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Autore: Ghen    08/10/2018    7 recensioni
Dopo anni dal divorzio, finalmente Eliza Danvers ha accanto a sé una persona che la rende felice e inizia a conviverci. Sorprese e disorientate, Alex e Kara tornano a casa per conoscere le persone coinvolte. Tutto si è svolto molto in fretta e si sforzano perché la cosa possa funzionare, ma Kara Danvers non aveva i fatti i conti con Lena Luthor, la sua nuova... sorella.
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Non solo quello che sembra! AU (no poteri/alieni) con il susseguirsi di personaggi rielaborati e crossover, 'Our home' è commedia, romanticismo e investigazione seguendo l'ombra lasciata da un passato complicato e travagliato, che porterà le due protagoniste di fronte a verità omesse e persone pericolose.
'Our home' è di nuovo in pausa. Lo so, la scrittura di questa fan fiction è molto altalenante. Ci tengo molto a questa storia e ultimamente non mi sembra di riuscire a scriverla al meglio, quindi piuttosto che scrivere capitoli compitino, voglio prendermi il tempo per riuscire a metterci di nuovo un'anima. Alla prossima!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ours'
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28. Il piano


Il piano c'era, fortunatamente anche le risorse per metterlo in pratica. Come ogni fine dell'anno, il trenta dicembre si sarebbe tenuto all'auditorium della Luthor Corp un'asta per beneficenza e, proprio come ogni anno, Rhea Gand si sarebbe precipitata per fare qualche offerta e farsi fotografare e mostrarsi cittadina modello. Quello sarebbe stato il momento in cui il quadro sarebbe entrato in suo possesso: vedendolo all'asta, se ciò che aveva detto il profilo misterioso era vero, non se lo sarebbe lasciato sfuggire. Fecero qualche ricerca su internet e capirono molto presto, sfortunatamente, che il quadro che dovevano ottenere era per forza quello in possesso di Maxwell Lord: in vendita erano esauriti da tempo e non esistevano privati che volevano sbarazzarsene; d'altronde, se Rhea lo desiderava, era qualcosa che non poteva avere in altro modo.
«Andrai tu a prenderlo», decise Kara guardando sua sorella, che spalancò gli occhi.
«Cosa? Perché io?», si passò una mano fra i capelli.
«Perché è te che ama di più».
Alex ebbe come una specie di déjà-vu e si accigliò.
Al fianco di Kara sedute sul suo lettino del campus, Lena si rivolse ad Alex: «Sei quasi mia sorella, potresti andare da lui con la scusa che mi stai aiutando a raccogliere materiale per l'asta. Solitamente mando fattorini, si aspetterà qualcuno in ogni caso. Vai, ti giri intorno e noti il quadro».
«È un oggetto di valore, non me lo cederà per un'asta», protestò.
«Beh, forse…», mormorò Kara e le due la fissarono: «Ha una specie di cotta per te, magari se glielo chiedi gentilmente…».
Alex assottigliò il suo sguardo, infine sbottò: «No! Mi rifiuto categoricamente di partecipare a questa cosa».
Le ultime parole famose. Se le impresse bene a mente quando si ritrovò all'interno dell'ascensore alla Lord Technologies, pronta, o quasi, per incontrare Maxwell Lord. Odiava essere lì. E odiava quel piano. Ma sfortunatamente era l'unico che poteva funzionare e avevano davvero disperatamente bisogno di quel quadretto. Era il ventisette dicembre, fuori c'era il nevischio, e lei era all'interno di un ascensore pregando di non dover di nuovo colpire un uomo polpo.
«Non ti agitare, tesoro. So che lo sei», la dolce voce di Maggie all'orecchio sinistro la fece sorridere, alzando una mano per sistemare bene l'apparecchietto, poco più piccolo di un'auricolare.
«Preferirei dover affrontare un'invasione aliena proprio in questo momento piuttosto che Maxwell ManoLesta Lord, credimi», mormorò.
«Porta pazienza. Ti sono vicina», le ricordò con un sorriso, anche se non poteva vederla. Kara le stava alitando sul collo, come se avesse voluto sfilarle le cuffiette a una sua distrazione.
Appena aveva saputo del piano e di tutta la storia sul messaggio del profilo misterioso, Maggie aveva portato a casa, in prestito dalla stazione di polizia, un kit con microauricolare e ricetrasmittente in modo che potessero restare in contatto con lei. Alex ne era rimasta talmente entusiasta che il suo ringraziamento fu un ti amo seguito da un abbraccio. Anche lei sapeva bene quanto non amasse quell'uomo, le aveva raccontato qualcosa del loro unico incontro a Metropolis, ma sapeva anche quanto era importante che riuscissero ad avere quel quadro.
«Che cos'ha detto?», domandò Kara, sporgendosi ancora un po' su di lei, come se avesse potuto ascoltare meglio. Maggie le rispose che era ancora in ascensore e così guardò Lena, seduta sul lettino di Megan lì al dormitorio del campus, che le annuì.
