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Autore: A_Typing_Heart    22/09/2018    0 recensioni
Quante volte si rimanda, per paura di qualcosa? Per paura di parlare, di aprirsi, Dino continua ad aspettare il momento migliore, fino a che si troverà davanti alla terribile, crudele verità: il tempo è tiranno e una volta perduto non si può più recuperare. Qual è il prezzo per cancellare un rimpianto che potrebbe distruggergli la vita?
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Kyoya Hibari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'uomo biondo alla guida della Ferrari rossa procedeva molto piano lungo le strade cittadine meno affollate, permettendosi frequenti distrazioni per osservare ogni passante incrociasse. Le studentesse e anche alcuni ragazzi indicavano meravigliati la lussuosa automobile straniera, una grossa rarità in Giappone e ancor di più in quella piccola cittadina dove le personalità più di spicco erano il primario del piccolo ospedale, il preside della scuola media e il proprietario del ristorante francese.
Dino Cavallone svoltò due volte prima di addocchiare qualcuno che poteva essere la persona che cercava. Non appena distinse la fascia rossa sulla manica del giacchetto scolastico accostò bruscamente e si affiancò al giovane.
-Kyoya! Perchè non mi hai risposto? Ti ho telefonato cinque volte!-
-Infatti sei molto fastidioso. Ho lasciato il telefono in ufficio.-
L'uomo biondo si passò la mano fra i capelli leggermente mossi, esasperato. Glissò elegantemente sul fatto che il suo millantato ufficio fosse in realtà una banalissima aula del suo liceo dalla quale il suo comitato disciplinare spadroneggiava sugli studenti, esattamente come era successo per tre anni alle scuole medie, e decise di pensare alle cose più urgenti.
-Non c'è tempo per questo, sali.-
-Prego?-
Finalmente Kyoya smise di camminare e si voltò, lanciando al guidatore un'occhiata di gelido furore. Era inverosimile quanto quel ragazzo si irritasse al solo pensiero che qualcuno potesse impartirgli ordini. L'educazione paterna rigida, anaffettiva e di stampo militare aveva fatto di quel giovane un esemplare unico nel suo genere, e purtroppo per i molti incurabili difetti. Non solo era diventato intollerante a qualsiasi cosa potesse vincolarlo, ma era anche un dispotico maniaco del controllo, una personalità asociale che spesso leggeva la realtà attraverso diverse lenti che ne distorcevano il senso, nonchè un orgoglioso guerriero con la discutibile passione per il sangue e una disdicevole vena sadica. Il meglio che si potesse dire di Hibari Kyoya era che i suoi gravi squilibri non avevano soffocato del tutto qualche sentimento di pietà e di tenerezza, ma questi si dimostravano in modo molto tenue solo in presenza di bambini educati e animali di grazioso aspetto, in particolar modo uccellini, gatti e cagnolini che lui potesse ritenere rispettosi. Ovviamente Dino Cavallone non rientrava nelle categorie di indulgenza, poco importava che fosse ormai da qualche anno il maestro di Hibari al combattimento.
-Se continuo a chiamarti c'è un motivo importante, lo so che non ti piace essere disturbato.- ribattè Dino. -Non ti avrei cercato così insistentemente se non fosse un'emergenza, no? Avanti, sali.-
-Ho da fare.-
-Non essere cocciuto, te lo sto dicendo!-
-Non darmi ordini, Cavallo Pazzo, o stavolta te ne farò pentire davvero.-
Il gomito del ragazzo si scostò sapientemente affinchè il movimento della giacca gli lasciasse intravedere l'acciaio luccicante del suo tonfa, ma Dino non era certo un uomo che potesse spaventarsi per tali infantili minacce. In un'altra occasione l'avrebbe lasciato perdere, non per paura ma per non creare ulteriore malumore, ma non poteva aspettare. La riunione sarebbe cominciata a breve ed era importantissimo che ci fossero tutti. Sperò che Tsunayoshi avesse successo nel reperire l'introvabile guardiano della nebbia.
-Va bene, me ne farai pentire, ma non adesso. La famiglia sta per riunirsi, devi esserci.-
-Non mi importa della famiglia. Non ho intenzione di presentarmi.-
-Non insistere, se devi, devi. Hai accettato anche dei doveri con quell'anello, Reborn è stato chiaro su questo, no?-
La reazione a quel nome sarebbe passata inosservata a chiunque tranne che a Dino: sapeva di aver colpito forse il suo unico punto debole. Anche se molte persone ammiravano il fatto che sapesse imporsi su una personalità tanto ingombrante come quella di Hibari, Dino sapeva bene di non collocarsi ai vertici della piramide: l'unico che potesse chiedere al ragazzo qualsiasi cosa era l'Arcobaleno Reborn, in virtù della sua forza che anche lo sfuggente guardiano rispettava, e in determinate circostanze il suo boss Tsunayoshi Sawada riusciva a ottenere la sua obbedienza. Dino veniva soltanto dopo di loro, e il divario tra un gradino e l'altro era vistoso.
