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Autore: DARKOS    17/10/2018    1 recensioni
Il ritorno della mia storia ambientata in un ipotetico futuro rispetto alla saga principale, dove i vecchi personaggi ormai cresciuti fanno da guida ai nuovi, mie creazioni. Decenni dopo la battaglia finale, un nuovo Ordine del Keyblade è sorto e starà alle nuove generazioni muoversi al suo interno, e sostenerlo contro le nuove minacce che incontreranno.
Già tentata in passato, spero adesso di renderle più giustizia e portarla a compimento.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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11) Dark Secret Saga

“M-Maestro Riku?”
Stavolta non ci fu neanche bisogno dell’esclamazione attonita di Lutum: quello che si parava davanti ai tre intrusi era Riku, il “vero” Riku, il grosso uomo in armatura. Mizumi fece un rapido confronto: rispetto alla sua controparte diciassettenne era di poco più alto, e anche più muscoloso. La zazzera di capelli grigi del ragazzo del passato era nell’uomo del presente l’inizio per quella che si poteva solo definire una fiera criniera, senza il minimo accenno di ilarità al riguardo. Riku seguì il suo sguardo e posò gli occhi sulla sua immagine, senza rimanerne apparentemente troppo turbato.
“Sembra passata una vita, e invece ne saranno passate almeno due.” Poi indugiò su Kairi, guardandola con una tenerezza che a Mizumi ricordava come le era stato detto lei guardava Kazeshi a volte, e si fermò su Sora. Qui il suo volto fu segnato da rughe che la ragazza non riuscì a decifrare.
“Maestro. Questo posto… che cos’è?” Fu nuovamente Lutum a parlare. In altre circostanze Mizumi lo avrebbe degnato di un’occhiataccia per aver interrotto Riku in un momento simile, ma ricordava la sua espressione nell’aprire la porta e capiva che l’amico voleva vederci chiaro. Accanto a lui Axius bruciava dello stesso fervore, senza però osare farsi avanti.
Riku lasciò passare ancora qualche istante, poi parlò senza però voltarsi a guardarli.
“C’è ben poco da spiegare, avete già intuito gran parte del processo. Questi siamo, o eravamo, noi mentre ci accingevamo a porre le basi per un progetto che sembrava pura follia.” Il Maestro sorrise, seguendo i contorni delle sagome (come gli altri, non poteva toccarle) con le dita. “Quante volte ho sentito Paperino scaraventare un foglio accartocciato contro il muro sbraitando per la frustrazione, e percepito Aqua trattenersi dal fare lo stesso. Ventus che voleva aiutare, ma faceva più danni che altro. Naminé passava più tempo a guidarlo che ad assisterci. Lea stava contro un muro senza proferire parola… e usciva fuori quando la tensione si faceva insostenibile.
“E nonostante ciò credo ancora oggi che l’unica cosa che ci spingesse ad andare avanti era l’inguaribile ottimismo del nostro leader. Sora era il primo a suggerire una pausa quando serviva, ad escogitare un nuovo piano quando veniva respinto il precedente, a valutare ogni proposta, non importa quanto bislacca. E ci ha sempre spronato a dare il meglio di noi, come fa tutt’ora.”
Ora Riku si girò a fissare i tre. Tutta la reminiscenza giovanile era scomparsa in un istante, ed esibiva un cipiglio severo.
“Non penso sia necessario informarvi che state commettendo un’infrazione, dubito avete spostato un gargoyle e aperto la porta per puro caso. E tutto ciò con l’aggravante, per due di voi, di essere reduci da una convocazione nella camera disciplinare…”
Lutum perse parte della sua spavalderia, ma Mizumi non si lasciò impressionare. Se il Maestro voleva punirli, l’avrebbe fatto prima di perdersi nei ricordi.
“Che c’è di male nel venire quaggiù e vedere i primi passi dei nostri mentori? Dovrebbe essere oggetto di studio, non un segreto proibito. A meno che lei non voglia tenere nascosto il suo gusto in fatto di abbigliamento di quasi vent’anni fa.”
