/09/2018    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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KATHERINE

 

 

Penso sia inutile dire che dormimmo poco e male.

O almeno, Murtagh dormì poco e male.

Io non chiusi occhio tutta la notte, perché Belle, dopo il terzo risveglio in un’ora, non ne voleva sapere di riaddormentarsi.

A quel punto, Murtagh non ce l’aveva più fatta e non era riuscito a svegliarsi, perciò (di nuovo) con la piccola avevo giocato io, perché ovviamente mica si svegliava per mangiare o per il pannolino sporco. No, lei voleva giocare, e sembrava che al momento il suo gioco preferito fosse abbraccia-la-mamma.

Cucciola.

-        Hai un papà schiappa. – commentai facendola saltellare. – Un papà che non si sveglia. Dobbiamo allenarlo a stare sveglio. Tanto adesso non c’è mica motivo perché si riposi, vero? Il cattivo l’ha preso insieme al nonno e allo zio, e non deve stare sempre in forze. Può giocare con noi e poi dormire tutto il giorno. Anche se, in effetti, adesso è giorno …

Dovevano essere almeno le nove del mattino, ma tra il parto e tutto per noi, per il sonno che avevamo, era come se fosse notte.

Belle fece un versetto d’assenso, come a dire “in effetti hai una discreta dose di ragione anche te, mamma”.

Poco prima, aveva avuto un rigurgito e aveva sporcato la tutina a leoncino che la rendeva ancora di più l’orgoglio supremo di Murtagh, così le avevo messo una mia vecchia tutina rossa su cui papà, con la magia, aveva cucito una codina a punte e due piccole ali da pipistrello: adesso Belle era un piccolo e ancor più tenero draghetto.

-        Vero che ti piace di più questa tutina, amore? E certo. Ha le ali, e la coda … e così sei un drago come Antares e Castigo. Sei una super minibimba. Poi, con la bellissima copertina della nonna …

Mamma le aveva fatto una copertina di lana bellissima, con i colori e lo stemma della famiglia, il drago rosso in campo nero. Pensando però che, per una neonata, una copertina nera non fosse il massimo della vita, aveva alternato i colori, facendo la coperta rossa e il drago nero. Gliene aveva poi fatta un’altra con lo stemma della famiglia di Murtagh, il leone di un colore particolare, come argento con riflessi viola (papà mi aveva detto che Morzan aveva scelto appositamente quel colore, prima che la pazzia e il dolore lo divorassero, per omaggiare Maegor, il suo drago, Mavis e la sua dragonessa e infine la piccola Katherine, che era l’unione dei Cavalieri d’Argento e Viola) sullo sfondo nero anch’esso.

Poco prima, Alec le aveva persino portato una giostrina a carillon per la culla, con attaccati dei pupazzetti a pecorelle.

“Così saprà come consideriamo i nostri nemici” aveva sorriso pericoloso. “E come vengono trattati in casa dei draghi”.

In quel momento, Murtagh brontolò qualcosa nel sonno e si rigirò: con quel movimento, però, si era preso la maggior parte delle coperte, e questo non ci stava affatto bene: anche Belle aveva fatto un versetto di disappunto.

-        Ma guarda te questo papà … un ladro di coperte.

Con la mano libera, diedi uno strattone alle coperte e ce le riprendemmo.

Ovviamente, ciò non fece piacere a Murtagh, che ce le rubò di nuovo.

La cosa andò avanti per almeno dieci minuti, e senza che lui si risvegliasse, ma alla fine ci salvò April, che entrò, ovviamente, urlando.

-        ADESSO PELO’ VOLIO CONOSCELE QUETTA BIMBA BELLE TATA! LA MAMMA DICE CHE OLA POSSO!

Quello svegliò Murtagh, che si tirò su in serio stato confusionale, ma con i capelli perfetti.

-        Chiunque osi urlare ancora. – sibilò. – Scoprirà cosa vuol dire avere a che fare con un Murtagh incazzato.

Era serio, ma April riuscì a comicizzare pure lui.

-        Ma tanto lo so che non ti allabbi con me pecché mi vuoi bene molto tanto e poi se ti allabbi con me il mio papà ti dice bbblutto, così poi tu piangi con i laclimoni e capisci che hai fatto una cosa bbbbluttissima ad allabbialti con me.

