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Autore: Happy_Pumpkin    11/09/2018    4 recensioni
“Vieni, Nemeo: ti aspetto, stronzetto!”
Quasi richiamato dalla provocazione, un enorme leone gli balzò addosso, ma Naruto fece una potente torsione del busto che si concluse con uno schianto della robusta mazza in legno contro la mandibola spalancata della creatura, pronta a divorare l’intero carretto.
Il leone finì nella polvere in un ruggito frustrato, per poi sparire in una pioggia di pixel dorati.
“Uno a zero per me, yeah!”
Sasuke, decisamente, non sapeva se essere più stupito per quello strike portentoso contro un leone volante, o se per il fatto che Naruto si fosse ricordato del leggendario leone Nemeo ucciso da Ercole in una delle sue fatiche. L’aveva pure soprannominato stronzetto, ma quelli erano dettagli.

Un archeologo, un tester di videogiochi... sopravvivranno?
[Fanfiction scritta per il raduno del gruppo SasuNaruFanfiction Italia | SasuNaruSasu]
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Madara Uchiha, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Terzo Capitolo


Per una volta, il rumore delle acque scroscianti non fu per i due viaggiatori virtuali una fonte di disagio, o segno di una morte prossima, bensì rappresentò un suono confortante, quasi un ritorno a casa. Nonostante questo, quando giunsero di fronte alla meravigliosa Fontana di Trevi, non ebbero comunque modo di tirare proprio del tutto un sospiro di sollievo: la fontana in parte era effettivamente come la ricordavano, con i cavalli, l’acqua e l’elaborato corredo artistico, coperto però da… un gigantesco maxischermo bianco, le cui basi affondavano fin nel pavimento in marmo.
Di fronte, sul lastricato, c’erano due poltrone rivestite di tessuto rosso, simili a quelle che si potevano trovare al cinema, peccato che di un normale cinema non ci fosse un bel nulla; oltretutto, ben presto sia Sasuke che Naruto si accorsero che i cavalli in marmo avevano preso a eiettare improvvisamente pop-corn, anziché acqua.
“Sedetevi, prego, la proiezione sta per cominciare.”
Si levò nell’aria una voce meccanica, simile a un registratore standardizzato; a tratti sembrava provenire dall’interno della fontana – che nel frattempo si stava riempiendo in misura sempre maggiore di pop-corn e meno di acqua – a tratti dal cielo stesso, quasi come se i tuoni all’orizzonte ormai scuro avessero preso una forma sonora simile alla parola.
I due si guardarono un istante.
In maniera progressiva, tutte le luci del cielo cominciarono a cambiare: il sole fittizio del giorno aveva lasciato posto alla luna e alle stelle che si affacciavano sul panorama di una serata estiva; mancavano le cicale che frinivano e, di per sé, il venticello piacevole dopo una giornata di caldo, ma l’effetto avrebbe potuto essere molto simile. In un certo senso, più si incamminava con sospetto verso i posti a sedere, più Sasuke aveva l’impressione che la notte stesse calando.
Quando finalmente giunsero di fronte alle poltrone, Naruto lo guardò con la faccia di chi si aspettava di dover saltare via per evitare di essere azzannato dalla sedia reclinabile; allora l’archeologo fece un cenno di esortazione, consapevole del rischio di poter realmente fare una fine simile.
I due si sedettero quasi in contemporanea, l’uno accanto all’altro, ma appena poggiarono le natiche sulla soffice imbottitura si accorsero che, a dispetto delle nefaste previsioni, non stava succedendo assolutamente nulla; anzi, il cielo sembrava persino aver smesso di scurirsi e di contorno si erano accese delle luci molto poetiche ai bordi della fontana, per quanto sostanzialmente la magia del riflesso luminoso sull’acqua fosse andata totalmente persa, a causa del sovraffollamento dei pop-corn che ogni tanto scoppiettavano.
Ancora un po’ in tensione, per quanto apprezzassero l’opportunità di fermarsi un istante e riprendere fiato, l’archeologo e il tester portarono lo sguardo sul maxi-schermo che, nel frattempo, aveva cominciato ad avviare una proiezione un po’ traballante, simile a una vecchia bobina di un cinema d’inizio Novecento – tutto questo, nonostante alle spalle dei due spettatori non vi fosse alcuna traccia di un proiettore, nemmeno volante. Dopo qualche secondo, le immagini si stabilizzarono e comparvero sullo schermo tre figure dall’aspetto strano, tutte prese a ridacchiare tra di loro come se non si fossero minimamente rese conto della presenza di altre persone.