-Reborn ci sarà?-
-Sì, sta aspettando con gli altri nell'ufficio di Tsuna.-
-Ufficio? Una camera d'albergo sarebbe un ufficio?-
-Il tuo ufficio è un'aula.- commentò inacidito Dino. -Sbrigati, siamo in ritardo... sali. Andiamo insieme.-
Kyoya lo guardò di nuovo e fu in evidente conflitto. Non era un mistero che la macchina di lusso di Dino gli piacesse, un po' come per tutti i ragazzi di quell'età salire su un bolide che costava quanto un appartamento a Namimori era un'emozione, ma darla vinta al maestro era qualcosa che lo disturbava moltissimo. L'unica volta che aveva accettato di salire senza un fiato di protesta era stato quando Dino era andato a prenderlo davanti al liceo e tutti quanti avevano potuto scoprire che un biondissimo uomo italiano veniva a prendere il loro capo del comitato in Ferrari. Sicuramente era stata un manna dal cielo per la popolarità del comitato e del suo irascibile comandante.
Visto che Hibari non si decideva, Dino sfilò il cellulare dalla tasca della giacca e glielo porse, suscitandogli una malcelata sorpresa.
-Te lo presto, se vuoi farti un selfie mentre sali.-
-Ma chiudi il becco.-
Hibari fu irritato da quel commento, ma finalmente si decise a prendere posto sul sedile del passeggero. Ovviamente si chiuse in un silenzio ostinato fino al loro arrivo al parcheggio privato dell'unico albergo di lusso della città.
 
Non appena Dino mise piede nella suite all'ultimo piano vide che erano gli ultimi a presentarsi. Tsunayoshi indossava abiti informali, un maglioncino marrone sopra la camicia e pantaloni scuri, e sedeva sulla poltrona al centro del salottino. Il guardiano del sole Ryohei si era presentato in tuta, come fosse stato chiamato mentre faceva jogging, e Yamamoto indossava l'uniforme della squadra di baseball locale, gli Hornets. Lambo sedeva con aria annoiata sul tappeto sbriciolando mentre mangiava biscotti. Gokudera era l'unico a essere ben vestito, con il completo scuro e la camicia bordeaux. Fu abbastanza sorpreso di vedere Chrome seduta con loro, con addosso una graziosa uniforme dal blazer e gonnellino verde a scacchi e il cravattino giallo a righe verdi. La incontrava raramente e non l'aveva mai vista con l'uniforme del suo liceo.
Fu molto più insolito vedere Mukuro a un'adunata della Famiglia Vongola, visto che millantava continuamente di non farne parte: di solito veniva informato trasversalmente di ciò che le succedeva, o dalla stessa Chrome, ma Dino poteva dire di averlo incontrato solo due o tre volte in tanti anni. Sedeva a gambe accavallate sulla scrivania, guardando in nuovi arrivati con un'espressione arrogante che di sicuro voleva servire a provocare una reazione che non si fece attendere. Alle spalle di Dino Hibari emise un verso simile a un ringhio soffocato.
-Kyoya, per favore, non cominciare.- gli disse. -È quello che vuole, che tu ti indispettisca!-
-Gli cancello tutta la faccia a pugni.-
Dino sbarrò la strada a Kyoya per evitare che si lanciasse contro Mukuro e i due iniziassero a demolire la suite, ma per sua fortuna Reborn apparve dal locale adiacente con due tazze di caffè fumante in mano. Non sembrò curarsi dell'aria elettrica tra i due guardiani.
-Ah, Hibari, sei venuto!- disse con quella vocetta acuta. -Molto bene. Siediti, prendi una tazza di caffè. L'ho fatto io, è caffè italiano.-
Hibari placò immediatamente i suoi istinti peggiori e prese dall'Arcobaleno la tazza di caffè con una cortesia sconosciuta a chiunque altro.
-Grazie.-
-Ci tengo a fare da ambasciatore al caffè italiano! Prendine pure ancora se ne vuoi.-
Reborn camminò rapido anche con le gambette corte che aveva e raggiunse la scrivania per porgere l'altra tazza di caffè a Mukuro, che lo guardò come se il fatto che gli venisse offerto qualcosa fosse oltremodo buffo. Alla fine, con un enigmatico sorriso, si chinò e la prese. Reborn sorrise di rimando.
