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Autore: DARKOS    30/09/2018    1 recensioni
Il ritorno della mia storia ambientata in un ipotetico futuro rispetto alla saga principale, dove i vecchi personaggi ormai cresciuti fanno da guida ai nuovi, mie creazioni. Decenni dopo la battaglia finale, un nuovo Ordine del Keyblade è sorto e starà alle nuove generazioni muoversi al suo interno, e sostenerlo contro le nuove minacce che incontreranno.
Già tentata in passato, spero adesso di renderle più giustizia e portarla a compimento.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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10) Questione di Tempo

Ad accogliere Mizumi, Lutum e Axius fu, prima di ogni altra cosa, l’oscurità. Non quella aliena, divoratrice, che emanava energia; ma quella derivata dall’assenza di luce e dal convogliare di molteplici oggetti e delle ombre che gettavano gli uni sugli altri.
Dopo una breve discesa il trio si era ritrovato in quella che pareva essere una sezione in disuso della fortezza: i loro passi riecheggiavano sui muri disadorni, e nuvole di polvere si levavano ad ogni respiro esalato. Nella penombra c’erano sagome di tavoli, sedie e qualche armatura, ma non sembravano recare nulla di speciale. Se anche erano state infuse di un qualche tipo di potere in passato, ogni traccia era svanita.
“Perché quest’area è così dimessa? Le risorse per mantenerla non ci mancano di certo. E quanta polvere… mi sembra assurdo che sia tutto così usurato, fosse anche stato dimesso dalla sua costruzione.”
Axius non rispose, Lutum neppure. Forse erano entrambi tesi perché non si aspettavano di trovare realmente qualcosa, ma tutto in quel luogo silenzioso sembrava emanare un’aura di mistero. Il corridoio terminò bruscamente verso una porta chiusa, di legno anch’essa.
“Fine della corsa. Se c’è davvero un segreto che vale la pena scoprire, è qui.”
Ancora silenzio. Lutum si avvicinò per constatare se la porta fosse davvero chiusa a chiave. Lo era.
Mizumi iniziava a spazientirsi. “Sì, è chiusa, e dubito troveremo la chiave sotto uno zerbino. Siete davvero venuti fino a qui solo per farvela addosso? Ma che Cavalieri siete?”
Lutum si voltò verso di lei, probabilmente per rispondere a tono: ma Mizumi non seppe mai quello che voleva dirle, perché spalancò gli occhi e divenne pallido come un cencio.
“Papà?”
All’udire queste parole anche gli altri due si voltarono: non vi era dubbio, era proprio Terra quello che marciava verso di loro, il portamento marziale, lo sguardo serio. Era dunque così che finiva? Forse li stavano monitorando da quando erano ancora nel villaggio, non sarebbe stato strano visto che tre di loro erano già finiti nella Stanza per la loro condotta.
Il cervello di Mizumi lavorava a mille ma mai come quello di Axius, che levò un braccio a placare i due amici. “Un momento. C’è qualcosa di strano.”
La ragazza tornò a concentrarsi sul Terra che veniva nella loro direzione: effettivamente portava vestiti diversi dal solito, Mizumi non ricordava di averlo mai visto indossare pantaloni di quel colore, e a meno che non fosse passato dal barbiere tra una visita e l’altra aveva i capelli di gran lunga più corti rispetto al loro ultimo incontro. E poi man mano che si avvicinava il suo viso diventava sempre più giovane, fino a sembrare loro coetaneo. Anzi, ormai non lo sembrava più: quello era un Terra di poco più grande di Lutum.
Questi continuava a fissare la figura del padre senza proferire parola, capendoci ben poco.
Il Terra più giovane li raggiunse e li oltrepassò senza degnarli di uno sguardo, attraversando la porta chiusa che a quanto pareva per lui doveva risultare aperta.
Passò un minuto, poi due. Alla fine Lutum si riebbe, e senza dire nulla evocò Squarcio puntandolo contro la porta.
“Sei sicuro, Lu?”
“È come ha detto Mizumi, no? Sarebbe folle andarsene senza aver visto niente. E ora più che mai voglio vedere cosa c’è oltre.”
 Il Keyblade fece scattare la serratura, e i tre spinsero i battenti per entrare in un grosso salone.

Ren era inquieto. Dopo aver aperto la botola, non avevano fatto altro che camminare lungo lo stesso corridoio.