Uno era un tizio con gli occhiali dalla spessa montatura nera e l’aria seria, al suo fianco c’era una sorta di donna dalla parvenza tranquilla ma inflessibile, con un vestito ampio, decorato da quelli che ricordavano numerosi rullini e pellicole cinematografiche di un nero scintillante. Eccentrici eppure eleganti, si estendevano simili a boccoli delicati lungo l’ampia gonna; in mano, teneva un grande libro dalle pagine un po’ ingiallite, con scritto a caratteri gotici Quiz.
Più sul fondo, c’era una sorta di macchia d’inchiostro fluttuante che ogni tanto si disperdeva in numerose gocce, altre volte ondeggiava placida.
Insomma, un bell’insieme di fenomeni da baraccone.
“Benvenuti.” Annunciò l’uomo con gli occhiali, a metà tra il gentile e l’asciutto.
“Sembra Asimov.” Sussurrò Sasuke.
“Non lo sono  – i due ragazzi seduti sussultarono appena, non aspettandosi di venire uditi – questo è un avatar della mia persona. Anche se è un po’ più complicato di così.”
“Per usare un eufemismo.” Convenne la donna con il vestito bizzarro.
L’inchiostro sembrò ridacchiare, la vernice fresca sussultò infatti in onde divertite.
“Siete tutti avatar? Anche la macchia che fluttua?”
Domandò Sasuke.
L’inchiostro si agitò in protesta, ma la donna rispose con fare apparentemente tranquillo:
“La tua assunzione è corretta. Vi ringraziamo per il lavoro svolto fino a ora sul nostro Roma, dall’Urbe all’Impero e anche sui mondi precedenti.”
“Nostro? Cosa intendente con nostro?” inquisì l’archeologo.
Ormai era chiaro che non si trattava più di una semplice proiezione, bensì di un confronto vero e proprio con chiunque altro fosse in quelle teste digitali.
I tre si guardarono – sì, persino l’inchiostro – infine l’uomo replicò con una sorta di mezzo sorriso:
Nostro perché noi siamo i Fondatori dell’Archeo Travel.”
Immobili, Sasuke e Naruto fissarono lo schermo. Qualche istante di ragionamento, poi Naruto commentò:
“Ma – deglutì, una sola volta, per accennare infine un sorriso isterico – ma l’Archeo Travel è stata fondata almeno cento anni fa, voi dovreste essere...”
“passati a miglior vita?” intervenne l’avatar di Asimov.
“defunti?” incalzò la donna.
“Morti.” Decretò nuovamente il signore con gli occhiali.
“Esatto.” Convenne Naruto, rimasto un istante senza fiato.
“Abbiamo fatto in modo di caricare le nostre identità e volontà sul sistema per portarle avanti, ispirandoci a quanto già accaduto in passato, in modo da assicurarci che nei secoli niente e nessuno interferisse con i nostri sistemi.” Spiegò il finto Asimov, con tono tranquillo nonostante le parole sembrassero parecchio perentorie.
“Tipo Madara.” Notò Naruto. Sasuke li fissava, mordendosi leggermente un labbro; nella testa avevano cominciato ad affiorare pensieri confusi. Sentì l’impulso di tornare a casa, ma… dov’era casa, dopo tutti quegli anni?
La donna sorrise, ci fu uno scintillio negli occhi: “Anche.”
L’inchiostro sembrò dire loro qualcosa, agitandosi come mare oscuro in tempesta. Lo ascoltarono, infine Asimov domandò, quasi come se stesse studiando i suoi soggetti:
“Avete mai pensato di conoscervi dal vivo?”
Sasuke fissò Naruto, il quale replicò veloce: “No, mai avuto il tempo. Ma a voi che vi frega? In sostanza, che volete?”
“Arrogante.” Commentò Asimov.
La donna schioccò la lingua: “Effetto dell’eccessivo lavoro, congiunto probabilmente a una scala di valori sfalsata rispetto a quella a cui eravamo abituati noi, Emme.”
L’inchiostro sembrò fare una linguaccia in direzione del pubblico molto risicato, poi Asimov o, come appena scoperto da tale pubblico, Emme aggiunse:
“Torniamo a noi. Va bene così, la vita virtuale ha una sua serie di vantaggi innegabili, ignorarli sarebbe da stupidi e voi non lo siete, giusto? – non attese nemmeno una conferma che incalzò – Madara è pericoloso. Lavorava per noi, prima che succedesse tutto questo, ma a un certo punto ha deciso che non lo pagavamo abbastanza; ora ci ricatta, devastando coi suoi virus interi mondi. Rischiamo di perdere dati importantissimi, lui deve essere trovato ed eliminato. Per qualche motivo sembra avervi preso particolarmente a cuore, vi sta dando degli indizi su come evitare la deframmentazione in maniere orribili; nessuno è mai arrivato fino a questo punto nella simulazione Roma, dall’Urbe all’Impero.”
