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Autore: PrincessintheNorth    12/10/2018    2 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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AVVISO: Il capitolo contiene scene macabre e violente. Non è consigliato a chi è particolarmente sensibile. 




KATHERINE
 
 
Finalmente, il momento che per anni avevo atteso era arrivato.
Da quando papà aveva confermato l’esecuzione per quella sera, non riuscivo a contenere la bramosia di ucciderlo, e delle volte già mi sembrava di sentire l’ascia in mano e lui urlare, implorarmi di salvarlo, chiedere perdono.
Dei, se mi sarei divertita, quella sera.
Prima però dovevo trovare una tata.
Sìgurd aveva detto che sarebbe stato presente all’esecuzione, quindi non poteva essere lui a tenere la piccola, e nemmeno Audrey o il nonno John, che giustamente sarebbero stati lì e avrebbero dato il loro colpo. Per l’occasione, oltre che per conoscere Belle e Susan, erano arrivati anche tutti i miei cugini, che senza contare Sìgurd erano circa dieci, e lo zio Ivarr, il fratello maggiore di mamma. Aveva fatto sapere, a papà, tramite una lettera, che i “bambini” (Erlend ormai aveva diciassette anni) non avrebbero assistito alla cosa: magari Belle sarebbe potuta restare un po’ con uno di loro. Mi sarei assicurata che dormisse, così che non ci fossero particolari problemi.
- Come farò a ricordarmi più di dieci nomi? – fece Murtagh sconsolato.
- Esttamente come faccio io. – commentai.
- E come fai?
- Non lo faccio. Non me li ricordo mai tutti, ma quando li vedo me li ricordo. Se proprio non mi viene in mente, il nomignolo andrà più che bene.
Annuì lentamente, e la piccola brontolò un po’ per andargli in braccio.
- Ecco qua, principessa. – le sorrise cullandola. – Brutta capricciosa.
- Qual è il senso di chiamarla brutta se lei si chiama Belle? – osservai a quel punto.
Corrugò un attimo la fronte, e poi scosse la testa. – Belle, non ereditare l’intelligenza della tua mamma. So che quasi sicuramente le mie preghiere non saranno ascoltate ma io ci provo comunque. Per favore, diventa stupida come il papà, così almeno non mi dovrò sforzare a capire due matte.
Lei ridacchiò per le facce buffe che il suo papà le rivolgeva, e allungò la manina verso la sua tigre, che ancora non aveva un nome.
Murtagh, nonostante conoscessimo la tigre da cinque minuti e non ci avesse sbranati, era ancora un po’ preoccupato dalla sua presenza, e ogni tanto la guardava insospettito.
- Belle … - commentò. – Per l’amor del cielo, evitiamo …
- Ma sì … se non ci ha attaccati ora cosa credi che possa accadere? Vieni qua, bella … - sapevo come si trattava con le tigri: nel mio anno di ribellione, che avevo passato sulla nave di Magnus, io e la sua tigre avevamo fatto amicizia.
Notai con piacere che le mie abilità con gli animali feroci non si erano intaccate, perché la tigre si avvicinò tranquillamente a me, senza mostrare segni di paura, sospetto o voglia di attaccare: esattamente come faceva Blake, la mia gatta, s’incamminò sinuosamente verso di me e strusciò la testa e il fianco contro il mio palmo e la mia pancia, facendo le fusa.
- Vedi che è brava? Ma certo che sei brava, sei bellissima …
Le feci qualche grattino dietro l’orecchio, e arcuò la schiena deliziata, emettendo un basso ringhio soddisfatto.
- Oh, questo mi ricorda di quando eri giovane e senza pensieri. – mi prese in giro Magnus.
- Potrei ancora batterti con una scimitarra, caro. – ridacchiai, mentre mi sedevo a terra e la tigre si sdraiava a pancia in su, chiedendo le carezze sulla pancia bianca e morbida.
- Sarò lieto di vederlo di persona, cara. – mi rispose a tono. – Si da il caso che abbia portato la tua.
- Hai la mia spada? – feci meravigliata.
Durante quell’anno, Magnus mi aveva accolta con ogni onore, ritenendo che una piratessa dovesse anche avere una spada adatta: perciò, quando avevamo attraccato in una città ad Ovest di Alagaesia, mi aveva accompagnata da un fabbro che mi aveva forgiato una bellissima scimitarra, con l’impugnatura decorata dalle gemme del mio primo bottino e la lama decorata in centro da una filigrana di foglie e rose.Poi mi aveva dato una spada normale, ritenendo che quella fosse troppo bella ed il metallo troppo puro per essere sporcato da del vile sangue.
- Ovviamente. – sorrise divertito, e il suo primo ufficiale mi porse un fagotto che mi affrettai subito a svolgere.
Dentro, contenuta nel suo fodero, c’era la mia bellissima scimitarra, che avevo lasciato sulla nave di Magnus quando ormai avevo capito che il mio destino era a capo della Marina, nel rispetto della legge, nonostante la sensazione di libertà che dava la pirateria, esclusi saccheggi e violenze, era incomparabile: ogni tanto, però, quando capitava che Magnus o un altro dei miei amici “non proprio a norma di legge” fossero d’attracco a Northern Harbor, un giretto in stile piratesco me lo concedevo.
- Hai visto, Belle? – mormorai rapita, perdendomi di nuovo nel luccichio delle gemme. – Magnus ha portato la spada alla mamma e questa poi passerà a te.
- Ma guarda te questa mamma. – ridacchiò Murtagh, abbassandosi per permettere alla piccola di vedere la scimitarra, dato che, non appena aveva visto le pietre preziose, si era messa a scalpitare. – Guarda che bel regalo ha deciso di farti.
Prima che potesse fare qualunque cosa, la piccola allungò la manina di quanto bastava per accarezzare il pelo della tigre, che aveva la testa appoggiata sul mio grembo.
A quel punto, Murtagh fu talmente preso dal panico che nemmeno riuscì a spostarsi di un millimetro, ma ben presto capì che non c’era motivo di avere paura: Belle era tutta contenta, e così la sua nuova amica, che mugolava persino più che con me.
- Ma … amore … - mormorò dopo un po’, rapito. Poi mi lanciò un’occhiata piuttosto eloquente. – Di sicuro il fatto che ora stia indossando la tutina a leoncino aiuta!
- Oddio, ti prego, non tirare fuori il discorso della tutina ora …
- Certo che lo faccio! Sbaglio o Belle sta accarezzando un animale feroce? E il leone è un animale feroce. Si è mimetizzata! 
 