«Ecco, sono arrivata. Augurami buona fortuna», la sentì.
Alex prese un bel respiro e sistemò di nuovo l'auricolare e la collana sotto il maglioncino, che conteneva il microfono e l'antenna, quando vide le porte dell'ascensore aprirsi. Si guardò intorno e sorpassò un Alberello di Natale in un angolo per dirigersi verso la scrivania della segretaria a metri da lì. «Vado a parlare con la segretaria», sussurrò a bocca stretta, «Vedo l'ufficio di Lord, ha le porte a vetro. È seduto dietro la scrivania».
«Va bene», annuì Maggie, guardando Kara al suo fianco che smaniava per avere notizie, «Tra poco sentiremo tutto».
«Cosa? Cosa sentiremo?», la guardò accigliata, «Io non sento niente, senti solo tu». Maggie scrollò le spalle mentre Lena disse di calmarsi. «Non sono agitata, m-ma Alex deve prendere quel quadro cercando di non destare sospetti e Maxwell Lord ha una cotta per lei, ha cercato di baciarla quando voleva rifiutarlo e presto saranno soli in un ufficio in un piano di un palazzo dove non c'è nient'altro».
«L'ufficio ha le porte a vetro e fuori c'è la segretaria», le fece sapere Maggie.
«Lo so, te l'ho detto io», corrugò lo sguardo Alex, avvicinandosi alla scrivania.
«No, Danvers, parlavo con Kara».
«Cosa? Cosa ha detto?», Kara le strinse un braccio.
«Che me l'ha detto lei», scosse la testa.
«Cosa ti ha detto lei?», sussurrò appena Alex con tono imbronciato.
«Ma no, anche adesso parlavo con Kara».
Kara le tirò una manica. «Insomma, stai parlando con me o con Alex?».
Maggie si scambiò uno sguardo con Lena in cerca di comprensione, così mentre lei si portava una mano sulla fronte, decise di abbassare le cuffie e accendere il vivavoce. «Okay, Danvers, adesso ti sentiamo tutte».
Alex annuì un poco, come se avessero potuto immaginare il gesto, intanto che prendeva l'attenzione della segretaria. Le chiese appena se avesse appuntamento che le porte a vetri si spalancarono e il giovane uomo prese la loro attenzione, mostrando un sorriso.
«E poi gira voce che Babbo Natale non esista», esordì e Alex si sforzò di sorridere. «Un bel regalo in ritardo è pur sempre un bel regalo», la invitò ad accomodarsi con un gesto e Alex, dall'altra parte del suo auricolare, sentì le ragazze esprimersi con versi divertiti.
«Troppo audace», disse Maggie.
«Cascamorto», commentò Lena.
«Se la sfiora gli spezzo un dito», borbottò invece Kara.
Alex continuò a sorridere con forza ed entrò nell'ufficio che era ben illuminato e odorava di menta. Lanciò una rapida occhiata intorno a lei, tra scaffali pieni di libri, di titoli e diplomi appesi, delle piante in vaso, tanto che quando si sedette davanti a lui, aveva già scorto il quadretto interessato, affisso accanto ad altri quadri con su dipinte delle piante.
«Stentavo a credere alle mie orecchie quando mi hanno chiamato dal pian terreno per dirmi che una certa Alex Danvers era qui per me».
I commenti di disapprovazione non si fecero attendere e Alex trattenne le risa. «N-Non sono qui per una visita di piacere».
«Lo so, mi hanno riferito anche questo. E così, quest'anno Lena Luthor affida le commissioni alla famiglia. Immagino sia un modo per rendervi unite», le sorrise, incrociando le dita delle mani, poggiando le braccia sulla scrivania e osservandola con interesse.
«Diciamo che è così…». Si grattò una gamba: il suo sguardo la metteva a disagio.
Lui strinse le labbra e all'improvviso abbassò gli occhi, pensando. «Voglio chiederle scusa, signorina Danvers. A Metropolis mi ha trovato un po'… per le mie; altre cose per la testa mi hanno impedito di comportarmi come il gentiluomo che lei merita di conoscere. Non voglio arrancare scuse, ma voglio che lei sappia che sono davvero dispiaciuto», scrollò le spalle, «di… aver cercato di rubarle un bacio. Ammetto di essermi meritato quel colpo. Bel colpo, se posso permettermi», abbozzò una risata.
«Oh, la mossa delle scuse…», borbottò Maggie; ad Alex parve quasi di vederla mentre inclinava la testa da un lato. «È davvero interessato, Danvers. Prova a non farmi ingelosire».
Alex abbassò gli occhi solo per un attimo, sorridendo, poi spalancò la bocca e prese fiato. «Non giriamoci intorno, sono qui solo per fare un favore a Lena Luthor e non per… fare amicizia», alzò le sopracciglia e lui annuì, stringendo le labbra.
«Molto bene. Allora…», si alzò mettendo le braccia dietro la schiena, così si alzò anche Alex. «Solitamente, la giovane Luthor lascia decidere me cosa donare per l'asta».
