Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Segui la storia  |       
Autore: PitViperOfDoom    15/08/2018    2 recensioni
Midoriya Izuku è sempre stato considerato strano. Come se non fosse abbastanza essere un debole quirkless, doveva pure essere debole, quirkless, e pure strano.
Ma in realtà, la parte "strano" è l'unica veritiera. È determinato a non rimanere un debole e, a dispetto di quello che è scritto sulla carta, non è veramente quirkless. Anche prima di incontrare All-Might ed ereditare il potere dello One For All, Izuku non è quirkless.
Anche se nessuno gli avrebbe creduto se lo avesse raccontato.
{The Sixth Sense AU}
Genere: Dark, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: All Might, Izuku Midoriya, Ochako Uraraka, Shouto Todoroki
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note traduttrice: Sto avendo un momento catartico. Ora che sto scrivendo queste note c’è un’atmosfera da sogno: il quartiere silenzioso e soleggiato, gli uccellini, il venticello, la candela profumata… Sono in pace con il mondo. Parlando di questo aggiornamento: questo capitolo avevo già iniziato a tradurlo, ma in questi ultimi due giorni mi sono decisa e ho fatto un super sprint per finire la traduzione. Da qui fino a settembre inoltrato non avrete più mie notizie - nemmeno sul profilo principale - a causa della sessione di esami, quindi vi volevo lasciare qualcosa di bello per non notare la mia assenza. Dal momento che la mia beta è invischiata in esami anche peggiori dei miei non me la sono sentita di chiederle di togliere tempo al suo studio, quindi perdonate eventuali errori che troverete in questo capitolo. Cercherò di farmi una auto-beta, ma sapete che non è un metodo molto affidabile. Spero che il capitolo vi piaccia, buona lettura!
Note autrice: Un paio di note prima di continuare:
Prima di tutto, mi scuso se il ritmo della fic è sconcatenato in qualche modo. Uno dei pericoli di questo tipo di AU che vorrei evitare è semplicemente ripetere gli eventi canon esattamente come sono successi. Quindi, se salto qualche evento o scena senza descriverla particolarmente, date per scontato che si è svolta più o meno come in canon.
In secondo luogo, il personaggio di Rei, anche se è tecnicamente un OC, è largamente ispirato dal personaggio Erma dell’omonimo webcomic di Bandon Santiago. Lo consiglio caldamente se pensate che delle strisce comiche slice-of-life carine che giocano su tropi horror mantenendo un’atmosfera alla Calvin & Hobbes sia il vostro tipo di lettura.
Inoltre, ho effettuato dei leggeri cambiamenti al capitolo precedente per quanto riguarda l’aspetto del gatto della signora Yamamoto. È una cosa minore, nulla che vada a intaccare la trama principale.
Ora che ho finito, godetevi il capitolo 2!


 
Capitolo 2
 



Il giorno dopo Rei lo seguì a scuola.
Non era nulla di strano. Lo aveva seguito a scuola sin da quel giorno di seconda elementare. Non sarebbe successo di nuovo, Izuku glielo aveva detto, ma lei lo seguiva lo stesso. Dopo anni di allenamento, Izuku era diventato un professionista nello stare fermo e perfettamente attento mentre lei andava a zonzo, soffiando dei fogli giù dai banchi per vedere gli studenti affaccendarsi a riprenderli, facendo sfarfallare le luci per spaventarne altri, oppure ancora affiancando il professore imitando le sue pose o i gesti. Izuku era finito nei guai molte volte per essere scoppiato a ridere, ma non più.

Quel giorno, Izuku era silenzioso in mezzo ai suoi scatenati compagni di classe. Sorrideva leggermente di facciata mentre in realtà si stava pisciando addosso dalle risate guardando Rei che improvvisava la danza Hare Hare Yukai sul banco di Hanamura tre file più indietro; quando la voce del professore gli fece ghiacciare il sangue nelle vene.
“A proposito, sbaglio o anche Midoriya voleva andare alla Yūei?”

Izuku era stato in molti cimiteri. I successivi secondi di silenzio glieli fecero ricordare tutti.

Poi, all’unisono, la classe esplose in una cacofonia di risate. Izuku fissò dritto davanti a sé, lasciando che il disprezzo dei suoi compagni lo colpisse da ogni lato. Rei si infuriò, il suo grido di rabbia che sovrastava le loro voci, ma Izuku guardò la parete opposta e continuò a fissarla finché un’esplosione in miniatura venne rilasciata dalla sua scrivania e lo fece ruzzolare per terra.

“Avessi un quirk del cazzo.” La voce fece bloccare gli arti di Izuku nella posizione in cui erano. Cercò di guardare Bakugou negli occhi, ci provò sul serio. “Ma tu manco ce l’ha un fottuto quirk! Cosa cazzo pensi di fare mettendoti sul mio stesso piano?!”
Guardarlo in faccia era troppo, quindi Izuku tornò a fissare dritto avanti a sé. “Mi sto solo iscrivendo ad una scuola.” Disse. “Non ha nulla a che fare con te.”
“Fanculo Deku, riconosco una sfida quando ne vedo una!” Un passo avanti. Izuku continuò a fissare dritto davanti a sé e aspettò. “Vuoi forse morire?”
“No.” disse Izuku. “Sto cercando di entrare in una scuola. Solo questo. Sto solo… provando. Non c’è nulla di male nel provare.”
La classe lo schernì con risate derisorie. Rei urlò e artigliò il suo aggressore senza successo. Ci volle un po’ prima che fosse nuovamente ristabilito l’ordine.

