Capitolo 24
La luce sprigionata da Emma era talmente
potente da liberare le ombre
prigioniere. Guardando in alto, grazie alla luce delle varie fiaccole, si
potevano vedere come queste ombre, volteggiassero tra di loro, simulando quasi
una danza.
Potevano essere paragonate a un insieme di uccelli che volando,
formavano uno stormo che nel cielo, muovendosi, formavano disegni. Era spettacolare da vedere, se non si considerava
cosa fosse tutto quello che si stava verificando. Successivamente una ad una
queste ombre sparirono, tornando, molto probabilmente, dai loro proprietari, se
questi ancora in vita, altrimenti si disintegravano, cessando di essere una
minaccia.
Tutto questo però non piacque al capo delle
ombre, l’ombra dell’isola, che con un grido si fece vivo.
Emma dalla sua posizione a terra, con la
schiena poggiata a una roccia, sussultò quando la vide. Indossava ancora le
vesti del suo padre adottivo e teneva in mano la sua ombra, tenendola per
quello che era un braccio.
Si portò una mano al polso quando sentì come se qualcuno glielo stringesse. Gemette
quando la presa divenne sempre più salda.
Killian se ne accorse e guardando la
ragazza e poi la sua ombra, fece due più due. Serrò la mascella. Non poteva
sopportare che venisse fatto del male alla sua amata, ma attaccare l’avversario con un uncino o una spada non
sarebbe servito a niente.
Si avvicinò a Regina e le sussurrò
all’orecchio.
La donna annuì e cominciò a insultare l’ombra
dell’isola, che nel mentre aveva gridato al gruppo insulti e minacce di vario
genere.
Snow
e David, guardano Killian, compresero quello che
aveva in mente e aiutarono Regina a distrarre l’ombra.
Killian si era nascosto dietro a delle rocce, avvicinandosi ad Emma,
gattonando, in modo tale che l’ombra nemica non potesse vederlo. Sapeva che lei
era a conoscenza della sua presenza. Era assurdo pensare che non sapesse chi
calpestava il suolo della sua isola, ma sperava che gli altri fossero abbastanza abili da
distrarla. Aveva detto a Regina di fare il possibile, anche di usare la magia,
ma la donna al momento si era limitata alle parole.
Non
sapeva se era un modo per riacquistare
ancora un po’ di forza, dopo la quantità di magia che aveva utilizzata,
o se perché temeva che passare direttamente alle maniere forti, avrebbe scatenato
un pandemonio e lui avrebbe avuto maggiori difficoltà a portare a termine il
suo piano.
Killian arrivò dietro la roccia sulla quale era poggiata
Emma. La ragazza teneva gli occhi chiusi, cercando di tenere la bocca chiusa,
mentre sentiva la presa dell’ombra farsi sempre più salda. Non voleva darle la
soddisfazione di sentirla nel dolore.
Non si accorse di Killian
che le stava frugando nella borsa, dentro la quale aveva nascosto l’arma per
imprigionare l’ombra.
L’uomo riuscì a prendere la loro unica speranza
di salvezza e tirò fuori dal taschino della giacca un accendino.
Fece per accenderlo, ma un gemito di Emma, lo
fece desistere. La guardò e spalancò gli occhi quando la vide tenersi la gola,
cercando di respirare.
“Se non vuoi che le spezzi il collo, ti
conviene lasciare tutto e allontanarti da lì!” Killian
lasciò andare tutto e alzò le mani. “Credevi davvero che non mi sarei
insospettito nel non vederti più Uncino? Avevo intuito immediatamente cosa
volessi fare, ma volevo divertirmi e
farvi credere che avevate una speranza
di sconfiggermi!”
“Lascia andare Emma!” disse Killian
con odio, cosa che però fece sorridere l’ombra, che non volle più mantenere
l’aspetto umano, tornando così a vestire la sua vera forma. Non aveva bisogno
di torturare Emma, era già in mano sua e gli bastava un semplice gesto con la
mano , per eliminarla.
L’ombra era molto grande e molto più densa di
una normale ombra. Lo potevano dire paragonandola all’ombra di Emma. Se la
seconda non era nera, ma grigia trasparente, che andava a scurire le superfici
con cui entrava in contatto, prendendo però il loro colore, l’ombra dell’isola
era nera, un nero ancora più scuro delle tenebre che avvolgevano quel posto.
Snow
agì di impulso, vedendo che l’ombra non era intenzionata a lasciare la figlia.
