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Autore: Martocchia    18/10/2018    1 recensioni
Sequel di "Ojos de Cielo"
Sono passati pochi mesi dalla scomparsa di Clara, ma tutto sembra essere cambiato nel mondo di Luca: tutto è nero, niente ha più valore per lui, neanche ciò che lo legava così strettamente a "lei". Sì, perché quel nome è impronunciabile per chiunque.
Le persone intorno a lui stentano a riconoscere in quel ragazzo cupo, sarcastico e menefreghista, Luca. Ma delle promesse sono state fatte e delle persone faranno di tutto per mantenerle e per farle mantenere.
Riuscirà Luca a trovare la forza per andare avanti? Riuscirà a cantare. suonare, amare ancora, come lei gli ha chiesto? E se sì. come?
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1 – Follow through

I mesi sono passati da quei terribili giorni di inizio giugno.
È ormai ottobre e Luca ha cominciato la quinta superiore.
Non che gli importi molto, o che gli importi qualcosa in particolare. Non si cura neanche del vento freddo che caratterizza questo lunedì mattina di inizio autunno. Una volta avrebbe immediatamente chiuso la giacca fin sopra il mento, irritato dalla sola idea che gli venisse un raffreddore, o il mal di gola. Anche lei l’avrebbe fatto, incapace com’era di accettare il fatto di non poter cantare per un tempo superiore alle 24 ore, o anche meno. Ma ormai a Luca non interessano queste cose, per cui lascia il giubbino aperto, mentre cammina lentamente verso scuola. E se si dovesse ammalare? Beh, darà alla cosa lo stesso valore che dà ultimamente a tutto il resto, cioè nessuno.

È in ritardo, ma non ha alcuna intenzione di accelerare il passo.
Lo ha rimproverato anche sua madre, appena entrato in cucina per fare colazione e la sua cinica risposta è stata:

- Tranquilla. Non mi chiudono fuori da scuola, non lo fanno mai. Quando la tua ragazza è morta provano tutti una gran pena per te e puoi fare quello che vuoi, a quanto pare. -.

- Luca! – la donna lo fulmina con lo sguardo – Stai parlando di… -.

- Sì, lo so di chi sto parlando, mamma! - il ragazzo la interrompe prima che possa terminare la frase. – Si chiama sarcasmo. -.

-Oh, lo so che cos’è, caro, ma il fatto che fosse la tua ragazza non ti permette di dire certe cose! Le stai mancando di rispetto. Vorrei proprio vedere come reagiresti se qualcun altro dicesse cose del genere o facesse battute su di lei! – lo rimprovera con durezza.
Lei sa benissimo che il figlio non sta bene, che non è più lo stesso: non lo sente più cantare, suonare e ciò le strazia il cuore, ma sa anche che l’unico modo per tirarlo fuori dall’oscurità in cui è caduto è smettere di trattarlo con i guanti di velluto. La donna non sta aspettando altro che poter andare a fare quattro chiacchere con i professori per farli smettere di concedere tutto a Luca. Non è proprio l’anno giusto per farlo.
Luca, d’altra parte, abbassa lo sguardo e si morde il labbro inferiore frustrato. Sua mamma ha pienamente ragione: se qualcuno osasse solo pronunciare quel nome, lui lo prenderebbe a pugni.

- Non sei ancora andato al cimitero da dopo il funerale, vero? – il tono e l’espressione di sua madre si sono ora addolciti.

- No, ma non vedo come questo ti riguardi. – risponde lui, rimanendo ancora sulla difensiva.

- Riguarda te, che sei mio figlio, ti ricordo… E comunque potrebbe aiutarti. Non hai pianto una sola lacrima da quando sei uscito dall’ospedale e… -.

- E non sono affari tuoi se e come sfogo il mio dolore! Sto bene, mamma. Non ho bisogno di vedere una lastra di pietra con una foto e un nome. Il suo viso e il suo nome me li ricordo benissimo. Adesso devo andare a scuola, sono in ritardo, no? -.

Senza aspettare alcuna risposta, Luca esce di casa, lasciando dietro di sé la madre, la quale si abbandona su una sedia, prendendosi la testa fra le mani. Dopo qualche istante tira fuori da una tasca il cellulare, compone un numero, appoggia il cellulare ad uno orecchio e attende risposta.

- Pronto? -.

- Salve, don. Sono la mamma di Luca. Lui… Lui ha bisogno di aiuto. -.