A quelle parole Riku rise energicamente: nessuno dei tre cadetti ricordava di averlo mai sentito ridere, addirittura si mormorava fosse una leggenda.
“Giuro, la figlia spiccicata, la stessa sfacciataggine… ma non me la fai fino in fondo, Mizumi: so che racconterai di questa scoperta a tuo fratello con molto più fervore di quello che riserveresti a banali nozioni di storia. E questo perché comprendi il valore del sapere, ma non la sua pericolosità. Non puoi. Ergo la segretezza.” La ragazza si morse il labbro, ma non disse niente.
“Eppure… non lo so, sembra inevitabile che si vengano a formare segreti e misteri nelle grandi organizzazioni, a prescindere dalle intenzioni dei loro vertici. E i segreti sono lì per essere adocchiati e sfidati dai più ambiziosi. E sia: volete delle risposte e risposte avrete, ma solo finché lo riterrò opportuno.”

Riku prese posto su una sedia vuota e indicò loro di fare altrettanto. Non mancò comunque di indicare loro sedie distanti dalla sua: ci teneva comunque a far rispettare i gradi e la differenza di autorità.
“Voi sapete quanti Custodi abbiamo addestrato e formato?”
“Tanti” disse subito Axius in un soffio. “Troppi.”
“Esattamente. Ma non se ne sente mai parlare, il popolino non si fa domande e molti Cavalieri e Maestri vengono indicati come guerrieri già affermatisi in qualche parte del cosmo. Custodi contemporanei a noi, che col nostro Ordine hanno solo completato gli ultimi studi o occupato un posto a sedere.
“Balle. Dopo la Guerra coi Tredici eravamo quasi solo il gruppo che vedete qui, eccetto l’Ordine di Hokori che comunque era all’epoca più disunito di quanto facesse sembrare. Il grosso delle forze? Li abbiamo forgiati noi, in una maniera non troppo dissimile da quella con la quale abbiamo forgiato i tre cancelli e le connessioni magiche.”
Mizumi pendeva da ogni sillaba delle sue labbra. “Ma come?”
“Col Reame del Sogno, come ipotizzato dal tuo perspicace amico. E con l’ausilio della Città di Mezzo.”
Axius trattenne il respiro così rumorosamente a quelle parole che la ragazza pensò Kazeshi si fosse unito a loro di nascosto. “Oh, non farti pregare, illuminaci.”
“La Città di Mezzo è uno dei Mondi che esistono nel Reame Intermedio, uno dei pochi rimanenti. Si narra sia una città in costante cambiamento, che si adatta alle esigenze dei suoi abitanti e che li protegga dall’Oscurità!” Axius sospirò. “L’ho sempre ritenuta un posto da visitare assolutamente. Non sapevo fosse stata studiata per replicarne gli effetti.”
“Chi ha parlato di replicare? Non penso nemmeno sia nelle nostre capacità. La cittadella di GranCastello è la Città di Mezzo.” Riku si godette le loro espressioni sbalordite.
“Pensavo che questo fosse il Castello di Topolino!”
“Lo è, o meglio, lo era. Abbiamo fuso insieme due Mondi.”
“Come avete preso controllo della Città di Mezzo e i suoi arcani meccanismi?”
“Capendo come funzionavano e ponendoli verso i nostri scopi. Il cuore bizzarro e imprevedibile della Città esiste ancora, per questo motivo vari distretti della cittadella sono chiusi al pubblico.”
“Avete fuso due Mondi?!”
“Ragazzi, se vi impressionate per queste cose non posso arrivare alla parte davvero interessante.”
Le rimostranze cessarono immediatamente.
“Come dicevo, avevamo messo gli occhi sulla Città di Mezzo. Più volte si era dimostrata un luogo utile e di grande valore, e con Sora ci eravamo spesso proposti di liberarla almeno in parte della sua Oscurità e renderla un vero crocevia, sicuro e regolamentato. Unendo ad essa le protezioni fornite dal Castello Disney, il più era fatto.