Naruto gonfiò appena le guance in una smorfia di disappunto; certo, a cuore, insultandoci e tutto il resto, pensa se ci odiava. Ma ebbe il buon senso di tacere e ascoltare le ultime parole di quelle specie di oracoli/mummia di cent’anni fa.
“Bì, a te le conclusioni – esortò Emme, osservando l’inchiostro che era diventato una sorta di patetico punto nero – Zeta, non preoccuparti, era chiaro quello che volevi dire; i codici si sono sfalsati, ma l’impatto comunicativo è comunque molto efficiente, sei stata solo un po’ sfortunata.”
Il punto nero sembrò persino sospirare e tornò a essere una normale chiazza d’inchiostro, per quanto fosse normale vedere una macchia fluttuare nell’aria, simile a una versione dark-goth del mercurio da termometro.
“Bene, viaggiatori. Siccome Madara ha reimpostato il mondo secondo una programmazione molto categorica, dobbiamo attenerci alle linee guida per evitare di insospettirlo: se tutto andrà secondo procedura, lo troverete e potrete affrontarlo per eliminarlo; il bug che genera altri bug.”
“Ma se quando ho provato ad afferrarlo era trasparente!” protestò Naruto.
“La prossima volta lascia che lo prenda Sasuke. Tu pensa a colpirlo con l’arma digitale.” Replicò Emme, fissandoli.
“Sasuke? Perché lui dovrebbe riuscire in quello che io...” protestò il tester, ma l’archeologo ribatté tagliente:
“Sta’ zitto. Non è questione di riuscire o meno – guardò un istante altrove e Naruto lo fissò, confuso – allora, volete dirci cosa fare o ci tocca andare per tentativi fino a morire ammazzati?”
“Il gergo! Contenetevi.” Li esortò Bì.
Ma alla fine aggiunse, paziente:
“Vi faremo un quiz; una serie di domande che avranno solo una risposta. Se corrette, vi guideranno per tutti i luoghi da percorrere.”
“E se sbagliamo?” domandò Sasuke, artigliando il bracciolo. All’improvviso aveva l’impressione di non stare poi così comodo.
“Beh – spiegò Emme, tirandosi su gli occhiali con un mezzo sorriso – le poltroncine sono reclinabili per un motivo. E fa male, quando siete incastrati in mezzo. Il dolore, viaggiatori, distrarrà Madara in caso di errore, un po’ come se steste rischiando di finire contro un muro virtuale: penserà che state semplicemente andando per tentativi.”
“Secondo me siete solo dei sadici.” Borbottò Naruto.
La nuvola d’inchiostro ridacchiò.
“Allora, interrogatorio con tortura delle sedie reclinabili o deframmentazione mentre vagate come le patetiche pecore che sarete?” decretò Emme.
“Vada per la tortura.” Disse Sasuke, dopo aver guardato un istante Naruto, che annuì.
“Delizioso.” Convenne Bì.
I pop-corn smisero di essere sparati. Finalmente, i due viaggiatori ripresero a sentire il gorgheggio placido dell’acqua e anche le luci della retroilluminazione erano più morbide.
Ci fu un silenzio quieto, la pace di un viale notturno in una passeggiata solitaria.
La donna aprì il libro, le cui pagine cominciarono a scorrere una dopo l’altra in un fruscio leggero, emanando una luce intensa, fino a bloccarsi; tutto, in quell’istante, sembrò fermarsi, persino la macchia galleggiante d’inchiostro.
“L’acqua Virgo prosegue il suo percorso, trasportata come polline, ma è un falso.”
La voce parve lontana, l’eco di qualcosa dimenticato nel tempo, remoto e antico.
Le pagine, lente, secondo dopo secondo ripresero a muoversi, sfogliate da un vento invisibile; Naruto ebbe la sensazione che se il libro fosse arrivato al fondo senza ricevere una risposta da parte loro, sarebbe stato molto, molto doloroso. Probabilmente la deframmentazione avrebbe rappresentato una fine di gran lunga migliore.
“Stiamo parlando di una piazza con una fontana, quindi.” Commentò, per poi girarsi verso Sasuke. Lo vide però più distante, mentre di solito era terribilmente concentrato sulla risposta, come per dar prova di tutta la sua infinita conoscenza.