“Perdonate l’insistenza, ma dove stiamo andando?”
“Lo vedrai, yuk” rise Pippo. “Scusa la riservatezza, ma Sora voleva fosse una sorpresa.”
“Il Gran Maestro? Sarà lì anche lui?”
“Anche? Ragazzo, forse tu ancora non hai ben capito che ruolo ricopri. Sei Maestro ormai, e stai per far parte della cerchia più intima!”
Ren si agitò. “Se ciò che dite è vero, non chiamatemi più ragazzo, Maestro Paperino.”
“Scusa, scusa. Capisci, sei stato uno dei primi allievi. È difficile pensare a te come ad un nostro pari, meriti permettendo.”
Erano arrivati alla porta, e a Riku lì davanti. “Eccoti, Ren. Sono tutti dentro… o quasi. Van ancora è restio ad allargare il gruppo.”
Ren abbozzò un sorriso. “Anche se la Maestra Aqua mi trova ‘deliziosamente irriverente’? Oppure è quello uno dei fattori per l'assenza di Vanitas?”
Riku ridacchiò. “Vedrai che a poco a poco si aprirà, e oggi compirai il primo passo anche in tale senso. Varcata questa soglia, scoprirai ciò che hai sempre chiesto di conoscere.”
Ren sembrava voler aggiungere qualcosa, ma si limitò ad annuire solennemente.
Riku aprì la porta.
[Ricordo Sigillato]

La sala era in disuso come il resto dell’ambiente, ma di certo più interessante. Numerose sedie erano sparse in giro, rovesciate o accatastate in pile destinate all’accogliere eventuali nuovi membri. Sembravano essere di pregevole fattura e destinate a eventi o raduni importanti, così come il grosso lampadario che penzolava di sbieco ancora appeso al centro della stanza. Il bianco sui muri era ormai sbiadito, ma lasciava supporre che un tempo fosse dello stesso colore e tonalità del resto del castello.
Tutto sembrava abbandonato da decenni, e Mizumi e gli altri si sarebbero soffermati a domandarsi il motivo di tale usura… se non fosse che vi era anche un lungo tavolo in pietra (anch’esso terribilmente rovinato e crepato in più punti) attorno al quale erano radunati tutti i membri più importanti dell’Ordine.
Aqua era china su dei disegni e liste di oggetti, con Topolino al suo fianco. Il Re sembrava molto più forte e vispo di quello attuale, e la Maestra era come Terra inequivocabilmente più giovane; anche Lea era lì, ma portava un lungo soprabito nero. Ma lo spettacolo di maggiore impatto lo davano Sora, Riku, Kairi, perfino Ventus: niente altro che ragazzi, con espressioni gioviali e vestiti alla moda dell’epoca. Mizumi era certa che fosse la prima volta che vedeva Riku e suo padre in pantaloncini. E quelle scarpe…

“Illusioni.” Axius ruppe il silenzio. “O meglio, ricordi di un tempo passato. Stiamo assistendo ad uno dei primissimi raduni del nuovo Ordine.”
Lutum, decisamente più calmo ora che aveva ricevuto una spiegazione sensibile dell’accaduto, si avvicinò ancora un po’. Nessuna delle figure diede segno di averlo notato. “Agghiacciante davvero. Questi erano i miei vecchi? Beh, ‘vecchi’… complimenti a mamma per essersi mantenuta, ma perché li stiamo vedendo? Credevo ci volessero circostanze speciali perché accadesse una cosa simile, come un intimo legame.”
“Dubito che tutti e tre abbiamo sviluppato quel tipo di legame con ogni membro del Consiglio” commentò Mizumi.
Axius era ora di fronte al tavolo, e guardava le stesse mappe dell’Aqua eterea. “Infatti non può essere. Per avere una visione così nitida del passato bisognerebbe di regola viaggiare noi stessi verso quell’epoca. Ma è impossibile spostarsi dove non si è stati, e questo accadeva chiaramente prima della nostra nascita.”
“E se la porta, o perfino la botola, fosse stata una sorta di portale? So che mio padre si spostò nel passato così una volta.”
“E un potere tale non è stato rivelato dalla mia magia? Mi sembra difficile. Evocare magie temporali richiede una notevole maestria, celarli del tutto dieci volte tanto.” Axius, si tormentò una ciocca di capelli biondo paglierino, chiaramente seccato dall’apparentemente insolubile dilemma. Iniziò ad elencare parole sulle pergamene che leggeva.
