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Autore: PitViperOfDoom    18/09/2018    0 recensioni
Midoriya Izuku è sempre stato considerato strano. Come se non fosse abbastanza essere un debole quirkless, doveva pure essere debole, quirkless, e pure strano.
Ma in realtà, la parte "strano" è l'unica veritiera. È determinato a non rimanere un debole e, a dispetto di quello che è scritto sulla carta, non è veramente quirkless. Anche prima di incontrare All-Might ed ereditare il potere dello One For All, Izuku non è quirkless.
Anche se nessuno gli avrebbe creduto se lo avesse raccontato.
{The Sixth Sense AU}
Genere: Dark, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: All Might, Izuku Midoriya, Ochako Uraraka, Shouto Todoroki
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Note autrice: Edit del 26/12/17: A grande richiesta e per gusto personale, ho apportato una modifica estetica a Izuku in questa storia; questo capitolo è stato editato per includerla.
Note traduttrice: Sono ufficialmente ammalata. Sto scrivendo queste note con i miei ultimi rantoli di vita. Come vi ho detto, mi prendo un periodo di pausa dai lavori di Rama per concentrarmi su Pit e sulle mie fic personali (e, a tal proposito, state tranquilli, sono già al lavoro sul quinto capitolo di Barefoot).
Questo capitolo è stato veramente pesante da tradurre. Spero vi piaccia, buon inizio di scuola/universià a tutti!


Capitolo 3
 


I lavori socialmente utili autoimposti erano sorprendentemente ardui con tutte quelle urla.
Non era Izuku a urlare – beh sì, aveva urlato un pochino, come quando aveva sbattuto lo stinco contro spigolo di un forno abbandonato o aveva accidentalmente lasciato cadere un microonde sul suo povero piede. Ma ora non era distratto dal suono della sua voce.

La prima volta che accadde fu il primissimo giorno e Izuku era così esausto per essersi dovuto alzare alle prime luci dell’alba che fu sicuro di aver avuto un’allucinazione uditiva particolarmente vivida.
Ma no, non lo era, perché quel suono fece zampettare Rei giù dal trespolo che si era ricavata da una montagna di spazzatura, e la donna fantasma al fianco di All Might gli si avvicinò ancora di più, guardandosi attorno con preoccupazione. Dal momento che la donna era girata di spalle, Rei gli strattonò una mano e indicò un punto. Izuku seguì la direzione del suo dito, gli occhi assonnati, ma tutto quello che vide furono montagne di spazzatura rotolante.
Spazzatura rotolante che urlava.
Era già stanco e ammaccato per il duro sollevamento pesi a cui si era sottopoosto da quando aveva iniziato ad allenarsi, ma in quel momento c’era una specie di ronzio nei suoi nervi. Non era paura, non ancora, ma un’energia silenziosa, inafferrabile, ansiosa. Assomigliava molto all’istinto di attacco o fuga, ma non riusciva ancora a capire se desiderava più scappare o combattere; tutto quello che sapeva era che non voleva stare fermo. Voleva fare qualcosa, qualsiasi cosa affinché quelle urla finissero.
Prima di potersi fermare, gemette ad alta voce e si massaggiò disperatamente la fronte, cercando di impedire un mal di testa incombente.

Una vigorosa pacca sulla schiena quasi lo spedì col muso per terra, e il suo balbettio intermittente mascherò lo spavento che lo fece saltare in aria come un coniglio terrorizzato. “Ti stai già riposando?” Tuonò la voce di All Might, sovrastando momentaneamente le urla incorporee. “Non starai gettando la spugna così presto, vero, giovane Midoriya?”
“No!” Izuku fece il suo sorriso più luminoso e determinato e tornò a trascinare l’immondizia sul camioncino. Non ci volle molto prima che rimanesse a corto di fiato, ma insistette. Mentre lo faceva, girava la testa in più direzioni, cercando di capire da dove provenissero le urla. La sua amica lo tallonò, lanciando occhiatacce in giro per tutto il tempo.

In breve tempo Izuku comprese che la voce non stava solo urlando; stava anche piangendo. I suoi nervi si sciolsero un pochino ma il ronzio causato da quella strana energia era ancora lì. Izuku si gettò anima e corpo nel suo compito.

“Non mi piace.”
Izuku lanciò una veloce occhiata verso chi aveva parlato. L’aveva sempre vista al fianco di All Might, sin dal giorno dell’incidente con il villain melmoso. Non li aveva mai visti separati.