“Il vero problema è stato che questo e altri progetti richiedevano tempo e risorse, che perfino noi non avevamo. Già soltanto convincere il resto dell’universo civilizzato ad accettarci era un’impresa quasi impossibile: perfino chi era a conoscenza del nostro Ordine e ci era grato per la recente vittoria non era così entusiasta di passarci le redini del comando. Comprensibile, dato che gran parte delle miserie che hanno colpito i Mondi derivano da lotte intestine fra Custodi. Anche un solo Keyblade può portare devastazione in lungo e in largo. Non dimenticatelo mai!” L’improvviso ammonimento fece sobbalzare i tre ragazzi. Questi annuirono, impazienti di proseguire col racconto.
“Ma Sora e gli altri erano determinati, e li capivo. Volevano impedire proprio questo, che un singolo Custode o un manipolatore dell’Oscurità potesse scuotere il sistema come fu in passato. Pace e controllo, e schiere di protettori pronti a intervenire contro invasioni di Heartless o simili creature. Un progetto lodevole… ma ci mancavano uomini e strumenti, e perfino noi stessi necessitavamo di qualche ritocco. Eravamo un manipolo di ragazzi più qualche adulto, di certo non eravamo già astri del sapere. Fu in un momento di assoluta perdizione e una fortunata battuta di Pippo, se pensammo al Reame del Sogno.
“Vedete, nel regno in cui albergano i sogni, il tempo scorre in maniera del tutto diversa. Non si può nemmeno dire che ‘scorra’, perché ciò implicherebbe dargli una sola direzione. Ma con le giuste accortezze… non ritengo sia necessario illustrarvi nel dettaglio quali… è possibile portare lì individui, Mondi, anche incantesimi e farli crescere. Mutarli, perfino.”
Mizumi iniziava a perdere colpi. “In che senso?”
“È esattamente questo il punto: in qualsiasi senso. Puoi evocare una sfera Fire e farla diventare immediatamente Firaga. Oppure lasciarla a maturare, raccogliere energia per anni e anni fino ad ottenere una fonte quasi inestinguibile di calore. La magia permea perfino l’atmosfera, nel Regno dei Sogni. Si possono creare creature partendo da semplici frammenti, e con lo stesso sistema erigere torri e murature più robuste della più solida lega metallica. Ancora, si possono evocare Spiriti per purificare fonti di Luce da ogni singola traccia di Oscurità… o anche l’incontrario, appena Vanitas ebbe preso confidenza con gli Incubi… e anche addestrare nuovi Custodi. Reclute che si sono addestrate per decenni in quelli che qui sarebbero anni da poter contare sulle dita di una mano.”
“Un attimo, un attimo!” Lutum era chiaramente sconvolto. “E voi eravate i loro istruttori, vero? Quindi voi in realtà avete… centinaia di anni, o cose così?”
Riku accennò una smorfia divertita, chiaramente aspettandosi quella domanda. “No Lutum, puoi stare tranquillo. Fidati che l’immortalità era l’ultima cosa che volevamo. Come ho detto prima, quello dei sogni è un regno particolare: lo si può anche visitare tenendosi ben saldi al ritmo del proprio Regno, evitando quindi di venire investiti da altri flussi temporali. Noi addestravamo i cadetti e stavamo a contatto con loro, ma percepivamo il tempo molto più lentamente. Giusto qualche volta ci siamo concessi il lusso di apprendere qualcosa in minor tempo e scoprire un segreto o due in più, ma altrimenti volevamo che fosse tutto naturale.“
“Naturale? Per me c’è assai poco di naturale. L’intero Ordine è formato da esperimenti magicamente modificati, e il tutto prendendo per buono che al loro interno non vi siano altri incantesimi di cui ora non ci stai parlando.”
Mizumi si chiede se non si fosse spinta troppo oltre: era una forte accusa, la sua. Riku aveva tutto il diritto di offendersi, annullare la seduta straordinaria e trascinarla per un orecchio dritta da suo padre.
Invece quando il Maestro parlò, la sua voce fu incredibilmente tenera e comprensiva.