Luca intanto sta entrando a scuola con più di 10 minuti di ritardo rispetto alla seconda campanella. Secondo il regolamento non dovrebbero permettergli di entrare in classe fino alle nove ed, infatti, il bidello addetto alla portineria esce dallo sgabbiotto in vetro per rimandarlo indietro, ma quando riconosce il ragazzo che ha davanti la sua espressione cambia e da “adesso-ti-faccio-io-una-bella-ramanzina-e-poi-vediamo-se-arrivi-ancora-in-ritardo” si trasforma in puro imbarazzo.

- Oh, Luca, sei tu… Insomma, non potresti entrare… cioè… Sono passate le 8 e 10… Io non dovrei… -.

-Se vuoi resto fuori… - propone il giovane con un tono in cui si legge chiaramente quanto poco lo tocchi la faccenda.

-No, no, no! Se fosse qualcun altro… Ma tu sei un così bravo ragazzo e poi sei in quinta, non puoi perdere ore di lezione. Vai pure in classe. – e con una leggera pacca sulle spalle l’uomo lo spinge verso le scale.

Luca lo ringrazia e si avvia verso la classe sospirando. Dopo un paio di rampe, però, si blocca. Chiude gli occhi e come se fosse ieri rivede una ragazza urtarlo per sbaglio scendendo quei gradini e poi inciampare. Poi rivede se stesso buttarsi in avanti e prenderla per la vita prima che possa impattare contro il pavimento. Allora non la conosceva, non era altro che una ragazza caduta sulle scale, non era importante… Forse sarebbe stato meglio non esserci stato affatto su quella scalinata…
Il ragazzo si riscuote e facendo i gradini a due a due raggiunge il secondo piano in un batter d’occhio. Le porte di tutte le classi sono chiuse, però si sentono comunque le voci dei vari prof. La bidella del piano gli lancia un’occhiata, ma non dice nulla neanche lei, si limita a scuotere leggermente la testa. Luca non ci fa caso e bussa alla porta della propria classe, poi, senza aspettare risposta, entra.

- Scusi l’interruzione, prof. -.

- Luca. Di nuovo in ritardo? – risponde accigliata la professoressa di italiano.

-Lo so, mi dispiace. Non capiterà più. – afferma lui sedendosi al proprio banco.

- Non è la prima volta che te lo sento dire… - la donna lo guarda, indecisa se sgridarlo ulteriormente o meno. Però, appena nota gli occhi irrimediabilmente privi di quella scintilla che li avevano sempre caratterizzati, non riesce ad arrabbiarsi, ma solo ad intristirsi, perché il ragazzo davanti a lei sembra totalmente privo di vita.
- Per tua fortuna ho trascorso questi dieci minuti a litigare con la LIM e non abbiamo ancora iniziato. – la prof decide di lasciare perdere per questa volta e di iniziare la lezione, riproponendosi in cuor suo di fare una bella chiacchierata con il suo alunno. Se continuerà in questo modo per tutto l’anno, la maturità la vedrà con il telescopio…
Dall’altra parte della classe Luca, invece, ha preso il libro ed ha iniziato a sottolineare e prendere appunti meccanicamente, senza in realtà ascoltare sul serio la spiegazione.
Questi trattamenti di favore gli fanno comodo, certo, eppure più che altro lo fanno infuriare. È come se la vittima, quello nella bara, fosse lui. Tutti non fanno altro che essere gentili e delicati con lui, ma lei, lei che fine ha fatto? Se ne sono dimenticati e sembra che solo lui ne porti il pesante fardello del ricordo. È sempre lì, qualunque cosa guardi c’è sempre qualche dettaglio, anche insignificante, che ricorda lei e la sua immagine è costantemente nella sua mente. Non vuole che le persone intorno a lui si comportino come se stessero camminando su dei cocci di vetro. Preferirebbe essere sgridato, punito… Tanto non gli importerebbe: niente sarebbe paragonabile al dolore e all’impotenza già provati.


Poco prima dell’intervallo qualcun altro bussa alla porta della classe: è la bidella con una circolare, che viene subito fatta passare per i banchi, mentre il prof di scienze inizia a leggerla. È il modulo di iscrizione ai corsi extracurriculari. Lo sguardo di Luca cade involontariamente sulle informazioni riguardanti il musical, ma è solo un istante: il suo viso si contrae immediatamente in una smorfia di disgusto e al suono della campanella, uscendo dalla classe, un foglio strappato e accartocciato viene gettato nel cestino della carta.
Luca si appoggia alla parete, appena fuori dall’aula. Non ha alcuna intenzione di andare da qualche parte o di parlare con qualcuno in particolare, sa che, a dispetto che lui lo voglia o meno, lui verrà a parlargli, tutto allegro e pieno di vita come al solito. Davvero irritante, ma è il suo miglior amico.
Ed eccolo, infatti, che si dirige dritto verso il suo bersaglio.