Prima che la lezione finisse, Izuku si era immerso nella sicurezza delle notizie di report online. Video, fotografie e testimonianze di atti eroici lo fecero stare meglio, e quella sensazione disgustosa e orribile pian piano morì mentre ripensava ai suoi obiettivi.
Il sibilo di allarme di Rei, però, lo riportò al presente e istintivamente iniziò a recuperare le sue cose. Mentre un’ombra familiare si proiettava sul suo banco e il sibilo della sua spettrale amica diventava un ringhio minaccioso, Izuku afferrò il suo quaderno e tentò di ficcarlo nel suo zaino. Prima riusciva a prendere le sue cose e prima sarebbe potuto scappare.

Il quaderno fu strattonato via dalle sue mani e lontano dalla sua portata. Rei balzò, le dita ad artiglio spiegate, ma attraversò la faccia il petto e le braccia di Bakugou senza lasciare danni, senza che lui battesse ciglio. Con un grido di frustrazione Rei fece volare dei fogli dai banchi vicini, ma né Bakugou né i suoi amici sembrarono notarlo.
“Non abbiamo finito, Deku.”

La frustrazione di Rei poteva essere contagiosa, perché Izuku la sentì montare dentro di sé. “È solo un’iscrizione per un liceo.” Cercò di riprendersi il quaderno, senza successo. Bakugou lo sollevò fuori dalla sua portata.
“Ecco che c’è, Deku. Cerca di ficcartelo bene in quel piccolo cervello da quirkless che ti ritrovi. Sarò il primo e unico studente da questa scuola di merda a venire accettato alla Yūei.” Un’esplosione a palmo pieno trapassò il suo quaderno e Izuku si fece scappare un verso, come se fosse stato colpito allo stomaco. “Quindi non gradisco che un inutile nessuno come te tenti di mettermi i bastoni tra le ruote.”

È troppo vicino. A Rei non piacque particolarmente la situazione e Izuku poté vedere con la coda dell’occhio in cosa si trasformò. Era difficile da descrivere e ancora più difficile da guardare a lungo senza sentire il  pranzo risalirgli l’esofago. Staccò lo sguardo da lei e lo riportò sul suo compagno di classe e il suo cervello immediatamente iniziò a raschiarsi via quell’immagine, finché tutto quello che rimase furono capelli scarmigliati e scuri e pozze nere dove dovrebbero essere gli occhi. Non poteva dare nulla per i suoni, però. Izuku si sarebbe portato quei suoni nella tomba.

Almeno, però, rimise le cose nella giusta prospettiva. La pressione sul suo petto diminuì e la facoltà della parola gli ritornò. “Se sono così inutile perché ritieni che io sia una minaccia?” Chiese.
Non lo sei!” Il banco subì ulteriori danni a causa di un altro pugno esplosivo. “Non te lo dimenticare mai! Non sei una minaccia per me! Tu sei niente e sarai niente, sempre! Prova a ricordartelo la prossima volta che provi a sparare cazzate del genere!”

Rei è così arrabbiata, così arrabbiata. Qualche volta Izuku doveva distogliere lo sguardo e ricordarsi che non poteva ferire Bakugou anche se ci avesse provato. (E ci aveva provato.)

“Questo è il tuo problema, Bakugou.” Mormorò. “Pensi sempre che tutto giri intorno a te.”
Si pentì di quelle parole il secondo successivo, quando la mano di Bakugou si chiuse sulla sua spalla.

C’erano molti modi in cui Izuku avrebbe potuto reagire. Il numero era limitato, e non includeva cose come chiamare aiuto, ribellarsi o cercare di scusarsi. Il motivo era che quello che Izuku fece per prima cosa fe farsi prendere automaticamente dal panico.
Per essere precisi, il numero era due. Un’opzione è quella di piegarsi su sé stesso come un fazzoletto bagnato e lasciare che “fuga” avesse la meglio visto che “combatti” era parecchio improbabile. L’opzione si palesò per un secondo nella mente di Izuku, ma quel poco che rimaneva della parte razionale del suo cervello la vietò prontamente. Perciò, Izuku si congelò.

Appena un momento dopo che Bakugou lo ebbe afferrato, Izuku si immobilizzò del tutto. I suoi arti si bloccarono sul posto, le sue mani poggiate sul suo grembo, paralizzate, mentre fissava assente la faccia furiosa di Bakugou.
(Una delle pannelli di luce fluorescente sul soffitto di spense, e fu tutto quello che chiunque poté vedere di cosa stava facendo in quel momento l’amica di Izuku. Lui poteva vedere il resto, ed era comunque meno spaventoso di quell’adolescente in carne e ossa che non lasciava andare la sua spalla.)