Per esperienza personale, sapevo che non era il caso di parlare troppo ad un Murtagh appena sveglio, perché non avrebbe capito assolutamente niente di ciò che gli era stato detto.

E infatti …

-        April … ma perché dovrei mangiare cavoli a colazione? – fu la sua risposta.

-        Ma è velo che oggi è il tuo compelanno e allola fai la festa con la tata pecché ieli che ela il suo di compelanno lei non l’ha fatta pecché doveva nascele la bimba Belle e allola la fai anche con il mio papà pecché lui e la tata fanno il compelanno lo stesso giorno?

Stavolta, Murtagh non rispose nemmeno.

-        Sì, April. – risposi io per lui. – Oggi è un po’ più vecchio.

Stranamente, o forse no, quello Murtagh lo capì benissimo.

-        April, ma se adesso io ti spedissi a fare il solletico a quella stronza di tua sorella … - ridacchiò.

-        Ooooh, io ho semple desidelato fale il solletichino alla tata Multy! – fece lei, estatica.

-        Nessuno può farmi il solletico! Ho l’immunità da Belle! – li fregai invece io, stringendo di più la bimba.

Che nel frattempo, però, aveva iniziato a piangere per via del troppo rumore.

-        No, cucciola …

-        April, adesso devi stare un po’ tranquilla. – le spiegò Murtagh, che ormai era perfettamente sveglio. – Sennò Belle piange.

-        E pecchè?

-        Perché è ancora piccolina e troppo rumore la spaventa.

-        Ma è piccolina ma ploplio piccina picciò?

-        Esatto.

-        Ma pecchè ola la tata non ha più il pancino glande?

-        Perché dentro c’era Belle, e ora è fuori.

-        Oh che bello, è tonnata magletta maglolina e bellina come la mia mamma e Audley! Ma ola quetta bimba la posso vedele?

Belle si era calmata e aveva ripreso a succhiarmi la nocca dell’indice, così gliela feci vedere.

Per un po’, April non disse niente, guardandola rapita.

-        Ma è piccola! – protestò.

-        Te l’avevo detto. – ridacchiò Murtagh, prendendosi la delusa April in braccio. – Che ti aspettavi?

-        Che ela glande come me!

-        Ma tutti i bimbi appena nati sono piccoli così, nanetta. – le spiegò. – Anche tu eri così. Forse eri un po’ più grande, ma appena appena. Poi crescerà e diventerà grande come te.

-        Oh … - sembrò già meno delusa. – Ma quindi non posso giocare con lei a tirare la coda al gattino della tata?

L’espressione terrorizzata di Murtagh fu impagabile.

-        April … - gli tremava persino la voce.

-        No. – risposi divertita. – E non lo puoi fare neanche tu, o Blake ti graffia.

-        Uffii … ma quetta bimba Belle le dice già le palole come noi glandi?

-        No, per ora piange. – commentò Murtagh, leggermente più tranquillo ma ancora piuttosto spaventato.

-        E basta?

-        Sì. No, beh, fa qualche versetto … ma più che altro piange, urla e strepita.

April annuì lentamente, continuando a guardare rapita la sua nipotina.

-        Ma la posso tenele un pochettino in blaccio come te tata?

-        Sì, puoi provare … guarda, ti aiuta Murtagh.

Le misi Belle in braccio, e per i primi secondi tutto andò bene.

Poi la piccola fece un’espressione arrabbiata e iniziò a piangere, così la ripresi.

-        Questa passerà alla storia come la mattina del pianto.

-        Ma non mi vuole? – sussurrò April, con gli occhioni verdi pieni di pianto.

-        Ma sì che ti vuole, cucciola. – la rassicurò Murtagh coccolandola. – è solo che adesso che è così piccolina ha paura di stare in braccio a qualcuno che non è la tata.

-        Ma io mica la butto dalla tolle! Io sono blava! Guadda che la mamma me lo dice semple, che sono una blava bimba! – protestò.

-        Lo so, ma lei non lo sa.

-        E diglielo allola!

-        Non capisce le parole dei grandi. – ridacchiò. – Però ti vuole un sacco di bene. Guarda, se vuoi riproviamo a prenderla in braccio, ti va?