 
 
 
 
 
 
 
Tutto era pronto.
Belle dormiva serenamente nella culla, e accanto a lei Erlend, sulla poltrona, leggeva pigramente una saga.
Murtagh aveva il suo miglior sguardo feroce e assassino, e io avevo le mani che prudevano da tanta era la voglia di far del male a quel bastardo.
Finalmente, avrei vendicato il mio George. Come lui mi aveva strappato il mio bambino, io gli avrei strappato la vita. Oh, e prima le costole, i polmoni …
L’idea che avrebbe sofferto era semplicemente meravigliosa ed appagante, in fin dei conti.
- Pronta, amore? – mormorò Murtagh, abbracciandomi leggermente.
- Lo sono da praticamente quattro anni.
Dalla prima volta che ha allungato quelle luride mani su di me e ho scoperto in che modo ricattasse la mia famiglia, cos’avesse fatto prima e tutti gli orrori di cui si era macchiato.
- E allora distruggiamolo. – sorrise con la ferocia che ci si aspetta da un leone. – E rendiamo questo posto più sicuro per nostra figlia.
A quel punto uscimmo, diretti alle segrete: sapevo che papà, mamma, Alec, Audrey, Sìgurd, Jasper e il nonno erano già laggiù, e aspettavano solo noi.
D’altra parte, Belle doveva pur mangiare, e questo inevitabilmente portava via un momento.
- Ce ne avete messo di tempo. – commentò Alec una volta che arrivammo.
- Anche tu eri in ritardo. – ridacchiò papà, e lo vedevo, non riusciva a contenere la felicità e la bramosia di sangue. – E ora andiamo. James …
Una guardia, che prima non avevo notato, gli passò un’ascia: tipicamente, per l’aquila di sangue se ne usava una cerimoniale, ma non gli avremmo concesso un simile onore. Insomma, non si usa il coltello buono per scotennare il maiale, no?
Quando entrammo, lui sollevò lo sguardo e vide noi e l’ascia, capì.
In un attimo, il suo volto divenne ancora più pallido di quanto già non fosse e sgranò gli occhi dal terrore, iniziando a strattonare le catene in un vano tentativo di fuggire.
Che divertente.
- Guardalo, pensa persino di poter fuggire. – commentai, senza rivolgermi direttamente a lui, come si fa quando si osserva un animale colto in un comportamento strano o quantomeno buffo.
- Esilarante. – rispose Murtagh, con negli occhi una scintilla di ferocia ancora più accentuata di prima e che non avevo mai visto. – è quasi un peccato che tra un po’ non sarà più qui per farci ridere così. Quasi.
- Lo sai che le cose migliori capitano una volta nella vita. – gli fece notare Alec.
- No … - ansimò Grasvard. – Non è possibile …
Papà roteò gli occhi, quasi annoiato.
- Eppure non sei così idiota. Davvero non ci eri arrivato?
- Vostra Maestà … vi prego … vi supplico …
- Ecco, questo è l’atteggiamento adatto a un suddito. – rise sguaiatamente. – Chi vuole fare la prima incisione?
Sorprendentemente, si fece avanti Murtagh.
- È la specialità di famiglia, dopotutto, no? – e fissò Grasvard dritto negli occhi con il tipico sguardo di un predatore.
Papà gli passò un pugnale d’osso, con un mezzo sorriso soddisfatto, e Murtagh andò dietro il maiale.
Senza una parola, calò con un colpo netto l’arma sulla schiena di Grasvard, abbastanza forte da tagliare i tessuti ma anche sufficientemente piano da non ucciderlo sul colpo.
L’urlo fu assicurato, un delizioso e stridente urlo che si prolungò quando Murtagh fece scorrere la lama lungo tutta la sua spina dorsale, allargando longitudinalmente la ferita. Nei suoi occhi, un misto di ferocia e lussuria.
Ha già perso la sua occasione di sedere al tavolo degli dei. E non abbiamo nemmeno iniziato l’aquila di sangue vera e propria …