Non c’era nulla che poteva fare per fermare Bakugou dallo stringergli la spalla e urlargli addosso, quindi non fece niente. Stette semplicemente seduto a fissare il vuoto con la bocca fermamente chiusa e i pugni sul grembo e si ripeté, ancora e ancora, che stringere e urlare era tutto ciò che Bakugou avrebbe fatto. Non succederà di nuovo, si disse.

Non succederà.
La rabbia sarebbe passata. Tutto quello che Izuku doveva fare era aspettare.

Non dovette nemmeno aspettare a lungo. Bakugou finì la sua filippica e il ghiaccio nelle vene di Izuku sparì nel momento stesso in cui la mano di Bakugou lasciò la sua spalla. Rei stava ancora cercando di ferirlo. Izuku desiderò che la smettesse.

Nonostante quello, Izuku fugrato che lei fosse lì, perché quando Bakugou lanciò il suo quaderno fuori dalla finestra, si tuffò al suo inseguimento. Non c’era niente da fare per le bruciature date dal quirk di Bakugou, ma quando Izuku finalmente arrancò fino al cortile sottostante su gambe tremolanti la trovò in piedi vicino allo stagno delle carpe koi con il suo quaderno per terra vicino ai piedi scalzi, perfettamente asciutto.

Più tardi, Izuku le fu anche riconoscente.
Fu tutto invano, ma Izuku lo apprezzò lo stesso. Stavano camminando insieme sotto un cavalcava, o meglio: Izuku camminava e lei gli svolazzava di fianco con i piedi che fluttuavano distanti dal terreno. Izuku calpestò un tombino e lo oltrepassò, ignaro dell’ambiente circostante mentre combatteva con i suoi pensieri, le sue paure e le sue speranze. Non prestò attenzione finché lei non gli si parò davanti.

La sua faccia si torse in una maschera orripilante. Si librava davanti a lui, i suoi lineamenti che sgocciolavano e si scioglievano in un ringhio, i capelli che si contorcevano e si agitavano intorno a lei come serpenti. Ma non stava guardando lui, stava guardando dietro di lui.
Seguendo il suo sguardo, Izuku si girò proprio mentre la melma usciva dalla fogna. Aveva del tempo per scappare, ma non era abbastanza; la melma gli fu addosso prima ancora che riuscisse a uscire all’aperto. Lo ricoprì, appiccicosa e collosa, grondando sulla sua bocca e sul suo naso finché i suoi occhi si annebbiarono. Vide Rei sfarfallare e le sue orecchie fischiarono e vibrarono dolorosamente a causa delle sue urla, sembrò quasi che gli si spaccasse in due il cranio, ma non era abbastanza. Quella cosa non poteva vederla e lei non poteva toccarla; le sue unghie facevano anche meno danni di quelle di Izuku.

Una piccola parte del suo cervello – a malapena coerente – realizzò che il suo quirk era davvero inutile in una lotta. Aiutava persone che nessun altro poteva vedere, risolveva problemi che nessun altro sapeva esistessero; ma poi eccolo lì, a soffocare sotto un criminale con un quirk del genere, e non c’era niente che lui o i suoi amici potessero fare.
In momenti come quelli, come in seconda elementare, come tutti gli anni delle scuole medie passati a venire picchiato e spinto negli armadietti, era esattamente come un quirkless.

Il panico che gli annebbiò la mente era puramente istintivo, causato dall’istinto di sopravvivenza. Ma mentre Izuku stava lentamente soffocando, il suo ultimo pensiero mentre la sua vista si anneriva era che avrebbe presto raggiunto Rei; e quello significava che forse avrebbe potuto finalmente scoprire il vero nome della sua migliore amica.
 
 
-----------------------------------------------------------
 
 
Non ci si annoiava mai con quel testone, vero?
“Stai diventando lento.” Gli disse, affettuosamente. “Anni fa lo avresti acchiappato per la coda come un gatto col topo prima ancora che riuscisse ad arrivare al tombino.”
Toshi non rispose. Non lo faceva mai.

In verità, Shimura Nana non sapeva giudicare molto bene la velocità negli ultimi tempi. Toshi avrebbe potuto superare un treno ad alta velocità e lei gli sarebbe stata appresso senza nemmeno sudare. Certo, non era molto onesto: non avrebbe potuto sudare nemmeno provandoci. Non si può sudare senza non si ha la pelle, o respirare senza dei polmoni, o stancarsi senza avere un corpo.
Non si può fare molto, ad essere sinceri.
Quindi lo seguiva e lo guardava, senza che i suoi acuti commenti venissero uditi.

Quel giorno, il suo leale allievo aveva inseguito un criminale fino in una fogna. Era un criminale insignificante, a malapena lo si poteva chiamare villain, ma Toshi non avrebbe mai potuto ignorare un grido d’aiuto. Sfortunatamente si era perso, e c’era poco che lei potesse fare per aiutarlo o guidarlo.
No, tutto quello che Nana poteva fare era fluttuargli di fianco, come aveva fatto per anni, guardandolo mentre correva avanti e indietro per cercare la strada giusta. Il corpo del criminale era fatto di melma viscosa, e nella fretta aveva lasciato delle tracce. Non che Nana fosse più di tanto preoccupata. Toshi trovava sempre la strada, prima o dopo.