Non la riconosceva e quel particolare serviva solo ad aumentare la sua curiosità. Era ben piazzata e muscolosa, con capelli scuri semi raccolti. Molti fantasmi apparivano in qualunque fosse l’outfit indossato quando erano morti, ma la maggior parte di loro poteva cambiare aspetto se lo desiderava; Izuku non poteva sapere quale delle due fosse a meno di non vedere del sangue o dei danni ai vestiti. Nel caso di questo fantasma, la sua canotta e pantaloni da ginnastica suggerivano che fosse morta mentre andava in palestra. Non sembrava ci fossero segni su di lei, però, quindi, a meno che non fosse stata avvelenata, aveva cambiato il suo aspetto.
Izuku si chiese quale fosse il suo nome.

Non le aveva parlato – non ancora. Non l’aveva mai vista senza All Might intorno e non poteva assolutamente rischiare di parlarle quando l’Hero numero uno poteva sentirlo. Se All Might lo avesse sentito avrebbe chiesto con chi stava parlando, e Izuku non poteva dirgli la verità. Non poteva assolutamente.
Gli era stata offerta un’opportunità, la sua prima e unica opportunità di diventare un eroe. Non l’avrebbe sprecata quando aveva a malapena cominciato. Non era necessario che All Might lo sapesse.

Mentre la osservava con la coda dell’occhio, la donna indirizzò uno scappellotto sulla nuca di All Might, anche se gli passò solamente attraverso. “Beh, io vado a controllare quel macello e, uh… Se tutto va bene m’inventerò un modo per far capire a voi due teste di legno che c’è un fantasma con allegata crisi di nervi se ce ne fosse il bisogno. Aspettami, Toshi.” Detto ciò, scomparve nel nulla.

Izuku strinse le labbra mentre si chinava e avvolgeva le braccia intorno a quelli che sembravano i resti di un microonde. Se la situazione si fosse rivelata davvero pericolosa allora avrebbe dovuto trovare un modo per avvertire All Might senza rivelare troppo. Poteva inventarsi qualche scusa per andarsene senza far pensare ad All Might di non essere serio?

Prima che potesse struggersi ulteriormente sulla questione, alla voce inquietante se ne aggiunse una seconda, e da quel momento il pianto angoscioso si trasformò nell’equivalente spettrale dei suoni che facevano i gatti quando combattevano nei vicoli. Izuku non se lo aspettava, ovviamente, e quando lasciò cadere il microonde sul suo piede anche lui levò il proprio guaito, unendolo alla cacofonia.
Grazie al cielo dopo essere stato abbandonato a marcire per tutto quel tempo era ridotto solo alla metà di un microonde, quindi Izuku riuscì a evitare una frattura al piede. Non poté evitare, però, l’attenzione di All Might.
“Haha, o-ooops!” Con cautela levò il piede da sotto l’elettrodomestico rotto. “Che sciocco, ho le mani di pasta frolla, haha. Nessun danno, non ti preoccupare, posso semplicemente… Riprenderlo.” E lo fece mentre lo diceva, mugugnando tra sé e sé nella flebile speranza che All Might non desse troppo peso all’accaduto. “Ecco fatto, posso ancora continuare. Nessun problema. E via sul furgone!” Se non fosse per il fatto che l’amica fantasma di All Might si stesse accapigliando con un poltergeist per niente affabile al momento e Izuku non aveva modo di eludere la sua attenzione abbastanza a lungo da disinnescare la situazione.

Caricò il microonde rotto e quasi si scontrò con Rei. I suoi capelli avevano iniziato a muoversi senza che ci fosse vento; di solito era un segno che anche lei era a disagio. Izuku si mordicchiò il labbro e ciondolava mentre decideva il prossimo pezzo di spazzatura da prendere. La donna doveva essere qualcuno che All Might conosceva. Non gli sembrava così vecchia da essere una parente… forse un’amica? Una fidanzata? All Might aveva mai avuto una fidanzata? Sicuramente aveva un sacco di fan sfegatate- si stava perdendo. Il punto era: se sta passando la sua non-vita a seguirlo dappertutto, doveva esserci qualche tipo di legame. Doveva esserci. Rei era diversa: se non fosse per il fatto che la poteva vedere e sentire e parlare con lei, Izuku dubitava che lo avrebbe mai calcolato. Ma se questa donna era importante per All Might…
Beh, stare con le mani in mano mentre si metteva nei guai con un poltergeist non gli sembrava per niente giusto.

