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Autore: littlegiulyy    30/10/2018    2 recensioni
Ashley Rivera, dopo una vita passata nella sua riserva Navajo tra lupi, vampiri e continui problemi, sentendosi troppo stretta in quella vita, decide trasferirsi a Seattle per specializzarsi in chirurgia.
Tuttavia forse la sua vecchia vita un po' le manca, o forse no; forse le sembra tutto uguale o forse tutto cambierà.
Tratto dalla storia:
"“Tu saresti il chirurgo?” mi chiese con voce rotta da dolore e ansimante, accennando un sorriso forzato.
“Eh si sono proprio io” risposi guardando la sua gamba ridotta decisamente male.
Rise “Quanti anni hai? 18?”
Lo guardai meglio, e per la prima volta lo guardai in faccia.
Era decisamente un bel ragazzo, ogni cosa a suo posto e con un sorriso quasi abbagliante.
Sorrisi “Sei simpatico… mi dispiace deluderti, ne ho 23”
“Come me, piacere, Jacob Black” mi tese la mano destra, l’unica che poteva muovere
“Ashley Rivera” dopo qualche momento di indecisione gli strinsi la mano."
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Embry Call, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Ciao a tutti! Finalmente sono riuscita ad aggiornare dopo un po' di tempo... 
Mi scuso per il ritardo, ma spero vi piaccia il capitolo.
Aspetto le vostre recensioni!!!



Il pranzo non sarebbe potuto andare meglio, davvero!
Gli amici di Embry erano davvero simpatici e sembravano delle belle persone, ero felice di aver passato una giornata in tranquillità finalmente…
Nessuna chiamata d’urgenza, nessuna interruzione, niente solitudine, niente divano, film e coperta com’ero solita fare nelle poche domeniche in cui non lavoravo!
Sospirai soddisfatta guardando il mio piatto vuoto spostando poi lo sguardo su Emily “era tutto delizioso Emily, complimenti! Sei una cuoca benissimo”
Mi sorrise di rimando “Grazie mille Ashley, sei la benvenuta, puoi venire quando vuoi… tu vivi da sola?”
“Si…”
“Ed è un bene o un male?” mi chiese ridendo Quil “io non vedo l’ora di andare a vivere da solo”
Ci pensai un attimo “entrambi direi, sono sempre stata abituata ad avere molta gente per casa, quindi adesso vivere da sola è un po’ dura… ma ha i suoi vantaggi”
“Tipo poter passare delle serate niente male eh?” rise Paul guadagnandosi un ceffone da Rachel, la sua ragazza.
Risi insieme a tutti gli altri “si beh… in realtà da quando sono qui non ho avuto molto tempo per pensare a queste cose” risposi imbarazzata abbassando lo sguardo.
Sentii lo sguardo di Embry addosso, ero sicura mi stesse guardando, ma evitai accuratamente di incrociare il suo sguardo.
Improvvisamente la porta si spalancò ed un ragazzino entrò come una furia, lo guardai meglio e riconobbi uno dei ragazzini che avevo incontrato quella sera sull’autobus… allora avevo ragione! Erano Quileute!
“Aiuto!!! Aiuto ragazzi!!! Seth!!!!” urlò correndo verso di noi, lo guardai meglio era tutto sporco di fango e sembrava avesse appena visto un fantasma.
“Jail, cosa stai dicendo? Seth cosa?” chiese Jacob alzandosi in piedi seguito a ruota da tutti gli altri.
Guardai il ragazzo, le sue mani tremavano “hanno preso Seth… io ho cercato di fermarli, ma non ci riuscivo” balbettò guardandosi le mani sporche di sangue, Embry si avvicinò subito a lui strattonandolo per le spalle “Jail cos’è successo? Parla, dov’è Seth?”
“E’ nella foresta, venite, dobbiamo portarlo a casa è ferito!”
Nel giro di un secondo tutti corsero fuori dirigendosi verso la foresta, guardai Rachel ed Emily, le uniche donne presenti e mi alzai in piedi “forse è meglio che vada con loro, potrei essere d’aiuto” dissi.