«Idiozie», sentì chiara la voce di Lena, «Mette la cosa a suo favore in modo che possa sbarazzarsi di qualche cianfrusaglia. Ho già parlato con lui, gli ho spiegato che avevo in mente un dipinto. È un collezionista, ne ha sempre da parte».
La ragazza annuì, voltandosi direttamente verso la parete con i quadretti. «È un appassionato di piante e fiori, signor Lord?».
«Lo sono di qualsiasi cosa che abbia fascino», sorrise, guardandola attentamente.
«Uh, questa è fine», commentò Maggie.
«Non gli basta sentirgli dire di no una volta», ruggì Kara, «È recidivo».
Alex prese respiro e lui se ne accorse. «Lei cosa ne pensa, signorina Danvers?».
«C'è di meglio», sbottò e gli sorrise a sua volta. «Lena mi ha riferito che è un collezionista, che ha sempre dei quadri da parte».
«Come ho detto, sono un appassionato di qualsiasi cosa abbia fascino. È certo che nessun quadro che posseggo, né che sia mai stato inventato, possa mai essere bello quanto la creatura che ho davanti agli occhi».
«Uh, ew», udì le voci di Kara, Maggie, Lena e… quella era Megan?
«Da dove sei spuntata fuori?», domandò Kara.
«Ragazze, ho aperto la porta e nessuno mi ha notata. Credevo steste ascoltando un audiolibro. Ma quella era Alex?».
«Shh. Alex è con Maxwell Lord in questo momento», Maggie tentò di abbassare la voce.
«È meglio di un audiolibro», rispose Megan.
«Shh».
Alex spalancò gli occhi. Rimase forse per troppo tempo incantata ad ascoltare le voci nella sua testa che Max Lord si avvicinò, cercando di attirare la sua attenzione. «Sicuramente anche di quelli che inventeranno un giorno», aggiunse con soddisfazione, «Ma non voglio adularla».
«Non lo farebbe mai», sussurrò Maggie.
«Non ne è capace», concordò Lena.
«Solo che finora non ha fatto altro», brontolò Kara.
«Ragazze, non sento», le rimproverò Megan.
«Mi chiedeva dei quadri… Non ne ho portati con me, ma se desidera può venirli a vedere a casa, così sceglie lei quello che secondo il suo gradimento è il migliore per l'asta», annuì. «Sono a sua disposizione».
«Eh no! Questo è troppo», sentì sua sorella agitarsi.
«Ehi, sto cercando di sentire come finisce», bisbigliò Megan.
Alex deglutì e si portò una mano all'orecchio sinistro, alla microauricolare, spegnendola accompagnando un forzato sorriso. «Mmh, no, secondo il mio gradimento il migliore per l'asta è tra quelli sul muro, ma grazie lo stesso».
«Perdoni se ci ho provato».
Lui scrollò le spalle e lei incurvò la testa, regalandogli uno sprezzante sorriso. Il tutto mentre, dall'altra parte, si scatenava il putiferio.
«Oh cielo, Maxwell Lord ha preso Alex», sbottò Kara, alzandosi di scatto dal letto accanto a Maggie. «Deve aver trovato l'auricolare e- oh, non oso pensare cosa le stia facendo adesso. Calmiamoci tutte», le guardò una per una, «Devo volare da lei subito».
«No», la fermò Maggie ad un polso, «Torna qui, sorellina, vedrai che sta bene».
Lena annuì, alzandosi e prendendo lei i polsi di Kara per farla tranquillizzare. «Alex deve aver spento l'auricolare perché stavamo facendo confusione. Adesso rilassati, la sentiremo tra poco». La fece sedere al suo fianco e la vide lanciare un'occhiata alla ricetrasmittente.
«Okay. Ma se non si farà sentire entro cinque minuti, sarà Maxwell Lord a sentire me».
Intanto, in mezzo ai due letti seduta a terra con gambe incrociate, Megan sospirò. «Ci tenevo a sentire come finiva… uff».
In un altro contesto, e se non fosse un marpione tanto spregiudicato, Alex era convinta che avrebbe potuto apprezzare alcune caratteristiche di quell'uomo. In fondo non era neanche tanto male, da qualche parte scorgeva un minimo di simpatia, ma anche al di là del suo tanto plateale interesse verso di lei, il suo sesto senso non la convinceva per niente. «Quello sarebbe perfetto», indicò il quadretto in mezzo ad altri, «Mi piace, ha un non so che di… speciale». Lo sentì mugugnare.
«Mi spiace, signorina Danvers, ma quel quadretto è davvero tanto speciale come crede e non posso darglielo. Non metto in dubbio», rise, «che animerebbe l'asta alla Luthor Corp, ma vede, è una vincita di tanto tempo fa, un ricordo, ci sono davvero tanto affezionato».