-Non litigare con Hibari mentre siete qui, okay?-
-Sì, sì. Farò il bravo.-
Reborn si ritenne soddisfatto e raggiunse il divano dove prese posto nel piccolo spazio accanto a Yamamoto, che Dino notò aveva in mano un'altra tazza uguale alle due offerte dall'Arcobaleno. Guardò ancora una volta Mukuro, che prese un sorso di caffè caldo spostandosi i capelli dietro l'orecchio. Il suo vistoso orecchino della nebbia tintinnò, ma Dino prestò più attenzione ad altre sue stranezze: i suoi capelli stavano crescendo molto, la sua coda raggiungeva la schiena ormai, portava una serie di anelli sulla mano guantata oltre all'Hell Ring e i suoi occhi erano resi più profondi dal colore nero con cui li aveva ombreggiati. Non era la sola cosa insolita, infatti sul lato destro del viso aveva due piccoli disegni, come due lacrime scure che scendevano dall'occhio a lunghezze diverse sulla guancia. Non che Dino fosse stato mai un ragazzo acqua e sapone, dato che aveva un lato del corpo coperto di tatuaggi, ma lo stile dark di Mukuro stava virando verso abissi profondi. Lui si accorse che lo stava osservando ma si limitò a sorridere.
-Per quale motivo siamo qui, comunque?- domandò Mukuro, spostando lo sguardo su Tsuna. -Non che non mi piaccia giocare alla famiglia con voi, ma ho un buono per la sala bowling che scade oggi.-
Tsunayoshi si dimenò nervoso sulla poltrona e Dino sapeva che l'idea di pronunciare quel nome nella stessa stanza in cui si trovava Hibari gli causava un eccesso di ansia. Il biondo si tenne pronto a intervenire se la reazione del suo pupillo fosse diventata eccessiva.
-Ho... ho organizzato un incontro domani... con... con i Blavetchenko.-
L'aria diventò elettrica all'istante. Mukuro smise di sorridere, Chrome abbassò la sua tazza di tè senza bere e Ryohei e Yamamoto si accigliarono, ma Hibari fissò il suo boss come se gli avesse appena lanciato una torta in faccia. L'unico a non avere reazioni di alcun genere fu Lambo, che era beatamente ignaro dei molti problemi esistenti tra i Vongola e i serbi Blavetchenko.
-Hai deciso, allora?- domandò Yamamoto, che passò dal viso di Tsuna a quello di Gokudera. -Avete deciso di trattare?-
-Sta andando fuori controllo... i Blavetchenko hanno una potenza di fuoco spaventosa, se continuasse questa guerra territoriale trasformeremmo Namimori in un campo di battaglia.- rispose Gokudera, che teneva le braccia incrociate al petto. -A noi non interessa l'egemonia, il Decimo preferisce trattare con loro e dividere equamente piuttosto che trasformarla in un...-
-Trattare?-
Hibari abbandonò la tazza di caffè sul bordo del tavolo, fissando Gokudera come se anche lui lo avesse appena insultato a morte. Dino vedeva la peggiore profezia prendere forma.
-Volete trattare con i Blavetchenko? Cos'è, uno scherzo di pessimo gusto?-
Tsuna capì immediatamente i sentimenti di Hibari e si fece molto serio, anche se il modo in cui intrecciava le dita tradiva il suo nervosismo di fronte all'impresa di controllare il suo indomabile guardiano.
-Non è affatto uno scherzo. Voglio raggiungere una tregua con loro, e tu, Hibari, farai la tua parte. Pensi che se i Blavetchenko ci dichiareranno guerra aperta sarà tutto un gioco per te? Che potrai divertirti a picchiarli e ucciderli, e poi tornartene a scuola?-
-Il liceo sarà la prima cosa che Igor farà saltare in aria.- commentò secco Gokudera.
-So che ce l'hai con lui, ma è per il bene superiore, Hibari!- insistette Tsuna quando lo vide in procinto di replicare. -Vuoi davvero che si scatenino nella tua scuola... nella tua città? Vuoi che distruggano tutto e uccidano le persone che incontri ogni giorno? Quelle che rendono la città quella che tu ami tanto?-
Non poteva essere più ovvio che Hibari era combattuto a un livello più profondo che mai. Non voleva certo che qualcuno sconvolgesse una sola virgola della sua pacifica vita e della sua città affezionata, li avrebbe uccisi piuttosto che lasciarli devastare una sola aiuola, ma non era così ingenuo da non rendersi conto che per quanto forte non avrebbe potuto essere ovunque per intercettare ogni attacco e spazzare via una famiglia potente come la loro tutto da solo. Dino pensò fosse buona cosa che Hibari arrivasse da sé a capire il suo limite.