“Peccato che a Roma sia pieno di piazze e di fontane, eh?” incalzò il tester, per stemprare la tensione. Ma l’altro nemmeno se ne accorse: aveva il capo leggermente abbassato, le dita intrecciate e l’espressione di chi cercava di ricordare qualcosa.
“Sasuke?” lo chiamò ancora Naruto, toccandogli la mano.
L’archeologo sussultò, per poi girarsi e guardarlo con un’espressione saggia, eppure ferita. Allora, Naruto non comprese.
“La fontana delle api – gli rispose Sasuke quasi in automatico, con voce piatta – in Piazza Barberini. Si tratta di una ricostruzione del 1915, cambiata in molti dettagli rispetto all’originale del 1644, persino nel collocamento.”
Naruto lo guardò, ma non riuscì a togliere la mano da quella dell’altro, come se avesse bisogno di riportarlo con sé; non aveva nemmeno ascoltato la sua risposta, troppo preso a guardargli gli occhi, così scuri, così vuoti.
Si riscosse nel sentire Bì pronunciare con voce tranquilla, improvvisamente più umana:
“Risposta corretta. Possiamo passare alla tappa successiva del vostro percorso.”
L’archeologo chiuse gli occhi, poi li riaprì. Guardò la mano di Naruto, ma disse semplicemente:
“Concentriamoci sulla prossima.”
Allora il tester la ritrasse, annuendo senza ribattere. Nel tornare a guardare davanti a sé vide il libro sollevarsi e volteggiare, fino a cascare tra le mani di Emme; inoltre l’acqua della fontana – o qualsiasi liquido ci fosse all’interno – era divenuto più scuro e lucido, così simile alla chiazza d’inchiostro fluttuante che ondeggiava placida, poco più indietro rispetto alle proiezioni virtuali sullo schermo.
Emme parlò, dopo che il libro si era fermato su di una pagina specifica. Gli occhiali sembrarono non riflettere nulla, l’espressione del volto era immobile, eccetto per le labbra sottili che si mossero scandendo parole meccaniche:
“La Cappella Sistina è così chiamata dal Papa Sisto IV; oltre cent’anni dopo qualcos’altro prenderà il nome dal nuovo Papa Sisto V, nel futuro si erigerà anche un teatro.”
Lentamente, le pagine cominciarono a spostarsi in un frusciare di carta e luci leggere, quasi per seguire gli angoli cartacei, come se dita invisibili appartenenti a entità luminose le spostassero.
D’istinto Naruto esclamò:
“La via Sistina!”
Non seppe perché lo fece; semplicemente, si limitò a ripensare alla mappa della città esaminata prima di avviare il programma e gli venne in mente il nome di quella via, in principio convinto che si chiamasse così perché collegata all’appunto famosa Cappella Sistina, per poi realizzare che non c’entrava assolutamente nulla.
Sasuke si voltò di scatto verso di lui, con l’espressione di chi probabilmente non se l’aspettava; Naruto immaginò già le sedie piegarsi e schiacciarli, le ginocchia che puntavano al volto, le viscere compattate per risalire fino alla gola tra atroci sofferenze. Cavoli, perché aveva parlato? Nemmeno sapeva se ci fosse un teatro lungo la dannatissima via, anzi, ora che ci pensava nemmeno aveva visto monumenti come arene e similari.
Chiuse un istante gli occhi, per poi afferrare i braccioli, pronto nonostante tutto ad affrontare con coraggio e determinazione anche quell’ulteriore sofferenza.
“Esatto.”
Annunciò la voce di Emme, senza troppo entusiasmo.
Naruto lo guardò, sgranando gli occhi: “Cos... come? Davvero?”
“Sì. O avrei provveduto personalmente a strizzarti come un limone fino a farti defecare persino l’ultimo chicco.”
Replicò asciutto, per poi aggiustarsi gli occhiali.
Naruto fece una smorfia:
“Beh, direi che è stato chiaro nei suoi intenti.”
“Hai avuto buona memoria – ammise Sasuke – il teatro è molto più recente, di prima di Pangea. Un tempo esistevano cinema e teatri a ben pensarci, oggi la gente guarda tutto con la realtà virtuale e non esce di casa.”
Sembrava triste. Era triste, a ben pensarci, come perso in ricordi remoti. Naruto ritenne, nonostante le difficoltà, di essersi divertito molto più quell’anno che in tanti altri della sua... lunga vita.
“Grazie. Ogni tanto capita che ne combino una giusta.” Rise appena il tester.
Sasuke, sorprendentemente, accennò un sorriso; gli spigoli del volto sembrarono più morbidi, persino gli occhi scuri, dagli echi malinconici, avevano un’aria più serena.