«Un ricordo?», domandò, mostrandosi interessata. Sperava di convincerlo a cederglielo con qualche moina, ma quando iniziò a parlare si rese conto che quello che aveva da dire poteva essere importante su Rhea Gand.
«Quella donna tanto pericolosa, non lo crede anche lei?», guardò il quadro e poi Alex, «mi diede quel quadretto quando perse con me una scommessa. Allora ero praticamente un ragazzo, mi affacciavo al mondo dei grandi in punta di piedi, ero aiutato dall'esterno perché mio padre si disinteressava dei miei piccoli successi e Rhea Gand, anche se allora suo marito era agli albori della sua carriera politica e lei era solo una segretaria, era una donna che mi incuteva un certo timore, come spiegarmi», ridacchiò per sé e alzò le sopracciglia, perdendosi nei ricordi. «Già allora si comportava come se il mondo dovesse sottostare al suo volere e può immaginare che effetto facesse a un ragazzo un po' insicuro com'ero quando i nostri percorsi, per volere del sindaco e di altre persone influenti, si incrociavano. L'ho conosciuta così. Lei era tra le persone che non credevano in me, che non avrei portato in alto la Lord Technologies. Posso assicurare che lei non credeva e non crede tuttora a nessuno, non che fosse personale, però… feci con lei una scommessa, una soltanto», strinse i denti e abbozzò un sorriso, «che entro tre mesi sarei riuscito a farmi un nome. Quell'unica scommessa», s'inumidì le labbra con emozione, puntando in alto il dito indice destro. «Quasi allo scadere di quei tre mesi, la Lord Technologies e il mio lavoro furono sulla bocca di tutta National City», sorrise entusiasta. «Potevo finalmente competere con le grandi industrie. Vinsi e Rhea Gand mi diede il quadretto che avevo scelto. Quello», lo indicò, «Quel quadretto. Quel quadretto segna il punto di svolta della mia carriera. Ah, naturalmente, mi creda, ha provato spesso a farmi un'offerta per riaverlo, ma una scommessa persa è una scommessa persa».
«Quindi è uno a cui piace scommettere», lo guardò con la coda dell'occhio.
Lui abbassò lo sguardo e sorrise, dando dopo pochi secondi di attesa di nuovo a lei la sua completa attenzione. «Mi piace vincere», la corresse, aggiungendo: «Ottengo sempre quello che voglio».
Oh, ora era certa che se avrebbero voluto quel quadretto, avrebbero dovuto rubarlo. Come avrebbe fatto a convincerlo a regalarle una cosa tanto importante per lui? Per un'asta, poi, dove sarebbe tornato in mano alla sua precedente proprietaria.
«Non metta su quella faccia, signorina Danvers, o potrei quasi cedere solo per vederle fare un sorriso».
Alex spalancò gli occhi: voleva davvero dire che era corrompibile? «Accidenti, è che…», increspò le labbra e ciondolò un po', senza esagerare. Il tanto per non sentirsi sporca dentro. «Non so, come l'ho visto ho pensato è perfetto, che se lo avessi portato alla Luthor Corp, Lena e Lillian… oh, è una cosa così sciocca», scosse un poco la testa e attese una sua reazione.
«Sono altre le cose sciocche, se mi permette», non si fece attendere troppo. «Mi dica».
Così Alex si voltò a lui, aggrottando le sopracciglia. «Ma no, davvero. Mi rendo conto solo adesso che non ne vale la pena».
«Ma dai, non si faccia pregare».
«E va bene», sbuffò. «Il fatto è che i Luthor stanno diventando parte della mia famiglia adesso, sono diversi da noi, abituati a un altro stile di vita e…», lasciò senza terminare la frase, scuotendo ancora la testa. «Pensavo di cogliere quest'occasione per far vedere ai Luthor che sono all'altezza del loro nome, che posso essere parte della loro famiglia a tutti gli effetti! Quel quadretto mi ha ispirato, come dire, come se avesse potuto dare anche a me un… un punto di svolta». Lo vide accigliarsi e capì di aver osato troppo. Accidenti. Accidenti. Aveva sbagliato. Aveva perso la sua occasione d'oro?
Quando rientrò al dormitorio del campus, Kara spostò di lato Maggie che stava per andare a salutarla e le saltò addosso. Certo, si era calmata quando Alex aveva riattivato l'auricolare e spiegato che stava tornando da loro, ma era rimasta in stato di ansia perpetua per tutto il tempo e solo rivederla le aveva fatto tirare un sospiro di sollievo. Anche tra le sue braccia borbottò qualcosa contro Maxwell Lord.
«Allora, com'è andata?», le chiese Megan, incrociando le braccia al petto.
Non sapeva quanto l'amica di sua sorella fosse a conoscenza di tutta quella storia, ma non indagò, aprì invece la sua borsa e, lentamente e con cautela, tirò fuori un fagotto di stracci, poggiandolo su un lettino. Tolse uno strato e poi l'altro, mostrando il quadretto. Ce l'aveva fatta.