“Certo, state attenti!”
Uscii dalla casa e corsi nella foresta e nel giro di qualche attimo individuai subito dov’erano gli altri. Decisi di non trasformarmi, altrimenti avrei rotto tutti i miei vestiti, corsi più veloce che potevo.
Al’improvviso la foresta si aprì rapidamente in una radura e subito raggiunsi i ragazzi accovacciati intorno a quello che doveva essere Seth.
Mi feci spazio tra di loro, subito lo sguardo di Sam saettò su di me “Tu sei un medico, aiutalo ti prego”.
Annuii avvicinandomi e finalmente riuscii a posare lo sguardo sul ragazzo.
La sua faccia era contratta in una smorfia di dolore, lo guardai e non mi ci volle molto per capire. Per un chirurgo d’urgenza questa era una delle cose più banali da capire, aveva una chiara lussazione della spalla.
Mi avvicinai al suo viso in modo tale che potesse vedermi “ciao… tu sei Seth vero?”
“Si…” balbettò mentre una lacrima rigava il suo volto
“Io sono Ashley, sono un medico…bene Seth allora… hai una spalla lussata, dovrò ridurti la lussazione”
“Ti prego aiutami, fai quello che vuoi ma aiutami, ho troppo male” disse a denti stretti
“Certo, farò il prima possibile”
“Cos’ha? E’ grave?” mi chiese Embry, guardai tutto il branco attorno a lui e il mio sguardo si posò sul ragazzino che aveva dato l’allarme “è stato un vampiro vero?”
“Si, stavamo facendo la solita ronda ed è sbucato dal nulla… abbiamo cercato di prenderlo, ma in un attimo l’ha preso e non è più riuscito a liberarsi. Gli sono saltato addosso ma niente, qualcosa deve averlo distratto per farlo andare via”
Annuii… situazione a cui purtroppo avevo già assistito svariate volte.
Guardai Embry, era decisamente preoccupato per Seth, così come tutti gli altri “non vi preoccupate, ha solo una lussazione alla spalla, non è niente di grave… adesso la riduco subito così il dolore passerà in un attimo”
Tutti annuirono ed io mi posizionai sopra Seth “Ok Seth allora… adesso sentirai tanto tanto tanto dolore ok? Ma non posso farti anestesia perché il calore del tuo corpo la brucerebbe subito e ti farebbe più male essere spostato e trasportato fino a casa… resisti un attimo e poi tutto passerà, ok?”
“Ok”
Controllai il polso radiale e la motilità della mano per controllare che non vi fossero lesioni vascolari e nervose. Una volta fatto tutto presi il suo braccio applicando una trazione decisa tirai con forza.
L’urlo di Seth mi perforò i timpani quasi, ma non appena si udì uno schiocco deciso il dolore scomparse dal suo volto e subito un sorriso si fece largo.
“hai visto? E’ stato più veloce del previsto” dissi sorridendogli e appoggiando il braccio delicatamente sul suo torace.
“E’ stato più veloce di quanto pensassi” disse sorridendomi “grazie, davvero”
Gli sorrisi a mia volta “qualcuno ha una sciarpa, una maglietta?” chiesi agli altri.
Subito Embry si sfilò la maglietta e me la porse “questa può andare bene?”
Lo guardai e qualcosa si smosse dentro di me, accidenti perché mi faceva sempre questo effetto?
Vederlo senza maglietta mi ricordò per un attimo il nostro incontro nel bosco qualche settimana prima…
Arrossii all’improvviso e afferrai la maglietta spostando lo sguardo “benissimo grazie”
Immobilizzai la spalla di Seth e controllai che tutto fosse apposto.
“Perfetto Seth, sei come nuovo. Tieni la spalla ferma per qualche ora e poi potrai fare di nuovo tutto quello che vuoi”
“Grazie mille” mi disse sorridendo
“non c’è di che”
“Grazie mille Ashley” mi disse Sam tendendomi la mano. Gliela strinsi sorridendo “non ho fatto niente di speciale, era il minimo che potessi fare”
“Dovremo parlare di questa cosa… questa sera riunione da Emily, dobbiamo capire chi ha ferito Seth” disse Sam ricevendo consensi da parte di tutti.