“Contenimento ricordi… progettazione Cancelli… interconnessione tra i Mondi… qua c’è scritto ‘impiccionarsi’ sottolineato e con una marea di punti esclamativi, non capisco la battuta… trattamento del Reame del Sogno… un momento!”
“Hai capito la battuta, Ax? Io pensavo potesse riferirsi all’aspetto del Maestro Paperino-“
“No, ma forse so cosa succede! Il Reame del Sogno. Di certo ne avete sentito parlare.” Axius prese a camminare per la sala, provando a toccare tutto (la sua mano passò attraverso i personaggi presenti e gli oggetti sul tavolo).
“Il più misterioso e atipico dei Regni. Oscurità e Luce, perfino tempo e spazio sono distorti lì. E spesso e possibile vedere luoghi, persone, interi eventi che appartengono ad un’altra epoca. Chiaramente sono dicerie, bisogna essere Maestri anche solo per studiare quel luogo, ma… e se fosse ciò che stiamo vedendo?”
Mizumi finalmente si sincronizzò con la sua linea di pensiero. “Vuoi dire che siamo in un sogno?”
“No, non lo so, ma forse loro sì! Questa scena avveniva in un sogno, ed ecco perché la vediamo! I nostri genitori erano in un sogno, e data la natura instabile la sequenza si è preservata, giungendo ai giorni nostri.”
Il ragazzo minuto dallo sguardo vacuo sembrava nel suo elemento. Lutum appariva impensierito, e già Mizumi pensava non avesse seguito il ragionamento quando se ne uscì con la domanda più pertinente: “Ma perché avrebbero dovuto farlo? Entrare in un sogno, dico.”
Quest’osservazione sembrò frenare l’impeto di Axius. “Già, perché? Mi sembra stiano solamente discutendo dei piani da approvare. Forse un nemico li braccava? Ma sembrano così rilassati, non c’è traccia di apprensione sui loro volti. Chissà.” Il resto si perse in un borbottio pensoso.
Lutum intervenne nuovamente: “Ehi, Ax. Forse c’entra quella storia di cui mi hai parlato. Il debito di anni.”
Ora era decisamente Mizumi ad essere rimasta indietro. “Cos’è il debito di anni?”
Fu Axius a risponderle, ora molto serio e asciutto nei toni. “Un pensiero che mi ronza in testa da una vita. C’è qualcosa che non va nella nostra storia, nei resoconti. Avrai notato che la botola che abbiamo aperto sembrava molto vecchia, come se avesse cent’anni. Come mai? GranCastello è stato fondato dai nostri genitori, che non sono nemmeno in età avanzata.”
La ragazza alzò le spalle. “GranCastello è fondato su un vecchio Mondo, di proprietà della famiglia del Maestro Topolino da generazioni. Sarà di allora.”
“C’è altro. I tre Cancelli. La cittadella. Questa stessa sala. So per certo che non tutto risale ad epoche precedenti.”
Axius si voltò ora verso Mizumi: era chiaro che ritenesse molto importante renderla partecipe di questa sua teoria. “E gli stessi mezzi che usiamo. Viene detto che l’afflusso di Cavalieri e Maestri deriva dall’aver scoperto e intessuto legami con altri Ordini come quello di Wanda, ma non può essere tutto lì. I soli incantesimi che sorreggono il sistema sono assurdamente complessi e potenti: solo idearli e perfezionarli dovrebbe richiedere un lasso di tempo di più vite umane. No, c’è dell’altro, qualcosa che speravo di scoprire venendo qui. Troppo è stato messo a punto in troppo poco tempo.”
“Oh, io non sottovaluterei ciò che il Keyblade può fare.” Una voce profonda risuonò nel salone, facendo sobbalzare i tre ragazzi. “Ma in questo caso potresti anche avere ragione.”

“Wanda, questo è—non credo di poterlo fare.”
“Dai Katsy! Non avere paura, non sarà certo la tua prima volta.”
“No, non è quello. Ma… insomma, se ci trovassero?”
“E allora? Non stiamo facendo nulla di male. Cosa, lo puoi fare con tua sorella e con me no?”
“È diverso.”
“Senti, io sono pronta. Quindi o ti prepari anche tu, o verrai travolto!”