Tutte sorrisero e Maggie l'abbracciò e poi la baciò, stringendola ancora. «Hai vinto, Danvers. Perché non ti vedo raggiante?».
«Mh, non so, forse ho giudicato male Maxwell Lord e quel quadro era davvero importante per lui».
«Oh, hai un cuore d'oro», le circondò il viso con le mani e la baciò, per poi allontanarsi a vedere il quadro insieme a Kara.
Alex si tenne in disparte e Lena la raggiunse. «Sei davvero dispiaciuta per lui? Hai fatto ciò che dovevi».
Alex annuì appena, tirando indietro le labbra. «Ssì…», si avvicinò a lei, iniziando a bisbigliare: «In verità quel bastardo mi ha sottratto un appuntamento». Lena spalancò gli occhi, restando immobile, mentre lei continuava: «Come amici ha specificato, quando gli ho spiegato, di nuovo, di essere felicemente fidanzata. Dovevo accontentarlo se volevo portare a casa quel quadro».
«Ti sei sacrificata come un bravo soldato», bofonchiò, annuendo.
«Ho fatto la mia parte, Luthor. Ora tocca a te. E dovrò pagare da sola».
«Già».
Megan diede un'occhiata al quadro e dopo si avvicinò alle due, estraendo un sorriso. «Sì, bello il dipinto, ma io mi riferivo alla situazione tra te e Maxwell Lord. Niente baci e abbracci?».
Alex la degnò appena di un'occhiata.

Se la prima parte del loro piano si era conclusa con la loro vittoria e qualche effetto collaterale, la seconda era più lunga ma molto più semplice. Mentre Winn coordinava i lavori per l'asta da solo per la prima volta, telefonando di tanto in tanto Lena per avere da lei delle dritte, quest'ultima cancellava i dati della microspia che riportavano al D.A.O.. Era il ventotto dicembre, erano pochi gli uffici e i laboratori ancora aperti alla Luthor Corp, e la voce di Kara, in quell'aula dov'erano solo loro due, rimbombava contro le pareti.
«Non ha piovuto troppo, anche se all'esterno per una passeggiata ci siamo rimasti poco… Alla fine ci siamo divertiti», parlava di quell'uscita del ventisei dicembre da almeno venti minuti, con un sorriso stampato in faccia e gli occhi che brillavano. «Jeremiah non ha chiesto a te e Lex di venire perché vi conosce appena, ma alla prossima glielo proporrò, così possiamo passare del tempo assieme e avrete modo di conoscervi meglio».
«Non importa», mormorò, attenta al portatile.
«Come? Non ti va di passare del tempo con me, Alex e Jeremiah?».
Lena prese respiro e allontanò gli occhi dallo schermo, voltandosi verso di lei. «Non è questione che mi vada o no, ma lui è vostro padre. Porta fuori voi due perché siete le sue figlie, Lex ed io siamo di troppo».
Kara aggrottò lo sguardo, non del tutto soddisfatta di quella risposta. «Ma adesso siete di famiglia, quindi…».
«Non la sua famiglia», si scambiarono uno sguardo e le propose con una mano di passare dalla sua parte e raggiungerla. «Va bene così, è un tempo solo per voi».
Kara le arrivò accanto e si sporse verso di lei che era seduta su una sedia a ruote, poggiandole le braccia sulle spalle. «È solo che…».
«Cosa?».
«Mi dispiaceva uscire e lasciarti lì…».
«Mia salvatrice», sussurrò, guardandole le labbra. Kara si abbassò e Lena le portò via un bacio, lentamente, dandosi modo di assaggiarsi, scoprirsi poco a poco. Tanto prese dal loro momento che non si accorsero della porta del laboratorio che si apriva:
«Signorina Luthor, avrei bisogno di- aah!», Winn tornò indietro di un passo, spalancando la bocca e alzando le braccia e un ginocchio, d'istinto.
Loro si separarono ma, voltandosi verso la porta, lui non c'era già più e quella si chiuse da sola.
Il loro tempo era finito. Lo sapevano. Avevano deciso che dopo Natale avrebbero scoperto le carte e fatto coming out: dire alle loro madri di stare insieme equivaleva a non nascondersi più, essere libere, vivere la loro relazione alla luce del sole con chiunque. Con il loro piano della microspia in casa Gand avevano avuto qualche intoppo, ma erano ancora di quell'idea. Si sentivano pronte, dopotutto. O quasi.
«Sei riuscita anche tu a parlargli?», le chiese Lena una volta in auto con Ferdinand alla guida, di ritorno verso il campus di Kara. La vide annuire, ma non sembrava così particolarmente convinta.
«Credo che per lui sia stato come…», si voltò, abbozzando appena un sorriso, «essere un bambino e scoprire papà e mamma a letto insieme che si fanno le coccole», annuì ancora e infine rise.
Anche Lena sorrise. «Mi è parso un po' sconvolto, in effetti. Aveva anche una cotta per te».
«Come? Winn?».
