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Autore: BakemonoMori    19/09/2018    2 recensioni
"I giovani non hanno sogni"
"Non c'è speranza per i nostri giovani"
"Non c'è lavoro, tutto crolla, i giovani non hanno futuro.
"I giovani non puntano più a nulla"
I giovani questo, i giovani quello... c'è ancora speranza in questa meschina società di nichilismo?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fanculo.

Ecco il momento che attendevo e che indirettamente ho sempre atteso. Io, sola in questa stanza, musica
alta che culla ed accompagna i miei pensieri lungo la confusa marea in tempesta che altro non è la mia
mente.

Stanca, dopo l’ennesima giornata passata a fare nulla.. assolutamente nulla. Mi sento nuovamente la
merda che sono, le cicatrici tornano alla luce non appena mi tolgo la maglietta e mi stendo sul letto
gettando le scarpe a terra.

Poso il braccio ferito sulla fronte e chiudo gli occhi pensando a quanto inutile sia stata la mia vita fin’ora e
quanto lo sarà ancora.

Neanche oggi dormirò eh?

Spengo la luce ma i miei occhi non si chiudono. Fisso il soffitto, e senza che me ne accorga, i miei pensieri
sono fuggiti e vagano ora fuori controllo.
«Sono inutile»
«Perché cazzo mi ostino a vivere questa vita di merda?»
«So cosa dovrei fare.. eppure.. non ne ho il coraggio.»
«Oltre che stronza sono pure codarda. Che senso ha continuare?»

Ma ecco che tra tutti questi pensieri uno passa in risalto.. L’unico a cui non avrei mai pensato di dar corda,
ma che in questo momento pare, nella foga generale, il migliore, quello più ragionevole e realista.

Balzo in piedi e senza pensare giungo di fronte alla finestra, guardo giù e dedico una sola lacrima al caldo
catrame dell’asfalto. Mi volto e cammino lungo la stanza, accendo la luce ed apro l’armadio, da cui prendo
il mio borsone, sempre pronto per ogni evenienza.

Rimetto la maglietta e le scarpe. Prendo una felpa per sicurezza ed esco dalla stanza.

Supero il corridoio senza infrangere il silenzio di tomba che invade l’appartamento – se per caso svegliassi i
miei sarebbero cazzi amari – ed esco di casa.

Scendo le scale, sorbendomi quei caca cazzi dei cani dei vicini che abbaiano, facendo scricchiolare il portone
che non viene oliato da eoni, ed esco dal palazzo.

Mi dirigo nel buio vicolo, porta attraverso la quale si raggiunge il più malfamato dei quartieri, alla sinistra di
dove sono uscita.

Giungo in fondo all’oscura stradina e mi ritrovo di fronte al più bel luogo della mia vita: la bottega di pittura.
Ovviamente chiusa a causa della tarda ora, ma grazie alle vetrine riesco comunque a vedere gli stupendi
dipinti che dietro vi riposano.

Dopo essermi così scaldata il cuore torno nella stretta via di prima, dove finalmente il mio spirito ritrova
pace.

Finalmente riesco a fare ciò che ho sempre sognato. Ciò che mi ha richiesto 17 fottuti anni per trovarne il
coraggio.

Nonostante la fatica e lo sforzo per trovare il coraggio ce la faccio comunque, senza farmi mancare qualche
esitazione e i classici sensi di colpa. Ma tanto non durano molto.

E caaazzo se ci si sente bene…

Troppo stanca da poter tornare a casa, mi accascio su quel lurido marciapiede usando il borsone come
cuscino. So che non riuscirò a dormire, ma voglio almeno riposare gli occhi…

Passano ore, non so quante, ma abbastanza da far sorgere il sole, abbastanza da infastidire i miei incubi
ricorrenti, e facendomi svegliare dal mio letargo.

Senza neppure aprire gli occhi, solo tramite i suoni ed i bisbigli stupiti che sento, capisco di dover essere in
un mare di casini.
«Cazzo.» sussurro lentamente, sollevando il busto da terra e sedendomi scomodamente; il collo e la
schiena mi fanno un male cane.

Dopo aver trovato le forze, apro un occhio alla volta e, come mi aspettavo, sono circondata da gente,
stupita, schifata, sorpresa, incuriosita.. neanche fossi uno spettacolo da baraccone. In più, un gruppetto di
ragazzi, attorno alla mia età, sembrano sconcertati. Come se avessi illuminato la loro vita facendo qualcosa
che avevano sempre temuto di fare.

Ma che cazzo, neanche avessi compiuto l’attentato del secolo.

Ma ecco che ricordo che cosa ho combinato la notte scorsa, ed ecco che in un lampo mi ritrovo in piedi.
Coloro che mi circondano non riescono quasi a credere ai loro occhi, così, approfittando di una cesta della
frutta, buttata lì accanto a me, facendo in modo di farmi notare.
«Allora miscredenti!» esordisco salendovi sopra «Voi tutti che ripetete che per i giovani non c’è speranza,
voi stronzi che ci criticate per l’aspetto, per la fantasia, per ciò che ci piace!»

E più parlo, più loro sembrano pendere dalle mie labbra. Più cerco di dimostrare la realtà, più loro paiono
scettici.
«Fanculo tutto. Noi ragazzi siamo forti, siamo potenti, abbiamo energia e possibilità. Credete in noi e
potremo dimostrarvelo!» conclusi allora, scostandomi dall’opera che avevo terminato la sera precedente.

Un murales grande quanto un manifesto pubblicitario, con dipinto un ragazzo incappucciato, vestito come
coloro che ho conosciuto, come noi ragazzi di strada. Rovinato, dagli abiti strappati, ma con gli occhi che
brillano di passione.

Noi possiamo farcela. Noi possiamo cambiare questa realtà.

   
 
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