“Accompagno Seth a casa, così riposa un po’” disse Jacob “vengo con voi” disse Quil.
“Io torno da Emily, Rachel mi starà aspettando… tu Jared vai da Kim?”
“Si adesso vado, doveva aiutare sua mamma a fare non ho capito cosa e non è potuta venire al pranzo, sarà meglio che la raggiunga prima che trovi qualcosa da dire” rise Jared beccandosi una pacca sulla schiena da Paul “corri corri cagnolino” rise
“Mai quanto te” rise a sua volta Jared.
Guardai Embry ancora senza maglietta.. scostai subito lo sguardo
“Vuoi fare una passeggiata?”mi chiese avvicinandosi pericolosamente. Il suo profumo invase le mie narici e per un attimo pensai che non sarei riuscita a trattenermi ancora a lungo.
Quant’era che non stavo con un ragazzo? 4 mesi?
E oltre a questo… Embry era Embry.
“va bene… ma sarà meglio che tu ti metta una maglietta” dissi a bassa voce
Rise avvicinando le sue labbra al mio orecchio “altrimenti dottoressa? Pensa di poter perdere il controllo?”
Non mi mossi di un millimetro “Io? Assolutamente no… ma le persone che ti vedono potrebbero farsi delle domande dato che è quasi Natale, c’è una temperatura assurdamente bassa, e tu sei a petto nudo molto tranquillamente”
Si spostò ristabilendo le distanze e mi guardò negli occhi, sorrise “e va bene, allora mi accompagni  a casa a prendere una maglietta e poi ci facciamo una passeggiata” disse.
Ci incamminammo nel bosco, lo seguii, sembrava conoscesse la strada a memoria e probabilmente era proprio così.
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, finchè non decise di parlare “ti ricordi questo posto?” rise proseguendo lungo il sentiero…
Mi guardai attorno, mi sembrò tutto esattamente uguale a 10 metri prima.
Senza rendermene conto sbattei contro la sua schiena “Ahi!!! Perché ti sei fermato all’improvviso?” chiesto massaggiandomi il naso “stai più attento alle persone intorno a te quando ti muovi, sei di acciaio”
“Anche tu lo sei, non pensavo ti facessi male per così poco” rise voltandosi verso di me “il nostro primo incontro… ci siamo visti qui”
Lo guardai negli occhi e poi mi guardai intorno, improvvisamente ricollegai quei pochi dettagli che ricordavo. Sorrisi riportando gli occhi nei suoi “quando hai cercato di uccidermi intendi?”
“Non ho proprio cercato di ucciderti dai…”
“no hai solo mirato al mio fegato tranquillo”
“Come la fai lunga, mi sembra di essermi scusato! E poi sei guarita subito”
“Certo, perché sono un licantropo. Se fossi stata un’umana probabilmente sarei morta dissanguata”
“Che esagerata”
“Esagerata? Non ricordo neanche bene questo posto perché avevo troppo male”
“Quindi ricordi solo questo di quel momento? Il dolore?” rise
“beh cosa dovrei ricordarmi se non il tuo morso?” chiesi incrociando le braccia al petto e avvicinandomi un po’ di più. I nostri nasi si sfioravano quasi.
“Non lo so… io per esempio mi ricordo che hai delle bellissime tette”
La mia mano partì rapida verso la sua guancia ma ovviamente si fermò a qualche millimetro con la sua che stringeva il mio polso.
“Sei troppo lenta” sorrise
“E tu sei uno stronzo pervertito” risposi secca
“Mi biasimi? Ho capito tutto Shay… ma sono un uomo, e tu sei decisamente una gran bella ragazza” disse scoppiando a ridere.
“Sei un cretino” cercai di colpirlo con l’altra mano, ma bloccò anche quella come se fosse la cosa più semplice che potesse fare.
“La smetti di cercare di colpirmi?”