Un po’ sospettosa, April annuì, e la aiutammo a tenere la piccola, che stavolta non urlò, ma guardò incuriosita la sua zia formato bimba.

E infine, le regalò un bel sorriso luminoso, rendendo April felicissima.

-        Tata mi vuole bene! – esultò.

-        E perché non dovrebbe?

Alla fine, ci raggiunse anche Annabeth, e passammo ciò che restava della mattina a giocare con loro.

 

 

 

Due ore dopo, Murtagh aveva messo il muso.

Si era arrabbiato perché non voleva che papà vedesse Belle, perché invece di uccidere Grasvard l’aveva imprigionato.

Io invece non vedevo il motivo per cui non dovesse conoscere sua nipote, e sapevo che, se aveva scelto di tenerlo in vita, doveva aver avuto delle ottime ragioni.

-        Non m’interessa. – sibilò. – In questo stesso momento sta mettendo in pericolo la vita di Belle, Katherine.

-        Murtagh. È rinchiuso, legato come un salame e controllato a vista dai maghi. Belle ha noi, lui, Sìgurd, i draghi, i miei soldati … non lo so, io tutto questo pericolo non lo vedo …

-        Finché è vivo è in pericolo! Lo siete tu e Belle, oltre che chiunque altro! – urlò, e come c’era da aspettarsi la piccola si spaventò, iniziando a piangere.

-        Non succede niente, amore … - cercai di calmarla, ma smise di piangere solo quando le diedi il suo pupazzetto preferito, il cagnolino. – E tu vedi di non urlare più.

Sbuffò.

-        Adesso vado ad ammazzarlo.

-        Non è una decisione che spetta a te, ma a mio padre.

Lo sguardo che mi rivolse … era degno di quello che aveva indirizzato a John ai tempi del nostro litigio a Lionsgate.

-        Non mi sembra che George sia figlio di tuo padre, o Lionsgate una sua proprietà. – sibilò.

-        Vuoi davvero metterti a fare il conto dei danni? – ringhiai, perché potevo accettare di tutto, ma non che usasse George per giustificare la sua violazione di un provvedimento preso da mio padre. – Pensaci bene, perché non ne usciresti vincitore.

-        Katherine …

-        Per la legge, Grasvard è un suddito del Nord, quindi tu non ci puoi mettere becco …

-        Non ci posso credere. – rise amaramente. – Stai difendendo quel verme dopo quello che ti ha fatto.

-        Non lo sto difendendo, idiota, sto proteggendo te da un processo! – stavolta urlai io, e misi la piccola in braccio a Sheryl perché la portasse via da quella situazione. Non era il caso che a meno di due giorni di vita vedesse i suoi genitori litigare. – Ti rendi conto che se lo ammazzi violi la legge?

-        Cosa credi che mi interessi?!

-        Ti dovrebbe interessare perché in tal caso io sarei costretta dal mio ruolo a votare per la tua condanna, e non ho voglia di vederti in cella o alla gogna!

-        Quanto credi che ci metta a scappare dalla prigione? Non sarebbe certo la mia prima volta. – mi prese in giro. – Oppure potrei pagarmi l’uscita.

-        Lo sai che, da incarcerato, non avresti il minimo diritto sul tuo patrimonio? In ogni caso, le prigioni qui non sono come nell’Impero, te lo dico per esperienza personale. È impossibile uscirne. Inoltre, non credi che se papà lo sta tenendo vivo forse è per fargli ben più male di una morte istantanea?

Per me, quello era stato evidente fin da subito. Inoltre, quando gli avevo chiesto spiegazioni riguardo a ciò, dopo che Murtagh e Belle erano usciti, il ghigno malvagio che gli si era disegnato sul suo volto aveva parlato chiaro. Non era sceso nei dettagli, si era limitato ad un semplice “vedrai”, ma sapevo che preparava qualcosa di speciale e tremendamente doloroso per lui.

Lentamente, Murtagh mi squadrò. Era ancora arrabbiato, ma sembrava valutare l’idea di prendere in considerazione la mia opinione.

-        Se tuo padre non lo ammazza entro domani, Shepherd. – ringhiò. – Non mi farò far su un’altra volta.

-        Non sto cercando di farti su, per tutti gli dei, ma di evitarti la prigione!

-        Questi sono i miei termini. – sentenziò.