-Ehi, Luca! -.

-Marco. - risponde lui senza entusiasmo a mo’ di saluto.

- Come andiamo oggi? – continua l’amico allegramente, ignorando il tono dell’altro.

- Solito. -.

- Potrei davvero tapparti la bocca con la forza da quanto sei logorroico, ragazzi! – si lamenta scherzosamente Marco, mentre Luca alza gli occhi al cielo.
- Hanno consegnato anche a voi il modulo dei corsi? Non vedevo l’ora di riiniziare con il musical! -.
Luca gli lancia un’occhiata penetrante, senza commentare.
- Dai, non mi dire che non vuoi partecipare neanche al musical?! -.
Ancora una volta Luca non dice niente, limitandosi ad alzare le spalle.
- Come?! Perché? - chiede Marco con espressione attonita.

- Non credo sia un crimine se non partecipo. Sono in quinta e devo studiare sul serio quest’anno. Non posso pensare anche al musical. - si giustifica l’amico con tono irritato.

- Ti ricordo che anch’io sono in quinta… E comunque basta organizzarsi e si riescono a fare tutte e due le cose perfettamente. Insomma quest’anno pensavo che sarebbe stato bello se lo avessimo rifatto insieme… Per lei… - Marco sembra intristirsi tutt’a un tratto – Lei avrebbe voluto rifarlo, avrebbe voluto che noi lo rifacessimo, ne sarebbe stata felice… -.

- Ma cosa ne sai?! - il tono di voce di Luca si fa più alto, diverse persone intorno a loro smettono di parlare e li fissano con sguardi in cui si mischiano sorpresa e compassione.
- Lei non è qui! E tu non puoi sapere cosa vorrebbe o non vorrebbe fare! Non parteciperò al musical, questione chiusa. Non ho tempo per queste cose. E voi piantatela di fissarmi! – esclama rabbiosamente prima di rientrare in classe.

In corridoio le sue parole rimangono sospese nel silenzio per qualche istante, poi il solito chiacchiericcio ritorna a farsi sentire.
Marco è ancora davanti alla classe di Luca con espressione grave. Ora che non è più con lui può lasciare che nubi di tristezza, dolore e rabbia gli oscurino gli occhi, ma ancora più forte è l’affetto per il suo amico e la lealtà verso una promessa che sta cercando di mantenere e che ora sembra costringerlo a misure più drastiche.
Il ragazzo prende in mano il cellulare e chiama l’unica persona che possa aiutarlo, l’unica, oltre a lui, a cui lei ha fatto promettere.

- Marco. Mi ha già chiamato sua mamma stamattina… - la voce dall’altra parte del telefono è preoccupata.

- La situazione sta degenerando. Dobbiamo fare qualcosa… -.

- Lo so. -.

- Io le ho promesso di aiutarlo, di non permettergli di lasciarsi andare… -.
Gli occhi di Marco si fanno lucidi al ricordo delle sue mani che stringono le sue, mentre gli affida ciò che ha di più importante.  
- E sto fallendo. Lui non canta, non suona e se non fa queste cose, non vive. Lo conosco… Li conosco: era lo stesso per lei. -.

- Lo so. Per questo ci vorrà una terapia d’urto. Anch’io ho fatto una promessa e la manterrò. Che lui lo voglia o no. -.

Angolo dell'Autrice
Buonasera!
Ecco il primo capitolo di questo nuovo racconto, in cui vediamo un Luca decisamente diverso da come ce lo ricordavamo... Il don e Marco riusciranno a rispettare la promessa fatta a Clara? Sicuramente Luca non renderà loro le cose semplici.
Buona lettura e fatemi sapere se vi piace o se ho fatto qualche errore (sono appena tornata dall'università, è dalle 6 e mezza che sono in piedi e i miei neuroni stanno giocando a ping pong con altri neuroni come palline, sono distrutta e non ho le forze per rileggere attentamente... Scusatemi se c'è qualche strafalcione!!!).
Buona serata!
Marta
   
 
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