“Perché dovrei? Te lo meriti”
“Io non penso”
Ci guardammo negli occhi. Mi persi in quelle perle color nocciola.
Sentivo il suo respiro sulle mie labbra e in un attimo tutto sparì.
Non c’era nient’altro, solo lui.
Era come se tutti i miei sensi si fossero spenti, come se potessero rilevare solo lui e nient’altro.
Il suo profumo mi invase le narici ancora una volta e un impulso di non lasciarlo più andar via si impossessò di me.
La sua mano destra lasciò la mia a sorpresa e delicatamente mi prese per il fianco.
Appoggiai la mia mano sulla sua spalla nuda e bollente ed improvvisamente, come se fosse la cosa più naturale del mondo, sentii le sue labbra sulle mie.
Mi liberò anche l’altra mano e, afferrandomi per i fianchi, mi strinse di più a lui.
Il mio cervello ci mise qualche secondo per realizzare quello che stava succedendo.
Avvolsi le braccia intorno al suo collo, muovendomi lentamente sulle sue labbra.
Era come se il tempo si fosse fermato. Come se non dovesse più cambiare niente.
Tutto era perfetto così, esattamente così.
Sentii la sua presa sui fianchi farsi leggermente più forte mentre la sua lingua cercò delicatamente di entrare nella mia bocca.
La lasciai entrare e iniziammo a baciarci come probabilmente non avevo mai fatto con nessun altro.
Era tutto così diverso con lui, ma perché?
Perché con lui sembrava tutto così giusto?
Mi spinse delicatamente contro un albero e appoggiò una mano affianco alla mia testa.  Le mie mani scivolarono sul suo petto nudo e terribilmente caldo, mi staccai per un attimo appoggiando la fronte sulla sua spalla, cercando di ristabilire una frequenza respiratoria normale.
Il suo cuore sotto la mia mano batteva decisamente veloce rispetto ad un ritmo normale.
Sorrisi involontariamente, dannazione, come faceva a farmi questo effetto?
“Te l’avevo detto che non erano schiaffi quelli che meritavo” sussurrò al mio orecchio.
Alzai la testa guardandolo, il suo sorriso mi fece sciogliere non riuscii a trattenermi.
Avvicinai le mie labbra alle sue e riprendemmo a baciarci.
Era tutto perfetto.
Per la prima volta dopo tanto tempo stavo bene, ero felicissima.
 
 
 
 
 Misi l’ultimo punto di sutura ed ecco fatto!
Riposi tutti gli strumenti sul tavolo e guardai il mio lavoro, in pochi mesi ne avevo fatta di strada!
Ero entrata qui dentro senza neanche aver mai tenuto in mano un bisturi e decisamente scettica, ma ora le cose stavano iniziando ad andare come sarebbero sempre dovute andare.
Sorrisi soddisfatta “grazie a tutti!” dissi allontanandomi dal tavolo operatorio e gettando via il mio camice sporco.
Uscii dalla sala operatoria e guardai subito il telefono, erano le 7.30 pm, avrei fatto ancora in tempo a fare l’ultimo giro in reparto per controllare i miei pazienti in post operatorio e poi sarei potuta uscire con i miei amici per una sera.
Scesi le scale velocemente togliendomi la cuffietta e riponendola nella tasca del mio camice; la mia cuffietta era sacra, me l’aveva regalata mio fratello prima di trasferirmi a Seattle e per me era diventata un porta fortuna che non potevo proprio perdere.
Erano tutti così fieri di me, non avrei potuto deluderli.
“Dottoressa Rivera”
Mi voltai riconoscendo subito il mio strutturato “Dottor Jhansen, ha bisogno di qualcosa?”
“Ha terminato l’intervento?”
“Si ho richiuso tutto e ho fatto portare il paziente in rianimazione, sto andando in reparto per controllare tutti prima di andare via”
“Molto bene, mi aggiorni se ci sono problemi”
Annuii voltandomi e riprendendo a camminare in direzione del reparto di chirurgia…
Tra poco sarebbe stato Natale e probabilmente non sarei potuta tornare a casa.