“Mizumi credimi, tuo padre non avrebbe mai permesso orrori come quelli che sicuramente ti stai immaginando, né noi avremmo seguito un tiranno assetato di potere. I Cavalieri e Maestri di cui parlo sono ragazzi e ragazze di famiglie volontarie che hanno vissuto una vita piena con i loro cari all’interno dei Mondi sognanti. Come te hanno giocato da bambini, come te hanno imbracciato il Keyblade solo verso una certa età e hanno percorso una carriera simile alla tua. Nel Regno della Luce erano solo pochi anni, ma per loro sono e sono state vite piene e appaganti. Non era nei piani di Sora creare un esercito di schiavi o incantesimi di dominio ma vedere un solido sistema e i mezzi per difenderlo nell’arco della sua vita, in modo da prevenire corruzione e inadempimento.”
Mizumi soppesò le sue parole. Riku era il suo idolo fin da piccola, la manifestazione vivente dell’eroismo e la cavalleria. E conosceva troppo bene suo padre che anche solo il pensare a lui come ad un uomo non dedito ad aiutare il prossimo ad ogni occasione suonava assurdo. Forse avevano ragione, e questo piano era così magnificamente assurdo da funzionare.
Axius, però, aveva un’ulteriore domanda. “Maestro Riku, signore. Ho capito cosa vuole comunicarci e le confesso che si tratta di rivelazioni al di là di ogni mia fantasia sfrenata. Ma ancora non comprendo… se gli intenti erano questi, perché non renderli noti? Comprendo che ci sarebbero state reticenze, ma non vedo come escogitare tutto questo nell’ombra sia stata una soluzione migliore.”

A queste parole, Riku chiuse gli occhi e nascose il volto dietro le mani intrecciate. Era ancora doloroso rievocare quei ricordi, il più clamoroso dei loro errori. Ma dovevano sapere, o mandarli a riflettere su informazioni incompiute avrebbe prodotto altri casi simili al suo.
“Una buona domanda, Axius. Vedi, tutto risale all’epoca dei nostri primi cadetti addestrati con questo metodo. Erano altri tempi, voi ragazzi dovevate ancora nascere, e i primi Custodi di talento avevano raggiunto un grado di abilità e coscienza tale da farci prendere in considerazione l’idea di conferire loro il rango di Maestro. Volevamo comunicare i nostri sforzi e successi non appena questi neo-Maestri avrebbero dato prova di sé, come segno di buon auspicio. Erano comunque passati dieci anni buoni dalla Guerra, e già molte delle nostre idee avevano preso forma nel Regno della Luce: i cancelli si ergevano maestosi, GranCastello era luminoso e imponente, la Banca della Memoria e il Centro Magico apprezzati e visitati da tutti. Era un’epoca d’oro, dove la pace regnava quieta e nulla sembrava frapporsi ad essa. Ed è proprio in momenti simili che si annidano le future complicazioni.
“Fu un nostro apprendista. Un Maestro, così abile e dotato da venire perfino accettato nella nostra cerchia più stretta. Come allievo ci riempiva d’orgoglio e come amico ci divertiva e rinfrancava, ma lui non sembrava pensarla così, non del tutto almeno. Iniziò a fare domande, a dubitare delle risposte, a cercarne di sue. Vi ho detto prima di come il sapere può essere pericoloso se non viene acquisito nel modo giusto. Bene, Ren lo acquisì nel modo più sbagliato possibile. Quando ormai l’illusione si dissipò e vedemmo cosa era diventato, ci stava già puntando il Keyblade alla gola.”
Riku si alzò dalla sedia e piantò sonoramente i palmi delle mani sul tavolo della stanza. Una tale sofferenza era ancora più impressionante su un uomo del genere: i tre ragazzi si chiesero quali sofferenze avessero incurvato quelle forti spalle.
“Ironico, non è vero? Volevamo un Ordine nuovo, privo degli errori del passato. Ed eccolo lì… un altro Xehanort. Oh, lo abbiamo rimosso e scacciato, ma è immensamente più difficile quando è un nemico che hai creato tu. Aqua era distrutta, Terra e Lea mortificati. Vanitas era silente, il che fu forse l’evento più sconcertante e Sora era semplicemente devastato. Nessuno ci ha mai preparato per questo, non si può.
