Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn
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Autore: A_Typing_Heart    29/09/2018    0 recensioni
Quante volte si rimanda, per paura di qualcosa? Per paura di parlare, di aprirsi, Dino continua ad aspettare il momento migliore, fino a che si troverà davanti alla terribile, crudele verità: il tempo è tiranno e una volta perduto non si può più recuperare. Qual è il prezzo per cancellare un rimpianto che potrebbe distruggergli la vita?
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Kyoya Hibari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno seguente Dino capì subito che non poteva sperare che sarebbe andata liscia e facile, gli bastò guardare con quale ferocia Hibari si stringeva le braccia mentre raggiungevano il lussuoso hotel poco distante dalla stazione alla quale erano scesi. L'imminente incontro con i Blavetchenko lo stava innervosendo anche se provava a restare calmo, ed era così evidente che sarebbe esploso al minimo sballottamento che anche Mukuro evitava di punzecchiarlo, lanciandogli di tanto in tanto occhiate vagamente ansiose. Non era il solo: tutti i guardiani avevano un'aria seria, persino Reborn pareva impensierito. Dino sperò con tutto se stesso che non avesse uno dei suoi azzeccati quanto nefasti brutti presentimenti, ma mentre salivano al piano interamente riservato dai Blavetchenko dovette ammettere di sentire lui stesso una fortissima sensazione negativa. Cominciava ad avere paura e la sola cosa positiva che riuscì a pensare mentre uscivano dall'ascensore e camminavano tra guardie armate fu che per grande saggezza del giovane Decimo Vongola il piccolo Lambo non era con loro.
-Dobrodoshao.- disse una voce leggermente arrochita. -Dodjesh.-
-Igor, visto che sai benissimo che non parliamo serbo e che tu conosci il giapponese potresti parlare in una lingua che gli ospiti del tuo boss possano capire.- lo fulminò subito Gokudera, velenoso. -Comunque, grazie. Ci accomodiamo.-
Igor rimase sorpreso che Gokudera avesse capito che aveva dato loro un benvenuto invitandoli a entrare, probabilmente si aspettava di metterli a disagio parlando loro in serbo, ma il braccio destro del Decimo Vongola non era un uomo che si faceva prendere in giro due volte e si era preparato per tempo. Dino non potè non ritrovare almeno un po' il sorriso e si chiese quanto il ragazzo fosse riuscito a imparare della lingua serba in pochi mesi dal loro primo sgradito incontro.
Hibari sfilò davanti a Igor senza degnarlo di uno sguardo, impresa resa più difficile dalla sua barba elaborata rasata in modo da evidenziare righe e piccole forme geometriche sul mento e la mascella. L'uomo, alto e di stazza imponente evidenziata dalla camicia grigia molto attillata sui muscoli, entrò dopo Mukuro e chiuse la porta.
Erano stati accolti in una suite lussuosa, molto moderna. Era il regno del vetro e del metallo, con un lungo tavolo di metallo cromato, sedie bianche di design, un tavolino da caffè in vetro fumé e divani dalle linee squadrate con telai di legno e acciaio. L'intero ambiente esprimeva la durezza e la freddezza del boss Antioch Blavetchenko, il "Lupo dagli occhi di ghiaccio". In effetti gli occhi erano azzurri, così intensi da notarsi anche da una certa distanza. Il boss era protetto dagli altri cinque guardiani più quattro energumeni armati, in piedi alle sue spalle. Non erano stati aggiunti posti per sedersi, e questo era indicatore della volontà dei Blavetchenko: sbrigare gli affari il più in fretta possibile tra i due uomini che contavano in quella stanza, e poi liberarsi degli ospiti non così graditi.
Tsunayoshi difatti si sedette di fronte all'uomo, con l'aria tesa di chi trattiene a stento un conato di vomito. Antioch, che aveva di fronte sul tavolino un bicchiere di un liquore ambrato difficile da meglio definire, lo indicò a Tsuna.