Questo era il primo anno che avrei passato da sola senza la mia famiglia ed i miei amici. Eravamo soliti organizzare una grande festa per Natale, dove ogni membro del branco portava la sua famiglia e rispettivi compagni\e… non che io avessi mai portato qualcuno, del resto chi avrei dovuto portare?
Non ero mai stata fortunata in fatto di cuore, tutti così montati! O forse ero sempre stata io una tipa particolarmente difficile…
Terminai il mio giro in fretta e mi cambiai velocemente.
Era giovedì sera, non sentivo Embry da qualche giorno…
Avevo ripensato più volte a quello che era successo quel giorno nel bosco e non ero ancora giunta ad alcuna conclusione.
Dopo averlo accompagnato a casa a prendere una maglietta avevamo passato tutto il pomeriggio insieme, ero stata così bene…
E allora perché non mi aveva richiamata?
Io di certo non lo avrei richiamato, non lo avevo mai fatto, non avrei di sicuro iniziato a farlo per lui.
Avevo questa forse un po’ stupida convinzione che dovesse essere l’uomo a fare un passo avanti verso la donna; ma forse era solo paura di risultare ridicola se le cose non fossero andate come dovevano…
Scesi le scale con calma, questa sera mi sarei dovuta trovare al bar con qualche collega per festeggiare i nostri primi interventi riusciti.
Uscii dall’ospedale e attraversai la strada incamminandomi in direzione del bar…
Le cose stavano iniziando ad andare come dovevano… me ne stavo convincendo sempre di più.
Dal punto di vista professionale stavo migliorando velocemente e gli strutturati ci davano sempre più libertà di fare e prendere decisioni per conto nostro.
Forse venire a fare la specializzazione a Seattle non era stata una così brutta idea come avevo pensato all'inizio.
La lontanaza da casa era stata dura da superare, ma adesso tutto stava prendendo forma e ogni cosa stava trovando un suo posto.
Varcai la soglia del bar e subito la musica alta e un forte odore di alcol mi investirono.
Cercai i miei amici e non appena li vidi seduti al bancone mi aggiunsi a loro prendendo posto su uno sgabello.
Eravamo in docdici specializzandi di chirurgia del primo anno, suddivisi in tre gruppi da quattro. 
Io ero capitata con un'altra ragazza e due ragazzi con la quale avevo subito legato, nonostante gli attriti iniziali. 
Il mondo della chirurgia non sempre è un mondo amichevole, e di questo me ne ero accorta fin da subito...
“Dottoressa Rivera, finalmente sei arrivata” disse uno dei miei colleghi, Andrew Lions “ti stavamo aspettando”
“Si ti stavamo aspettando Shay, perché questi idioti sostengono che il Dottor Jhansen mi abbia dato una appendicectomia solo perché ci sta provando con me” disse Elisabeth scolandosi un terzo del suo boccale di birra in un solo sorso.
Risi guardando Andrew e Thomas “solo perché a lei danno gli interventi ed a voi no non vuol dire che Jhansen ci stia Provando! Una tequila grazie”
“No certo, a voi danno gli interventi perché avete le tette” rispose sprezzante Thomas.
Thomas Benson, un grandissimo coglione e rompi palle.
“Hai mai pensato che magari diano a noi gli interventi perché voi non siete affidabile?” chiesi buttando giù il primo shot di tequila della serata.
Questa sera avevo proprio bisogno di rilassarmi un po’.
“Ma se l’altra notte ho beccato la Mitchell che si beveva un caffè con Jhansen?” rispose Thomas guardando Elisabeth. Per un attimo vidi il fuoco negli occhi di Elisabeth.
Risi, tra poco si sarebbe messa male.
Elisabeth Mitchell era una delle persone più precise, sicure e con le palle che avessi mai conosciuto; e di sicuro non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa da Thomas.
“Sei proprio uno stronzo Benson, fatti gli affari tuoi che questi non lo sono di certo” concluse secca Beth “mi può dare un’altra birra media per favore?”
