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Autore: Kamelye    15/10/2018    0 recensioni
Luce e Oscurità. Vita e Morte. Estate e Inverno. Facce della stessa medaglia.
L'ombra non può mai perire, finchè ci sarà un ultimo barlume di luce. E più fulgida è la Vita, tanto più totale è la Morte. Ma dopo la fine, c'è sempre un Inizio.
Tre anni dopo la sconfitta di Pitch Black, un'ombra nuova sta per oscurare la luce della Luna. Un potere più grande anche dei Cinque Guadiani. In loro aiuto, verrà invocata un'altra Immortale, antica quanto la Luna stessa, ormai dimenticata.
Un sussurro, sulle labbra dell'Ultima Luce: Solstyce, il Solstizio D'Estate.
Tra scontri, vecchi nemici e nuovi sentimenti, i Guardiani si troveranno a combattere la battaglia più grande.
Perchè la Paura non può sparire, finchè ci sarà un solo cuore che batte sulla Terra.-
JackXNuovo Personaggio
[Ogni capitolo della storia è stato revisionato e corretto. EPILOGO PUBBLICATO!]
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E così, dopo anni, ci sono riuscita. 

Finalmente, la storia di Jack Frost e Solstyce riceve un finale. Che sia adeguato o meno, questo non lo so. 

Ringrazio chiunque abbia letto questa storia e l’abbia apprezzata nonostante l’incompiutezza e mi scuso con chi ne sia rimasto deluso. 


Ecco, infine, la fine. 



Rise of the Guardians: Eclipsed

Chapter Thirteenth: Epilogue 







Quattro anni passano dalla Battaglia della Luna. 

Quattro lentissimi anni in cui tutto, più o meno, tornò alla normalità. 

Appena ne avevano trovato la forza, i Guardiani avevano tenuto un funerale per lo spirito dell’Estate. Persino Pitch aveva partecipato. 

Era stato strano per gli altri Guardiani, all’inizio, ma col tempo l’avevano accettato. Era solitario, il loro nuovo collega: lavorava da solo, popolando i sogni dei bambini con le loro paure e infondendogli il coraggio per combatterle a testa alta. Tuttavia, quando fu avvisato della funzione, era accorso ad onorare la sua ex nemica e come tutti aveva abbassato la testa in segno di rispetto. 

Da quel giorno, avevano atteso. Cosa, non lo sapevano nemmeno loro. 

Jack aveva trovato nei suoi amici che lo sostenevano costantemente e nei bambini la forza per andare avanti; nonostante la devastante perdita, il Guardiano del Divertimento continuò a svolgere egregiamente il suo compito, portando l’inverno e la sua gioia nel mondo. 

Dire che si fosse completamente ripreso sarebbe stato un azzardo, ma col tempo si era rasserenato. Sapeva che Solstyce non avrebbe voluto che trascurasse il suo dovere solo per rincorrere il suo fantasma: lei l’aveva fatto e sarebbe tornata dal regno dei morti per prenderlo a schiaffi se lui fosse caduto nello stesso errore. 

Lo spirito sorrise nell’immaginarsi la scena. 

“Allora io vado” disse, salutando i suoi compagni e balzando sul davanzale della prima finestra aperta che trovò. Quelli annuirono sorridendo: sapevano dove stava andando. 

Il ventuno di ogni mese infatti, Jack si recava al Totem sacro dove la sua Solstyce era diventata spirito insieme ad Hinan. 

I Guardiani avevano tentato di dissuaderlo all’inizio, temendo che non fosse un’abitudine sana, ma quando avevano capito che era solo un modo per sentirla vicina, lo avevano lasciato fare; ogni tanto erano persino andati tutti con lui a rendere omaggio alla memoria della loro amica. 


Ci mise un paio d’ore a raggiungere il suo obiettivo. Avrebbe potuto metterci di meno muovendosi a tutta velocità, ma non aveva fretta. Si prese quelle ore per pesare e ricordare. 

Arrivò al cerchio di alberi che il tramonto stava lasciando il passo alla sera. Il caldo estivo era soffocante e sospirò di sollievo quando, entrato nel cerchio, percepì la temperatura crollare. Non faceva poi così freddo, ma la differenza col caldo all’esterno era notevole. 

Non si sedette troppo vicino al Totem in segno di rispetto per la sacralità del luogo, incrociando le gambe sull’erba leggermente umida. 

Un leggero gemito spaventato lo fece sobbalzare. Si alzò di scatto e materializzò il bastone ricurvo che comparve docile nella sua mano. 

Mantenendo alta la guardia, si mosse lentamente in circolo. 

Qualcosa si mosse dietro al Totem e lui alzò il bastone, pronto a colpire. 