L’urlo la fece sussultare. Era in giro da un po’, abbastanza a lungo da sapere cos’era parte del suo nuovo ‘normale’ e cosa non lo fosse. Questo non era l’urlo di un innocente in pericolo; sa che non lo era, perché se lo fosse stato Toshi lo avrebbe sentito e si sarebbe catapultato direttamente verso la fonte invece di girovagare sul posto, esaminando le tracce di quella roba viscida lasciata dal colpevole. Quello era il tipo di urlo che poteva essere imitato forse solo dal suono di unghie su una lavagna, il tipo di rumore che faceva torcere lo stomaco e che era come se ti stessero trapanando le orecchie, come se fossero più voci costrette in una sola, che scuoteva i muri e faceva tremare le finestre diventando la colonna sonora dei tuoi incubi per settimane a venire.
Non che Nana possa più dormire, ormai.

Ma a dispetto della sua inconsapevolezza, Toshi si stava dirigendo proprio verso quel suono e quello significava che stava andando incontro a qualcosa per cui poteva non essere ancora pronto. E che razza di fantasma custode sarebbe stata lei se lo avesse lasciato accadere?
In un battito di ciglia lo aveva superato, seguendo le sue orecchie e qualsiasi altro senso possa spingere un morto a muoversi. Lasciò Toshi indietro, la traccia vischiosa che diventava sempre più densa e abbondante finché non Nana non risalì un tombino e-

Oh buon Dio.

Il villain melmoso era lì e non era solo. Che il cielo li aiutasse, c’erano dei bambini lì. Uno di loro era catturato nella sua morsa, avvolto nel muco come se stesse affogando in una palude. I suoi movimenti erano privi di forza e lenti, e stavano rallentando sempre di più lenti con il passare dei secondi mentre perdeva conoscenza. E l’altra…

L’altra stava ancora urlando, la forma che cambiava e si contorceva mentre ululava talmente forte da svegliare i morti. Solo la sua altezza e la vaga impressione di un vestitino fecero capire a Nana che stava in realtà guardando una bambina e non qualche sinistro demone uscito dalle profonde nebbie di un incubo. Il resto di lei era tutto uno scuotersi e tremare di ombre, dita che si allungavano come ombre di rami su una finestra scura, ciocche impazzite di capelli neri e un viso che fece andare in fumo la memoria di Nana.

Gridava e ululava, non di paura ma di rabbia, mentre le sue dita simili a zampe di ragno graffiavano inutilmente il bozzolo melmoso. Stava attaccando il villain, non il ragazzo; con un sussulto Nana realizzò che stava cercando di liberarlo.
E poi arrivò Toshi.

La battaglia fu breve, ringraziando il cielo; sempre che potesse essere chiamata ‘battaglia’. In un paio di mosse, il villain fu intrappolato in un paio di bottiglie di soda e Toshi prese tra le braccia il ragazzo privo di sensi e lo portò fuori, alla luce del sole. La bambina era finalmente calma, le ombre ferme, e Nana si ritrovò a guardare una bimba di otto o nove anni, tutta pelle pallida e ossa magre e capelli scuri e arruffati. I suoi occhi neri si alzarono verso Nana, curiosi ma non ostili come alcuni poltergeist potevano essere. Nana le sorrise e, dopo un momento di esitazione e uno sguardo di sfuggita al ragazzo sopravvissuto, la piccola fantasma le sorrise di rimando.
Fu un sorriso che la mise a disagio, in verità, ma un sorriso sincero.

“Amico tuo?” Le chiese Nana. La bambina annuì. “Ah. È molto leale da parte tua. Non ti senti mai sola? Avrà una lunga vita da vivere, sai.”
La ragazzina si arricciò il naso con un sorriso ironico, come se trovasse le parole di Nana in qualche modo divertenti.

Fu un sollievo quando il ragazzino di svegliò, e fu parecchio esilarante quando diede di matto per aver incontrato Toshi. Nana desiderò di poter sgattaiolare dietro il suo allievo e fargli le corna, di fare qualcosa per mostrare a quel povero ragazzo che il suo allievo era il peggior sfigato esistente e che non c’era nulla per cui essere nervosi; ma in ogni caso non avrebbe potuto vederla quindi desistette.

Le dita della bambina erano come cubetti di ghiaccio quando prese la mano di Nana. La tirò finché non ebbe la sua attenzione, poi puntò al suo balbettante amico con un sorriso entusiasta.

“Cosa?” Nana lo guardò, ma più di vederlo rendersi adorabilmente ridicolo davanti al suo studente, non stava facendo nulla di particolare.
La ragazza lo indicò ancora, più urgentemente, ma non proferì parola e Nana non era esperta nel linguaggio dei bambini, tantomeno in quello dei bambini fantasma.
“Scusa, non- oh dannazione.” Toshi decollò in quel momento – letteralmente, come un razzo – con il ragazzo aggrappato alla gamba e Nana cercò di non ridere fino a morire per la seconda volta mentre gli andava dietro.
 