-Whisky?-
-Ah... no... grazie, non bevo.-
Dino fu felice che Tsuna evitasse di dire a quei mafiosi serbi che non aveva l'età per bere, non tanto perchè non dovessero sapere quanto era giovane, tutti nel mondo della malavita lo sapevano, ma sarebbe apparso un bambino spaurito ligio a leggi che un mafioso non si degnava nemmeno di conoscere, figurarsi di rispettare. Avrebbe indebolito la propria posizione al tavolo delle trattative, era stato bravo a intuirlo e a rispondere in modo diverso.
-Andiamo, Tsunayoshi! Può chiamare te Tsunayoshi, sì? Oggi siamo drugovi! Compagni, dite voi, sì? Igor?-
-Compagni.- confermò lui la parola.
-Quindi! Bevi con me, Tsunayoshi!-
Mentre il boss versava un nuovo bicchiere di whisky con ghiaccio a Tsunayoshi, che protestava debolmente, Dino guardò Igor. Non era il braccio destro di un boss così influente per caso. Era stato molti anni nell'esercito e per molti altri aveva fatto il mercenario combattendo guerre per qualcun altro. Spostandosi in molti paesi aveva imparato molte lingue, parlava il giapponese solo con un lieve accento dell'est Europa, mentre il suo capo parlava un giapponese terribile, e aveva dimostrato anche durante il loro precedente incontro di parlare altrettanto male l'inglese e anche peggio l'italiano. Se Igor poteva essere considerato per questo le orecchie e la lingua del suo boss era anche indubbiamente le sue muscolose braccia e il suo dito pronto al grilletto, perchè non aveva perso la condizione di guerriero: solo qualche mese prima, quando si erano trovati a scontrarsi in una scaramuccia di poco conto, Igor aveva pesantemente abbattuto il guardiano della nuvola grazie alla sua tecnica militare e potenza esplosiva, infliggendo a Hibari Kyoya una ferita d'orgoglio che avrebbe potuto essere guarita solo da un omicidio.
Era all'omicidio che probabilmente Hibari pensava mentre fissava l'uomo dalla barba eccentrica quasi senza battere le palpebre. Dino allungò la mano per toccargli la spalla, ma non ce ne fu bisogno, perchè il bicchiere di vetro che venne sbattuto con malgrazia sul tavolino distrasse sia il boss dei Cavallone che il guardiano della nuvola: Tsunayoshi aveva appena svuotato un bicchiere di whisky in un sorso e aveva malamente riappoggiato il piccolo capolavoro di cristalleria boema. Antioch rise forte.
-Dobro, dobro! Bene, Decimo! Oggi parliamo di cosa preziosa, sì?-
Tsuna si accigliò leggermente.
-Una cosa importante, intendi?-
-Importante, sì, cosa di valore. Cosa preziosa per te e per me, per famiglie, sì?-
-Sono venuto per negoziare... insomma... per fare un patto, tra voi e noi.- disse Tsunayoshi, tentando di scegliere le parole più semplici che gli venissero in mente. -Per non fare la guerra, capisci?-
Antioch annuì, ma in modo un po' troppo vacuo per essere qualcuno che non aveva dubbi, infatti cercò con gli occhi azzurri Igor. Dino si accorse solo allora che non era più vicino alla porta. Seguì lo sguardo del capo e scoprì che Igor era fermo in piedi alle spalle di Hibari. Kyoya si stava quasi strappando la camicia all'altezza dei gomiti tanto la stringeva per dominare l'impulso di reagire a quella prossimità molesta. Igor Blavetchenko sapeva che Hibari Kyoya non poteva sopportare la sua vista e gliela imponeva di proposito... ma per quale motivo? Voleva che il guardiano reagisse violentemente per mandare all'aria il negoziato del fratello?
-Igor san, per favore.- disse Tsuna. -Io non parlo serbo, è importante che io e tuo fratello ci capiamo bene.-
-Ah, sì, certo.- disse lui, riavvicinandosi ai due boss. -Chiedo scusa, qualcuno di voi ha un ottimo odore, mi ricorda qualcosa che mia nonna metteva nelle verdure ripiene...-
Tsuna guardò il volto dell'uomo con aria smarrita, e Dino fu altrettanto confuso da quel commento, ma il volto di Kyoya perse un poco di colore. Qualsiasi cosa significasse, a qualsiasi cosa facesse riferimento quel commento, era un'altra stilettata rivolta al guardiano della nuvola dei Vongola. Voleva forse rievocare qualcosa che era stato detto in occasione di quella sconcertante batosta, per far bruciare di rabbia la ferita di Hibari? Qualsiasi senso avesse sembrava funzionare molto bene. Dino si chiese se non fosse il caso di portarlo via subito con una scusa qualsiasi, ma forse quel gesto sarebbe stato letto da Hibari stesso come una sua debolezza e avrebbe finito di dare di matto. Era un rischio anche proteggerlo dai giochini psicologici di quell'uomo.
