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Autore: steffirah    20/10/2018    3 recensioni
Sette fiori che parlano con il loro linguaggio, sette storie improntate sull'amore, che sia già sbocciato, che stia fiorendo, che debba ancora germogliare.
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[Raccolta di one-shot che seguono i prompt della SyaoSaku week che cadeva dal 23 al 29 luglio 2018]
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura, Sakura Kinomoto, Syaoran Li | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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恥ずかしがり屋

 
È da un mese circa che ho cominciato a lavorare in questo negozio di fiori.
Sin da bambina ho sempre provato un interesse particolare nelle piante, soprattutto in quelle che fioriscono, scoprendo con mia meraviglia – grazie a mia cugina Tomoyo – che ciascuna di esse è capace di parlare e comunicare tramite un significato che porta con sé.
Tale passione s’è sviluppata nel corso del tempo e la devo principalmente a mia madre: a casa nostra non avevamo un giardino molto grande, ma nella nostra residenza estiva c’era un’immensa distesa verde, in cui coltivavamo varie tipologie di piante. La mamma adorava prendersene cura e, probabilmente influenzata dal suo entusiasmo, quando mi domandava cosa volessi fare da grande rispondevo senza neppure avere bisogno di pensarci: “La fioraia!”
Ed ora eccomi qui, a realizzare questo mio piccolo, modesto sogno.
Mi guardo intorno, sorridendo serena alle fresche corolle e i piccoli boccioli che ho appena diviso nei vasi. Metto a posto anche le rose arrivate proprio stamattina, ponendole in ordine in base al colore e mi tengo occupata, fino a che Matsumoto-san, la proprietaria del negozio, non mi si avvicina per chiedermi: «Sakura-chan, andresti con Rika-chan a riceverne altri?»
Annuisco immediatamente, gasata. Questa è la prima volta in cui fa andare anche me al vivaio per raccogliere altri fiori.
Raggiungo intrepida la mia collega, mettendomi in macchina con lei. Naturalmente è lei a guidare, non sapendo io dove dovremmo recarci.
Osservo il paesaggio che cambia scivolando rapidamente davanti ai miei occhi e quanto più ci avviciniamo alla periferia tanto più la mia eccitazione sale. Ad essere onesta, c’è anche un’altra ragione per cui non vedo l’ora di arrivarci: è a causa del figlio della proprietaria della serra.
L’ho “conosciuto”, per così dire, nel corso di questo mese. In realtà, a causa della mia timidezza non sono mai riuscita a rivolgergli la parola, eccetto che per salutarlo quando viene e se ne va e dedicargli i miei sorrisi migliori nel ringraziarlo insieme a Matsumoto-san per tutta la strada che periodicamente fa. Non ci siamo mai detti nulla di più, eppure non riesco ad ignorarlo.
Il profumo dei fiori lo precede quando entra nel negozio e mentre consegna tutto alla mia responsabile non faccio altro che fissarlo di sottecchi, cercando di non farmi notare. Segnandomi mentalmente tante piccole caratteristiche che lo riguardano. Ad esempio, la gentilezza che mette in ogni suo gesto e in quei brevi, fugaci, cortesi sorrisi che ci rivolge. Quando sta sulle sue ha un’aria un po’ burbera, inavvicinabile, e confesso che è proprio questo ad intimidirmi. Molte volte ho pensato di farmi avanti, per scoprire se davvero è un mio coetaneo come sembra e chiedergli come ci si senta a possedere un vivaio. Se anche lui, come me, ha un legame particolare coi fiori. Ma poi chino il capo e lascio perdere, arrendendomi subito. Quando poi i suoi occhi incontrano i miei svia immediatamente lo sguardo, il che mi blocca persino di più. Non ho proprio idea di come fare ad approcciarmi a lui. L’unica cosa che so su di lui è il suo cognome, Li; so che si è trasferito dalla Cina anni fa, insieme alla sua famiglia, e che da allora si sono sempre occupati del vivaio su in collina.
Spero tanto di incontrarlo, quest’oggi. Magari, fuori le quattro mura del negozio può essere più semplice intavolare una conversazione.
«Sakura-chan, hai le guance rosse.» ridacchia Rika-chan, riportandomi con la mente in auto.
Mi volto a guardarla, sorpresa.
«Eh?! Sul serio?!»