“Fu fondata l’Accademia per avviare una procedura di addestramento più plausibile, era anche giusto. Ma ci furono conseguenze, e quando il seme dell’Oscurità viene piantato è dura estirparlo. In qualche modo e nonostante gli sforzi di Naminé qualche dettaglio fuoriuscì, e nei Mondi riaffiorarono i conflitti che oggi ci tengono impegnati. E per di più, ora-“ si interruppe, ma Mizumi non se lo fece sfuggire.
“Ora cosa?”
Una pausa, poi Riku si raddrizzò e sorrise. “Ora è il momento di tornare all’aperto. Fuori da questa sala polverosa.”
Mizumi, Lutum e Axius non nascosero il loro disappunto, ma sapevamo che era impossibile replicare. Riku non concedeva spiragli, e a loro era già andata di lusso.
“Non posso imporvi nulla con le vostre famiglie, ma spero capirete perché vi chiedo di non mettervi a parlarne quando non sarebbe opportuno e con le persone sbagliate. Abbiamo imparato duramente che qualche segreto va mantenuto, quindi voi cercate di far tesoro dei nostri errori ed essere migliori di noi.”

Nessuno parlò molto sulla via del ritorno. Axius era chiaramente impegnato a far quadrare tutto ciò che aveva appreso, e Mizumi non era nemmeno certa si sarebbe consultato con i suoi genitori; Lutum fu accompagnato personalmente -con disappunto della ragazza- da Riku alle sue stanze. Lei rincasò e notò che l’atmosfera era incredibilmente silenziosa. Passando per la cucina e il salotto deserti, entrò nell’unica stanza dalla quale fuoriusciva un filo di luce.
Vi trovò Kazeshi, intento a spalmarsi una sorta di crema sul visto. Numerose scottature minori lo marchiavano in faccia, e portava dei grossi lividi violacei sul braccio e sul collo.
“Ehi.” La salutò lui. “Sei tutta intera. Bene.”
“Vorrei poter dire lo stesso di te. Che diavolo ti è successo?”
Kazeshi non rispose. “Allora, avete scoperto qualcosa di interessante?”
“Oh, altroché. Nemmeno lo immagini.”
Quando ebbe finito di raccontare tutto suo fratello scosse piano la testa, come a far sedimentare la valanga di nuove informazioni.
“Cavolo, questo è… cavolo. Lasciamo perdere solo per un momento l’avere un tu per tu con l’Eroe Oscuro, le implicazioni sono fenomenali.” Fissò Mizumi. “Comprendi cosa questo significa per noi, vero?”
“Il nostro retaggio è spettacolare! Il potere che si può ottenere, le capacità del Reame del Sogno-“
“Mizumi, mi riferisco alla parte in cui un cadetto si ribella e genera caos e distruzione. E lo ha fatto infrangendo-le-regole. Spero tu abbia capito che Riku non ha voluto premiarti, ma darti un severo ammonimento.”
Mizumi sbuffò, poi vedendo che il cipiglio del fratello non si alleggeriva: “L’ho capito! Ti prometto che starò più attenta. Non togliermi la soddisfazione subito, che anche tu sei emozionato.”
Kazeshi si rilassò. “Va bene, in fondo hai ragione. Si tratta di una cosa grossa, ne avremo di cui discuterne con gli altri per settimane. Vuoi dirlo a mamma e papà?”
“Probabilmente sì, o lo farà certamente il Maestro Riku. A proposito, dove sono?”
“Papà sarà di nuovo impegnato, non l’ho visto. Mamma mi ha lasciato un biglietto dicendo che aveva da fare e la cena da riscaldare nel forno. Credo li vedremo direttamente domani.”
“Beh, anche mamma è una Maestra. Chissà come si misura contro Aqua o Hokori.”
“Hmf.”
Restarono per un po’ in silenzio, l’uno appoggiato all’altro.
“Beh, devo picchiare Wanda quando la vedo?”
“…no. Oggi ho imparato anche io qualcosa sull’umiltà.”
“Accidenti fratello, che risposta seria. Speravo di strapparti almeno una risata.”
“Fa più male se rido.”
“Ah.”
   
 
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