Successivamente, dato che bisognava leggermente scoprire l’attaccatura delle coste alla colonna, fece scorrere il pugnale tenendolo in orizzontale, così da allargare la ferita.
Il sangue iniziò a colare, raggruppandosi in una pozzanghera sotto Grasvard.
- No … - singhiozzò. – Basta …
- Ma se abbiamo appena cominciato. – ridacchiò il nonno. – E poi non mi sembra che tu ti sia fermato, quando hai ammazzato mio figlio, no?!
- Vi prego …
- Oh, tu prega pure. – commentò mamma. – Non è detto che però ti ascoltiamo. E sta tranquillo che non lo faremo.
- Farò ammenda … qualunque cosa voi vogliate …
- È questo il problema. – fece Audrey divertita. – Ciò che vogliamo è esattamente questo. Vederti squartato, aperto in due, ed è irritante sapere che non basterà a ripagarci completamente.
- No …
- E invece sì. - le diede man forte Alec.
- Katherine! – mi fissò a quel punto, implorandomi. – Dolce Katherine! Tu lo sai che non è giusto! Ti prego!
Stavo per rispondergli a tono, ma Alec, papà e Murtagh fecero per avventarsi su di lui.
Sfortunatamente per loro Sìgurd arrivò per primo, piombandogli addosso come un falco e mollandogli un pugno talmente forte che gli fece saltare via almeno tre denti.
- Non la devi nemmeno guardare! – urlò, e così infuriato non l’avevo mai visto. – Meriteresti anche peggio di ciò che ti stiamo facendo! Non osare mai più rivolgerle la parola!
- Adesso sarei dolce? – commentai. – Strano, ricordavo che mi definissi con altre terminologie ben meno nobilitanti. Puttana,laida, cagna … chi vuole iniziare a squartarlo? – sorrisi.
- Andremo in ordine. – sibilò papà, per poi passare l’ascia al nonno.
Murtagh si fece da parte, raggiundendomi e passandomi con delicatezza un braccio intorno alla vita.
- Se preferisci non guardare … - mormorò.
- Credi davvero che sia il mio primo giro? Forse dovrei dirlo io a te, di non guardare. – commentai.
Il nonno guardò un po’ la ferita sulla schiena, come a decidere dove calare l’ascia, poi annuì.
- Per Mike e Miranda. – ringhiò.
Due colpi, un suono secco, un urlo suino, pezzi d’osso volarono per la stanza e il volto del nonno si ricoprì di sangue.
Una costola già sporgeva macabra, completamente dislocata, a destra e a sinistra.
L’ascia passò allo zio Ivar.
- Per Mike.
Quattro costole.
L’arma andò a mamma.
- Per me e la mia famiglia. – sibilò.
Sei costole.
Le urla erano terribilmente gratificanti, anche se non tanto quanto i primi vagiti di Belle.
- Per il Nord. – sibilò papà. – E per la mia famiglia.
Lui fu particolarmente cruento, usando una sega al posto della tradizionale ascia, così che lo stronzo sentisse mentre le sue ossa venivano lentamente erose.
Quando concluse, si lasciò andare ad una risata liberatoria che aveva un che di perfettamente malvagio, e quel suono, unito alle urla, alle lacrime e alle implorazioni di Grasvard, era pura musica.
E l’ascia passò ad Alec, che prima di andargli dietro e prendersi la sua parte si mise davanti.
- Era un maschio. – lo informò. – Si chiamava Mike anche lui, ed era un bellissimo bambino. A quest’ora sarebbe stato di sopra con sua sorella, addormentato, sognando ciò che sognano i bambini, con l’unica preoccupazione di non sapere che gioco fare il giorno dopo. L’ho tenuto in braccio, sai? Non è nato morto. Hai fatto sì che lo conoscessimo, per poi interrompere la sua vita prima che avesse cinque minuti. Non contento, hai deciso che doveva morire soffrendo, facendo sì che lo vedessi soffocare, mentre piangeva dal dolore senza poter urlare, e io non potessi farci niente. Quindi, anche tu non urlerai.