Abbasso il parasole, osservandomi nello specchietto. Oh cielo, ha ragione…
Cerco di calmarmi come posso, al che lei emette un altro risolino, rivolgendomi uno sguardo amorevole.
«Speri di incontrare Li-kun, non è così?»
Arrossisco maggiormente, colta in flagrante. Naturalmente, tutti i miei colleghi si sono accorti che ogni volta che c’è di mezzo lui evaporo, andando in ebollizione. Per questo sia Rika-chan che Chiharu-chan, un’altra mia collega, sono convinte che mi sia presa una cotta abissale per lui. Da un lato mi sembra ridicolo perché non lo conosco per niente. Come sarebbe possibile? A malapena conosco le sue fattezze e il suono della sua voce. E il mio sapere finisce all’incirca qui.
«Te lo auguro di cuore.» mi dice, prima di svoltare in un vialetto selciato – seppure io non replichi niente.
Imbarazzata, volgo la testa verso il finestrino, sgranando gli occhi dinanzi a tutti quegli ettari di verde e le serre immense che si intravedono in lontananza. Sembrano non avere fine! Non vedo l’ora di entrarci!
Parcheggia alla fine del sentiero, dinanzi ad una villa grandissima, a tre piani. Scendo immediatamente dall’auto, restando a bocca aperta. È completamente in legno, sullo stile di una casa occidentale, col tetto a timpano e una veranda che la circonda. Su quella della facciata noto un’altalena a dondolo a divano, oltre a diverse piante in vaso. Deve essere meraviglioso vivere qui, totalmente immersi nella natura. Mi ricorda la nostra casa estiva, sebbene questa sembri essere di tutt’altra epoca.
Sul portico noto una donna elegante, dai lunghi capelli d’ebano legati in una coda alta e occhi sottili di una cromatura altrettanto scura. Indossa un lungo abito floreale che le conferisce un’aria nobile e aggraziata, scivolandole sinuosamente fino alle caviglie. Chissà se è lei sua madre…
«Signora Li, buongiorno.» la saluta Rika-chan, profondendosi in un inchino.
La imito e quando ella ricambia con una voce soave oso rialzare lo sguardo, trovandola a studiarmi curiosa.
«Lei è una mia collega.»
«Mi chiamo Kinomoto Sakura, è un piacere conoscerla.»
Mi inchino di nuovo e lei mi rivolge un sorriso sottile, molto simile a quello del figlio. Ma a parte questo, non sembrano avere altro in comune.
«Il piacere è mio. Se vuoi puoi cominciare ad andare in serra.»
Rivolgo un’occhiata interrogativa a Rika-chan e lei mi porge un foglio coi nomi dei fiori e le quantità che ci servono, mostrandomi poi una cartellina che ha sottobraccio. Non l’avevo per niente notata.
«Abbiamo bisogno di alcune firme.» spiega.
Faccio un cenno di comprensione e mi avvio verso le serre, dando una rapida occhiata ai fiori che dobbiamo portare con noi. Sorrido leggendo l’amarillide, considerando il suo significato. “Timidezza”. Non poteva esserci scelta che più rispecchiasse la me di questi ultimi tempi.
Piego il foglietto per riporlo nella tasca della salopette in jeans e prendo un respiro profondo prima di aprire la porta della serra che mi è stata indicata.
Appena vi metto piede chiudo gli occhi, inspirando a pieni polmoni le diverse fragranze che si odorano in quest’aria più umidiccia. Da capogiro. Sorrido contenta, cominciando a guardarmi intorno e ad aggirarmi tra le file con le piantagioni, alla ricerca di quelle che mi occorrono. Scorro con lo sguardo sulle etichette coi nomi e non ci metto molto ad individuarle; mi allungo quindi sul ripiano con gli amarillidi, tendendo una mano verso un gambo. Nello stesso istante altre dita sfiorano le mie e sobbalzo, sorpresa, voltandomi alla mia destra. Spalanco la bocca nel trovarmi davanti proprio quel ragazzo, altrettanto sbigottito nel vedermi. Ritraiamo le mani quasi ci fossimo scottati, sviando lo sguardo. Sento il mio cuore partire al galoppo e mi do della scema.
“Insomma, Sakura, non sei mica un’adolescente. Puoi farcela.”
Tento come posso di infondermi coraggio e mi volto a guardarlo, esitante. Lo trovo con gli occhi fissi sui fiori, le sue gote rosse quanto i petali di essi.