Kazeshi guardò sconsolato il ring accuratamente ripulito e preparato per l’incontro. Wanda lo aveva portato nella Sala d’Allenamento, ed ora aveva sguainato il Keyblade e si era messa in posa, pronta a riceverlo: era evidente che la sua idea di uscita serale fosse in realtà un pretesto per azzuffarsi. Il ragazzo dai capelli corvini sospirò, chiedendosi se tra sua sorella e lei ci fossero esponenti del Keyblade del gentil sesso che non pensassero sempre a combattere.
“Ma Wanda non cambierà idea facilmente, quindi tanto vale trarre il meglio da quest’esperienza.” Anche Kazeshi evocò Nebula, e assunse la sua solita posa: mani in avanti, il Keyblade quasi una linea verticale di fronte a sé, la gamba sinistra lievemente più arretrata della destra e in flessione verso l’esterno.
“Ho letto di questa posa. Era una delle favorite da un famoso Maestro del vostro emisfero.” Anche Wanda sembrava onorare le tradizioni, ma le sue: teneva Flambé vicino la spalla destra, impugnandolo con entrambe le mani e la punta rivolta verso l’avversario, i piedi uniti. Kazeshi non aveva mai visto un Custode brandire in tal modo il Keyblade, deducendo quindi che fosse una posa del suo luogo d’origine. In ogni caso, era fiducioso.
Senza ulteriori segnali Wanda partì all’attacco, ma Kazeshi se l’aspettava. La rossa era rapidissima e dai movimenti fluidi, ma tutti i suoi attacchi furono parati con brevi e controllati scatti del Keyblade avversario. Per attaccare Wanda ruotava soltanto i fianchi tenendo le gambe salde, dunque ben presto sarebbe arrivata la sorpresa.
E difatti appena la ragazza capì che l’assalto era infruttuoso fletté le ginocchia e scomparve alla vista. Kazeshi non aveva seguito tutto il movimento, ma giudicando lo stile sapeva cosa aspettarsi: con le gambe già in posizione effettuò un rapido scatto di lato, evitando il micidiale attacco in salto di Wanda. Flambé colpì il pavimento, ma senza conficcarsi troppo in profondità. Kazeshi doveva agire in fretta.

Tenendo sempre il Keyblade dinnanzi a sé per proteggersi balzò all'indietro, mettendo ancora più distanza tra di lorto, liberò una mano e con essa scagliò diversi globi di ghiaccio: il primo aveva quasi raggiunto Wanda, quando quest’ultima estrasse la sua arma dal terreno e lo neutralizzò con un fendente infuocato. La ragazza passò poi ad occuparsi in maniera simile degli altri proiettili magici, schizzando da una parte all’altra ed usando perfino il braccio libero come terza gamba.
Kazeshi non si scompose: che il suo avversario avesse affinità col fuoco era scontato, molto più interessante era che si stesse comportando esattamente come previsto. Aveva fatto bene ad informarsi su come si era svolto l’Esame per i suoi amici, le frenetiche movenze di Wanda sarebbero andate a suo discapito.
Mentre pensava ciò interruppe la sua guardia e fece roteare il Keyblade con una mano sola. Nebula acquistò sempre più velocità, e tra le nubi ornamentali della lama iniziò a delinearsi una sottile linea verde, finché al parossismo della tecnica Kazeshi impugnò il Keyblade con entrambe le mani e lanciò un potente fendente dal basso verso l’alto. Wanda era ancora distante di qualche passo, e scagliata contro di lei non ci fu il Keyblade ma un’onda di magia Aero, una spaccatura verticale di pura energia.
La ragazza riaggiustò la presa sulla propria arma e si scagliò contro il fendente, certa di poterlo contrastare. Tutto come pianificato. Pochi attimi prima dell’impatto il fendente verdognolo di Kazeshi acquisì notevole potenza e aumentò ragguardevolmente di dimensione: inutilmente Wanda provò ad opporsi al rinnovato vigore del colpo, che la travolse e la fece finire a gambe all’aria.
“Vento e ghiaccio sono elementi complementari, Wanda.” pensò Kazeshi. “Avresti dovuto evitare di distruggere i miei cristalli col fuoco e sollevare quel polverone: hai creato la perfetta atmosfera ghiacciata volta a potenziare il mio colpo.” Quella del fendente combinato era la sua tecnica prediletta, con la quale aveva messo in scacco (almeno le prime volte) anche sua sorella. Lo scontro era finito.