L’ennesimo boccale di birra venne appoggiato davanti alla sua figura, sorrisi, questa sera ci sarebbe stato da divertirsi davvero.
“Altri tre shot di tequila per me, grazie” chiesi al barista.
“E altri due anche per me” aggiunse Andrew al mio fianco.
“Allora Shay… hai più visto quel tipo? Com’è che si chiamava? Embry?” mi chiese Beth iniziando a sorseggiare la sua birra. Gli sguardi di tutti si concentrarono su di me.
“Più sentito” dissi buttando giù uno shot “se vuole farsi sentire, si farà sentire lui” conclusi buttandone giù un altro.
Questa sera non avevo proprio voglia di pensarci.
Improvvisamente la musica si fece sempre più alta e molte persone sedute ai tavoli si alzarono iniziando a ballare. Guardai l’orologio, erano le 11.30pm, domani avrei avuto il mio giorno di riposo quindi avrei anche potuto divertirmi un po’ questa sera.
“Andiamo a ballare ragazzi” disse alzandomi di scatto dallo sgabello.
Non appena mi alzai in piedi mi resi conto di quanto mi girava la testa, risi scolandomi l’ultimo shot che avevo sul bancone e mi lanciai in mezzo alla mischia seguita a ruota da Beth, Andy e Thom.
Ballammo non so neanche io per quanto tempo, avevo le gambe che mi facevano malissimo e la quantità di tequila che avevo bevuto era decisamente troppo e cresceva sempre di più. Bicchiere dopo bicchiere continuavo a bere.
La testa mi girava sempre di più e, improvvisamente delle mani mi afferrarono i fianchi e mi lasciai andare ballando come non facevo da tempo, senza pensare a niente.
Per qualche istante mi sembrò di tornare a casa, alle nostre feste organizzate nel weekend.
Tutto andava avanti regolarmente ma all’improvviso quelle mani sui miei fianchi diventarono decisamente fastidiose e decisi di liberarmi da quella presa.
Con decisione mi staccai e mi diressi verso il bancone per bere l’ennesimo shot.
Non appena arrivai al bancone crollai seduta su uno sgabello rendendomi conto di essere molto più ubriaca di quello che pensavo “mi dai un altro shot di tequila per favore?” chiesi strofinandomi la faccia con le mani, nella speranza che la stanza smettesse di girare.
Il bicchiere venne appoggiato davanti a me “ehi, guidi questa sera?” mi chiese il barista
“No” risposi avvicinando il bicchiere
“Al massimo le do uno strappo a casa io” una voce arrivò dallo sgabello affianco al mio, mi voltai riconoscendola subito.
“Jacob!” dissi sorpresa “cosa ci fai qui?”
“Cosa ci fai tu qui piuttosto? Sei ubriaca” rise guardando il mio bicchiere di tequila
“Si penso proprio di si” risposi appoggiando i gomiti sul bancone
“Come mai hai deciso di festeggiare questa sera?”
“Perché non avrei dovuto?”
“Giusto… con chi sei qui?”
“Sono con…” mi voltai verso la gente che ballava per indicargli i miei amici “amici/colleghi… Beth è quella che ci sta dando dentro con quel tizio biondo, Andrew è quello che sta ballando da solo e Thomas è quello che ci sta provando con quella tipa che avrà minimo 15 anni più di lui” dissi voltandomi nuovamente verso di lui. Sbattei un attimo gli occhi per riprendermi, la stanza non si fermava “e tu con chi sei?”
Per un attimo sperai che mi dicesse con lui… ma forse sarebbe stato meglio non vederlo in queste condizioni.
“Ero con Quil, ma ha avuto un emergenza con la piccola Claire, quindi è tornato di corsa a LaPush” rise bevendo un sorso della sua birra.
“Chi è Claire?”
“La nipote di Emily… l’imprinting di Quil”
“Ah”
“Anche io ho avuto l’imprinting, con la figlia della mia migliore amica di cui sono stato innamorato per un sacco di anni” disse scoppiando a ridere. Lo guardai sconvolta “ e ti fa ridere?”