Non poteva arrischiarsi a parlare con Rei visto che All Might era così vicino, quindi prese tempo per avere le mani libere ancora per qualche secondo.
“Valla a controllare.” Segnò, dando le spalle ad All Might per nascondere il movimento delle mani. “Assicurati che stia bene.” La sua amica svanì e Izuku raccolse un altro copertone, se lo caricò in spalla e fece una corsetta fino al camion.

L’urlo bitonale fu interrotto da un grido agghiacciante che accartocciò lo stomaco di Izuku fino a costringerlo a fermarsi per lasciar passare la nausea; e per pochi, gloriosi secondi calò il silenzio. Izuku aspettò col fiato sospeso; poi, la voce originaria levò di nuovo il suo urlo lamentoso.
Rei si materializzò lì vicino e dopo pochi secondi Izuku emise un sospiro di sollievo quando la donna dai capelli scuri tornò al fianco di All Might. Era esausta e sfocata nei contorni, ma in generale sembrava stare bene. “Merda.” La sentì sibilare. “Merda. Anche io sono diventata debole, Toshi. Tempo fa avrei potuto vincere una lotta del genere col mio mignolino. Ora ho bisogno che delle ragazzine mostruose vengano in mio soccorso – senza offesa tesoro, anzi, grazie. Ahia. Okay. Devi solo… stare lontano da quella berlina. Per l’amor di Dio, Toshi, stai lontano da quella berlina.”

Izuku lanciò un’occhiata sopra la spalla, corrucciò leggermente lo sguardo e vide la macchina in questione. Era ammaccata e in stato di abbandono come qualsiasi cosa su quella spiaggia-discarica, piegata e distorta rispetto alla sua forma originale, la maggior parte dei finestrini era distrutta, ed era proprio la direzione da cui proveniva il pianto. Era anche nella zona che All Might gli aveva assegnato da pulire, ma ben al di fuori della sua portata in quel momento. Ci sarebbe stato bisogno di attrezzatura professionale anche solo per trascinarla attraverso il resto della spazzatura.

Le grida si persero in un singhiozzo, solo per un momento.

Izuku strinse la mascella e si incamminò in direzione della vecchia berlina. C’era parecchia immondizia sul suo cammino, ma ci sarebbe arrivato. Doveva: poltergeist o meno, c’era qualcuno che forse aveva bisogno di aiuto e non avrebbe considerato il suo lavoro concluso se non dopo aver sistemato anche quella faccenda.

Appoggiò la spalla contro una lavatrice scassata, piantò i talloni nella sabbia e continuò a lavorare.
 
 
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Ci vollero due settimane e mezzo per arrivare alla berlina. Se All Might capì che si stava muovendo in una direzione precisa, non disse nulla e Izuku non diede segno di essersene accorto né tantomeno offrì una spiegazione. La donna però lo notò – quella che seguiva All Might. Era sempre nervosa, probabilmente per colpa dell’incessante urlo che rimbalzava tra le pile di spazzatura, ma qualche giorno prima che Izuku raggiungesse la macchina capì che era diretto proprio in quella direzione.
Cercò di fermarlo. Per la maggior parte della giornata, Izuku lavorò ignorando sia le sue grida di avvertimento che l’urlo spaccatimpani. Cercò di segnarle mentre All Might era di spalle, ma non se ne accorse mai. E non cercò mai di fermarlo fisicamente dal momento che Rei ringhiava quando si avvicinava troppo.

(Considerò anche di rischiare il tutto per tutto. All Might era nella sua forma scheletrica il più delle volte… Che fosse meno vigile quando non stava usando il suo quirk?)

I nodi vennero al pettine il giorno che Izuku finì finalmente di sgomberare la strada. Riuscì a portare via tre biciclette che erano state piegate e aggrovigliate tra di loro e si rivelò essere una specie di chiave di volta nello sgomberare la via verso la berlina. Dopo che Izuku si accapigliò per caricare quel disastro nel retro del camion, tornò indietro di corsa per continuare. All Might guardò e aspettò, tanto scarno da quasi scomparire nella giacca che indossava.

La strada che Izuku aveva creato si insinuava tra due pile più grandi come una stretta vallata di immondizia. In cima alla pila sulla destra c’era una televisione in precario equilibrio. Poteva sembrare stabile ai più, ma i più non avrebbero preso in considerazione gli improvvisi scoppi d’ira di un fantasma più che nervoso.