Afferrò il suo arco e scoccò più frecce verso l’ombra cercando di colpire, i
punti che in genere si erano dimostrati essere il punto debole dei nemici che
aveva affrontato. L’ombra si mise a ridere, quando vide la faccia sconfitta di Snow, che si lasciò cadere a terra.
David anche cercò di compiere un gesto
disperato e si lanciò contro il nemico, cercando di tagliare il braccio, ma
proprio un attimo primo di sferrare il colpo si fermò. L’ombra di Emma gli era
stata posta davanti.
Vedendo che quanto veniva fatta alla sua ombra,
si ripercuoteva su Emma, David dovette
frenare la sua rabbia, e bloccarsi prima di tagliare l’ombra della
figlia.
Sembrava assurdo pensare che un ombra poteva
essere tagliata o uccisa, ma tecnicamente non si poteva nemmeno far loro del
male eppure era proprio quello che stava succedendo. Doveva essere quell’ombra.
La magia che apparteneva all’isola, apparteneva anche a lei, quindi poteva
essere in grado di fare qualcosa del genere.
Killian e i Charming non sapevano cosa fare e Regina
era nella loro situazione, ma provò comunque.
Lanciò una palla di fuoco verso il nemico, il quale nuovamente provò a
proteggersi con l’ombra di Emma.
Quella palla di fuoco però, non era stata
creata per uccidere, ma per fare male e di fatto Emma urlò quando la sua ombra venne colpita,
ma allo stesso tempo, non essendo corporea , permise alla magia di trapassarla
e andare a colpire l’ombra nemica, la quale, bruciandosi, lasciò andare Emma, la quale potè
finalmente respirare liberamente.
L’ombra della ragazza approfittò del momento di
libertà per scappare e ricongiungersi alla sua proprietaria.
“No! Me la pagherete!” urlò l’ombra dell’isola
quando vide, la sua preda scappare e quindi anche l’unico mezzo di avere potere
verso l’essere che avrebbe potuto sconfiggerla in modo definitivo, ignorando il
fatto che nessuno di loro aveva intenzione di eliminarla.
“Emma, Swan stai
bene?” chiese Killian, affiancando la usa amata.
Quando l’ombra si riunì a lei, la ragazza aveva perso i sensi e una volta che
la magia, che aveva preso a turbinare intorno a lei scomparve, poterono vedere che ella era
ritornata la donna di sempre.
“Killian!” disse in
un sussurrò, riaprendo gli occhi.
L’interpellato l’abbracciò immediatamente. Le
era mancata terribilmente. Emma ricambiò l’abbraccio. Non era confusa su quanto
era successo. Ricordava tutto e sapeva di dover ancora affrontare quell’ombra.
Si rimise immediatamente in piedi e cercò di
afferrare la noce di cocco e l’accendino. Sussultò quando non li trovò più. Non
erano nemmeno nei dintorni.
“Dov’è la noce?” chiese Emma terrorizzata.
Tutti cercarono tracce dello strumento, ma
nemmeno loro poterono vederla e sebbene tutti cercassero di mantenere la calma,
i loro cuori battevano all’impazzata.
Le scelte che rimanevano loro erano,
sconfiggere in modo definitivo l’ombra o morire. Non c’era molta differenza tra
le due. Solo una: morire subito, morire
fra qualche giorno. Tutto comunque portava alla morte loro e di tutto il
creato.
L’ombra scoppiò a ridere, divertita dalla paura
che sentiva provenire dal gruppo, ma ad un tratto si acquietò. Cominciò a
sentirsi strana, come se le mancasse l’aria, nonostante non ne avesse bisogno
per sopravvivere.
Tutti si accorsero che qualcosa non andava, ma
nessuno sapeva spiegarsi cosa stesse accadendo.
L’ombra dell’isola cominciò ad urlare disperata
e videro che questa veniva risucchiata da qualcosa.
Tutti si voltarono quando videro la bimba
sperduta, uscire da dietro una roccia, con in mano la noce di cocco accesa e
aperta, in modo tale da imprigionare l’ombra.
Con un ultimo grido disperato, il nemico venne
rinchiusa nella noce, ma la piccola faceva fatica a contenerla. David corse in
suo aiuto e mettendo intorno una corda ben legata, impedì la liberazione di un
nemico che si era dimostrato così insidioso.
Tutto sembrava finito e niente e nessuno, loro
a parte, sembrava più risiedere in quel luogo.
I presenti guardarono la bambina increduli.
Dovevano ammettere che si erano dimenticati di
lei, ma dovettero ringraziare la sua presenza, perché come loro non se l’erano
ricordata, nemmeno l’ombra l’aveva calcolata, così la piccola aveva potuto
approfittare della situazione e salvare la giornata a tutti.