Wanda intanto si era rialzata, scrollandosi di dosso il torpore della botta. “Accidenti, Katsy! Quello sì che era un colpo! Non è facile raggiungere un equilibrio simile tra forza e magia, e anche la tua guardia non è male!”
Kazeshi provò ancora più piacere del solito a quelle parole. Chissà che non ci sarebbe potuto essere del tempo per un appuntamento autentico, ora che era finito tutto così bene per lui…
“Peccato. Se solo tu fossi più forte, più… deciso in quello che fai.”
A colpire il ragazzo con l’intensità di un manrovescio furono non tanto le parole in sé, quanto l’improvviso cambio di tonalità nella voce della sua avversaria. Non solo la voce: gli occhi di Wanda, prima così allegri e vispi, sembravano ora fissi e concentrati su di lui, quasi a volerlo paralizzare con lo sguardo. Kazeshi si sentiva come se fosse passato dal guardare una buffa scimmietta all’essere braccato da una tigre.
“Come, scusa? A me sembra tanto di aver vinto, su tutta la linea.”
“Oh, no caro mio. No. Da dove vengo io, perfino negli scontri amichevoli si continua finché l’avversario non si arrende o perde conoscenza… e in alcuni casi, visto che molti fra la mia gente fanno dell’onore una questione… sì insomma, di onore, viene stipulata una clausola speciale. Se uno dei due contendenti si dimostra talmente superiore da giocare l’altro nel palmo della mano, è lui o lei l’indiscusso vincitore.”
“Va bene allora. Mi pare di capire che non ti reputi così inferiore, quindi non ci resta che proseguire fino alla resa.” Superato l’iniziale sbigottimento, Kazeshi ritrovò in fretta il sangue freddo. Di spavalderie ne aveva sentite di tutti i colori (era pur sempre cresciuto con Mizumi) e se anche Wanda avesse ribaltato le sorti dell’incontro, sapeva non avrebbe subito una disfatta totale. Non era il più forte delle reclute, ma né i suoi genitori né sua sorella mettevano in dubbio le sue competenze.
“Ah, vedi? È tutto qui il tuo problema.” Wanda si picchiettò la tempia. “Appena reputi di aver compreso la soluzione ti fossilizzi su quella, senza cercare altre vie. E quando ti accade… e ti accade… di non averci pensato troppo a fondo, commetti errori e il tuo approccio risulta superficiale. Prendi la tua posa, per esempio.”
Wanda scattò nuovamente in avanti senza preavviso. Kazeshi riassunse la posizione da guardia, ma stavolta i colpi furono assolutamente impossibili da prevedere: laddove sembrava che il Keyblade avrebbe colpito a sinistra, arrivava un fendente da destra; quello che sembrava un affondo si tramutò in un colpo d’elsa che lo colpì dritto sul ginocchio, costringendolo ad abbassarsi e rompere la posa. Conscio della sua vulnerabilità il ragazzo compì una spazzata per forzare Wanda a ritirarsi e lei tanto fece, ma riuscì comunque ad infilarci una rapidissima stoccata. Un livido violaceo iniziò ad allargarsi sulla fronte di Kazeshi.
“Il Maestro Eraqus ci avrà anche apportato delle modifiche, ma quello stile viene dalla nostra cultura. Una volta individuato il tuo ritmo, è facile dissiparlo. E il tuo trucchetto d’aria è bello, ma manca di mordente. Tu rimani fermo lì e cosa, aspetti e speri che il colpo funzioni? Hai un ampio margine di tempo per approfittarne e proseguire l’attacco. L’hai memorizzato?”

Detto questo la rossa eseguì un lento movimento ad arco con l’arma, e lì Kazeshi constatò che il suo Keyblade non era più Flambé: era una chiave diversa, rossa e nera, con due cerchi ornati di spuntoni in cima e sull’elsa. Lui conosceva quel Keyblade, anche di nome. Era far quelli che da bambino chiedeva sempre a suo padre di mostrargli, divertito dalla sua forma. Era Legame di Fuoco.
Wanda sorrise, gli occhi in penombra. “Vittoria su tutta la linea, così hai detto prima. Bene…”
Gli occhi verde smeraldo si accesero, mentre la tigre puntava l’ennesima preda.
“Concordo.”
   
 
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