Per lunghi, tesi minuti i due boss presero accordi nel silenzio generale. Tsuna stava gestendo molto bene la situazione, oltre le più rosee previsioni, e forse l'alcol che era stato costretto a ingurgitare lo aveva aiutato a tenere sotto controllo l'ansia. Solo dopo venti minuti la situazione iniziò a stemperarsi, tanto che Mukuro potè permettersi di ingannare la noia osservando l'acquario dove alcuni pesci bianchi e neri nuotavano pigramente.
Era fatta. Il concordato era pronto, i termini erano decisi. Una stretta di mano suggellò la fine ufficiale, per quanto una stretta di mano tra mafiosi potesse rappresentare un patto di valenza simil-legale, delle schermaglie da due famiglie. Era il momento del congedo, difatti Tsuna si alzò dal divano e Mukuro fu il primo ad avvicinarsi alla porta, fin troppo impaziente di andarsene.
-Grazie, grazie!- disse Antioch, con una pronuncia quasi raccapricciante. -Grazie mille, Vongola! Se torna in bella Serbia, se torna in Tokyo, apre mia porta sempre!-
Era finita. La crisi tra Vongola e Blavetchenko era superata, brillantemente si potrebbe dire, grazie alla diplomazia del suo giovanissimo boss. I guardiani serbi si allinearono vicino alla porta per salutare gli ospiti, ma quello della pioggia era l'unico che si sforzasse di sorridere ai nuovi alleati. Yamamoto e Ryohei strinsero la mano a tutti, mentre Mukuro si rifiutò a tutta la fila con la stessa aria di superiorità di una diva di Hollywood particolarmente schizzinosa. A Nagi, forse perchè donna, non fu chiesto di stringere la mano a qualcuno, ma il simpatico guardiano della pioggia di nome Adrian le fece un inchino galante mentre passava.
-Au revoir, mademoiselle.-
-Dovremmo risolvere queste controversie linguistiche, in qualche modo...- commentò sottovoce Tsuna.
-Probabilmente non sarà più necessario interagire di persona con loro...- gli fece notare Dino. -Se ti servirà sapere qualcosa o comunicarglielo basterà che contatti Igor... comunque, sembra che Gokudera si stia applicando molto per semplificare le cose.-
-Non so che farei senza di lui!-
Quando Nagi lasciò la stanza tutti i guardiani erano fuori dalla suite, tranne Hibari. Dino e Tsuna si trattennero per stringere la mano anche ad Adrian Simovic, che sembrava convinto di poter essere perfettamente capito se parlava in francese. Dino gli rispose per conto di entrambi, mentre Tsuna viveva in un mondo tutto suo, e la sua espressione lo fece ridere.
-Sta dicendo che il Giappone gli piace, è molto tecnologico e ordinato. Ha detto che tornerà ancora e che ti offrirà da bere se vorrai essere suo ospite.-
-Eh?! Ma nemmeno per sogno, io non bevo...!-
-Quel whisky è andato giù benissimo, però.-
Tsuna balbettò qualcosa di incomprensibile e Dino rise di nuovo. Sorrideva ancora quando si girò a guardare verso Kyoya. Reborn, che aveva appena scambiato un amichevole saluto con il guardiano del sole, lanciò un'occhiata verso Hibari e anticipò Dino che stava per parlargli.
-Hibari, andiamo.-
Hibari sembrava non avere aspettato altro che andarsene dal momento in cui era entrato, non era ancora riuscito a sciogliere quelle braccia intrecciate strette. Ignorò tutti gli altri presenti della famiglia serba, passò davanti a Igor ancora una volta senza guardarlo, ma il fratello del boss aveva ancora un'ultima carta da giocare. La sua mano grande afferrò da dietro il collo di Hibari, che si irrigidì come se fosse stato colpito da un teaser. Igor fece un ghigno di scherno.