“Un passo alla volta, giovane Midoriya.” Disse All Might mentre Izuku tornava velocemente indietro. “Per come sei adesso dubito che tu possa spostarla.” Indicò con un cenno della testa la berlina distrutta. “A meno che tu non voglia provare, ovviamente.”
“Ci arriverò.” Disse Izuku, e resistette alla tentazione di massaggiarsi le orecchie. A quel punto l’urlo era talmente vicino da fare male.
No, non lo farai.” Il fantasma che seguiva All Might appariva sempre più agitato. Sfarfallò dalla sua vista, finendo in cima alla pila di destra. Izuku le lanciò uno sguardo, ma era troppo agitata per notarlo. “State lontani da lì, tutti e due! Toshi, sono seria!” Rei soffiò nella sua direzione e la forma della donna tremolò. “Non possiamo avvisarli?” Urlò lei di rimando. La forza della sua frustrazione fece rabbrividire Izuku; poi, la donna urtò la televisione.
All Might si avvicinò alla pila di un passo. Izuku non ci pensò due volte: la sua mano scattò, fermando All Might dal fare un altro passo. In quel momento, la televisione vacillò, cadde e si sfracellò sulla sabbia poche spanne avanti a loro.

Merda-“ Sentì sibilare Izuku, prima che Rei zompasse in cima alla pila per urlare la sua furia direttamente in faccia alla donna.
Senza una parola si accucciò, sollevò la televisione e barcollò verso il camioncino, piegato sotto il suo peso; il tutto mentre le scuse convulse della donna si mischiavano alle urla e ringhi furiosi della sua amica.
All Might lo sorprese arruffandogli i capelli quando tornò al suo fianco e Izuku deviò la sua pulizia nuovamente lontano dalla berlina.

Fu solo durante la notte che osò avvicinarla di nuovo. Una volta mangiato e finiti i compiti, lo studio e i suoi esercizi quotidiani Izuku si incamminò di nuovo verso la spiaggia. All Might e la sua protettiva compagna non erano in vista. Izuku era da solo, escludendo Rei, e libero di fare tutto quello che doveva fare.
“Stai indietro.” Le disse. Lei lo guardò storto, e lui le scoccò un’occhiataccia di rimando. “Stai indietro. Ho solo bisogno di parlarci.”

La sabbia scricchiolò sotto le sue scarpe mentre zigzagava tra la sporcizia. Il poltergeist stava ancora urlando e piangendo, aumentando il volume mentre Izuku avanzava lentamente per il sentiero che aveva creato e si avvicinava alla berlina malconcia. Le sue falcate diminuirono finché non avanzò solo di pochi centimetri alla volta. Un passo, poi una pausa. Un passo, poi una pausa. Un passo, poi una pausa. Finalmente, Izuku poté allungare la mano e sfiorare la porta ammaccata con la punta delle dita.

Una mano pallida, insanguinata e menomata di due dita scattò fuori dal finestrino, lo afferrò per il polso e tirò. Izuku si puntellò sul bordo della portiera, l’unica cosa che gli impediva di essere trascinato attraverso il finestrino rotto. Fu comunque strattonato fino all’apertura e si ritrovò quasi naso a naso con il fantasma in lacrime.
La sua faccia era malconcia oltre ogni immaginazione, il teschio collassato e dalla forma sbagliata. Schegge del parabrezza distrutto sporgevano dalla sua gola, e il suo urlo gorgogliava in modo bagnato. L’altra sua mano, maciullata e per metà mancante, cercò inutilmente di afferrargli la gola.

Il terrore lo invase e per una frazione di secondo Izuku ci affogò. Riempì il suo petto e si gonfiò, ronzando appena sotto la sua pelle, ovattandogli la testa come cotone.

Izuku inspirò, espirò e continuò a farlo mentre aspettava che la paura refluisse e recedesse. Poteva vagamente sentire le onde lambire il bagnasciuga; si appigliò a quel suono. Il terrore lo investì come le onde che si infrangevano sulla sabbia, e intorbidì il suo stomaco per alcuni secondi prima di scolare via, lasciandolo tremante ma con la mente lucida.

(La sua amica era rimasta indietro, tecnicamente, ma la sentiva appesa alla manica della sua giacca e udiva il suo flebile e acuto ringhio di avvertimento.)