Quando la sagoma si mosse di nuovo, uscendo un poco dal suo nascondiglio, Jack sentì lo stomaco precipitare. 

Era una bambina. 

Una bambina esattamente uguale a Solstyce. 

Una bambina esattamente uguale a Solstyce che lo fissava con tanto d’occhi. 

Jack smise di respirare.

Doveva avere all’incirca tre anni, ed era l’esatta copia dello spirito dell’Estate tranne per un piccolo dettaglio: un occhio era azzurro, l’altro di quel verde sconvolgente che tanto l’aveva stregato. 

Compreso che lo spirito non fosse pericoloso, la bambina si rivelò del tutto e si avvicinò. 

“Ciao” disse, e Jack si riscosse ma non riuscì a parlare. Aprì e chiuse la bocca più volte, troppo sconvolto per emettere suoni. 

La piccola ridacchiò: “Che fai, il pesce lesso?” 

Il Guardiano si ricordò di riempire i polmoni. Allungò una mano, ma la ritrasse subito per paura che si trattasse solo di un sogno. 

Sethun!” Gridò una voce adulta.  

Qualche secondo dopo un bell’uomo sulla trentina entrò trafelato nel cerchio di alberi. 

“Ah, Sethun! Dovevo immaginare che fossi qui. Dovrai cercarti un nuovo nascondiglio se vuoi far impazzire tua madre, eh?” Disse l’uomo, prendendo la piccola in braccio e strofinando il naso contro il suo. La bambina rise contenta. 

“C’è Jack Frost!” disse, indicando con il piccolo indice lo spirito. L’uomo rise divertito: nel punto indicato, per lui, c’era solo aria. 

“Si, certo… Devo ricordare a tua madre di smetterla di raccontarti tutte queste storie.”

“Ma è vero!” Protestò lei, incrociando le braccia e gonfiando le guance. 

Il padre sorrise benevolo, facendole il solletico per farla ridere. Si avviò verso l’esterno;

“E va bene, e va bene. Ma ora andiamo, prima che ti prenda un raffreddore: fa fresco qui, e tu sei tutta sudata. Hai corso per mezza prateria, vero?…”

Il resto della conversazione, Jack non la sentì: stava volando, veloce come un pazzo, verso Polo. 


“E’ viva!” Disse, entrando da una finestra del castello e ruzzolando per il troppo slancio. I Guardiani interruppero le loro occupazioni e accorsero per aiutarlo a rialzarsi. Era completamente sconvolto e tremava come una foglia. 

“E’ viva!” Ripetè, afferrando il braccio di Calmoniglio. 

“Cosa? Chi…” disse lui confuso. 

“Solstyce” rispose Jack quasi gridando. “E’ viva, una bambina… l’ho vista!” 

I suoi compagni si scambiarono un’occhiata piena di tristezza e dolore. 

“Jack…” disse Dentolina in un sussurro sofferente. “Non è possibile… Solstyce è…” 

Non riuscì a finire la frase che gli occhi le si riempirono di lacrime. Aster le fu subito accanto e le mise una mano sulla spalla, mentre Sandy faceva lo stesso con Jack. Lo spirito si scrollò la mano dell’amico dalla spalla con un gesto secco. 

“E’ viva vi dico! L’ho vista con i miei occhi!” Ripetè lo spirito per l’ennesima volta.

La sicurezza con cui si attaccava a quella speranza fu tale da far scambiare un altro sguardo ai suoi compagni. 

Ci fu qualche attimo di silenzio in cui l’unico suono udibile era il respiro pesante dello spirito del Gelo. Infine, con gli occhi che brillavano, Nord gli si avvicinò e gli mise una pallina nella mano: “Portaci da lei, ragazzo” disse. Senza altri indugi, Jack ruppe la sfera, generando un portale in cui tutti i Guardiani si gettarono impazienti. 


La notarono non appena il portale si chiuse alle loro spalle. 

Jack li aveva portati nel villaggio più vicino al cerchio di alberi dove sorgeva il Totem, guidato dall’istinto. 

Era piccolo: si trattava di non più di otto, nove case di lamiera con un recinto pieno di pecore, una stalla per i cavalli e una grande cisterna d’acqua rialzata su una torretta, il tutto organizzato in circolo intorno ad un grande falò attorno al quale alcuni bambini giocavano ad acchiapparsi.

E lei era li, intenta a rincorrere uno degli altri piccoli con i capelli tutti scompigliati. Una donna e un uomo che Jack riconobbe come il padre della bambina, la seguivano con uno sguardo pieno d’amore.

“Non è possibile…” sussurrò la Fatina dei Denti, coprendosi la bocca con le mani.

“E’ viva…” sussurrò Nord, ripetendo sconvolto le parole di Jack. 