-Andrà tutto bene, Hibari... devi solo venire con noi all'incontro, ci metteremo d'accordo nel minor tempo possibile e poi non li vedremo più qui... devi soltanto ignorare quelle persone, come fai quando sei in metropolitana, o in autobus.-
Hibari annuì rigido e riprese la tazza del caffè. Reborn era soddisfatto di come il suo allievo aveva gestito la faccenda, ma proprio mentre Dino tirava un silenzioso sospiro di sollievo Mukuro decise di dare voce ai suoi pensieri foschi.
-Dobbiamo proprio farlo?-
-Che vuoi dire?-
-Abbiamo anche noi dell'artiglieria pesante, perchè domani all'incontro non spazziamo via quell'avido del loro boss e tutti i suoi tirapiedi? Dopo questo nessun altro proverà a venire a fare la voce grossa da queste parti.-
-Mukuro... non è questa la nostra politica, mi pareva di avertelo già detto.-
Mukuro alzò le mani in un muto segno di resa e scivolò con eleganza giù dalla scrivania, come fosse privo di peso.
-Sei tu il capo.- commentò. -Nagi, andiamo? Oggi mi sento in ottima forma, farò una partita da record.-
Nagi si affrettò a posare la tazza di tè ancora piena, raccolse la cartella nera adorna di spille a forma di gatto e si alzò raggiungendo Mukuro vicino alla porta. Si stupì che lui la prendesse per mano, non tanto perchè ci fosse qualcosa tra loro quanto per il fatto insolito che Mukuro decidesse di mostrare palesemente parte dei suoi sentimenti a degli estranei.
-Mukuro.-
Mukuro si fermò mentre apriva la porta e guardò Tsuna, con il sorriso ancora stampato sulla faccia.
-Non fare tardi, domani abbiamo il treno alle nove del mattino.- gli disse. -Incontreremo i Blavetchenko al Neptune a Tokyo, alle quattro del pomeriggio.-
Il sorriso di Mukuro si incrinò leggermente, solo un attimo, prima che guardasse Nagi.
-Dici che ci sveglieremo in tempo?-
-Ti sveglierò io in tempo, Mukuro sama.-
-Bene, allora ci saremo. Buona giornata.- tagliò corto Mukuro. -Nagi, saluta.-
-Ciao!-
-Ciao ciao!-
Prima che qualcun altro oltre Reborn riuscisse a salutare i due guardiani della nebbia scomparvero chiudendosi la porta alle spalle. Hibari si guardò intorno, mentre tutti gli altri tacevano assorti nei pensieri e Lambo scartava caramelle, e si accigliò.
-Beh, tutto qui? Mi avete fatto venire fino qui per dirmi questo e basta?-
-Scusa tanto se ti sembra di poco conto!- sbottò Gokudera. -Ti abbiamo portato via troppo tempo per l'organizzazione di un festival che senza questa tregua diventerebbe una carneficina?!-
-Il festival sarebbe perfettamente al sicuro. Ci sarei io.-
-Non sei a prova di proiettile.-
-Questo è tutto da vedere.-
Dino si affrettò ad acchiappare Hibari per le spalle e allontanarlo da Gokudera vedendo gli sguardi velenosi che si stavano lanciando. Lo sospinse con poca delicatezza verso la porta.
-Bene, Tsuna, darò io i dettagli del viaggio a Kyoya, mentre lo riporto a casa... ci vediamo domani...-
-Grazie, Dino... davvero, grazie...-
L'uomo biondo sorrise appena vedendo come Tsuna si rilassava lasciandosi andare contro la poltrona mentre il suo ultimo problema veniva scortato fuori dalla suite. Appena fuori dall'albergo il malumore di Hibari si dissipò, e anche se sarebbe stato esagerato definirlo di buona compagnia, fu quantomeno gradevole scambiare qualche parola normale con lui mentre lo riaccompagnava verso la villa antica in cui viveva. Dino riuscì persino a ottenere un saluto mentre lo lasciava scendere dall'automobile, e anche per questo sorrise ampiamente quando rimise in moto. Quei rari momenti erano la ragione per cui si ostinava a cercare ancora un rapporto più intimo e più umano con Hibari Kyoya.
 




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