 
-------------------------------------------------
 
 
“Posso diventare un hero come te anche se non ho un quirk?” Chiese il ragazzo. Caspita se era una domanda trabocchetto.

Nana però era distratta in quel momento, visto che c’era solo una nuvola di fumo che si parava tra Toshi e una scoperta indesiderata - e si stava velocemente dissipando. Desiderò di poter agitare le braccia per distrarre il ragazzo, sbattere le mani davanti ai suoi occhi, qualcosa per aiutare Toshi a nascondersi, ma sarebbe stato inutile. Una semplice folata di vento svelò la forma malaticcia e scarna di Toshi e il ragazzo abbandonò gli sproloqui imbarazzati per emettere un suono come di un ratto calpestato.

“Che sfiga.” Nana sospirò, anche se sapeva che Toshi non poteva sentirla. “Potresti provare a battere in ritirata prima che questo moccioso sbatta il tuo muso su ogni bacheca di Instagram.”
“C-cosa- cosa sta succedendo- tu non sei-“ Balbettò il ragazzo.

“Dai, vattene e basta!” Lo incitò Nana. Ogni tanto era come urlare a dei personaggi di un film. “Domani tornerai in piena forza e nessuno crederà a lui se dirà di aver visto All Might sgonfiarsi come un triste palloncino muscoloso!”
La faccia del ragazzino si contrasse, gli occhi che fremevano per quella che Nana riconobbe essere una risata mal trattenuta. Gli lanciò un’occhiataccia. Stava… ridendo della sfortuna del suo allievo? Prima che potesse arrabbiarsi, il ragazzo riformò il viso in un’espressione più neutrale e curiosa.
“Tu sei…” Mormorò, gli occhi sgranati per la sorpresa. “Ti… ti è successo qualcosa?”
Toshi aprì la bocca e vomitò sangue.

Nana fece una smorfia di compassione, maggiormente per Toshi ma anche un pochino per il moccioso. Dev’essere spaventoso vedere il Simbolo Della Pace tossire come se stesse per tirare le cuoia. Gli lanciò un’occhiata, cercando svogliatamente di indovinare a quale categoria sarebbe appartenuto. Era uno che gridava? Uno svenevole emofobo? Oppure uno coscienzioso dalla razionalità veloce che optava immediatamente per il telefono e doveva essere convinto a non chiamare un’ambulanza? Curiosa e disinteressata, Nana lo guardò per vedere la sua reazione.
E…

Non ce ne fu una.

No, aspetta, quello era un battito di ciglia. Almeno le palpebre le stava sbattendo. Certo, era anche vero che aveva appena fatto un volo tra i grattacieli della città, quindi forse aveva solo gli occhi secchi.

“Stai bene?” Chiede il ragazzo, e non aggiunse altro.
“Sì.” Rispose bruscamente Toshi, pulendosi la bocca con il braccio. “Senti… Ho bisogno che tu ti tenga questa cosa per te, va bene?”
E basta. Toshi cambiò argomento e il ragazzo… gli diede corda.

Va… bene…

Nana si avvicinò mentre Toshi spiegava la sua condizione e il ragazzo ascoltava. Essere morti significava essere un osservatore, ed qualche volta essere un osservatore significava inseguire qualsiasi scintilla d’interesse per rimanere sana di mente. Non c’era motivo di ignorare la sua curiosità; era già più che morta e anche se la soddisfazione non l’avrebbe fatta resuscitare, avrebbe certamente tenuto a bada la minaccia della noia.

Era abbastanza basso, quel ragazzo. Magro, anche per gli standard degli adolescenti sgraziati. Era il tipo di persona che si mimetizzava con lo sfondo senza nemmeno provarci. L’unica cosa remotamente interessante di lui era l’accennato riflesso verde dei suoi capelli e le occhiaie scure. C’era anche un pallore particolare sul suo viso che sarebbe stato inquietante se non avesse messo in risalto le sue lentiggini.

Ma non era il suo aspetto che aveva catturato e imprigionato l’attenzione di Nana: era come stava prendendo la storia di Toshi. O meglio, come non la stava prendendo.
Non lo interruppe, tranne per piccoli versi di circostanza e risposte per mostrare che stava ascoltando. La sua espressione non cambiò. Non c’era sorpresa, non c’era orrore, neppure repulsione quando Toshi gli mostrò la raccapricciante cicatrice sul suo fianco. Il ragazzo assorbì il tutto con la stessa espressione di triste, triste compassione.

“Dev’essere stato orribile.” Mormorò piano quando Toshi si fermò. “Non l’avevo mai notato.”
“E questo è un bene.” Disse Toshi, aggiustandosi di nuovo la maglietta. “Non ho raccontato al pubblico della mia condizione e non intendo farlo. Sono il Simbolo Della Pace, dopotutto. L’Hero che salva le persone con un sorriso. Non posso soccombere al male o alla paura.”
“Lo so.” Sussurrò il ragazzo, quasi troppo piano per essere sentito. “È, uhm. È il motivo per il quale voglio diventare un hero. Voglio essere quel tipo di eroe. Come te.” E, oh, Nana non voleva nient’altro che ficcarsi quel ragazzino in tasca e portarselo a casa.