Izuku tossì, inghiottì il nodo che gli si era formato in gola e spostò il peso da un piede all’altro, muovendo la sabbia. “Buonasera. Il mio nome è Midoriya. Qual è il suo?”
L’ho perso!” Le sue orecchie fischiarono quando lei urlò in loro eccessiva prossimità. “L’ho perso, l’ho perso e basta! Devo trovarlo prima che sia troppo tardi!”
“Mi dispiace.” Rispose Izuku. “Che cosa ha perso?”
“Lui taglierà i freni.” Singhiozzò il poltergeist mentre del sangue sgocciolava dai sui occhi e dal suo naso, e sgorgava liberamente dalla sua bocca. “Ho perso l’anello e non mi crede. Mi stavo solo nascondendo – qui. Mi sono nascosta qui. Non mi avrebbe cercata qui. Mi ha chiamato schifosa quindi mi sono nascosta nella spazzatura. E l’ho perso!”
“Un anello? Qui, su questa spiaggia?”
“Lui ha pensato che lo avessi buttato via. Ha pensato che lo stessi lasciando.” Il fantasma lasciò la sua gola e si palpeggiò disperatamente il davanti della giacca. “Stavo guidando per venire qui. A questa spiaggia. Per cercarlo – è qui. È da qualche parte. Devo trovarlo – se non lo trovo lui penserà che lo sto lasciando e lui ha detto che avrebbe tagliato i freni se avessi provato a lasciarlo!”
“La aiuterò.” Disse Izuku. “La aiuterò, lo prometto. Sto pulendo la spiaggia. Lo cercherò e se lo troverò glielo porterò.”
“Digli che lo cercherò.” Lo implorò il fantasma. “Diglielo. Digli che non dovrà tagliare i freni.”
“La aiuterò.” Ripeté Izuku, anche se sentiva una stretta alla gola. “Andrà tutto bene. La aiuterò.”
Le mani sulla sua giacca e sul polso svanirono. La donna svanì. Izuku si ritrovò piegato verso la berlina, fissando il vuoto attraverso il finestrino rotto di una macchina vuota.

Un dolore pungente si fece improvvisamente sentire. Nell’afferrare la porta, si era tagliato il palmo con uno dei frammenti rimasti sull’intelaiatura. Sull’altra mano, dei lividi a forma di dita gli circondavano il polso.

Quella notte, prima di andare a letto, Izuku fece una veloce ricerca internet. Trovò una notizia di qualche mese prima: dopo un processo durato un anno, un certo Takeshi Matsumoto era stato condannato per l’omicidio della sua fidanzata tramite il sabotaggio della sua macchina. Izuku riconobbe la macchina e la sua conducente intrappolata dalle foto, spense il computer e dormì male come si era aspettato.
 
 
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Il poltergeist fu più calmo dopo quella notte. Era una buona cosa, perché significava che l’amica fantasma di All Might era meno nervosa, Rei era meno incline a scatti di rabbia, televisioni erano meno inclini a cadere su qualcuno e Izuku poteva concentrarsi meglio sul compito che aveva fra le mani.
O meglio, i compiti.

Era interamente possibile (altamente improbabile) che avesse già trovato l’anello, buttandolo via senza darci troppo peso. Ma finché non avesse ripulito la spiaggia, non aveva modo di saperlo con certezza. Dunque, piuttosto che pulire solo una sezione come All Might gli aveva detto di fare, avrebbe dovuto sgombrare tutta la dannata spiaggia.

Oh, beh. Stava pensava di farlo in ogni caso. Era solo motivazione in più.

L’unica, vera differenza era che ora andava alla spiaggia anche di notte e aiutava il fantasma a setacciare la sabbia in cerca del suo anello perduto, il che lo lasciava sempre esausto per il giorno dopo e All Might lo notò.
“Non stai seguendo la tabella di marcia, vero?” Lo sgridò All Might quando Izuku collassò nel bel mezzo di una corsa. “Esagerare fa male come non allenarsi per niente, sai. Se ti logori, ti darai solo la zappa sui piedi.”
“Devo continuare.” Ansimò Izuku.
“Con criterio, moccioso.”
Izuku digrignò i denti. Non poteva certo spiegare perché si stava affaticando così tanto.

“Va bene cercare di superare i propri limiti.” Continuò All Might. “È l’obiettivo primario di ogni allenamento, dopotutto. Ma devi conoscerli quei limiti, in modo da poter regolare le tue abilità in tempo per l’esame.”

“Non solo l’esame.” Izuku cercò di rialzarsi, ci provò davvero. “Il mio- Non sono- Devo diventare più forte. Così che io possa…” salvare delle persone, salvare più persone che posso, fermare omicidi così che nessuno si debba preoccupare di freni tagliati e anelli perduti, fermare supervillain così che le persone possano andare a casa e dare da mangiare ai loro animali invece di morire negli ospedali, creare un mondo con meno fantasmi con cui io debba parlare-
Non disse nulla di tutto quello. Quello che disse fu: “Devo diventare più forte. Forte come l’hero più forte.” Alzò la testa e incontrò lo sguardo di All Might, desiderando ardentemente che capisse, ma non troppo.