«Non dirmi che non te ne sei mai accorta, quel ragazzo è un libro aperto».
Kara spalancò gli occhi e la bocca, arrivando a toccarsi il petto con una mano. «Tu menti! Non è possibile! Si è sempre comportato così da buon amico, con me…».
Lena le toccò il naso con un dito, ricominciando a ridere. «Sei la sola persona al mondo più ingenua di lui».
Si guardarono e si avvicinarono, ma lanciando un'occhiata al posto di guida si lasciarono, cercando di tornare serie.
«E il nostro lavoro…? Hai concluso?», domandò Kara.
«Sì. Domani avverrà l'installazione».
«Ci siamo quasi».
Si strinsero le mani e si lasciarono andare quando la macchina si fermò davanti al cancello, per andare ognuna per la propria strada. Entrambe si chiesero come sarebbe cambiata la loro routine quando non avrebbero più dovuto fingere di non stare insieme. Se Kara avrebbe potuto dormire in villa ogni tanto, se Lena si sarebbe sentita un po' meno sulle spine ogni volta che guardava sua madre ed Eliza insieme. A quel proposito, se c'era qualcosa che spingeva Lena a fare retromarcia sulla questione, era proprio sua madre: ogni volta che le rivolgeva la parola faceva finta di non sentirla, aveva un temperamento più chiuso anche con la sua futura sposa ed era troppo sulle sue, passava perfino più tempo del solito in dependance, forse a rivedere le vecchie cose di suo padre. Era decisamente strana ma normalmente non ci avrebbe dato peso, ora tuttavia sperava che le tornasse il buon umore molto presto perché avrebbero dovuto avere ogni tipo di aiuto possibile per quando avrebbero affrontato l'argomento con loro.
Il pomeriggio seguente, Lena tornò in laboratorio con il quadretto per lavorare con Winn sull'installazione della microspia ripulita. Era già chiusa lì dentro dando una nuova occhiata alla microspia quando arrivò Kara con delle tazze da viaggio fumanti intorno a un braccio. Portò anche una scatola di ciambelle sperando nel perdono, considerata l'amara sorpresa, del ragazzo.
«Così potremmo tornare a essere amici senza…», agitò le mani, per poi prenderne una e assaggiarla, «senza imbarazzi, diciamo».
Lena la sentì mugugnare un Sono buone intanto che si avvicinava a lei. L'avvolse con le sue braccia e aspettò che ingoiasse. «È un gesto carino».
«Grazie», disse ormai sulle sue labbra, prima di avvicinarsi ancora e baciarla. Si strinsero e, mentre le mani di Kara l'avvolsero sui fianchi, quelle di Lena arrivarono ad accarezzarle il contorno del viso, il collo, insinuandosi fin su all'elastico per capelli, tentandoglielo. Tanto prese da loro stesse che non si accorsero della porta che si apriva:
«Signorina Luthor, sono a sua disposi- aah!», Winn tornò di nuovo indietro, alzando le braccia e un ginocchio, sparì prima che potessero voltarsi verso la porta.
Lena contrasse le sopracciglia in disperazione intanto che Kara la rassicurava che sarebbe andata lei a recuperarlo.

Era il ventinove dicembre, fuori pioveva a dirotto e all'interno di un laboratorio alla Luthor Corp, Lena Luthor e Winn Schott Jr. installavano con minuziosa attenzione una microspia nella struttura di un quadretto prezioso. Era un lavoro semplice, ma richiedeva davvero molta cura e un minimo errore poteva compromettere il valore dell'oggetto, senza contare che la sua vecchia proprietaria avrebbe notato delle differenze. Non doveva esserci nemmeno un graffio. Un'ora ed era tutto finito; lasciando riposare il quadro all'interno del suo fagotto di stracci, loro si erano seduti a mangiare ciambelle, ripensando al piano. O almeno le ragazze.
«Credo che mi sia sfuggito il motivo per cui abbiamo messo quella microspia all'interno di un quadro che venderemo all'asta di domani». Winn guardò le due, per poi masticare di nuovo.
«Non l'abbiamo detto», chiosò Lena e lui annuì, ma non si erano perse il fatto che fosse un po' deluso.
Come al solito, Lena si fece venire a prendere da Ferdinand in auto, portarono Kara al campus e poi l'autista la scortò in villa. Eliza stava organizzando il pranzo di Capodanno nella sua casa fuori National City e di tanto in tanto la sentiva parlare al telefono per convincere qualche vecchio amico o collega di lavoro a partecipare alla festa. Immaginava che Lillian si sarebbe sentita un po' a disagio in un ritrovo intimo informale, ma di certo quel fatto non giustificava quel suo bizzarro comportamento. Appena tornò a casa, udì Eliza al cellulare verso la cucina e lei, sua madre, era davanti alla porta della biblioteca con un'espressione contratta in volto. Appena la vide, il suo essere contraria parve aumentare e Lena la scorse mettersi una mano sulla fronte e darle le spalle, camminando via. Anche in quel momento, la ragazza decise di starsi zitta e andare a farsi un bagno caldo per rilassarsi.