«Ciao.» Faccio un esile tentativo, redarguendomi immediatamente. Insomma, finora non ho mai trovato alcuna difficoltà nel fare amicizia con qualcuno. Perché con lui non mi riesce facile? Perché mi assale sempre il batticuore, bloccandomi la gola?
Vedo i suoi occhi posarsi con indugio su di me, prima che ricambi il saluto in un tono altrettanto basso.
“Forza Sakura, questo non basta.”
«Perdonami se non mi sono annunciata, non pensavo ci fosse già qualcuno qui.» mi scuso, mortificata per quanto sono stata scostumata, seppur involontariamente.
«Non ti ha avvisata mia madre?» Sembra confuso.
Scuoto la testa e lui pare soppesare la cosa. Osserva i fiori per un istante, prima di rivolgersi nuovamente a me.
«Cosa vi serve?»
Gli mostro la lista, sorridendogli poi con sicurezza. «Non preoccuparti però, posso cercarli anche da sola se hai altro da fare.»
Mi fissa alzando un sopracciglio e sembra trattenere un sorriso. «Non ce la farai mai a portarli tutti da sola.» replica con ovvietà. «Ti aiuto.»
Provo a ribattere, ma subito cambio idea. Questo significa che possiamo trascorrere del tempo insieme! Da un lato mi sento elettrizzata, ma dall’altro avverto il panico abbarbicarsi al mio cuore.
Accetto in silenzio la sua gentile offerta e comincio a seguirlo in ogni passo e azione che fa, ammutolita. Mi porge i primi fiori con delicatezza dopo averli recisi, facendo attenzione che non si rovinino, mettendoci una cura particolare in ogni gesto. Lo osservo come imbambolata, ammaliata dai suoi movimenti, e attendo che mi dia l’ultimo amarillide richiesto. Allora ho la baldanza di posare una mia mano sulla sua, avvicinandomi le altre corolle al petto, tenendole attentamente con l’altro braccio affinché non caschino.
«Credo di non essermi ancora presentata. Sono Kinomoto Sakura.»
«Sakura.» ripete stupito, facendomi arrossire per l’intimità che ci mette. «Hai il nome di un fiore.»
«Siamo una famiglia floreale.» scherzo, seppure in parte sia vero.
Si fa scappare un sorriso, un sorriso diverso dal solito. Questo sembra più onesto e sincero. Più spontaneo. Più caldo.
«Potrei dire lo stesso di noi.» Prende quella mia stessa mano, accompagnandola sull’altra, per far ricongiungere l’ultimo fiore ai suoi fratelli. «Li Syaoran. È il mio nome.»
«Syaoran…» pronuncio, imprimendomelo bene nella memoria. Ma sento già che, solo nell’udirlo, la linfa che lo compone abbia già cominciato a scorrermi nel sangue, raggiungendo il mio organo vitale. Mi accorgo poi di essere stata troppo sfacciata, per cui tento di rimediare: «… kun?»
Stavolta non trattiene una breve risata, voltandosi per raggiungere le successive infiorescenze.
«Saresti la prima persona al di fuori della mia famiglia a chiamarmi soltanto per nome, ma se lo desideri puoi farlo.» concede, in maniera sorprendente.
Mi affretto ad affiancarlo, sentendo una radiosità sconosciuta irraggiarsi in me.
«Anche tu, ti prego, chiamami soltanto Sakura.»
Mi guarda di sbieco, sembrandomi lievemente impacciato mentre mormora il mio nome. Ma io gli sorrido incoraggiante, sentendomi già meglio. Come se, anche soltanto scoprendo come ci chiamiamo, avessimo abbattuto una prima parete che ci divideva, facendo un piccolo passetto l’uno verso l’altra.









 
Traduzioni/spiegazioni:
恥ずかしがり屋 (hazukashigariya) indica una persona timida
- Con "famiglia floreale" si intendono i nomi/cognomi: in Fujitaka c'è il carattere di glicine, in Touya c'è quello di pesco, Nadeshiko significa garofano e Sakura ciliegio; per quanto riguarda Syaoran, Li significa pruno, nel nome di Yelan c'è il kanji di orchidea, in Shiefa quello di fiore, in Fanren quello di loto e Feimei ha gli stessi kanji di hibai, che sarebbe l'albicocco giapponese. 

 
  
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