Un istante più tardi, All Might attivò il suo quirk e lo tirò su dal cemento come un gatto stanco. “Sei davvero zelante!” C’era una risata malcelata nella sua voce. “Non posso dire di non approvare. Ma! La fretta nell’allenarsi non aiuterà nessuno, tantomeno te. Non ti preoccupare: questo vecchietto rivedrà il tuo programma.”
“Toshi, smettila con ‘ste cagate!” Urlò la donna fantasma. “’Vecchietto’ un paio di palle!”

Nonostante tutto, Izuku rise così forte da stare male.
 
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Poco a poco, il panorama della spiaggia si liberò. Immondizia e sporco e spazzatura lasciarono spazio alla sabbia bianca sottostante e ad ogni pesante sacco di robaccia e elettrodomestici rotti che Izuku portava via, il successivo si alleggeriva. Poteva a malapena ricordare com’era svegliarsi la mattina senza i muscoli doloranti, ma era diventato più facile
Il rifugio lo chiamò un giorno, dicendogli che il gatto con un occhio solo della signora Yamamoto non era ancora stato adottato e sarebbe probabilmente stato trasferito in un altro rifugio per liberare dello spazio. Izuku lo riferì a sua madre e quella stessa notte si addormentò con Mika che gli faceva le fusa sul petto.

Durante il giorno si teneva a debita distanza dalla berlina fatiscente. Izuku sentiva ancora il poltergeist piangere ogni tanto. Non lasciava mai la macchina, né durante le ore di sole né quando Izuku tornava di notte; nemmeno quando Izuku le parlava e cercava di convincerla ad uscire. Forse non poteva uscire.
Dopo un po’ Izuku smise di provarci. Non si sarebbe arrischiato ad avvicinarsi di nuovo, e oltre a quello c’era solo un altro modo che conosceva per aiutarla. Quindi si allenò, studiò, ripulì la spiaggia e cercò l’anello ogni giorno. Quando non stava facendo nessuna di queste cose, cercava di dormire.
L’esame d’ingresso era sempre più vicino. Il sudiciume scemò. Nessun anello fu trovato.

Ripulì la spiaggia. Durante il giorno lavorava sotto la supervisione di All Might e con il favore della notte insieme alla sua migliore amica, solo la luna e una torcia ad illuminare la loro ricerca. Pulì molto di più di quanto gli aveva chiesto All Might, liberando la sabbia chiara e l’orizzonte.

Mancava una settimana all’esame d’ingresso quando Izuku riuscì a caricarsi una bicicletta rotta sopra una spalla e ficcarsi un condizionatore distrutto sotto l’altro braccio libero, trotterellando senza problemi con entrambi gli oggetti dalla spiaggia fino al camioncino. Il fantasma nella macchina piangeva e si disperava notte e giorno. Izuku pensava a lei mentre studiava, mentre correva, mentre allenava la sua presa sotto il tavolo e mentre stava sveglio la notte, accarezzando il suo nuovo gatto e aspettando che il sonno lo sopraffacesse.

Alle sei di mattina il giorno dell’esame d’ingresso Izuku si erse sulla sabbia bianchissima e sovrastò le grida urlando la propria frustrazione all’alba, perché non aveva trovato il dannato anello.
Gli rimase in testa, un pensiero fastidioso come una mosca in una stanza. Fu quasi grato per l’occasione di tirare un pugno a un robot gigante in piena faccia (?) perché almeno gli concesse qualche momento di benedetta distrazione. Anche se gli distrusse più o meno del tutto il braccio ed entrambe le gambe. Uscì dall’infermeria di Recovery Girl quasi certo di aver mandato tutto all’aria, di aver spedito sei mesi di duro lavoro giù per lo scarico; e per la prima volta in almeno cinque mesi, quella notte non si avventurò verso la spiaggia.

Nel complesso, non fu per niente la sua giornata fortunata.

 
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Contrariamente a qualsiasi aspettativa, superò l’esame.
All Might lo incontrò alla Spiaggia Strillante, con il solito spettro alle calcagna e la mano tenuta alzata per un cinque. Izuku sbatté le palpebre per un momento, spiazzato, prima di raccogliere abbastanza coraggio per restituirlo. Chi era lui per lasciare appeso l’hero numero uno?