-Sei molto rigido, Hibari Kyoya, dovresti rilassarti... sai che cosa succede se sei troppo rigido.-
Ci fu un attimo di teso silenzio, poi la mano lasciò la presa sulla collottola di Hibari. Dino allungò la mano verso di lui per trascinarlo fuori dalla suite, ma poi Igor sussurrò qualcosa. Dino non la sentì, percepì appena un sibilo, così vago che non riuscì a capire nemmeno se fosse una parola in italiano, in serbo o in giapponese, ma non ci furono dubbi che Hibari l'avesse sentita, perchè la sua reazione fu simile a una fusione nucleare.
Fu questione di una frazione di secondo: le fiamme viola della nuvola esplosero riempiendo di lampi porpora la stanza, Hibari si girò di scatto e colpì Igor in piena faccia con il tonfa buttandolo a terra e si avvicinò per infierire, ringhiando come un animale feroce.
Dino cercò di raggiungere Kyoya per calmare la sua sfuriata, ma Reborn lo scaraventò a terra dietro il tavolo con un calcio.
-Re...-
 Esplosero decine di colpi d'arma da fuoco che stroncarono sul nascere la sua protesta. Istintivamente sia lui che Tsuna si coprirono le orecchie abbassando la testa. Urla in serbo riempirono la stanza e vetri infranti invasero il pavimento. Dino era così frastornato che faticò a capire che i vetri venivano dal tavolo e dalla finestra.
Fuori nel corridoio passi frettolosi e pesanti si avvicinarono e la voce di Mukuro gridò qualcosa con un tono bellicoso che non prometteva una risoluzione pacifica. Colpi riecheggiarono nel corridoio, Nagi Dokuro emise un breve strillo acuto. Dino cercò di alzarsi per accorrere in aiuto della famiglia Vongola, ma Reborn glielo impedì tirandolo per la giacca.
-Non morire per niente.- gli disse serio. -Osserva bene.-
Dino aspettò un attimo di pausa dai colpi per alzare la testa e guardare, prima che ricominciassero, e capì che cosa Reborn stava cercando di dirgli. Loro tre si trovavano al riparo del tavolo e delle sedie. I guardiani armati dei Blavetchenko stavano facendo uscire di corsa il loro boss coprendolo con colpi che non miravano ai nascondigli dei Vongola o all'altezza per uccidere. Stavano soltanto cercando di mantenerli nelle posizioni di difesa per far passare Antioch in tutta sicurezza. Uscire allo scoperto lo avrebbe etichettato come una minaccia al boss serbo, attirando su di sè la gran quantità di proiettili vaganti che stavano soltanto rovinando la suite e probabilmente spaventando i passanti vicini e gli altri ospiti dell'hotel.
Il cuore gli batteva lo stesso in gola, non potendo controllare a vista la condizione degli altri Vongola nel corridoio, ma il fatto che i colpi non esplodessero anche fuori gli fece pensare che i ragazzi non stessero opponendo resistenza alla fuga del boss. Era difficile dirlo con certezza, ma gli pareva che i soli a sparare fossero i due sulla porta, che plausibilmente cercavano di contenere la furia di Hibari.
Dino si girò di scatto e cercò uno spiraglio tra le sedie per controllare la stanza. Hibari era seduto dietro una scultura di metallo ornamentale rappresentante proprio un cavallo. Sembrava stare bene e Dino riuscì a respirare di nuovo, come se fosse rimasto sott'acqua per tutto quel tempo. L'importante era che stesse bene, che non fosse ferito, qualsiasi incidente diplomatico si sarebbe potuto affrontare...
Purtroppo non aveva idea di quello che stava per succedere.
Kyoya era riparato dietro la statua ma la sua preda, Igor, si era alzata dal pavimento ed era corsa fuori dalla stanza: era proprio per consentirgli di seguire il fratello che i due uomini avevano smesso di sparare. Forse senza pensare, forse fraintendendo quel silenzio improvviso, Hibari abbandonò la statua, alzò i tonfa e si lanciò all'inseguimento. L'attimo in cui le canne dei fucili si sollevarono per alzare la linea di fuoco sembrò a rallentatore agli occhi atterriti di Dino.