“Ma come può…” cercò di dire il coniglio di Pasqua, con gli occhi spalancati dall’incredulità. 

Jack fu assalito da un moto di rabbia. Si alzò nel cielo, volando in direzione della Luna, sempre più in alto. 

“Manny!” Gridò infervorato. “Come hai potuto, Manny! Come hai potuto tenercelo nascosto!!” 

Gli occhi di ghiaccio dello spirito si lasciarono sfuggire un paio di lacrime che si asciugò con rabbia con la manica. 

“Come hai potuto!” Gridò di nuovo. 

I Guardiani gli furono subito accanto. Dentolina sbatteva veloce le ali per rimanere in quota, mentre il coniglio di Pasqua e Babbo Natale fluttuavano sostenuti da una nuvola di sabbia creata da Sandman. 

La luce della Luna li illuminò. Tsar Lunar non parlò, ma il suo messaggio si trasmise chiaro alle menti degli spiriti: “Non è opera mia”.

I Guardiani si scambiarono uno sguardo incredulo. Placata la sua ira, Jack fluttuò sulla nuvola di Sandman, sedendosi a gambe incrociate e grattandosi la testa come se lo aiutasse a riflettere. 

Dentolina si inginocchiò accanto a lui con un frullare d’ali. 

“Se non è stato Manny a farla tornare, allora…” iniziò Aster.

“E’ stata lei stessa a farlo.” Lo interruppe una voce che veniva da sotto di loro. 

I Guardiani si affacciarono dalla nuvola di sabbia dorata. 

Su una nuvola di sabbia nera simile in tutto e per tutto alla loro, Pitch Black stava salendo di quota per raggiungerli. Era vestito con un elegante doppiopetto nero e una candida camicia inamidata. Si avvicinò alla nuvola d’oro, chiedendo con lo sguardo a Sandman il permesso di salirci. Quello, annuendo, glielo accordò: una cosa che solo pochi anni prima sarebbe stata assolutamente paradossale. 

Il Guardiano della Paura si avvicinò lentamente, con le mani dietro la schiena come un vecchio saggio. 

Sorrise all’espressione incredula dei suoi vecchi nemici, ma senza cattiveria. 

“Non ne ho parlato prima perché non ero sicuro della mia teoria e mi sembrava inutile se non crudele accendere false speranze” disse alzando una mano prima che Jack potesse infervorarsi anche con lui. 

“Quale sarebbe tua teoria?” Chiese Nord incuriosito. Lo spirito indugiò un attimo, prendendosi il mento con la mano destra. 

“Credo, -iniziò- ma badate: non ne sono sicuro… che il potere raggiunto da Solstyce quando è diventata Uno fosse… assoluto, molto più grande di quello che abbiamo mai sospettato. E’ riuscita a richiamare il mio spirito nel mondo e fidatevi, ero passato oltre;” Disse rabbrividendo. “Inoltre il mio ritorno è stato definitivo, non parziale come quello di Hinan quando è stata richiamata da Tsar Lunar durante la battaglia della Luna. Probabilmente perché Tsar e Hanwi erano ancora separati. Forse ora anche lui sarebbe capace di farlo, ma… far tornare uno spirito e far tornare in vita un essere umano, beh, sono due cose completamente diverse. Far tornare un’anima dal Vuoto è una cosa, ma una vita? E’ tutta un’altra storia… Se la vita è passata nel Vuoto.”

“Dove vuoi arrivare?” Disse Jack impaziente, guardandolo con uno sguardo così intenso da essere doloroso. 

Lo spirito della Paura si rivide in quello del Gelo. Sorrise mestamente, pensando che quando era in vita doveva aver avuto quello stesso sguardo, quando aveva perso la sua Annemarie. 

Scosse la testa per scacciare il pensiero: ora sapeva di poterla rivedere. Era stato quello, il filo che l’aveva tenuto legato al mondo e con cui Solstyce l’aveva riportato indietro; la sua piccola Annemarie, sua figlia, l’unica gioia della sua vita terrena, era diventata Madre Natura per intercessione dell’uomo della Luna, e lui era stato troppo accecato dal dolore e dalla perdita per rendersene conto. E così si era ribellato al suo creatore, cedendo all’Oscurità e dando inizio ai Secoli Bui e alla prima Eclissi. Ora, grazie a Solstyce, aveva ottenuto un’altra possibilità e intendeva usarla per espiare i suoi peccati. 


“Voglio arrivare -riprese, guardando i suoi colleghi uno per uno- al fatto che Solstyce e Hinan, quando sono diventate spiriti, l’hanno fatto in un modo tale da conservare parte della loro forza vitale, che tutti gli spiriti solitamente perdono quando abbandonano le loro spoglie mortali. E voglio arrivare al fatto che tu, Jack Frost, sei il motivo per cui possiamo vederla qui in carne ed ossa.” 