Sospirai, capendo che, per il momento, non era possibile farlo ragionare. Era in piena fase leone, ovvero nel-dubbio-sbrano-tutti. Poteva far paura, ma era meglio lasciar perdere, o sarebbe riuscito a risvegliare il drago (fin da quando avevano avuto inizio, avevo chiamato così le perdite di magia dovute alla collera) che sapevo, dentro di me, ruggiva per uscire. E non gli sarebbe piaciuto.

Non sarebbe piaciuto a nessuno nel castello, e da quanto sentivo, a nessuno in tutta Winterhaal.

-        Va bene.

 

 

 

 

Ovviamente, anche a pranzo si respirò un’aria tesissima, e ciò m’impedì di gustarmi come dovevo il mio primo pranzo libera dalle negazioni della gravidanza.

Decisi di aspettare, e aspettare, ma quando arrivò il dolce era evidente che Murtagh non la piantava di comportarsi come un bambino viziato, perché si rifiutava insistentemente di rivolgere anche solo il saluto a papà e teneva il muso.

-        Mi piace molto questa torta. – dissi. – è veramente buona. Sarebbe più buona se però si potesse mangiare in un clima un po’ più rilassato.

-        Se devi dire qualcosa fai il piacere di farlo subito. – sibilò Murtagh.

-        In realtà. – intervenne papà. – Penso che sia tu quello che non stia dicendo quello che pensa.

-        Che intuizione. – commentò.

Nonostante il tono di scherno, papà non perse la pazienza.

-        Suppongo sia ancora per Grasvard. Ma lascia che sia io a fare una domanda a te. – gli piantò gli occhi addosso, con un ghigno feroce, lo stesso che mi aveva rivolto quando gli avevo posto la fatidica domanda. – Dimmi, Murtagh, hai mai sentito parlare dell’aquila di sangue?

Istintivamente, un gran sorriso incurvò le labbra sia a me, che a tutto il resto della famiglia (April e Annabeth non erano presenti, avendo deciso di fare il “pranzo tra ragazze” in camera di quest’ultima), mentre Murtagh assunse un’espressione confusa.

-        Lo sapevo. – sorrisi. Finalmente quel bastardo avrebbe avuto quel che si meritava. – E spero che un colpo me lo lascerai dare.

-        Ne vanno dati ventiquattro, draghetto, ne potrai dare ben più d’uno.

-        Molto bene.

-        Qualcuno mi spiega?! – fece Murtagh, che ormai non capiva più niente di quello che stavamo dicendo.

Alec lo fissò stranito. – Non conosci l’aquila di sangue?

-        Dovrei?

Sigurd mi diede di gomito, strizzandomi l’occhio.

-        L’ho sempre detto, è un tenero figlio dell’Impero.

-        Un cucciolino dolce.  

-        Il tenero figlio dell’Impero cucciolino dolce potrebbe seduta stante appendervi a … -iniziò Murtagh a infervorarsi, ma papà arrivò a placare i bollenti spiriti.

-        Se non sa cos’è l’aquila di sangue, allora vedrà. – disse.

-        Non è il caso di accennargli, anche in minima parte, ciò che prevede? Potrebbe sconvolgersi. – commentai.

-        Katherine! – protestò, con una faccia del genere “tu sei mia moglie e dovresti difendermi!”.

-        O restare traumatizzato. – conclusi.

Papà lo squadrò, poi annuì. – Forse è il caso di spiegarglielo, ma non a tavola. In ogni caso, non preoccuparti. Lo porterà alla morte in un modo ben più doloroso di quello che proponevi tu.

-        Allora va bene. – accettò, e in un attimo la tensione nell’aria si sbloccò.

-        E sappi. – aggiunse papà, divertito e con un’espressione leggermente sadica. – Che per far sì che provi il maggior dolore possibile gli sto persino dando da mangiare.

-        Ma così sentirà meno male. – obiettò Alec. – Insomma, non è meglio che ci arrivi a stomaco vuoto?

-        No. – commentai. – Se arriva senza mangiare, sarà intontito dalla fame, mentre se arriva ben sazio, la pancia piena lo renderà più rilassato e annebbiato. Ma se, quando inizieremo, sarà leggermente affamato …

-        Avrà il peggior dolore che si possa provare. Ah, Katherine, sappi che sei prenotata per tutto il pomeriggio. – mi avvisò. – C’è qualcuno che vuole conoscerti.