-KYOYA!-
Incurante delle armi spianate proprio su di lui Hibari Kyoya continuò a correre alla porta per inseguire l'uomo che lo aveva umiliato. Schivò i primi colpi che mandarono in frantumi una finestra ancora intatta e uno che fece saltare via uno zoccolo della statua. Con le catene dei suoi tonfa riuscì anche a deviare un proiettile e ciò lo fece sorridere nel modo perverso che denotava la sua smania di combattere. Dino si alzò in piedi, ma Tsuna lo trattenne con forza dal braccio, impedendogli di fare qualsiasi cosa.
Un momento dopo uno schizzo di sangue ad alta velocità imbrattò il divano e Hibari perse il sorriso mentre la gamba smetteva di trasportarlo in avanti. Caracollò goffamente cercando un appiglio sullo schienale, ancora determinato a proseguire mentre la fiamma viola baluginava con forma irregolare dal suo braccialetto.
Dino sapeva che gli scoppi dovevano essere come tuoni, che da quanto gli faceva male la gola lui stesso stava gridando con tutto il fiato che aveva, ma mentre i colpi facevano sussultare il corpo di Hibari Kyoya  non sentiva più niente. Vide uno, due, tre fiori scarlatti aprirsi nel suo torace e tingere di quel terribile colore tutta la camicia. Gli occhi rimasero spalancati dallo stupore mentre il sangue gli fuoriusciva anche dalla bocca, impedendogli di pronunciare qualsiasi parola.
Ci fu un momento di totale immobilità e il tintinnio degli ultimi bossoli sul marmo fu il primo suono che Dino riuscì a sentire di nuovo. Hibari rimase in piedi per qualche attimo in cui il biondo si chiese se avrebbe ricominciato ad avanzare verso la porta, ma poi crollò a terra sul fianco, tra i resti del tavolino in pezzi. Il mondo tornò a velocità normale e questo sbalzo di sensazioni stordiva Dino del tutto. Tsuna stava gridando il nome del suo guardiano della nuvola, fuori altre voci gridavano parole in serbo allontanandosi dalla suite, Yamamoto chiedeva se tutti stessero bene. Dino riprese consapevolezza di avere un corpo mobile, delle gambe che potevano portarlo dove voleva: ignorò tutto quanto e corse sbandando da Kyoya, che giaceva tra i resti di vetro fumè del tavolino.
-Kyoya! KYOYA!-
Dino si gettò in ginocchio e fece appena un accenno di smorfia per le ferite che ricevette dai frammenti di vetro. Chiamò ancora Kyoya e gli sollevò la testa, sentendosi improvvisamente, orrendamente svuotato di respiro, pensieri ed energia. Sotto la frangia di capelli corvini, sul lato destro della fronte, c'era un piccolo foro sanguinante. La voce gli mancò dopo aver pronunciato la prima sillaba del suo nome, perchè per quanto urlasse forte, per quanto potesse chiamarlo, Hibari Kyoya non poteva più sentirlo. Mentre le lacrime gli sgorgavano dagli occhi ancora increduli, ancora spalancati per il terrore di quella mostruosa violenza, strinse convulsamente quel corpo coperto di sangue. Singhiozzò forte cercando di stringerlo per quanto scivolosa fosse diventata la sua pelle tinta di rosso e gli afferrò la mano. Era senza energia, non reagì a quel tocco in nessun modo.
Non riuscì a rispondere al panico di Tsunayoshi, che sembrava una trottola impazzita e gridava di chiamare i soccorsi; nè all'agitazione di chi dal corridoio era rientrato per verificare la situazione. Non badò a quale espressione avessero Yamamoto, Gokudera, Ryohei o Mukuro. Nagi Dokuro lanciò un urlo acuto da molto vicino, ma Dino non le diede la minima importanza. Non riusciva a distogliere lo sguardo dal viso di Hibari, schizzato dal sangue, con gli occhi grigi, quei suoi bellissimi occhi grigi, rimasti spalancati senza più luce.
   
 
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