Jack lo guardò con tanto d’occhi, senza capire. Pitch sospirò; possibile che non ci arrivasse? 

“Lei ti amava, Jack Frost. Ha lanciato una benedizione su di te, legando le vostre anime. Non capisci? Non voleva lasciarti. E in quello stato di potere assoluto, prima di accettare il suo destino e sparire, deve aver desiderato di vederti ancora. Evidentemente è bastata la sola intenzione e il suo potere ha risposto, facendola reincarnare.” 

Lo spirito smise di parlare, lasciando che le sue parole venissero assimilate dai Guardiani. Jack Frost piangeva senza nemmeno provare ad asciugarsi le maniche, stringendosi convulsamente la spalla dove sapeva essere la voglia a forma di sole. Non si era mai fermato a riflettere sul perché non fosse svanita: quando ci aveva fatto caso si era limitato a pensare ad un crudele scherzo del destino. 

“Quelli che avete visto nel villaggio non sono davvero i suoi genitori; non possono avere figli. Si sono ritrovati una neonata, apparsa dal nulla, davanti alla porta di casa. ” Aggiunse Pitch. 

“Ti sogna, sai?” Continuò rivolto allo spirito del Gelo. “Sei il suo talismano contro la Paura, anche se non ha memoria di quando è stata spirito.” 

Jack, inaspettatamente, sorrise. I Guardiani gli si accalcarono intorno, abbracciandolo stretto. 

“Ora dovete scusarmi. Devo andare a terrorizzare qualche bambino. Chissà che non si riveli un nuovo cavaliere senza macchia e senza paura.” Si congedò sghignazzando. Sandy gli rivolse un’occhiataccia benevola mentre lo spirito indietreggiava senza dargli le spalle e risaliva sulla sua nuvola di sabbia nera. 

“Grazie…” sussurrò Jack Frost. Se il Guardiano della Paura lo avesse udito, non lo diede a vedere. 


Da quello strano incontro passarono sedici anni. 

La giovane Sethun, a chiunque avesse avuto la pazienza di prestarle orecchio, diceva di essere convinta che qualcuno le tenesse una mano sulla testa. 

Era impossibile credere che fosse uscita indenne da sola dai mille guai in cui era riuscita a cacciarsi nella sua breve vita. 

Non aveva mai smesso di credere negli spiriti. E come poteva? I suoi sogni sembravano troppo reali per essere solo sogni. Si era convinta che fossero visioni mandate dagli spiriti stessi e aveva perso il conto delle volte in cui, anche solo per un attimo, le era parso di averli scorti. 


Anche quando, alla vigilia dei suoi vent’anni e con la morte che la guardava in faccia, aveva visto due occhi di ghiaccio pieni di dolore fissarla attraverso le fiamme, il suo cuore si era rifiutato di considerarlo un delirio. 


Nella sua casa era scoppiato un incendio. “Un corto circuito…” avrebbero detto in seguito gli abitanti del villaggio, ma lei non li udì mai. 

I suoi fratellini erano bloccati al secondo piano. Era riuscita a raggiungerli salendo le scale semidistrutte. Aveva sfondato la porta della loro cameretta, che per tanti anni era stata la sua, con una spallata: sapeva che il cardine inferiore era debole. 

Li aveva presi in braccio, uno per lato, avvolgendoli con una coperta per proteggerli dal fumo. 

Aveva attraversato il corridoio tossendo e lacrimando, con la vista che le si oscurava sempre di più e i polmoni che lanciavano fitte insopportabili. 

Le scale erano impraticabili. Lo capì con una semplice occhiata. Le fiamme erano talmente alte che non riusciva a vedere oltre i primi tre gradini. 

Alle strette, tornò indietro. Ripercorse il corridoio, correndo fino alla finestra che c’era al capo opposto rispetto alle scale. La aprì con la forza della disperazione e guardò giù. 

Era troppo in alto, non ce l’avrebbe mai fatta. 

D’istinto guardò in alto. Illuminato dalla luna piena, c’era Jack Frost. 

Con le ultime forze lanciò i bambini fuori dalla finestra, vedendo lo spirito comandare il Vento per farli atterrare sani e salvi. Guardando gli occhi dello spirito, capì che i suoi fratelli erano salvi.

Era a terra. Guardò la luna piena. Così bella…


Si sentì sollevare. 


“Tu sei Solstyce, lo spirito dell’Estate. Bentornata, figlia mia.” Disse una voce. 

Lei sorrise nell’udire quella voce così familiare.

Percepì una mano stringere la sua, fredda come la neve.


“Sono tornata.” Disse fra le lacrime, e restituì la stretta. 


  
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