“Quindi, uhm… il mio braccio.” Disse Izuku, cercando di non alzare troppo la voce per sovrastare grida che All Might non poteva nemmeno sentire. “E le mie gambe. Era normale… che succedesse?”
“L’avevo ipotizzato.”
“Cosa.”
L’amica fantasma di All Might esalò un sospiro. “Avresti almeno potuto avvertirlo, Toshi.”

“Non si poteva evitare.” Continuò All Might. “Sei forte abbastanza per essere il ricettacolo di One For All, ma sei ancora un principiante nell’utilizzarlo.”
“E a proposito di questo avresti potuto avvertirlo, Toshi.” Brontolò il suo fantasma. “Non tutti possono essere dei manzoni nerboruti come te.”
Izuku riuscì per il rotto della cuffia a mascherare lo sbuffo di una risata come un colpo di tosse.
“C’è qualche problema?” Chiese All Might.
“Sì. No. Allergia.” Izuku si costrinse a tornare serio. “Allora, il mio braccio? Beh, di più le mie gambe. Posso capire in qualche modo il mio braccio, voglio dire, ho dato un pugno in faccia ad un robot gigante – penso fosse la faccia, almeno… Era davvero difficile da capire – ma perché le mie gambe? Tutto quello che ho fatto è stato saltare e le ho polverizzate entrambe-“
“Come stavo dicendo,” lo interruppe All Might. “Ora hai un quirk, dopo aver vissuto la tua intera vita senza. Non puoi utilizzarlo come un esperto sin dal primo giorno, perché quei sei mesi non c’entravano, giovanotto. Quello era il primo giorno di One For All per te; questo lo rende il tuo Day One.

“Avresti potuto avvertirmi.” Mugugnò Izuku.
“Non c’era tempo. E poi ha funzionato, no?” All Might lo pungolò leggermente sul metto, facendosi guardare negli occhi da Izuku. “Ricordi cosa mi hai detto a proposito di essere più forte? Beh, avevi ragione. Tu devi essere più forte. Dovrai lavorare più duramente di ogni altro studente. Loro… Loro hanno vissuto con arti in più e lo sguardo laser o chissà cosa per tutte le loro vite. Ora hai lasciato alle spalle il tuo primo ostacolo, ma hai ancora una lunga strada davanti a te.” Si piegò leggermente, così da essere faccia a faccia. “E te lo prometto, ti aiuterò a percorrerla. Intesi?”
Izuku sentì un gonfiore nel petto mentre annuiva freneticamente. Rei gli scosse il braccio con entusiasmo e Izuku cercò di non dare a vedere di star tremando.

“E a tal proposito” Continuò All Might, mettendo la mano in tasca. “C’era qualcosa che volevo mostrarti. Volevo mostrartelo prima, ma… Beh, guarda.” Izuku si avvicinò; All Might teneva in mano due fotografie. Erano entrambe fotografie di Izuku, un confronto prima-e-dopo per mostrare il suo progresso. In una era il ragazzino smagrito che ricordava essere. Nell’altra, scattata la mattina che aveva finito di pulire la spiaggia, la sua forma si era riempita, sostituendo braccia ossute con una muscolatura definita.
In entrambe, le sue pupille brillavano di rosso a causa del flash.

“Avevo pensato di aggiustarlo” Disse timidamente All Might. “Ma temo di non essere molto versato nella tecnologia.”
“Va bene!” Lo rassicurò Izuku. “Succede sempre, in realtà. Mia mamma dice che è un incubo cercare di farmi una foto.”
“Beh, se è inevitabile, allora… Anche se non era quello il punto, in ogni caso. La tua crescita parla da sola.” All Might fece una pausa per guardarlo cautamente negli occhi. “Ricorda, sei arrivato a questo punto solamente con il tuo duro lavoro. Da qui in poi avanzare costerà ancora più sforzo. Più forte diventi, meglio potrai gestire One For All. Richiederà lavoro, e richiederà tempo. Ma per ora… Ti sei guadagnato una pausa. Goditela finché dura e recupera le energie. Sei uno studente della Yūei ora, e non sono per niente gentili con le matricole.”
“Non ti deluderò.” Disse d’impulso Izuku.
“Bene.”

Stavano per andarsene. La luna era alta e luminosa e Izuku scoppiava di energia e orgoglio, e se non fosse stato per queste due cose sarebbe potuto non succedere. Era sul serio una possibilità su un milione. Proprio nel momento giusto, Izuku girò la testa per ammirare il frutto del suo lavoro di sei mesi, e vide la luce lunare riflettere su qualcosa nella sabbia.

No.
No, non poteva essere.