Toshi sospirò pesantemente. “Ascolta. La verità è che non c’è molto altro a parte quel sorriso. La gloria e la felicità non c’entrano quando fai già abbastanza fatica a restare vivo e salvare più persone che puoi. Sorrido per distrarmi dalla paura e dalla pressione.”
“Oh… Capisco.” Il ragazzo si mostrò pensieroso, le sopracciglia aggrottate mentre assorbiva quello che Toshi gli stava dicendo. “Direi che… So cosa significa.” Scosse la testa come per liberarla dai pensieri. “Mi dispiace, non volevo. È stato davvero stupido da parte mia e- Non dirò nulla a nessuno, quindi non devi preoccuparti per quello.” Il ragazzo riuscì ad esibire un tremulo e nervoso sorriso.

“Grazie.” Disse Toshi, e diceva sul serio. “E con questo in mente, per rispondere alla tua domanda… No. Non penso che tu possa essere un hero senza un quirk.”

Il sorriso svanì come se lo avessero schiaffeggiato via dal suo viso.

“Questi sono i rischi del mestiere.” Continuò Toshi. “E questo è quello che succede con un quirk. Se non ne hai uno, uno utile al combattimento intendo, non hai molte speranze. È pericoloso e credimi: nonostante sembri fantastico, non vale la tua vita se non hai un quirk per difendere te stesso e gli altri.”

Il ragazzo e la sua espressione le stavano spezzando il cuore. “Molto crudo da parte tua.” Mormorò. “E ipocrita, Dio santo.”

Nana si ricordava di quando le venne fatta quella domanda, il giorno in cui era incappata in un ragazzetto smilzo con cuore da vendere e una sfortunata mancanza di forza a supportarlo. Perché sì, un quirkless può diventare un hero, sempre che riceva un quirk, ma era raro. Non è che Nana o Toshi potessero dare via One For All ad ogni speranzoso che lo desiderasse abbastanza.

Tutto quello non impedì all’espressione del ragazzo di volerglielo fare abbracciare. Toshi lanciò l’idea di entrare nelle forze di polizia come se fosse un premio di consolazione e Nana sussultò perché sembrava che il ragazzino stesse per mettersi a piangere.

“Guarda cosa hai fatto.” Disse, lanciando un’occhiata piatta al suo studente. “Lo vedi? Ecco- lì. Quello è il suo cuore che si spezza, è l’esatto momento in cui va in frantumi. Mostro.”

Lo seguì giù dal tetto, lasciando il ragazzo con le lacrime che gli gonfiavano gli occhi e una piccola bambina fantasma che lo accarezzava cercando di confortarlo. Beh, è andata così, pensò.

Prima che la giornata finisse, Midoriya Izuku colpì un mostro melmoso nell’occhio e singhiozzò mentre accettava l’offerta di Toshi di ricevere One For All, e Nana non era mai stata così felice di essersi sbagliata.
 
-----------------------------------
 
Izuku era ancora preda di un euforico stordimento mentre si trascinava a casa. Le sue gambe erano poco più solide della gelatina e la sua mente riecheggiava con le parole di All Might.

Puoi diventare un eroe. Puoi diventare un eroe. Puoi diventare un eroe.

“Avrei dovuto lanciare il mio zaino ad un supervillain mesi fa.” Disse ad alta voce. Rei emise una risata tremolante che fece scappare un gatto randagio dentro i cespugli, sputacchiando indemoniato.
Fu solo quando poggiò un piede nell’ingresso che la nebbia di incredulità e gioia si dissipò e una spietata e severa realizzazione lo colpì come un raggio di sole dritto negli occhi.
“Oh mio Dio. Oh mio Dio io non sono quirkless.”
Rei lo guardò con occhi grandi come piattini.

“Ho appena mentito ad All Might. Gli ho raccontato delle balle.” Il cuore di Izuku sprofondò e si coprì il viso con le mani. “Ho appena guardato il Simbolo Della Pace dritto negli occhi e gli ho mentito come una faccia di bronzo- Oh mio Dio sono una persona orribile e… mamma.” La seconda realizzazione non fu meno brutale della prima. In una frazione di secondo, una lampante falla nel suo piano mezzo abbozzato si fece palesemente notare.

Aveva detto di sì. Certo che aveva detto di sì. All Might, il Simbolo Della Pace, l’Hero numero uno, il più grande professionista che Izuku avesse mai conosciuto, l’uomo la cui faccia aveva tappezzato tutti i muri della sua camera gli aveva teso una mano e gli aveva offerto di allenarlo personalmente come suo successore e passargli un quirk potentissimo. Cosa avrebbe dovuto fare, stringergli la mano e dirgli ‘no, grazie’?