***


Così, il tanto atteso giorno dell'asta per beneficenza alla Luthor Corp arrivò. Era già pomeriggio e Lena indossò un abito scuro, aperto sulla schiena e stretto sulle ginocchia, si tirò in alto i capelli e ripeté varie volte davanti allo specchio, da diverse angolazioni, il discorso che avrebbe aperto l'asta. Era un po' agitata, ammetteva a se stessa, lo era ogni anno ma quello in special modo lo era un poco di più per via del loro piano. Sperava davvero che tutto andasse come organizzato o non avrebbero avuto pronto un piano B da seguire. Se anche solo Rhea Gand avesse deciso di non partecipare… Era come se Kara le avesse letto nel pensiero, guardando il suo cellulare che vibrava sulla scrivania che le diceva di accettare una sua chiamata.
«Partecipa ogni anno», affermò all'apparecchio, rispondendo ai suoi dubbi e così, senza che Kara potesse saperlo, anche ai propri. «Deve partecipare, vedrai, andrà tutto bene». Aprì la porta di camera sua e iniziò a percorrere il corridoio e poi le scale. Sapeva che le loro madri erano già uscite e che poteva parlare liberamente. «Allora, hai programmi per Capodanno? Pensavo di portarti in un bel posto, dove si vedono bene i fuochi d'artificio». Sorrise, ascoltando la sua risposta. Forse arrossì. «Bene, sì… è una buona idea». Il suo sorriso si spense e le mancò la voce quando sorprese sua madre ai piedi delle scale che l'aspettava. Era pronta per uscire, anche lei indossava un vestito, ma non sembrava intenzionata a farlo nell'immediato. «Ti devo lasciare, ci vediamo lì». Chiuse la chiamata e finì di scendere le scale, ignorando il suo sguardo fintanto che poteva.
«Era Kara?», le chiese Lillian con un tono di voce accusatorio. Capì che Lena aveva difficoltà a risponderle, probabilmente cercava di capire quanto avesse ascoltato della sua telefonata prima di farlo. Infine, parve volerla affrontare: la vide voltarsi verso di lei e stringere con nervosismo la borsetta che portava sotto un braccio.
Era il trenta dicembre, ad appena un'ora e mezza dall'inizio della tanto attesa asta alla Luthor Corp e Lena e Lillian, ancora in villa, capirono che era arrivato il momento di parlarne.
«Avevamo intenzione di dirvelo a giorni, veramente. Stai per dirmi che devo lasciarla?».
La donna scosse la testa e incurvò le labbra. «No, cielo, no. Non devo dettare ordini, Lena», provò ad avvicinarsi e la figlia si vide costretta ad accostarsi al muro. «Capirai da sola quando è il momento di farlo. Ma avevo bisogno di togliermi questo sassolino dalla scarpa».
Si scambiarono uno sguardo e Lena accennò un sorriso che tutto era fuorché divertito, portandosi una mano sulla fronte. «Questo è quello che fai sempre: rovini la mia vita, i miei rapporti sociali, devi mettere bocca a tutto e infilarti nella mia testa affinché io faccia ciò che vuoi».
«È questo che credi che io faccia? Oh, Lena, adulta e con la testa sulle spalle e ancora non hai capito che non gira tutto intorno a te».
«Stiamo parlando della mia relazione con Kara».
«Esattamente: Kara. Riguarda Kara, non te». Le strinse un polso con forza e Lena accennò al dolore, ma la donna non attenuò la presa, anzi continuò a dar forza, dando prova della palese angoscia che la tormentava. «Ti avevo avvertita di fare attenzione al tuo rapporto con lei, mi pare. Non ti ha fermata il fatto che foste ormai sorellastre, ti sei approfittata della sua ingenuità e di quanto foste vicine per circuirla e renderla una delle tue… Cosa, Lena, conquiste? Ti sentivi così sola che non hai resistito?! Ti sei attaccata al suo affetto?».
«Smettila, mi stai facendo male», bisbigliò incurvando le sopracciglia, ferita forse più dalle parole che dalla presa di quella donna su di lei.
«Avevi un compito: andare d'accordo con loro. Non ti avrei mai chiesto nient'altro e ora hai trasformato la nostra famiglia in un campo minato con segreti, frottole e… ci vai a letto?», prese una pausa, assottigliando gli occhi intanto che lei la fissava senza quasi battere ciglio, «Oh, ma certo che ci vai a letto». La lasciò, allontanandosi ma non troppo, osservandola nel volto che le ricordava un cane bastonato. «Per giorni ho pensato a cosa dirti e ora ti guardo e mi rendo conto che aspettare non ha giovato a nessuno, che avrei dovuto affrontarti fin da subito».
«Non è come credi…».
«In cosa dovrei credere?».
Lena si tenne il polso dolorante e si inumidì le labbra, abbassando gli occhi lucidi solo un attimo, per poi sfidarla ancora, mettendosi dritta con la schiena. Deglutì. «Io la amo».