Izuku fece una corsetta verso l’oggetto, sollevando sabbia al suo passaggio, gli occhi fissati su quel piccolo bagliore di luce riflessa. Rallentò mentre si avvicinava, non volendo calciarci della sabbia sopra e perderlo di nuovo. Si accucciò, spazzò via un po’ di sabbia e prese l’anello d’argento dalla spiaggia.
Era una fascia semplice, incastonata con una pietra simile a un diamante. Un anello di fidanzamento, a giudicare da come si presentava. Era un po’ sporco per il lungo tempo passato sulla spiaggia, ma ancora brillava.

All Might lo chiamò da lontano. “Midoriya! Tutto bene?”
“Uhm, vai pure!” Rispose Izuku. “Vado a casa da solo!” Stette dov’era, facendo finta di ammirare la luce della luna riflettersi sulle onde finché non fu sicuro che All Might se ne fosse andato.

Non aveva mai toccato la berlina durante la sua opera di pulizia. In quel momento sembrava più isolata che mai, un ultimo pezzo di spazzatura che sporcava l’orizzonte. Izuku si fermò a qualche passo di distanza dalla portiera del guidatore e allungò la mano con l’anello posato sul palmo.
Cadde il silenzio.

“L’hai trovato.”

Izuku si girò cautamente. Il fantasma piangente si ergeva sulla sabbia, apparendo per la frazione di un secondo orribile e maciullata com’era la prima volta che Izuku l’aveva vista. Poi sbatté gli occhi, e davanti ai suoi occhi tornò d nuovo intera, pallida e magra in un candido cardigan e una gonna.

“L’hai trovato.” Lacrime si formarono nei suoi occhi, e la donna si avvicinò e allungò la mano verso l’anello. “Volevo cercarlo… Per mostrargli che l’avevo solamente perso. Non me ne stavo andando… lui taglierà i freni se me ne vado.” Ad un centimetro di distanza dall’anello, la sua mano si fermò. Izuku non riusciva a capire se stava sfarfallando o se stava tremando. Altre lacrime si aggiunsero alle prime e la sua voce tremò e si spezzò. “Solo che… Non devo più preoccuparmi di quello. Vero?” Occhi bianchi e vuoti, brillanti di luce spettrale e lacrime, incontrarono quelli di Izuku. “Perché l’ha già fatto.”

“Mi dispiace.” La voce di Izuku era rauca per il dolore nella sua gola. “Mi dispiace che ti abbia fatto questo. Non lo meritavi.” Abbassò lo sguardo verso l’anello. “Ora è in prigione, sai. Non se l’è cavata. Non farà più del male a nessun altro.”
“Bene. Questo è un bene.” La mano della donna stava chiaramente tremando in quel momento. “Il mio nome è Sachi. Grazie per aver trovato il mio anello.”
“Lieto di poter aiutare.”
“Mi dispiace.” Sachi tirò su col naso e abbassò la mano al fianco. “Mi dispiace, ti ho creato tutti quei problemi per niente. Non lo voglio più.”
“Va bene.” Disse Izuku. “Non penso che tu ne abbia bisogno. E non era per niente. Non lo era.”
“Non riesco a ricordare l’ultima volta che qualcuno mi abbia aiutata. Senza un motivo.” Sachi alzò di nuovo la mano, ma solo per sfregarsi gli occhi. “Grazie. Grazie mille. Non me ne dimenticherò.”
Izuku sorrise. “Nemmeno io credo che lo farò. Non so se riesco a spiegarlo, ma in qualche modo anche tu mi hai aiutato. Grazie.”
Sachi non rispose, ma annuì.
“Pensi…” La gola di Izuku sussultò quando deglutì. “Pensi di essere a posto ora?”
“Penso… di sì.” Sachi gli sorrise tra le lacrime, ed era uno dei sorrisi più luminosi che Izuku avesse mai visto. “Penso… penso di poter andare adesso. Sto bene. Starò bene.”

Quando Izuku si asciugò gli occhi dalle lacrime, lei se n’era andata. La macchina era vuota. La spiaggia silenziosa.

Tirò un po’ su con il naso e si strofinò gli occhi. Un refolo gelido gli fece alzare lo sguardo per vedere Rei che fluttuava nelle vicinanze, sorridendo.
“E tu?” Chiese Izuku. “Pensi che andrai mai…?”
Lei sembrò pensierosa alla sua domanda, poi si strinse nelle spalle e gli svolazzò vicino per attaccarsi al suo braccio.
“Beh, okay.” Disse Izuku. “Se sei sicura…”

Tornò a casa; il suo corpo era appesantito ma aveva il cuore leggero.
   
 
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