-        E chi? Senti, ho appena partorito, non sono assolutamente in vena di incontri diplomatici o cose simili, mi hai anche messa in maternità, non …

-        Tranquilla, ti piacerà.

-        È chi so io? – fece Murtagh con uno strano luccichio negli occhi.

-        È chi sai tu. – confermò.

-        KATHERINE! – il grido di Sheryl mi raggiunse quasi prima del pianto di Belle. – Scusa, ma non la smetteva di piangere, credo voglia te …

In un attimo, avevo la mia cucciola tra le braccia, che subito si era calmata.

-        Ehi, brutta viziata … guarda che non ci si comporta così con la zia Sheryl …

-        Viziata sì. – ridacchiò Murtagh. – Ma brutta direi di no.

Ma ormai, sia Belle che il suo nonno avevano gli occhi fissi l’uno nell’altra, e poco dopo lei fece un versetto felice nel ritrovarsi tra le sue braccia.

-        Ma … ma che bella bimba che è arrivata … un’altra BabyKatherine … una piccola BabyBelle … eh sì, sei veramente identica alla tua mamma, anche gli altri tuoi nonni avrebbero detto lo stesso … - era talmente preso che non notò lo sguardo di Murtagh indurirsi. - Spero tu non lo sia anche nel carattere.

-        Ehi!

-        È vero! – rise. – Non ci hai fatti dormire per un anno! Oh, e non perché fossi affamata, tu volevi giocare!

-        Allora l’ha preso da lei, il carattere. – sospirò Murtagh. – Non mi si prospetta un bel futuro. Katherine, a futura memoria, basta bambini. Basta così.

-        È solo un pregio avere il mio carattere. – sbuffai.

-        Dispotica, sanguinaria, simpatica come la puntura di una vespa, gentile come un calabrone che ti si infila nel … - iniziò ad elencare Alec.

-        Vuoi davvero che faccia una lista dei tuoi, di difetti? – lo minacciai.

-        Chiedo umilmente perdono, BabyKatherine. – si scusò immediatamente.

-        Ecco.

Finimmo il dolce, e dopo un po’ il sorrisetto strano di Murtagh si spiegò.

-        Esperienza personale? – mi chiese divertito.

-        Cosa? – fece Alec.

-        Niente, mi chiedevo per quale motivo tua sorella avesse conosciuto le prigioni di Winterhaal.

-        Ah, questa è una storia di quelle succulenta. – ridacchiò l’altro. – Immaginati una Katherine Shepherd di quindici anni completamente sbronza che in compagnia di pirati della peggior specie inizia a cantare in piedi sulla statua che c’è in piazza. A un certo punto, le guardie l’hanno sbattuta in galera con la sua allegra combriccola. – raccontò, mentre io sprofondavo sempre di più dalla vergogna. – Una notte dietro le sbarre sa fare miracoli. Adesso si ubriaca senza i pirati, infatti. Almeno, quando è qui. Al Tridente comanda lei e nessuno può metterla in galera, quindi lì si libera.

Lo sguardo che Murtagh mi lanciò … seppi d’istinto che, a seguire dell’incontro con la persona misteriosa che papà voleva presentarmi, ci sarebbero state innumerevoli prese in giro.

-        Dobbiamo andare al tuo castello tetro più volte, cara. Ubriaca fradicia non ti ho mai vista.

 

 

 

 

 

 

 

 

_______

 

 

Eccomi tornata con un nuovo capitolo! E così sappiamo cosa si beccherà Grasvard (si ringrazia Ragnar Lothbrok, Vikings e i veri norreni per l'idea😂) e si ringrazia anche Martin per il "risvegliare il drago": dopotutto gli Shepherd sono i Draghi del Nord e per creare Katherine mi sono ispirata sia a Daenerys che a Rhaegar, quelli a cui ogni tanto si risveglia il drago dalla rabbia, solo che nel caso di Katie ho aggiunto pure perdite di magia mortali ahahahah!

Vi lascio con una domanda da un milione di dollari: chi incontrerà Katherine nel prossimo capitolo?

Come sempre, se il capitolo vi è piaciuto (e anche se non) fatemelo sapere in una recensione!

Alla prossima!!!

   
 
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