Tornarono a guardare davanti a loro e si accorsero che sia Bì che Emme erano spariti: al loro posto, era rimasta solo la chiazza fluttuante; quest’ultima poi cominciò a muoversi, avvicinandosi progressivamente alla presunta telecamera che riproduceva la sua immagine sullo schermo.
“Ci dev’essere una terza domanda, anche se...”
L’archeologo tacque, fissando perplesso l’incalzante avanzata della macchia che andò a ricoprire porzioni sempre più grandi dello schermo. Le luci divennero meno intense, l’acqua scura sgorgò più rapida e delle leggere onde si andarono a infrangere sulle pareti di marmo della vasca, agitate da qualcosa di abissale che le faceva ribollire.
“Sasuke, attento!”
Esclamò Naruto. Ma non fu abbastanza veloce: la macchia si andò definitivamente a schiantare contro lo schermo e, improvvisamente, passò oltre, investendo d’inchiostro vischioso i due ragazzi seduti sulle sedie che si erano reclinate, bloccandoli.
Fu come ricevere un’ondata oscura di qualcosa di più denso dell’acqua che impregnò i loro abiti, altrettanto virtuali, e colò sul volto, persino oltre i capelli pregni.
Si pulirono con una certa lentezza il viso, troppo sconvolti da quel gesto così improvviso.
“Bastardo.” Sbottò Naruto.
“Bastarda, stronzetto.”
Lo stronzetto in questione, ora che poteva nuovamente vedere, si accorse che era scomparso anche il maxischermo; al suo posto c’era la fontana di Trevi, uguale a se stessa, eccetto per il piccolo e insignificante dettaglio dell’acqua, scura e torbida come un insieme di inchiostro e petrolio. Ribolliva, furente, sgorgando fuori di tanto in tanto, mentre la voce metallica sembrava parlare attraverso le bolle che ogni tanto scoppiavano, simili all’intruglio scaldato in un pentolone da strega.
“Oh, scusa se non ho dato il femminile a una massa di melma!”
“Beh, la melma è femminile, genio!” replicò acida.
“Non ha tutti i torti.” Commentò Sasuke, sollevando un sopracciglio con aria leggermente ironica.
“Vaffanculo.” Ribatté Naruto, lanciandogli un’occhiataccia.
“Ehi, attenzione a me, tipetti, e basta perdere tempo! Ora, vediamo di concludere la pantomima, oh, Bì ed Emme approverebbero l’uso di una parola così figa, e passiamo all’ultimo interrogativo.”
I due tipetti annuirono istintivamente e Zeta sembrò riuscire comunque a vederli, nonostante fosse in forma liquida, dato che il libro tornò a fluttuare e a bloccarsi a metà, sospeso a pochi centimetri dal mare ribollente e oscuro.
“Alla base del tre, c’è la barca prossima ad affondare.”
Attenti, Sasuke e Naruto ascoltavano, pronti a sentire il seguito.
Ma non vi fu altro, eccetto il silenzio improvviso: le acque smisero di agitarsi, le onde cessarono, c’era solo un mare oscuro contenuto in mura di marmo. Il libro, però, muoveva incessantemente le sue pagine, una dopo l’altra, più veloci, sempre più veloci.
“Il tempo scorre, avventurieri.”
Sasuke guardò un istante Naruto che, determinato, annuì per incoraggiarlo, anche se non sembrava averne bisogno; ma, in quell’anno, di Sasuke aveva capito che possedeva tante fragilità, eppure sapeva nasconderle bene. Non sempre, però Naruto questo non gliel’aveva mai fatto capire.
“Non per me.” Replicò l’archeologo, di getto, quasi in un pensiero sconnesso.
Parlò all’inchiostro, ma guardò il compagno d’avventure quando lo disse. Naruto inarcò un sopracciglio, preso per qualche istante in contropiede.
Allora, Sasuke dette la sua risposta. E Naruto si ritrovò, invece, pieno di domande.



Sproloqui di una zucca

Ebbene, anche questo capitolo surreale è andato XD In realtà dal prossimo le cose inizieranno a farsi un po' più serie e si comincerà a capire la realtà dietro ai fatti: ci saranno ancora due capitoli e si tratterà di passaggi piuttosto lunghi però intensi. I tre personaggi misteriosi siamo in realtà: Michele/Rekichan, Blair e me medesima (sì, sono una Zucca-macchia d'inchiostro, ahahah), gli organizzatori del raduno del gruppo, quindi rientrava perfettamente nello spirito di queste fantastiche giornate passate assieme.
Come sempre, grazie per seguire questa storia! Alla prossima <3

   
 
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