“Per me è stata una liberazione, e poi Nessie mi rende così felice” disse guardando il bicchiere davanti a lui e sorridendo come un pesce lesso.
Sorrisi a mia volta, era bello avere qualcuno che ci tenesse così a te. Sapere che qualcuno sarebbe disposto a dare la vita per te…
“E… altri di voi hanno avuto l’imprinting?” chiesi spostando lo sguardo altrove decisamente imbarazzata.
Lo sguardo di Jacob si fissò su di me “si.. Jared con Kim, erano compagni di classe ed un giorno BUM, il suo lupo ha deciso che Kim sarebbe stata la compagna della sua vita. Ma dovresti vederli insieme, sono perfetti! Poi Sam con Emily ovviamente e Paul con mia sorella Rachel…” concluse “puoi stare tranquilla, Embry è libero” rise guardandomi.
Voltai la testa di scatto e lo guardai, tutto girava troppo velocemente “guarda che non mi interessa, non te l’ho ho chiesto per questo”
“Non mentire Shay dai, ci leggiamo nel pensiero lo sai anche tu” disse ridendo.
Dannazione.
Mi ero dimenticata questo piccolo dettaglio da lupi.
Tutti sanno tutto.
Sospirai appoggiando i gomiti al bancone e coprendomi la faccia “quindi sai tutto?”
“Certo” disse continuando a ridere.
“Se non la smetti di ridere giuro che ti prendo a pugni”
“Non vedevo Embry così da… no, penso di non averlo mai visto ridotto così per una ragazza” disse ridendo ancora di più.
“Di cosa stai parlando?” gli chiesi piuttosto sorpresa “non l’ho più sentito…”
Mi guardò sorpreso “davvero?”
“Già…” conclusi abbassando lo sguardo.
“E’ proprio un coglione… “prese in mano il telefono e digitò un numero velocemente prima di portarsi il telefono all’orecchio.
Mi ci volle qualche secondo per realizzare cosa stava facendo…
“pronto Embry…”
“NOOO” mi lanciai su di lui cercando di chiudere il suo telefono, ma Jacob cercò di tenermi lontana
“Smettila dai, lasciami parlare con il mio migliore amico” disse ridendo e proteggendo il telefono al suo orecchio “Jacob giuro che ti ammazzo, metti giù quel telefono”
“Embry sono al Must a Seattle… non hai idea di chi ho incontrato… qui c’è la tua donna decisamente avanti, se fossi in te verrai a prendermela” disse ridendo.
Con un colpo gli feci volare il telefono per terra, mi guardò sconvolto “ma sei seria?”
“Ti sta bene”
“Mi hai rotto il telefono”
“tu hai chiamato Embry”
Scoppiò a ridere “voi siete matti”
Mi accasciai sul bancone coprendomi la testa con le braccia, tutto girava troppo velocemente e la situazione si stava facendo sempre peggiore.
Cosa avevo fatto di male?
Jacob rimase seduto affianco a me, nonostante io stessi per prendere sonno.
L’alcol aveva passato il suo picco di iperattività, adesso sentivo le gambe come se fossero dei macigni e una pressione troppo grande mi opprimeva la testa.
Perché avevo deciso di ber così tanto?
Mugugnai qualcosa di incomprensibile probabilmente a Jacob… ma non ricevetti risposta.
Improvvisamente sentii un paio di mani caldissime afferrarmi delicatamente per la vita e un soffio caldo sul mio collo.
Non riuscii a muovermi, ma un sorriso si aprì sulle mie labbra riconoscendo subito a chi appartenessero quelle mani.
“Sei arrivato, ci hai messo poco” boffonchiai rimanendo distesa sul bancone.
Tutte le forze mi avevano abbandonato.
“Adesso è meglio andar via Shay” mi sussurrò all’orecchio prima di darmi un lieve bacio sul collo.
Mi sentii sollevare di peso dallo sgabello e finalmente, tra le sue braccia calde e sicure riuscii a lasciarmi andare.
 
 
  
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