Lillian la fissò quasi imperscrutabile come se, arrivata a quel punto della discussione, si aspettasse di sentirglielo dire. Eppure quelle parole la colpirono più di quanto credette di fare, anche se solo per un attimo in cui dovette anche lei ingurgitare saliva. «Oh… Allora dimmi, da figlia a madre, quali sono i programmi per il vostro futuro? Dove hai intenzione di arrivare con lei? Credi che vi sposerete, Lena? Ci hai pensato? Perché era questo che volevi fare una volta con Jack, non è così?».
«Non permetterti di mettere Jack in mezzo in questa storia».
«Non farmi passare per la strega cattiva. Sono arrabbiata, ma al di là di questo voglio cercare di farti capire una cosa: volevi sposarlo, lo amavi e gli hai spezzato il cuore. Lo hai lasciato andare. Capisci che questo non potrà succedere con Kara. Lei non se ne andrà, è della famiglia e dovrà vivere per sempre accanto alla persona che le spezzerà il cuore».
La ragazza prese fiato, contraendo le sopracciglia e spalancando un poco le braccia. «Stai presupponendo che le spezzerò il cuore. Con lei è diverso, con Kara non-», si bloccò in cerca delle parole, lasciando che lo sguardo venisse ingoiato dai fini occhi decisi di sua madre.
«È sempre diverso, Lena», sussurrò e si avvicinò per cercare ancora con lei contatto. La figlia si allontanò d'istinto ma lei la sfiorò a un braccio, come a volerle lasciare una carezza, quasi pentita di averla stretta poco prima, ritrovando un collegamento con lei. «Ma sei giovane. Alla tua età anch'io mi innamorai ed era diverso. È diverso ogni volta. Anche con tuo padre lo era, almeno all'inizio». Dopo aver tenuto per poco gli occhi bassi, la riguardò, ritrovando il suo sguardo perso nell'ascoltarla. «Sono contraria, ma non posso obbligarti a lasciarla adesso… prima che sia troppo tardi e farle del male, in modo che possiate salvare ciò che vi lega. Vorrei solo che ti ponessi alcune domande sulle tue precedenti relazioni e capire se vuoi rischiare con lei. Non sei capace di mantenere delle relazioni serie, Lena… Chiediti solo quanto dovrà soffrire Kara affinché tu possa capirlo». All'improvviso si separò da lei e la sentì recuperare fiato, come se avesse smesso di respirare da un po'. Lillian prese la sua giacca dall'appendiabiti e così la borsa, dicendo che rischiavano di fare tardi. Aprì la porta, quando si fermò ancora e la osservò. «I Luthor le hanno già abbastanza rovinato la vita, non credi?». Tirò la porta che Lena fermò con una spinta e con un braccio prese uno dei suoi, tirandola indietro appena.
«Non… rivolgermi più la parola», le disse quasi in un soffio e Lillian, girando lo sguardo sdegnato, non aggiunse altro, chiudendo la porta dietro di lei. Lena ci si appoggiò contro e prese fiato ancora, ancora, chiudendo gli occhi che iniziavano a pizzicarle e stringendo i pugni, poi colpendo alle sue spalle, con muto nervoso. Si aspettava contrarietà da parte sua, ma quel discorso… era fuori da ogni sua immaginazione più remota. Era grata, a quel punto, che le avesse parlato prima che lei e Kara dicessero di stare insieme a lei ed Eliza insieme perché non riusciva a pensare a come si sarebbero svolte le cose, in quella situazione. E in quel momento, di tempo per pensarci, non ne aveva davvero: affacciandosi allo specchio si sistemò il trucco e recuperò le chiavi di una delle auto in garage, pronta per l'asta e fare finta che quella discussione non fosse mai avvenuta.





























***

Ahi!
Capitolo più corto del solito, lo so. Questo perché, in prima stesura, il capitolo 28 e il 29 erano un unico capitolo, ma c'erano troppe cose da raccontare e rischiavo di farlo troppo lungo, così ho tagliato al discorso di Lillian a Lena e leggerete dell'asta la prossima settimana!

Cosa ne pensate? Vi aspettavate il discorsone di Lillian? E le sue motivazioni per cui non dovrebbero stare insieme? Ma, soprattutto, cosa farà adesso Lena? Lei e Kara avevano deciso di uscire allo scoperto, ma questo potrebbe cambiare tutto.
E il piano? Alex è riuscita, ahilei barattandolo con un appuntamento, ad avere il quadro da Maxwell Lord e Lena ha cancellato i dati del D.A.O. e inserito la microspia, ora riuscirà Rhea Gand a comprarlo all'asta?

E per ora è tutto, gente! Ci rileggiamo presto con il capitolo 29 che si intitola Come Orihime sull'altra sponda del fiume, puntuale di lunedì :)


   
 
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