Prese uno straccio e lo lanciò nella pozza di sangue: quando la stoffa fu ben imbevuta, gli tappò il naso, facendogli aprire la bocca, e gli infilò lo straccio in gola, così che soffocasse.
Poi, tranquillamente, aggiunse le sue due costole alle ali che si stavano creando sulla sua schiena, e tornò a sedersi di fronte al bastardo, godendo delle sue lacrime e dei suoi occhi strabuzzati all’infuori, per poi liberarlo dallo straccio l’attimo prima che morisse.
- Sappi questo: l’ultimo colpo andrà a Katherine. Se non ti ho ammazzato io è perché so che lei ti farà soffrire ben di più.
E infatti mi ero preparata qualcosa di speciale, e che mi era costato un po’, in termini monetari.
Audrey non parlò: il sorriso famelico e malvagio che aveva in volto valeva ben più di mille parole.
- Per Mike e Annie.
Le ali si aprirono.
E l’ascia passò a Murtagh, che scoppiò in una risata terribile.
- Oh, sarà divertente. – commentò facendo roteare l’ascia un paio di volte. – Ne ho provate tante, ma staccare ossa … questa mi è nuova. Beh, bisogna sempre fare nuove esperienze, no? Sappi questo. – abbassò la voce, mentre la sfumatura d’odio diventava preponderante. – Quando ho parlato con George, ha detto di non essere molto contento del fatto che tu l’abbia strappato dal ventre di sua madre per divertimento.
Due colpi, un urlo persino più acuto dei miei, e le ali presero una forma ancor più definita.
Ora era il mio turno.
- Fallo nero, principessa. – ridacchiò Murtagh consegnandomi l’ascia.
- Non mi serve. – commentai, restituendogliela. – Però quella potrebbe tornarmi utile. – presi la sega che aveva usato papà.
Come aveva fatto Alec, mi sedetti davanti a lui.
- Ho mal di testa.- dissi divertita. – Quindi non voglio sentire urla.
Estrassi dalla tasca del vestito due boccette: una conteneva un emetico, l’altra olio di Seithr.
- Non solo ti staccherò le ossa. Tu … morirai soffocato nel tuo vomito e nel tuo sangue. – ridacchiai, mentre, raccolto lo straccio già imbevuto di sangue e saliva, ci facevo gocciolare su qualche goccia di olio ustionante. – Dopotutto meriti una fine disgustosa come l’essere che sei.
Prima che potesse dire qualunque cosa, usai la magia perché tenesse la bocca aperta e gli feci ingurgitare la pozione che gli avrebbe provocato il vomito: poi gli infilai a forza il canovaccio in gola, mentre le convulsioni iniziavano a scuoterlo. Con la magia, impedii che morisse sul colpo, e andai dietro a compiere l’ultima parte del lavoro.
Imbevetti la sega di olio di Seithr, e gli segai le ultime costole mentre gliele scioglievo.
E poi gli feci gocciolare qualche stilla d’olio sulla pelle.
- Per George. – sibilai. – Per April. Per Annabeth. Per me.
Fu Sìgurd a strappargli i polmoni dalla loro sede, e a riporglieli sulle spalle.
A quel punto lo lasciai morire.
La nostra vendetta era completa.
 
 
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Scusate l'immenso ritardo, ma il capitolo non è stato facile da scrivere e sono riuscita a completarlo solamente un'ora fa. Tra l'altro, ero piena per via della scuola. 
Qua (questa è per te, RosaNera) Ramsay Bolton può venire a prendere lezioni da Katherine, eheheh. Mi scuso subito con i lettori che eventualmente siano rimasti turbati, ma penso che un antagonista, tra l'altro così infimo e schifoso, dovesse morire il più malamente possibile, e nella maniera più schifosa possibile. 
Fatemi sapere cosa pensate con una recensione, positiva o negativa! 
Alla prossima!
   
 
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