“Mamma non sarà mai d’accordo.” Sussurrò.
Rei lo guardò piattamente.
“Non posso non dirglielo!” Soffiò Izuku, controllando i dintorni per assicurarsi che nessuno lo vedesse o sentisse discutere con un fantasma. “Ho già un quirk. Lei sa che tipo di quirk è. Se all’improvviso se ne manifesta un altro, lei-“
La porta d’ingresso si aprì e Izuku giurò di aver perso almeno cinque anni di vita. “Izuku!” Fu tirato in un abbraccio prima che avesse la possibilità di reagire. “Izuku, santo cielo, ho visto il telegiornale e stavo per chiamarti. Stai bene? Sei ferito?”
“Mamma, ho fatto una cavolata.” Scivolò fuori dalla bocca di Izuku prima che decidesse davvero quello che voleva fare. “Ho fatto diverse cavolate.”

Sua madre lo controllò dalla testa ai piedi mentre entravano, guardando e ricontrollando se fosse davvero sano e salvo. In pochi minuti, si era tolto scarpe e giacca e si erano seduti per cenare. Izuku fissò il suo piatto, la fronte aggrottata. Da qualche parte dentro i muri una voce incorporea sussurrò qualcosa senza senso prima che il suo proprietario si allontanasse.

“Izuku?” Non la stava guardando in faccia, ma poteva sentire quanto preoccupata fosse sua madre. “Tesoro, sai… Qualsiasi cosa sia, non posso aiutarti se non mi dici cosa c’è che non va.”
“Ho incontrato All Might oggi.” Disse Izuku.
“Oh!” Squittì sua madre per la sorpresa. “Oh santo cielo, tu- wow. È fantastico! Sono molto felice per te, tesoro, ma… Allora cosa c’è che non va?”
“Il fatto è… che non c’è nulla che non vada.” Disse Izuku, alzando finalmente lo sguardo. “Tutto va… alla grande, in verità. È solo che… tu potresti non… condividere il sentimento.”
Sua madre si corrucciò. “Io… Non capisco. Penso che sia fantastico che tu abbia incontrato il tuo idolo.”
“Vuole allenarmi.”

Il cipiglio svanì, e sua madre lo fissò con uno sguardo assolutamente esterrefatto che sarebbe stato comico in qualsiasi altra situazione. “Come scusa.”
“Vedi. Lui- Io-“ Izuku si fermò, il cuore che galoppava. Le parole gli si incastrarono in gola: era incappato in un dilemma.

Aveva due opzioni. Poteva mentire a sua madre e poi eventualmente cercare un modo per spiegarle la verità quando avrebbe improvvisamente sviluppato la super forza, o poteva dirle la verità e tradire la fiducia di All Might rivelando il segreto del suo quirk, o anche della sua ferita.
Che schifo di scelte. Altro che giornata da sogno.
“Izuku?” Lo spronò sua madre. “Uhm. Ho bisogno di un po’ di contesto, tesoro.”
“Mi ha rivelato qualcosa a proposito di sé.” Disse infine Izuku. “Qualcosa che non vuole che la gente sappia. Ma non posso farcela senza raccontarti tutto, e non posso raccontarti tutto senza dirti di quella cosa. Quindi sono… bloccato.”

“Oh.” Le spalle di sua madre si abbassarono. “Oh, tesoro. Sei in una brutta posizione.” Aggrottò le sopracciglia, ma era più un’espressione corrucciata mentre cercava una soluzione. “Questa cosa che non vuole la gente sappia… Ti potrebbe mettere in pericolo?”
“No.” Disse Izuku. “Non direi.”
“Metterebbe qualcun altro in pericolo?”
“Solo lui.” Disse Izuku, ricordando la raccapricciante cicatrice.
“Ok.” Sua madre annuì, ancora pensierosa. “Se non è nulla che potrebbe farti del male, Izuku, allora… Penso che vada bene che non la sappia. Ma solo in questo caso, hai capito?” Izuku annuì. “C’è un modo per dirmi il resto senza tradire la fiducia di nessuno?”
“Io… ci proverò.”
“E se non puoi, allora… Preferirei davvero sapere, Izuku.”

“Lo so, mamma. Okay.” Fece un respiro profondo. “All Might sta… cercando un successore. Il suo quirk… uhm.” Questo non poteva evitarlo. “Lui può passare il suo quirk, mamma. Mi ha chiesto se volevo riceverlo.”
Sua madre fece cadere le bacchette con un rumore sordo. Lo fissò, scioccata e senza parole.
“Io… non gli ho detto del mio potere.” Continuò Izuku. I suoi occhi tornarono a guardare il piatto. “Lui crede che io sia quirkless. Ma lui- Crede che io abbia quello che serve per ereditare il suo potere.” Fece una pausa, la gola che sobbalzava mentre deglutiva. “Mamma, io… gli ho detto di sì.”
Izuku!
“Lo so!” Esclamò Izuku, facendo cadere anche le sue bacchette. “Lo so, so che è stato stupido ma- È All Might, mamma! E io sono io! Cosa pensavi che gli avrei risposto?”
“Avresti dovuto parlarne con me prima.” Sua madre nascose il viso dietro le mani. Dall’altra parte del tavolo, Izuku poteva vederle tremare.