Snow corse immediatamente da Emma e l’abbracciò
stretta. “Oh Emma, sono così felice di vedere che stai bene e che sei tu e
che…”
“Si, mamma…sono contenta anche io. Mi dispiace
di aver detto che vi odio. Non è vero… non più almeno!” disse la donna,
sorridendo tristemente.
Aveva sempre cercato di mantenere il suo
passato nascosto e ora una porzione della sua infanzia era venuta a galla.
Sperava solamente che sua madre e suo padre non le facessero l’interrogatorio,
ma si sarebbero scordati presto dell’argomento.
Tornarono in superficie ed Emma si accorse finalmente di sentirsi a pezzi e soprattutto
della bruciatura al petto creatagli dalla magia di Regina. L’adrenalina in
corpo era riuscita a nascondere il dolore fino a quel momento e per far cessare
quella sensazione, ricorse ai propri poteri per potersi curare.
Era
bello constatare che aveva pieno controllo della sua magia, diversamente da
quando era solo una ragazzina, che non aveva la minima idea di come fare le
cose, ma agiva di istinto.
Ad un tratto però i suoi pensieri si
interruppero, perché qualcosa di importante
le tornò in mente.
“Devo ritornare giù!” disse Emma.
“Cosa?” chiesero tutti all’unisono.
“Non è pericoloso. Non c’è più niente da temere
la sotto, ma ci siamo dimenticati di prendere una cosa importate!” disse Emma,
poco contenta di dover rifare tutte quelle scale. Poteva usare la magia, ma il
buio rendeva l’atterraggio poco sicuro.
David cominciò a frugare nella borsa e tirò
fuori una boccetta di vetro con dentro una polverina rosa che luccicava. “Per
caso ti riferisci a questa?” chiese l’uomo.
“La polvere di fata. David, dove l’hai presa?”
chiese Snow confusa.
“Quando la bambina sperduta ha intrappolato
l’ombra dell’isola e sono andata ad aiutarla, ho visto questa boccetta per
terra. deve essere caduta all’ombra e dato che ci serviva e nessuno era in giro
per reclamarne la proprietà, l’ho presa!” disse David alzando le spalle.
Emma tirò un respiro di sollievo all’idea di
non dover scendere nuovamente in quel luogo.
Sicuro o meno, non era stata una bella esperienza e ora non vedeva l’ora
di andarsene da quella maledetta isola.
Regina si avvicinò alla bambina e le accarezzò
la testa “Direi di tornare all’accampamento, ma prima dobbiamo decidere cosa
fare con lei!”.
“Restare
su questa isola è pericoloso. I bambini sperduti non l’accetteranno mai!” disse
Killian, conoscendo il genere di gerarchia che si
veniva a creare tra i ragazzini. Anche se non l’avrebbero uccisa, sarebbe
diventata una sorta di schiava o qualcosa del genere. Avevano imparato da Peter
Pan questa idea sul fatto che le femmine non erano niente.
Per anni
aveva tenuto Wendy prigioniera, liberandola solo
quando tornava lui utile.
“Lasciarla dagli indiani?” disse Snow.
“Non accetteranno mai qualcuno che non è originaria della loro tribù. Per qualche
giorno ti ospitano tranquillamente, ma non riuscirà mai a fare parte del
gruppo. La soluzione sarebbero le fate, ma non ce n’è più!” disse Killian sospirano. Era un problema.
“Portatemi con voi!” disse la bambina, sicura
di quanto affermasse.
Tutti la guardarono sorpresi di questa sua
richiesta.
“Non possiamo tesoro. È pericoloso dove stiamo
andando!” disse Snow.
La bambina alzò le spalle “Non meno pericoloso
di rimanere qui, almeno non sarò sola!” disse la piccola guardando Emma, la
quale venne colpita da quelle parole.
Andare con loro era pericoloso, ma rimanere
sull’isola sarebbe stato peggio. Non bastava la minaccia di morte da parte dei
bambini sperduti, ci si metteva anche la solitudine.
Non sapevano come sarebbero andate le cose, ora
che l’ombra padrona dell’isola era stata imprigionata. Forse le cose sarebbero
cambiate in meglio, ma forse non sarebbero cambiate affatto.
“D’accordo, verrai con noi!” disse Emma,
sorprendendo i suoi genitori, ma non Killian, che
aveva già capito cosa le passasse per le testa, guardandola negli occhi.
La salvatrice si avvicinò alla piccola e
guardandola negli occhi, le domandò “Come ti chiami?”
“Chloe, mi chiamo Chloe!”