“Non eri lì, non potevo chiedere un tuo parere.” Mormorò Izuku. “Ecco perché te ne sto parlando adesso. Mamma, voglio davvero farlo.”
“Lo so, Izuku, lo so, ma-“
“Io non-“ La voce gli si bloccò in gola. “Non penso che avrò mai un’altra occasione del genere, mamma. Io…” Il senso di colpa gli gorgogliò in gola e sentì delle lacrime pungergli gli occhi, perché il suo sogno impossibile era improvvisamente a portata di mano ma lei avrebbe potuto dire no. “Quasi non te lo volevo dire, ma… Conosci già il mio quirk e non avrei potuto tenertelo nascosto se ne avessi ricevuto improvvisamente un altro, e-“
“Tu mi dici sempre tutto.” La sua voce era morbida, la viso nascosto tra le mani. Izuku non riusciva a capire cosa stava provando e la cosa lo spaventava. “Non importa cosa, tu mi dici sempre tutto, perché se non lo fai e finisci nei guai allora-“
“Lo so.”

“Izuku.” Lentamente, le sue mani scesero verso il suo grembo e Izuku trovò difficile guardarla in faccia per molto. “Questo è- questo ti cambierà la vita. E hai solo quattordici anni. Non so se è una buona idea. Hai- sai almeno cosa ha in mente?”
“Tutto quello che so,” disse Izuku, “è che All Might vuole allenarmi e che questa è l’unica opportunità che ho per diventare un hero.”
“Izuku-“
“Mamma.” La sua voce si spezzò. “Ho bisogno- Ho bisogno di dirti cosa è successo. Mamma, c’era Bakugou.” Vide la sua espressione diventare di pietra. “No, voglio dire- era in pericolo. Io sono stato attaccato per primo, e poi il tizio è andato dietro a Bakugou e…” Singhiozzò. “M-mamma, aveva paura.”
Lo sguardo ferreo nei suoi occhi si spezzò.

“Era così spaventato, mamma. Era spaventato come lo ero io quando- e nemmeno mi importava che lui- Non mi importava di tutto quello che aveva fatto, io- Lo aveva preso e-“ La figura di sua madre si sfocò quando le lacrime eruppero e Izuku cercò di parlare nonostante stesse tremando e nonostante il cupo dolore nella sua gola. “E tutto quello che riuscivo a pensare era che non volevo vederlo così. Né ora, né mai. I-io non volevo vederlo in quel modo. Quindi ho cercato di fermarlo e, mamma, non sono riuscito a fare niente. Tutto quello che ho fatto è stato solo… rallentarlo. Ho lanciato il mio zaino, e poi basta. E poi ha continuato a fargli del male e-e io non potevo fare nient’altro. E poi è arrivato All Might e- e poi era tutto finito.” Tirò su col naso, asciugandosi le lacrime sulla manica. “So che ho un quirk e so che è unico e speciale ma non posso salvare nessuno. Non posso salvare la vita di qualcuno. Tutto quello che posso fare è parlarci dopo che sono già morti.” Delle braccia lo avvolsero, calde e morbide, e Izuku pianse contro il maglione di sua madre. “Non voglio sentirmi mai più in quel modo.”

“Oh, amore mio.” La sua voce tremò e Izuku si chiese se anche lei stesse per piangere. “Mi dispiace. Mi dispiace che fossi spaventato e mi dispiace che tu abbia dovuto sentirti in quel modo.” Gli premette un bacio sulla tempia e gli massaggiò gentilmente la schiena. “Tu sei buono, mi hai capito? Sei una persona buona è il mondo è fortunato che tu esista.”

“Ce la posso fare.” Le disse Izuku a mezza voce. “So che ce la posso fare. E ,mamma, se non lo faccio, se non ci provo, me ne pentirò per tutta la vita.”

“Io…” Il suo respirò si fermò un momento. Poi lasciò andare un lungo sospiro. “Io… lo so, tesoro. Lo so. E credo…” Si tirò indietro, spostandogli un po’ di ciocche che gli erano cadute davanti agli occhi. Fece un altro respiro profondo. “Credo che se ti fermassi, allora… probabilmente me ne pentirei anche io.”
Izuku sbatté gli occhi, improvvisamente sgranati, le lacrime che si stavano seccando sulle guance. “Vuoi dire…”
“Voglio che tu stia al sicuro.” Disse lei. “Lo voglio tantissimo. Ma desidero ancora di più che tu sia felice.” Sua madre gli incorniciò gentilmente il viso con le mani. “Questo ti renderà felice?”
“Più di qualsiasi altra cosa.” Sussurrò Izuku.

“Beh.” Dopo un momento, tentò un sorrisino coraggioso che in qualche modo sembrò anche più brillante di quello di All Might. “Allora va bene. Dimmi cosa posso fare per aiutarti.”

Rei fece un grido di trionfo, facendo esplodere la lampadina della cucina e facendo volare una spatola dall’altra parte della stanza.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: PitViperOfDoom